NOVITÀ Biblioteca di Storia contemporanea diretta da Gabriele De Rosa RobertoSani DaDeGasperi a Fanfani: "LaCiviltà Cattolica" e gli ambienti clerico-moderati nelsecondo dopoguerra (1945-1962) Prefazione di Pietro Scoppola pp. 192, L. 16.000 nella stessa collana: Francesco Malgeri La Sinistra cristiana (1937-1945) Andrea Riccardi Il "Partito romano" nelsecondo dopoguerra Gianni La Bella "LoSpettatore italiano" (1948-1954) Morcelliana [I Jaca Book Il Wole Soyinka L'UOMO È MORTO Premio Nobel per la Letteratura 1986 Dalla prigionia il romanzo straordinario di un grande scrittore africano Pagine 320, Lire 32.000 Alfonso Perez de Laborda LEIBNIZ E NEWTON Alle origini di una controversia scientifico-filosofica Pagine 488, Lire 50.000 Henry Van de Velde SGOMBERO D'ARTE Un maestro dell'architettura moderna Pagine 288, Lire 38.000 Matteo Vercelloni IL PARADISO TERRESTRE Viaggio tra i manufatti del giardino dell'uomo Pagine 352, Lire 42.000 André Leroi-Gourhan LE RADICI DEL MONDO Dalla ricerca preistorica uno sguardo sulla totalità dell'uomo Intervista di Claude-Henri Rocquet Pagine 200, Lire 27.000 A Gennaio in italiano il terzo numero di L'UMANA AVVENTURA Volume trimestrale di scienze, cultura e arte MILANO, NEW YORK, PARIGI STOCCARDA capace di ritornare piccolo. 'La cosa più grande è quella che è diventata così piccola da rendere superflua ogni grandezza'» (D'Agostini). E su questo punto, sull'invito canettiano a vivere secondo questo «principio della molteplicità» e della metamorfosi, ricordato da D'Agostini, si basano anche gli altri interventi contenuti nel volume, che, attraversando l'intera produzione di Canetti «romanziere, saggista, sociologo» ed altro ancora, mostrano alcune delle tendenze della critica italiana (ma anche straniera) di ambito germanistico e non. M a a che cosa si ricollega questo invito «eccentrico» a considerare l'uomo come «posto dalla libertà», per esprimerci nei termini di F. Schelling? Forse, come è stato notato, bisogna prendere in considerazione la base antropologica, sia pure «singolare», del discorso di Canetti, il suo fondamento antropologico, per chiarire il senso della riscoperta della natura proteiforme. e polimorfa dell'uomo, della sua ricchezza, avvertibile con nettezza nelle pagine dell'autore di Massa e potere. E Canetti non si stanca di ricordare come la più grande fortuna dell'essere umano sia la sua «molteplicità», la possibilità di manifestare ancora sconosciute «forme d'esistenza». La carica dirompente della riflessione di Canetti - di un «pensiero poetico», si potrebbe dire: utilizzando un'espressione di H. Arendt impiegata per definire lo stile della ricerca di W. Benjamin - sta quindi nel suo radicarsi in una concezione del corpo non riducibile ad organismo, raffigurabile come un ente complesso, «collettivo», in divenire, un «fenomeno molteplice». L'essere umano è in questa prospettiva il prodotto di uno sforzo d'esistere, di un desiderio di vita libero e razionale. Quest'ultimo è la vera e propria tensione costitutiva dei corpi, delle singolarità collettive, che si conservano in vita con-venendo con altri corpi, nella situazione decisiva del poter essere affetti in più maniere. L'individuazione del carattere metamorfico del corpo ne ribadisce così il divenire, il movimento, la trasformazione. La metamorfosi può essere considerata - in termini spinoziani - come l'espressione dello sforzo di perseverare nell'esistenza in modo tale da mantenere i corpi atti ad essere affetti in più maniere. È in questo senso che si può affermare che l'essere umano si dispiega a partire dal futuro, da ciò che sarà, dalla possibilità d'apertura all'altro che lo individua nella materialità dei processi di metamorfosi: non esistono per i corpi forme e rapporti del loro incessante con-venire che non siano provvisori, revocabili, vale a dire in ulteriore trasformazione (per i corpi il futuro - la loro natura - muta ad ogni istante, insieme al mondo). È comunque attraverso l'analisi del fenomeno della massa che è possibile delineare, come ha avvertito la critica più avveduta e sensibile alle ragioni dell'opera canettiana, una comprensione non riduttiva dell'essere umano, salvando di quest'ultimo proprio il suo carattere essenziale di singolarità collettiva: trattenendo cioè la considerazione del corpo come metamorfosi, come massa di continui mutamenti. La lettura sviluppata da Canetti delle esperienze di massa (su cui si può vedere, in prima approssimazione, l'utile lavoro di M. Galli, Invito alla. lettura di Canetti, Mursia, 1986, che a questo tema dedica alcune attente pagine) è caratterizzata in breve dall'individuazione di un senso originario di uguaglianza che segna.l'intera storia dell'umanità: ogni pretesa di uguaglianza, di giustizia, è fondata infatti sull'esperienza della massa che, riflettendo la singolarità collettiva dell'essere umano, può fornire lo stimolo per resistere ad ogni forma di potere paranoico, che deprima le possibilità di liberazione, di vita dei corpi. Nell'esperienza della massa, il confine dell'io viene travolto da una spinta alla «deterritorializzazione» che proviene dalla massa di forze che agita ogni corpo complesso, che desidera potere ciò che può. La resistenza dell' «io» alla massa è dovuta a dei dispositivi di potere che concretizzano il processo di formazione dell'individuo, procesnomeni più genuini e non manipolati, ha la possibilità di riconoscere la propria singolarità composta e complessa, abitualmente mortificata dalla rete di rapporti di potere che la fissano in forme predeterminate, che hanno il compito di separarla da ciò che può. La massa è per Canetti un primus logico e storico, da cui deriva per differenziazione l'individuo, inteso come colui che oblia l'esperienza della massa che comunque trascorre nel proprio stesso corpo. Ora, la condizione di uguaglianza della massa è per Canetti testimonianza della possibilità concreta per l'uomo di poter ancora convenire con altri, di vivere il «lieviFrançois Berthoud, Tric's Trip, in «alter alter», marzo 1985 so sostenuto dai meccanismi consolidati di differenziazioni, d'istituzionalizzazione dei movimenti e delle emozioni: quei dispositivi che irrigidiscono le distanze, rafforzano i distacchi, delimitano a priori le possibilità di trasformazione dei corpi, inaridiscono la . ,; vita. È evidente dunque che Canetti legge i processi di formazione dell'io come un tipo d'individualizzazione connesso a rapporti di potere, che conferiscono al «soggetto» un'unica identità, che gli impongono, come dice M. Foucault, la propria «legge di verità». Massa e potere è sostanzialmente un'opera che descrive la riduzione degli esseri umani a «corpi morti», depotenziati dalle forme di strutturazione dell'esperienza di vita proto fantastico della Verwandlung (metamorfosi)» (F. Masini). ' E significativo che Canetti individui la strutturazione del potere nella storia degli uomini in una sorta di perversa volontà di sopravvivenza, che nella paura dell'altro, nel «timore dell'ignoto», dimenticano la loro ragione di vita: il loro carattere complesso e multiforme che richiama proprio la metamorfosi come futuro che costituisce il presente. È così che si esalta I'«orrore·» di un conservarsi in vita inteso sempre a danno della molteplicità della vita stessa. Con questa «sopravvivenza» apparente si accompagna la morte, che condiziona in maniera negativa i rapporti tra gli uomini, stimolando la costruzione di «situazioni di viMassimo Mattia/i, Capitan video, in «Frigidaire», n. 4, febbraio 1981 prie del potere. Ma l'uomo si sente attratto dalla massa, al di là della sua «falsa» individualità voluta dal potere, a ragione del suo carattere specificatamente complesso, multiforme. È nella massa che l'essere umano può riacquistare una individualità più libera, svincolata dal modo istituzionalizzato mediante cui è diventato «soggetto», in quanto in essa, nei suoi feta» in cui prevalga l'anti-mutamento, l'assenza dell'altro, l'unicità del comando. Ed è rispetto a questa questione della sopravvivenza che T.W. Adorno ha colto un punto di contatto tra le sue posizioni (e quelle di M. Horkheimer) e le riflessioni di Canetti sul complesso sopravvivenza-morte-potere. Nel suo dialogo del 1962 con Canetti, Adorno afferma infatti: «Nella Dialettica dell' Illuminismo, Horkheimer e io abbiamo analizzato il problema dell'autoconservazione, della ragione che conserva se stessa, e così ci siamo imbattuti nel fatto che questo principio dell'autoconservazione, come è stato formulato per la prima volta, si potrebbe dire classicamente, nella filosofia di Spinoza - e che Lei (Canetti), nella Sua terminologia, chiama il momento della sopravvivenza, cioè la situazione della sopravvivenza in senso pregnante - che questo motivo dell'autoconservazione, quando diventa in una certa misura 'selvaggio', quindi quando perde il rapporto con gli altri che gli stanno di fronte, si trasforma in una forza distruttiva, in distruzione, e al contempo anche sempre in autodistruzione. Lei non conosceva queste nostre asserzioni e noi non conoscevamo le Sue. Io credo che qui il nostro accordo non sia un caso, ma potrebbe rinviare a un fattore oggettivo, che è diventato attuale proprio a partire dalla crisi della situazione presente (la quale in definitiva è una crisi proprio di questa autoconservazione diventata selvaggia, di questa sopravvivenza diventata selvaggia)». Questa «sopravvivenza selvaggia», reattiva, s'incarna nelle pratiche di un potere che vuole ridurre i corpi ad oggetti devitalizzati, bloccando la possibilità di una «moltiplicazione della vita», sentita come intimamente avversa alla propria autoconservazione. È in questa prospettiva che il potere tende a cristallizzare la massa, a gerarchizzarla, ad indirizzarla artificialmente contro l'altro (che è in effetti il «garante» stesso del suo vivere): il fine del potere è la fine dell'altro, mediante la riconferma delle modalità abituali d'individualizzazione, d'assoggettamento dei corpi, delle masse, che vengono appunto frammentati in «spezzoni», resi così prede e strumenti per l'esecuzione di ordini. È importante sottolineare, al di là della rilevazione dei limiti del- !' approccio freudiano, come l'analisi canettiana infranga la critica «reattiva» all'esperienza della massa, ribadendo come essa non sia identificabile con quella manipolata dal potere: quest'ultima deprime la singolarità collettiva dell'umano ed esalta invece le modalità di quella falsa individualizzazione che non moltiplica la vita, che la carica di ordini, di «spine», finendo per piagarla, per mortificarla nella minaccia dell'annientamento. Questa analisi della massa, che presenta più aspetti ed esprime avvenimenti più che «essenze», viene sviluppata da Canetti nei termini di una vera e propria apertura nei confronti delle nuove possibilità di vita che la produzione di soggettività incarnata nella potenza di metamorfosi lascia intravedere e che si tratta di richiamare attraverso la formazione di pratiche d'esistenza riferite al trascorrere dei corpi multipli e complessi in divenire, in combinazione-composizione. E la ricchezza dell'uomo - creatura creatrix - si esprime proprio in virtù della «natura» proteiforme e multilaterale che lo contraddistingue, che lo libera da ogni fissazione «paranoica», in un divenire di trasformazioni in cui I'«ap- <"i propriazione» dell'altro torna ~ sempre a coincidere con la dona- ..:: zione di sé, con l'autentica libera- t zione. La proposta interpretativa ~ di Canetti si sintetizza così in uno ..., splendido «appunto» del 1967, in ~ cui si afferma: «Come osa pensare 1 alla propria liberazione un uomo -~ che sa dell'esistenza degli altri? ~ Anche se fosse possibile raggiun- O: gerla, in quel modo avrebbe per- :::! duto gli altri, che sarebbero l'uni- ~ ca vera liberazione». -o ::g., ~
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==