Alfabeta - anno VIII - n. 91 - dicembre 1986

Giornale dei giornali - - uest1onar10 sulsistematelevisivo L a retorica tecnologica corrente promette, ormai da quindici anni, un futuro fatto di trasmissioni televisive dirette all'antenna domestica (DBS) e di TV via cavo con decine e decine di canali e servizi. Mentre ci consoliamo con la retorica, siamo ancora alle prese con la RAI (monopolio pubblico lottizzato) e Berlusconi (quasi-monopolio privato, non privo di sponso-. rizzazioni politiche), oltre che con la diuturna mancanza di leggi che regolino la comunicazione audiovisiva. L'argomento suscita ormai una noia mortale, tanto si ripete uguale da anni. Forse per questo la Fondazione Olivetti, volendo tentare di riprendere seriamente da capo la questione, ha preferito farlo in sordina, evitando clamori e convegni-spettacolo, organizzando a Roma, nella sede della sua rivista, Queste istituzioni, un incontro fra un ristretto gruppo di esperti e di professionisti del sistema dell'informazione. Scopo dell'incontro era quello di dar luogo ad una discussione approfondita su «televisione, tecnologie e pubblici poteri». Gli interventi preparatori si possono trovare nel numero 68 della rivista, mentre un resoconto dell'incontro è nel numero 69. Al dibattito ha partecipato per la lndex Francesco Siliato, che è anche autore delle risposte al questionario che la Fondazione ha s·uccessivamente inviato a 11 19 novembre scorso è uscito il primo numero di ltaliaOggi, «quotidiano di economia finanza e politica», con la dichiarata ambizione di contendere al Sole 24 Ore il virtuale monopolio di questo settore della stampa quotidiana. Com'è noto, l'Italia vanta un primato mondiale nel numero di testate specializzate in ambito sportivo; tuttavia, in ambito economico si è finora accontentata del quotidiano della Confindustria, essendo falliti i precedenti tentativi di scalfirne il mercato in modo significativo. Sia le due testate italiane citate, sia gli illustri corrispettivi stranieri (The Wall Street Journal e Financial Times innanzitutto) offrono, sia pur con molte varianti, un modello di informazione che in Italia è sempre stato poco frequentato e che rischia di esserlo sempre meno. I tratti di tale modello si possono così riassumere: preminenza delle notizie in senso stretto (le hard news del gergo anglosassone); separazione (almeno tendenziale: non esiste al riguardo un criterio assoluto) fra notizie e commenti; netta distinzione fra articoli sulle «notizie del giorno» (hard news) e articoli su temi meno strettamente legati ali'attualità (soft news). La cosa interessanteè che queste caratteristichehanno radici in una lunga tradizione, che risale addirittura alle origini del giornaliInd x - Archivio Critico dell'Informazione tutti coloro che avevano preso parte all'incontro. In anticipazione rispetto al numero 70 di Queste istituzioni, che recherà l'intera gamma delle risposte degli interpellati, pubblichiamo, per cortesia della Fondazione Olivetti, le nostre risposte. Aggiungiamo al testo di Siliato una breve nota che delinea altre possibili direzioni di ricerca, derivanti da un punto di vista diverso - anche se, crediamo, complementare per più versi - rispetto a quello della regulation, nel senso classico del termine. (La prima domanda riguarda i criteri costitutivi della Commissione che dovrebbe fungere da authority, da organo di controllo dell'intero settore radiotelevisivo; tralasciamo qui la risposta che ha un carattere «tecnico»). Le risorse (canone e pubblicità) sono diventate un nodo centrale per il futuro del sistema televisivo. Tenendo conto degli orientamenti espressi in sede comunitaria (pubblicità non superiore al 15%), ritiene validi i criteri di tempo massimo pubblicitario prefigurati dal d. d. f. governativo per il servizio pubblico e per le reti private (rispettivamente 5% e 16%)? Il tetto sull'affollamento pubblicitario fissato in sede Cee è consono e sufficiente a garantire il profitto alle imprese televisive, un migliore ritorno alle imprese che investono in pubblicità televisiva, e un accettabile numero di break al telespettatore. Occorrerà comunque, nello stabilire le regole di comportamento, fissare anche il numero massimo di spot contenibili in ogni break pubblicitario. Il tetto d'affollamento deciso per la concessionaria pubblica è del tutto inadeguato. La concessionaria di Stato deve poter mettere a disposizione delle industrie produttrici di beni e servizi lo stesso tempo pubblicitario fissato in sede comunitaria. In caso contrario, l'emittenza nazionale privata sarebbe indirettamente assistita dallo Stato, come si è sinora verificato, ai danni della media emittenza e di quella locale. È ovvio infatti che fissando un tetto in denaro alla concessionaria di Stato si crea una grave turbativa del mercato. La concessionaria potrebbe infatti, una volta raggiunto il tetto, regalare spazi ai propri clienti per impedire che si rivolgano al privato. D'altro lato con questo meccanismo del tetto in denaro si impedisce all'utente pubblicitario di scegliere la rete nella quale investire in base alle ricerche sull'audience dell'emittente e sul target del proprio prodotto costringendolo ad investire su una emittente non del tutto adeguata ai suoi bisogni. È inoltre assurdo che un'impresa non possa comperare spazi pubblicitari nel programma più seguito dal pubblico e sia costretta a farlo su quello meno seguito. Indice della comunicazione Per questo va senz'altro abolito il tetto fissato in termini di limite massimo di danaro introitabile dall'emittente pubblica. E va invece fissato per un tetto paritario in termini di tempo per l'affollamento pubblicitario. La prosecuzione o meno delle entrate del canone va invece legata ai doveri della concessionaria di Stato, e ai suoi obblighi di legge. Tribune dell'accesso, tribune politiche, sedi locali e decentrate ed altro da definire. Per quanto riguarda le autoproduzioni il d.d.l. governativo prevede la soglia minima del 10%, 20% e 50%, sul totale delle trasmissioni settimanali, rispettivamente per le stazioni locali, le reti nazionali, il servizio pubblico. Una direttiva della Commissione Europea sulla programmazione delle reti televisive di ciascuna nazione fissa al 30% del tempo di antenna la percentuale di programmi prodotti dai paesi membri, al netto dei servizi giornalistici, delle manifestazioni sportive, della pubblicità e dei servizi teletex. Tale percentuale minima passerebbe al 60% dopo i primi tre anni di applicazione._ Quale è la sua opinione al riguardo? La decisione della Cee è condivisibile, anche se è istituzionalmente dedicata a non far differenza fra produzione nazionale e produzione europea. Si può fissare nel 60% la produzione che sia Quotid.igi1ico !l! ~ mici smo, alle «lettere di notizie» che mercanti e banchieri del Rinascimento fa cevano circolare nelle proprie reti di corrispondenza internazionale. Gli storici sottolineano lo stile esplicito, asciutto, diretto di questi archetipi del giornale economico. Tali caratteristiche di fondo si sono in larga misura trasmesse alla migliore stampa quotidiana dell'Ottocento, che si rivolgeva esclusivamente ad un pubblico borghese e prevalentemente alla borghesia qell'industria e degli affari. Gli studi sulla genesi dei giornali «di massa» nella Gran Bretagna della fine dell'Ottocento hanno messo in rilievo, tra l'altro, che la transizione dal modello informativo «borghese» al modello del giornalismo «popolare» ha comportato proprio la perdita di molte di queste caratteristiche. La transizione si è estesa ben al di là dei confini britannici. Bild Zeitung è forse un esempio insuperato di un giornalismo che, da noi, trova uno stretto corrispettivo, più che nella stampa quotidiana, m settimanali del tipo Cronaca Vera, Novella 2000, Stop, ecc. Lo stesso avvento, alla fine del secolo scorso, della stampa collegata al movimento operaio (i cui meriti informativi e storici non sono qui in discussione) ha introdotto forme più legate alla propaganda, accentuando per risonanza il progressivo scivolamento di tutta (o quasi) la stampa quotidiana verso un terreno più ideologico, dove la fornitura di notizie diviene secondaria e strumentale a obiettivi di agitazione e di modellamento della pubblica opinione. Beninteso, non è che gli elementi ideologici mancassero nella tradizione della stampa della borghesia per la borghesia; ma la borghesia d'affari, proprio per la sua attività, aveva bisogno innanzitutto di notizie, notizie chiare e precise. La funzione di dibattito, di commento, di analisi doveva essere il più possibile separata dalla prima. In questo quadro, il quotidiano di economia è rimasto (almeno nei suoi esempi migliori) pilJ. legato al modello originario. Il suo pubblico è - essenzialmente - quello dell'Ottocento, la borghesia degli affari, anche se quest'ultima ha subìto grandi trasformazioni. Ed ancor oggi la borghesia di affari ha innanzitutto bisogno di notizie, di hard news, per svolgere il proprio business. Prendiamo due esempi estremi: la prima pagina del Wall Street Journal e quella della Notte, giornale del pomeriggio di Milano destinato a un pubblico popolare. Si nota immediatamente che la grafica stessa del quotidiano d'affari americano è ancora sostanzialmente vicina a quella del secolo scorso. Fra l'altro, non ci sono fotografie, ma solo piccoli disegni al tratto. In prima pagina, i titoli sono sempre su una colonna, in posizione fissa, così che è impossibile gerarchizzare i contenuti in base alle caratteristiche della titolazione. Le notizie del giorno sono presentate, in forma sintetica, nelle due colonne centrali, sotto il titolo « What's News»: l'unica gerarchizzazione possibile è quella suggerita dalla sequenza e - in minor misura - da qualche riga in più o meno del testo. In pochi minuti, il lettore può avere il quadro complessivo degli avvenimenti del giorno e stabilire se qualcuno di essi merita di essere approfondito, eventualmente, leggendo l'articolo indicato in una pagina interna (se c'è). Al contrario, nel modello tipico della Notte, la prima pagina è dominata da un solo grosso titolo di testa su nove colonne. Pochi altri titoli e alcune grosse foto esauriscono la prima pagina. Per le altre notizie il lettore dovrà sfogliare pazientemente il resto del giornale. Qui la gerarchizzazione delle no.tizie è brutale. In media, i quotidiani italiani (e non solo italiani) assomigliano più al modello della Notte che a quello del Wall Street Journal. La stessa Repubblica, che pure si rivolge a un pubblico cosiddetto· «d'opinione», ha messo in auge il titolo d'apertura a tutta pagina come routine. I titoli spesso presentano il commento del giornale, più che la notizia vera e propria. somma fra quella nazionale e quella europea. Tuttavia la questione andrebbe meglio definita: occorrerà ad esempio fissare un tetto minimo per l'autoproduzione d'emittente. A questo proposito il limite fissato per l'emittenza locale andrebbe rivisto. È troppo basso il 10% di autoproduzione. Una emittente locale deve caratterizzarsi proprio per l'autoproduzione e non per il fatto di trasmettere vecchi telefilm americani ormai a basso costo perché giunti al millesimo passaggio. In questo senso risulta iniqua anche la decisione della Cee di escludere dal conteggio il tempo dedicato ai servizi giornalistici, i quali invece potrebbero ben caratterizzare una emittente rendendola attiva e partecipe verso gli eventi locali e verso i servizi giornalistici in genere. Servizi che rappresentano comunque un passo avanti rispetto alla ennesima replica di un brutto film, anche se europeo. Inoltre va considerato un aspetto del tutto trascurato dal legislatore quando parla di «autoproduzione». Occorre introdurre un limite per l'autoproduzione (in house production) tendente verso il basso (15-20%), per le reti nazionali private; un limite più alto (25%) per le nuove produzioni nazionali, da realizzare all'esterno del network con case di produzione italiane. Il prodotto che ne scaturisce deve avere il primo passagLa prima pagina è sempre ingombra di commenti. Può capitare che, sotto il titolo, si trovi direttamente il commento, mentre l'articolo sia rinviato a una pagina interna. Il Sole 24 Ore e ItaliaOggi sono più vicini al modello del Wall Street Journal e del Financial Times, anche se interpretano con modi che risentono di tratti tipici della stampa quotidiana italiana. Anche per questo è interessante vedere quale sarà la reazione del pubblico verso queste testate, che non si distinguono solo per il campo d'interesse, ma anche per il modello informativo e viceversa quale direzione esse prenderanno via via in risposta ai segnali provenienti dal pubblico. Bisogna riconoscere che, quando si tratta di servizi, la borghesia d'affari sa offrire a se stessa un pasto informativo molto sostanzioso, anche se cucinato con sobrietà. Si ritiene invece - a torto o a ragione - che il grosso pubblico sia inappetente, dal punto di vista informativo, e che perciò il suo appetito debba essere stimolato con salse, spezie, ragù. Ci piacerebbe che questo si rivelasse prima o poi un pregiudizio. ltaliaOggi quotidiano di economia finanza e politica, primo numero, 19 novembre 1986.

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