Comune di Roma, oltre ad una serie di mostre temporanee alle quali, afferma, va il merito di aver avvicinato il pubblico ai musei, l'équipe con cui ha lavorato ha ste:;o un complesso programma di sostegno e di espansione delle strutture espositive pubbliche. Ma siccome, ha ricordato, «i tempi politici dominano i tempi culturali», i programmi a lunga scadenza - come, tra gli altri, la progettata Galleria comunale d'Arte moderna, da realizzarsi in uno spazio già deciso e con opere già in possesso del Comune, e il Museo del Campidoglio - sono rimasti sulla carta. Il Comune di Genova ha al suo attivo una nuova struttura, il Museo d'Arte contemporanea di Villa Croce, deciso e realizzato dalla precedente giunta comunale. A questo proposito Franco Monteverde, direttore dell'Istituto Gramsci ed ex assessore comunale, ha portato come esempio di grave ostacolo normativo il carattere «repressivo» della struttura di regolamentazione delle forme di indebitamento dei Comuni. Infatti, l'insieme delle norme della Cassa Depositi e Prestiti non prevede ristrutturazioni di immobili a fini museali. E il Comune non può stanziare, sempre secondo Monteverde, il due per cento della spesa totale di realizzazione di un edificio pubblico per «abbellimento mediante opere d'arte» 3 dell'edificio stesso, come prevede la legge, perché la struttura dei mutui che il Comune contrae richiede la presentazione contemporanea di tutte le parti dell'opera come già definite. Il Comune può comperare un'opera con le riserve di amministrazione, con i risparmi, ma non può contrarre un mutuo per acquistare una Collezione come quella, per esempio, di Giuseppe Panza di Biumo. Non sappiamo se questo è il motivo per cui il Comune di Varese, in cui si trova la Collezione, non è andato al di là di una generica afesporrà passerà di colpo al primo posto, tra quelle italiane, per il livello della cultura artistica» ha affermato Giulio Carlo Argan, e Thomas Messer, direttore del Guggenheim Museum di New York, ritiene che «una Collezione [... ] di maestri americani ed europei del periodo del dopoguerra coStefano Tamburini, Snake Agent, in «Frigidaire», n. 38, gennaio 1984 fermazione della volontà di acquisizione della raccolta e della villa che la ospita. Non sappiamo neppure se per gli stessi motivi burocratici gli anni di trattative con lo Stato italiano e la Regione Piemonte, a cui è stata proposta, non hanno permesso di conservare in Italia questa raccolta, che riunisce opere considerate di grande valore culturale. «La città che le farà proprie e le me il nucleo originale della Panza di Biumo abbia un enorme significato culturale»: Le trattative in Italia sono state perfettamente inutili, e quindi Panza ha venduto ottanta opere al Museum of Contemporary Art di Los Angeles, che le ha esposte nella sede provvisoria, il Temporary Contemporary di Frank Gehry. Ricordiamo che il direttore Richard Koshalek ha affermato che, data l'importanza della acquisizione, il museo formerà la sua collezione attorno a questo nucleo di opere e secondo il concetto che la raccolta ha realizzato: il contenitore definitivo della collezione sarà la nuova sede del museo progettata da Arata Isozaki. ' E stata quindi affermata la legittimità del riconoscimento dell'arte contemporanea come Bene culturale, riconoscimento presente anche nel testo del disegno di legge del Ministro Gullotti citato da Silvia Rizzo, e del dovere della promozione ai sensi di legge e secondo lo spirito della Costituzione. Sono stati messi in evidenza anche i pericoli che la gestione della promozione e della tutela da parte di enti centralizzati e fortemente burocratici potrebbe creare. Promozione da parte degli enti locali, come chiede Giubbini, anche se per la loro caratteristica «democratica» essi preferiscono offrire al pubblico di massa mostre temporanee di valori consacrati, di «grandi firme», anziché fondare musei, formare personale specializzato ed incrementare la ricerca artistica. Promozione da parte degli enti locali anche per Claudia Terenzi, secondo la quale le istituzioni pubbliche dovrebbero «educare» il pubblico attraverso le sezioni didattiche delle mostre temporanee, affiancandole con una oculata politica di acquisti per le sezioni permanenti dei musei pubblici. Promozione dell'arte contemporanea come tutela senza vincoli, invece, per Giuseppe Panza di Biumo che, riferendosi certamente alla propria esperienza, ha affermato che «la sua qualità [dell'arte contemporanea] esiste nella sua mobilità, nella sua universalità, nella possibilità di circolare per il mondo. Solo l'arte migliore provoca un interesse universale». Secondo Panza la tutela dovrebbe essere svincolata dal controllo dei politici ed esercitata da istit~zioni pubbliche e da musei autonomi e soprattutto dotati di fondi per gli acquisti, secondo l'esempio francese e tedesco. Silvia Rizzo ha chiuso il convegno ricordando che l'Istituto Gramsci Ligure seguirà da vicino anche in futuro tutti gli aspetti legislativi che riguardano direttamente la promozione e la tutela delle arti visive Note ( 1) Che cosa è per lo Stato un Bene culturale (notificate, gente, notificate!), Le «Nuove norme per la tutela e la valorizzazione dei Beni culturali e ambientali», in «Il Giornale dell'Arte», n. 14, Torino, 1984. (2) Legge 1"giugno 1939, n. 1089, Tutela delle cose d'interesse artistico o storico. (3) Legge 29 luglio 1949, n. 717, Norme per l'arte negli edifici pubblici, modificata con Legge 3 marzo 1960, n. 237, e con Legge 5 agosto 1975, n. 412. (4) Collezione Panza di Biumo: vale la pena comprarla?, in «Il Giornale dell'Arte», n. 7, Torino, 1983; altre notizie sulle vicende della Collezione si possono trovare in: Paolo Tortonese, Panza di Biumo vende: Los Angeles (20 miliardi) o Torino (I 3 miliardi), in «Il Giornale dell'Arte», n. 5, Torino, 1983. Sulla Collezione vedi: Germano Celant, Das Bild einer Geschichte 1956-1976 - Die Sammlung Panza di Biumo, Milano, Electa International, 1980; The Museum of Contemporary Art: The Panza Collection, Los Angeles, The Museum of Contemporary Art, 1985. MiesvanderRoheaBarcellona U n avvenimento sorprendente e significativo è illustrato dalle riviste di architettura della scorsa estate: è la ricostruzione «com'era e dov'era» del padiglione tedesco ali'Esposizione internazionale di Barcellona, realizzato da Mies van der Rohe nel 1929 ma subito dopo demolito. L'iniziativa è stata della città di _ Barcellona che, tramite un'apposita fondazione pubblica, si è servita dell'opera puntuale di Cristian Cirici, lgnasi Sola Mora/es e Fernando Ramon. Il costo del/'operazione ha certamente superato l'importo di un milione di dollari. Il fatto è clamoroso e non solo per gli addetti ai lavori. In primo luogo, per il valore intrinseco di questo edificio che, tante volte imitato, rappresenta uno degli archetipi più affascinanti del movimento moderno. Fu in quell'occasione che Mies pervenne con estrema chiarezza alla completa de-costruzione dell'organismo architettonico classico; i limpidi piani astratti e i solai aggettanti distruggono la nozione di limite fra interno ed esterno, fra cielo e terra, configurando uno spazio continuo, trasparente, asimmetrico. Ma queste considerazioni erano note da tempo. Il fatto nuovo prescinde dalle considerazioni stilistiche; è la ricostruzione integrale di uno dei «monumenti» del/'architettura moderna che non ha precedenti. Non si tratta infatti della restituzione di un edificio distrutto dalla guerra e poi ricostruito perché significativo per la storia di una città, come è avvenuto in molti centri storici del!'Europa centrale. L'edificio di Mies, costruito in gran fretta, fu subito dopo demolito e venduto «a pezzi» dal governo tedesco, a causa del costo eccessivo della sua realizzazione. La sua ricostruzione non riguarda la storia di Barcellona, piuttosto la storia dell'arte moderna. Per questo le vicende Francesco Montuori e Augusto Illuminati della demolizione e dell'attuale ri- mascherare gli «errori» commessi ginario sempre diverso. pristino del padiglione di Mies ac- da Mies, in modo che questa repli- Riflettendo al fatto che la borquistano un'inaspettata valenza ca «al vero» fosse più fedele all'i- ghesia costruisce, nel pieno del simbolica. dea originaria che alla realizza- suo sviluppo, le sue proprie roviIntanto le ragioni che portarono zione effettiva. ne e teorizza simultaneamente il alla sua demolizione. Mies non Ma alla fine, la ricerca di una progresso illimitato e il riavvolgiimmaginò la sua opera come coerenza per arrivare a un edificio mento circolare del _tempo, Benjaprovvisoria e infatti la realizzò in così come veramente era stato im- min osservava che il pensiero de/- cemento, ferro e pietra. Ma il ca- maginato non si conclude con la l'eterno ritorno sorge quando non ,attere effimero dell'opera fu de- perdita totale della sua identità si ha più il coraggio di guardare in cretato dalle urgenze economiche storica? L'ordine naturale non faccia le contraddizioni che un siche resero obsoleta un'opera pri- scompare dietro a un nuovo ardi- sterna di produzione mette in apema ancora che fosse il tempo a ne che, in fin dei conti, è quello ra. Così accade per l'architettura: sancirne la decadenza. Su questo artificioso del museo? Se davvero le distruzioni che ereditiamo dalla carattere di provvisorietà del mo- le cose stanno così, questa «rovi- modernità non possono essere riderno - le «rovine del moderno» - na» perfettamente ricostruita di- sarcite né dalla semplice conservagettarono il primo sguardo i sur- viene il simbolo pieno di una sto- zione né dalla replica degli archerealisti e del confronto affannoso ria che si è ormai compiuta, ma al tipi del passato. E perché il rifacifra il passato più recente e le ne- tempo stesso di una cultura, quella mento minuzioso di un porticato cessità del presente il carattere di di oggi, che preferisce le rive rassi- greco o di un edificio termale ro- «manifesto» dell'opera di Mies, e curanti della ripetizione, magari mano dovrebbe essere più assurdo il suo destino «effimero», è espres- mascherata da conservazione dei (come è opinione prevalente fra sione altamente significativa. modelli del passato. «Rifare come gli operatori e gli studiosi del raMa il paradosso non finisce qui. nel passato» sembra una parola mo) di quello di un padiglione La ricostruzione integrale di que- d'ordine capace di mettere al ripa- moderno, inevitabilmente conversta «rovina» si rende possibile og- ro dai rischi del navigare in mare tito da contenitore di merci a cangi proprio perché cominciamo a aperto. L'incredibile ripristino di tenitore museale? Ridotto a oggetmarcare un distacco sempre più Barcellona è un gesto complemen- to «perfettamente inutile» (e forse profondo dalla «modernità». I tare all'altrettanto «storica» demo- solo così bizzarramente reso fruinuovi costruttori hanno lavorato lizione della Maison du Peuple bile), il Padiglione di Mies, emcome veri archeologi (e secondo hortiana a Bruxelles: sono i due blema del desiderio di ripetizione criteri di ripristino integrale che modi per mettere «fuori uso» una e di eternità, viene ora mostrato ai peraltro sono stati adottati in po- pagina di architettura, annullan- visllatori, reperto inventariato chissimi casi, molto discussi, tipo done simmetricamente la storia e una volta per tutte e ormai per Stoà di Attalo o tempio della regi- pareggiandole in un astratto alli- sempre inaccessibile. na Hatshepsut): è stata riscritta la neamento museale: di entrambi gli Il culto iperdevoto del Moderno storia del «reperto», le esatte di- edifici abbiamo ormai soltanto si dispone così secondo i dettami mensioni dell'edificio sono state delle fotografie e tante sedimenta- rituali del peggiore Post-moderno ritrovate grazie allo scavo del luo- zioni di buona e cattiva coscien- replicante e citazionista. L' angogo e dalla larghezza della parte za. Non si tratta qui forse di una scia della storia - per cui natura/- centrale dell'edificio e dalla sua forma neppure tanto sottile di mente esistono non pochi motivi! lunghezza massima si è risaliti al «coazione a ripetere», di una feb- - si manifestava un tempo nell'opmodulo del progetto originario e brile illusione di fermare il tempo pressione cumulativa dello storicipoi alla definizione delle altre mediante l'imposizione di moduli smo, che tutto l'accaduto giustifiparti del monumento. Piccole dif- astratti di razionalità costruttiva e cava e invitava in qualche modo a ferenze rispetto al programma ori- di congelamento del transitorio? perpetuare senza cesure e abbanginario, dovute a imperizia o fret- Illusione, tanto più in quanto nes- doni; oggi rischia di consolidarsi ta nell'esecuzione, sono state cor- suna razionalità può pre-incana- nel delirio di una storia che si crirette. 1 raffinatissimi e costosi ma- lare e annientare la variazione im- stallizza nella ripetizione immutateriali sono stati scelti, dopo lun- prevedibile del tempo e nessun ri- bile o nel vortice delle citazioni. ghe ricerche e confronti, in Italia, pristino restituisce il passato «così Una storia che non ha più nulla da Grecia· e Marocco; ogni sforzo è come veramente era», ma produce «insegnare» viene soppressa nel ristato compiuto, utilizzando con di esso immagini, nostalgie, inter- mando senza fine, nel ripescaggio astuzia le nuove tecnologie, per prefazioni, fondali per un imma- indifferente di qualsiasi epoca e frammento. Ma il pozzo cui le Danaidi attingono senza fondo è una punizione infernale, non un esempio di libera creatività incondizionata. Agli effetti fatali dell'oblio tentano di porre riparo i processi innovativi-moltiplicativi della moda. Qui ripristino e citazione sono a buon diritto di casa e anche vertiginose intersecazioni di adattamento fra settori diversi (la Diet-Coke, interscambio fra moda delle bevande e moda salutistica), sostituzione precipitata (la nuova Coke), trionfale ripristino a furor di popolo (la nuova, vecchia Coke). Le funzioni simboliche e psicologiche ci sono tutte, ma in più, rispetto al Padiglione di Mies, prepotenti emergono le ragioni del mercato. Tuttavia proprio la moda, che non può non far riflettere per le sue straordinarie anticipazioni, ha qualcosa da insegnare ali'architettura. In essa appare ben chiara e assai meno mistificante, la distinzione fra un uso costruttivo della citazione che deve sempre spostare in avanti la produzione dei modelli (sia pure per ragioni esclusivamente di mercato, di obsolescenza del già prodotto), e un altro uso semplicemente ripetitivo, che alimenta soltanto il sottomercato delle imitazioni a prezzi stracciati o dell'antiquariato di imbroglio. Naturalmente però anche la moda conosce oggi la museificazione; alle grandi mostre, inoltre, si vendono all'ingresso copie moderne di oggetti prodotti dalle avanguardie per la moda di tempi passati - rimercificazione a scoppio ritardato di un prodotto già museificato. Eppure il mercato «serio» sconsiglia di risurgelare i prodotti una volta scongelati... «Domus», n. 674 luglio-agosto 1986. «Casabella», n. 526 luglio-agosto 1986.
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