Alfabeta - anno VIII - n. 91 - dicembre 1986

ad una alterità radicale, ad una diffidenza globale verso il moderno: in Ah, poeti moderni, e vù, done i poeti sono un sottoinsieme dell'insieme «uomini moderni», coinvolti in una cecità per certi aspetti incolpevole, in quanto ereditata, come la colpa dei «giovani infelici» di Pasolini. P arrebbe questo l'orizzonte ideologico di un aristocratico reazionario e nostalgico; se non che, l'orgoglio del possiS criveva Calvino, nel suo penultimo articolo apparso su «Repubblica», a proposito di un libro di Macchia: «Poi c'è un altro filone - non so se nessuno l'ha mai commentato-, forse il più singolare e prelibato: quello delle opere ipotetiche, che avrebbero potuto essere e invece non sono mai state scritte. Macchia è un critico (forse il solo al mondo) che tiene conto non solo degli infiniti libri che sono stati scritti, dai più illustri ai più oscuri, ma destina una speciale sottilissima attenzione a indagare le possibilità che la letteratura ha perduto: una biblioteca virtuale che comprende (... ) le opere progettate dagli autori e di cui resta il titolo o poco più (... ), non solo, ma anche quelle a cui gli autori mai hanno pensato e che pure ci saremmo aspettati che scrivessero» (19 luglio 1986). Adesso con Sotto il sole giaguaro giungono al lettore le sparse membra di un'opera ipotetica e, se si volesse immaginare l'intera opera di Calvino come una città che col cambiare della posizione del visitatore diventa altra e diversa, °' questi testi sarebbero paragonabili ";;; a quegli edifici in costruzione delle s::: periferie di cui l'ideatore possiede t nei cassetti dello studio o tra le carte del tavolo le mappe dell'intera loro forma ideale. Così con questo libro ci pieghiamo al fascino dell'incompiuto che costituisce probabilmente le stimmate della modernità. È necessario ricordare però che i tre racconti sono in sé compiuti; quel che manca è l'at- ~ tuazione del progetto, il dispiegar- l si pieno delle potenzialità immagi- ~ native in esso insite. Calvino lavo- 'R/110I:OOI~ AWltJ t MQl/fAIJIIJl<aJ$-. DanieleBrolli, Cu0ri del nuovo Texax, in «Reporter»,17 gennaio 1986 dente agrario coesiste con un genuino e radicale populismo, in un 'indicazione sincera di valori collettivi come sola possibilità per combattere il dolore, conclusione inevitabile di ogni percorso individualistico. Dalle scintille provocate dal corto circuito di tendenze tontradditorie e ugualmente sentite, come ha acutamente sottolineato Franco Fortini, nascono le più belle poesie di Noventa, le più , drammatiche e profonde, da Mi • no' so ben parché a Gh'è nei to grandi. Ma un po' dovunque nel libro si respira con un certo grado di autenticità questa volontà di sentire collettivamente, di dividere certe sensazioni primordiali che rappresentano i punti in comune tra le persone. Le poesie d'amore, nella loro quantità e varietà, esprimono efficacemente quest'ambizione «realista» di Noventa, accogliendo spesso al loro interno sfumature antiletterarie: in Nei momenti che i basi fermemo, in Oseléti, putèle, canté, in Fusse un poeta. Un altro pregio del poeta Noventa è l'audacia di affrontare argomenti solenni e decisivi, scontrandosi anche in questo caso con una linea robusta, seppur minoritaria, della nostra poesia, che ha identificato la genuinità e l'autenticità del dettato poetico col «parlar basso», con la reticenza, col pudore. Nelle grandi liriche Cofà barche e Co no ghe sarà più stele il. superamento del!' «iismo» nel dato, comune a tutti, del dç,lore, sfoI tresensi rava da tempo, almeno da Marcovaldo (1963), su strutture compositive che lo spingevano alla costruzione di macrotesti. Quel che sembrava più stargli a cuore era la ricerca di una sorta di unità formale pur ottenuta con l'ausilio di testi molto diversi tra loro. Spesso questa predisposizione formale si rendeva esplicita nella costruzione di cornici, come si può riscontrare in tutti i testi degli anni settanta, o nell'elaborazione di sistemi ordinatori secondo criteri di volta in volta stabiliti, per quel che riguarda i racconti. Tutto questo inevitabilmente in Sotto il sole giaguaro, si può congetturare, è rimasto nella fase avantestuale. Ecco come l'autore, con divertita ironia, aveva parlato del suo progetto: «Un altro libro che sto scrivendo parla dei cinque sensi, per dimostrare che l'uomo contemporaneo ne ha perso l'uso. Il mio problema scrivendo questo libro è che il mio olfatto non è molto sviluppato, manco d'attenzione uditiva, non sono un buongustaio, la mia sensibilità tattile è approssiL,ativa, e sono miope. Per ognuno dei cinque sensi devo fare uno sforzo che mi permetta di padroneggiare una gamma di sensazioni e sfumature. Non so se ci riuscirò, ma in questo caso come negli altri il mio scopo non è tanto quello di fare un libro quanto quello di cambiare me stesso, scopo che penso dovrebbe essere quello d'ogni impresa umana» (1983). Calvino aveva regalato ai suoi lettori più attenti la possibilità di scovare, nascosti tra le pagine di riviste scelte con oculata e speciale Silvio Perrella precisione, alcuni suoi testi che non riteneva si dovessero pubblicare in volume. Si pensi a I giovani del Po che, qualche anno dopo la sua insoddisfacente stesura, fu pubblicato a puntate su «Officina»; o agli stralci del reportage americano (libro che l'autore volle fosse distrutto quando era già in bozze) che si trovano su «Nuovi P er la prima volta con Sotto il sole giaguaro disponiamo di un volume-laboratorio e lascia perplessi che si accompagnino questi racconti con una nota incompleta e del tutto insufficiente a segnalare, con la dovuta accortezza, la loro disarmata apparizione pubblica. In limine è posta una nota d'altro genere di Manganelli, da ~ Biblioteca Classense - Ravenna ' RAVENNA IN ETA VENEZIANA a cura di Dante Bolognesi contributi di: Marino Berengo, Giuseppe Billanovich, Dante Bolognesi, Alessandra Chiappini, Manlio Cortelazzo, Massimo Donattini, Vincenzo Fontana, Lucio Gambi, Jean-Claude Hocquet, Fiorenzo Landi, Emanuele Mattalianq, Ivo Mattozzi, Giovanni Montanari,"- Giorgio Montecchi, Ottavia Niccoli, Celestino Piana, Renata Segre, Augusto Vasina. Longo Editore, pp. 376, 65 ili., L. 35.000 Argomenti»: o alla Poubelle agréée apparsa su un fascicolo di «Paragone». Si potrebbe, solo a conoscerne il titolo, suggestionati da Macchia, accennare al romanzo (uno tra i tanti) che Calvino lasciò tutto nella sua mente, a sentire le parole della moglie in una malinconica intervista. ricordare perché costituisce uno di quei piccoli segnali di affettuosità tra due scrittori in apparenza così lontani, da lasciare spazi inconsueti di lettura prospettica di alcune loro opere. Il racconto che apre il volume sembra essere un esperimento in miniatura di Se una notte d'invereia in versi emozionanti, ad altezze spirituali che la poesia in dialetto non ha mai osato affrontare (con l'eccezione, forse, di Delio Tessa). D'altra parte è proprio l'uso di una lingua personale, di un italiano patinato di dialetto veneto, che mette Noventa al riparo daeffetti retorici, instaurando anche nei momenti più solenni una dolce confidenza con il lettore. no un viaggiatore. Ma per rendere fruttuoso l'accostamento è necessario notare che l'intrico di storie intessuto in questo racconto ha un'esecuzione stilistica molto diversa. Il nome, il naso, infatti, è più vicino all'atmosfera delle Cosmocomiche e le diverse scritture che lo percorrono prendono la forma esplicita del pastiche. Non così avveniva con i diversi inizi romanzeschi che si susseguivano tra un brano e l'altro della cornice di Se una notte... : tutti sostanzialmente sembravano possedere una scrittura più vicina alla «voce» dell'autore: tutti insomma erano accomunati da una specie di «falsetto». Questa diversa impostazione stilistica permette di porre i due scritti alle opposte polarità di un campo di tensioni che, dall'una, per negazione, sembra portare all'altra. A discapito delle date del copywrite Il nome, il naso dovrebbe porsi come l'antecedente del ben più ramificato ed esteso esperimento di Se una notte ... , tanto da poter immaginare che Calvino giungesse a quel libro quasi contrapponendolo a ipotesi narrative molto diverse, pur tenendo presente l'analoga direzione progettuale della polifonia romanzesca di entrambe le opere. Sotto il sole giaguaro è uno splendido racconto di viaggio d'una coppia di amanti in un Messico precolombiano. Varie altre pagine della recente produzione dello scrittore nacquero sotto lo stimolo di quel paese. Si possono citare Serpenti e teschi in Palomar o i resoconti tratti dal taccuino di viaggio Ìn Collezione di sabbia. Sarebbe anzi interessante analizzare i differenti registri usati da

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