e onsideriamo la lunga storia di Moebius Il garage ermetico di Jerry Cornelius (apparsa a puntate su «Métal Hurlant» dal 1976 al 1979, poi nel volume Major Fatai, Les Humano"ides Associés, 1980; in Italia su «alter alter» dal 1977 al 1980, poi nel volume Il maggiore fatale, Milano libri, 1982, che è l'edizione che utilizzo in questa sede). Si tratta di un esempio molto pregnante, ma soltanto di un esempio, di una delle tendenze più interessanti del «nuovo fumetto», caratterizzata, oltre che dall'uso sistematico di effetti speciali e citazioni, da una «cosmologia vertiginosa» che finisce per identificarsi con una riflessione sulla serialità. (Molto appropriata mi pare, a proposito di fenomeni artistici di questo tipo, la definizione «estetica neobarocca» suggerita da Omar Calabrese.) Il Garage è una storia strampalata, difficile da raccontare: il riassunto che segue è incentrato sulla sua «struttura cosmologica», più che sull'intreccio vero e proprio. Il Jerry Cornelius del titolo penetra con intenzioni ostili nell'universo creato dal maggiore Gru ber, coprotagonista. Questo universo è composto da tre «livelli», ognuno dei quali è di fatto un mondo in sé completo. Vi sono poi innumerevoli «Terre aleatorie» - «Terralea SDX», «Terralea ZT», ecc. (p. 87) - nonché altri «livelli» non meglio definiti. ""Pmma una pluralità di universi paralleli attraverso i quali i due protagonisti combattono una guerra senza quartiere. «Quel che mi piace in questo garage ermetico, dice il maggiore Gruber, è la varietà infinita di mezzi di comunicazione fra i[ ... ] livelli» (p. 57). E infatti ci si sposta da un mondo all'altro per mezzo di una ferrovia metropolitana, di «trasmettitori di materia» (p. 87), di astronavi, di «portelli interplanetari» (p. 91), ecc. A un certo punto compare un certo «Presidente» che combatte sia Gruber che Cornelius e che con una pioggia di antimateria provoca un'«alterazione del reale» (p. 111): «Ci siamo!. .. L'avevo predetto!. .. La vera realtà se n'è andata!. ..» (p. 119). Mentre il mondo di Gruber si sgretola, questi incontra finalmente Cornelius faccia a faccia, ma quello che comincia come un duello si trasforma quasi subito in un'alleanza contro Bakalite, misterioso signore di un livello superiore, poi contro il signore di un livello ancora più alto, l'ultimo prima della «sfera ermetica che ci isola dal continuum» (p. 131), oltre la quale c'è il «Nagual», «nascosto tra le pieghe della trama temporale» (p. 131). Nell'ultima battaglia Cornelius muore, mentre Gruber, in fuga, riesce a montare su un vagone della metropolitana intermondiale che lo porta nella Parigi dei nostri giorni. Questa moltiplicazione virtualmente infinita di mondi e di signori di mondi, che proviene direttamente dalla fantascienza letteraria (P.J. Farmer, Fabbricanti di universi.; M. Moorcock, I riti dell'infinito, ecc.) e indirettamente dalle antiche cosmologie gnostiche (ma questo è un altro discorso), può essere intesa anche come una metafora della serialità. Cominciamo dal titolo della storia. Chi è Jerry Cornelius? Risponde Jacques Sadoul nel capitolo VII della sua Storia della fantascienza moderna (1973, trad. it. Garzanti, 1975): «Il personaggio di Jerry Cornelius sembra sia stato creato da Michael Moorcock nel romanzo Il programma finale. In seguito è diventato un personaggio comune a tutti gli autori della rivista 'New Worlds' [la cosiddetta new wave], che lo utilizzarono ciascuno a modo suo, conservandogli però le caratteristiche di fondo. Jerry Cornelius è l'eroe pop della swinging London degli anni sessanta. Beve, si droga, è vagamente omosessuale; è immensamente ricco e non sa che fare di se stesso; possiede una pistola lancia-aghi per uccidere chi gli pare. In una parola, una parodia di James Bond». (Vedi anche Diego Gabutti, Il dizionario della fantascienza, voce «Jerry Cornelius», pubblicata su «alter alter» 3, 1980). Moebius, dunque, non è il primo autore a raccontare una storia di Cornelius. La sorte dell'eroe moorcockiano è simile a quella di molti altri personaggi della letteratura «di genere» (per non parlare dei fumetti), a cominciare da Sherlock Holmes e Conan il Barbaro. La figura dell'Autore viene meno, il Mondo che egli ha creato prende il sopravvento, dimostra la sua autonomia e si impone ad altri autori che ne continueranno la descrizione-creazione. Lo stesso Autore può diventare schiavo del suo Mondo, come è accaduto a J.R.R. Tolkien e Frank L. Baum che dedicarono le loro esistenze alla descrizione-creazione progressiva di un unico mondo (rispettivamente la Terra di Mezzo e il Paese di Oz), ricoprendo via via la mappa di un continente di toponimi e avventure. U na serie costruisce un mondo coerente procedendo per stratificazione. Il primo episodio enuncia, o presuppone, un insieme di assiomi che dovranno essere rispettati dagli episodi successivi, i quali a loro volta potranno ricavare vicende (teoremi) da quegli assiomi, o anche porre assiomi nuovi. Ma poiché la produzione di nuovi enunciati non avviene per via formale, la coerenza (o equilibrio) del sistema è ottenuta per correzioni successive, continui interventi creativi. È chiaro a questo punto cosa abbia a che fare la serialità con la cosmologia. Ma per giungere alla Sheckley che nel romanzo Opzioni, dopo aver messo il suo personaggio nei pasticci con un consimile delirio creativo, non trova di meglio, per sciogliere l'intreccio, che scrivergli una lettera di scuse. Sappiamo come Moebius ha prodotto questa storia, lo confessa lui stesso nell'introduzione dell'edizione in volume (p. 6): «Il Garage è •un tipico esempio di fumetto senza sceneggiatura prestabilita [... ] ogni volta che mi veniva la tentazione di rinforzare la linea narrativa e si profilava un finale, buttavo tutto per aria e ripartivo siddetta «identità segreta»). Ora, il modo di produzione seriale delle case editrici di supereroi impone che sia mantenuta una certa coerenza di mondo: i due personaggi vennero presentati così come persone che, acquisito un superpotere, avevano deciso di ispirarsi a personaggi dei fumetti di vent'anni prima (i Flash e Lanterna Verde prima maniera). In un secondo momento, venne postulato persino che la prima versione dei personaggi non aveva un'esistenza puramente testuale: essi esistevano davvero in un universo paralleMoebius, Il garage ermetico di Jerry Cornelius, in «alter alter», 1980. alla ventura [... ] non solo, ma ogni tanto mi capitava di aver dimenticato che cosa avevo disegnato il mese precedente [... ] altre volte mi ricordavo della scadenza all'ultimo momento e spedivo due pagine improvvisate in una notte». (Allo stesso modo deve aver lavorato Andrea Pazienza per produrre Le straordinarie avventure di Pentothal.) lo («Terra 2»), con il quale Gardner Fox, soggettista della prima serie (ma ànche della seconda), era entrato in contatto telepatico. I due personaggi (seconda versione) potevano ora, recandosi in quel mondo parallelo, incontrare i propri «doppi». (In un'avventura dei due Lanterna Verde, che naturalmente è una fuga attraverso mondi, a un certo punto compare Flash contro la dimensione nera, in «Barman e Nembo Kid», n. 63, 1965 serialità-cosmologica impazzita di Moebius occorre fare altri due passi. In primo luogo, Moebius . gioca spregiudicatamente e con evidente compiacimento metatestuale con i procedimenti della • produzione seriale: il suo mondo è sempre sul punto di «perdere la sua coerenza» (come dice a p. 108, durante la pioggia di antimateria, uno dei personaggi). D'altra parte si sa che negli universi della fantascienza possono accadere anche cose del genere; ma anche in questo tipo di letteratura l'aspetto metalinguistico non è assente: si veda Il secondo aspetto che differenzia il mondo di Moebius da quelli della serialità «normale» è che esso in realtà è una pluralità di mondi. Ma anche questo, oltre a essere un tema fantascientifico, è un effetto, per quanto estremo, della sèrialità. Prendiamo come esempio i fumetti dei supereroi Flash e Green Lantern. I due personaggi erano apparsi, ognuno con una serie, negli anni quaranta, poi, negli anni sessanta, erano stati riesumati con qualche modifica (oltre al loro costume, era diverso il nome che usavano nella vita civile, la col'autore, seduto al proprio tavolo da disegno, per conversare con i lettori. Il nostro mondo Wo, presunto unico reale, è coinvolto così nella vertigine.) Nel Garage spira la stessa follia, lo stesso delirio cosmologico. L'estetica Aeobarocca di Moebius non è che l'esito ultimo di un proces·so iniziato dentro la serialità industriale dei fumetti. Questa moltiplica i mondi non solo perché ha appreso dalla faptascienza scritta una teoria degli universi paralleli, ma anche perché, per ragioni commerciali, le serie devono moltiplicarsi. Una serie può prodursi per biforcazione: per esempio, la serie di Paperino si separa da quella di Topolino; quella di Archimede Pitagorico, applicando ricorsivamente il procedimento, da quella di Paperino. Due serie possono incrociarsi e produrne una terza: è il caso di Batman e Superman, oppure degli stessi Flash e Lanterna Verde, che in una nuo;vaserie, parallela alle due precedenti, lavorano in coppia. Ormai il procedimento è abusato, ma un tempo doveva essere emozionante essere testimoni di simili incontri. Pensiamo alla prima volta che Superman e Batman si sono incontrati: prima erano i signori di due serie distinte, di due mondi incomunicabili, poi i due mondi cortocircuitano. Una piccola vertigine dei mondi, tanto più vertiginosa quando i due personaggi sono le creazioni di due autori diversi (che è poi il caso di Gruber e Cornelius). G iungiamo così al problema delle citazioni, che come vedremo tra poco abbondano nel Garage e che, da questo punto di vista, non sono che visite nell'universo di un altro autore. In effetti, la moltiplicazione dei mondi va di pari passo, nel Garage, con una moltiplicazione degli stili. Suggerisco il confronto, di valore unicamente euristico, con una «tecnica» che Guido Crepax ha usato in un paio di storie, ogni tavola delle quali è disegnata con lo stile di un classico dei fumetti, di modo che Valentina attraversa serie, cioè mondi diversi: quello di Mandrake, quello di Flash Gordon, quello dell'Uomo Mascherato. Nel Garage il procedimento non è così es2licito, ma qualcosa del ge1iere accade. Alle pp. 45-48 compare un enorme robot che ha le fattezze dell'Uomo Mascherato. A p. 49 Gruber somiglia proprio a Mandrake e alcuni suoi subalterni, di colore, hanno le grosse labbra e il copricapo di Lothar. A p. 82 ci sono, in secondo piano, la Cosa (uno dei Fantastici Quattro) e Capitan America. Alle pp. 93-94 siamo in una «Terra aleatoria» che è un universo western: lo si direbbe disegnato da Jean Giraud, l'autore di Blueberry (alias Moebius: autocitazione). Per tutta la storia si aggira un arciere mascherato che potrebbe essere una reminiscenza di Freccia Verde, un sepereroe della stessa casa editrice di Superman. Anche Gruber e Cornelius nel corso del loro incontro-scontro volano e sono abbagliati come supereroi (le pp. 118-121 ricordano molto quelle di Superman); i due, vestiti rispettivamente di bianco e di nero, sembrano l'uno il negativo dell'altro, e l'incontro-scontro con il proprio doppio o negativo è un topos dei fumetti di supereroi; per altri aspetti, la loro ambigua alleanza ricorda quella dell'Uomo Ragno con la Torcia (un altro dei Fantastici Quattro). Alle pp. 42 e 102 compare un'astronave a forma di asciugacapelli simile a quella che vola nel film L'Impero colpisce ancora. La seconda apparizione è posteriore al film, ma la prima lo precede: questa volta è Moebius a essere citato. Particolarmente fruttuoso, ai fini di una «caccia alle citazioni», è poi il confronto con Little Nemo (1905-1911) di Winsor McCay, il primo e ancora insuperato fumetto fantastico, lungo viaggio seriale
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==