Alfabeta - anno VIII - n. 91 - dicembre 1986

Giacomo Noventa Opere complete I: versi e poesie Venezia, Marsilio, 1986 pp. LXXIV - 326, lire 60.000 lf opera di Giacomo Noventa era, fino a questa opportuna iniziativa delle edizioni Marsilio, indisponibile sul mercato librario italiano. Fuori catalogo è già l'edizione 1975 di Versi e poesie, nello Specchio mondadoriano, che comprendeva tutte le poesie edite di Noventa. Questa edizione veneziana delle Opere complete mette a disposizione, in una veste molto elegante e con apparato critico, l'intero corpus degli scritti di Noventa; il volume iniziale ricalca quello mondadoriano di cui sopra, con l'aggiunta di diciassette poesie inedite e di un apparato di note e varianti; più intricata è la situazione filologica degli scritti in prosa di Noventa, per i quali il lavoro del curatore Franco Mastriani si presenta più complesso. Al volume Mastriani ha premesso una lunga Introduzione, che fin dall'inizio affronta, illustrando i perché dell'edizione, il tema dell'attualità di questo poeta-filosofo. Si tratta di un punto centrale: fino ad oggi, nel quarto di secolo che ci separa dalla sua morte, la voce di Noventa è suonata nietzscheanamente inattuale, profondamente isolata, conservata nella memoria di pochi amici e fedeli, i quali tuttavia sono venuti nel frattempo essi stessi a patti con la realtà sociale e politica in cui viviamo, patti da Noventa sdegnosamente rifiutati. Oggi la divaricazione fra la WelGiacomNooventa tanschauung di Noventa e il complesso dei valori ideologici e culturali in vigore è più grande che mai. L'aspetto profetico-apocalittico di Noventa ha trovato conferme che vanno oltre le previsioni; i difetti nazionali che Noventa denunciava sono più radicati che mai. Il consumismo, l'omologazione culturale e ideologica, l'ontologizzazione del pensiero laico-razionalista, la «completa borghesizzazione» della nazione sono corollari delle scelte compiute all'inizio del secolo, da Noventa contestate. «Completa borghesizzazione» è un'espressione di Pier Paolo Pasolini, un altro intellettuale che ha cercato di opporsi a questo indirizzo globale della società italiana. A differenza di Noventa, Pasolini ha saputo sfruttare i mezzi di comunicazione, con spregiudicatezza non esente da contraddizioni. Eppure alcuni dei motivi più «scandalosi» di Noventa si ritrovano proprio nel Pasolini «corsaro» e «luterano», quasi con le stesse parole: «La matrice che genera tutti gli italiani ormai è la stessa. Non c'è più differenza apprezzabile - al di fuori di una scelta politica come schema morto da riempire gesticolando - tra un qualsiasi cittadino italiano fascista e un qualsiasi cittadino italiano antifascista» ( Gli italiani non sono più quelli, «Corriere della Sera», 10 giugno 1974). Questa identità di fascismo e antifascismo Noventa la postulava già molti anni fa, e con ragioni più profonde, come frutto inevitabile di un errore comune alle due sponde, di una Hybris soggettiviEnrico Formica stico-idealistica (I'«iismo», come lo chiamava). Anche i versi: «Fioi de troia, i vostri fioi / gavarà il vostro destin» (in Soldi, soldi ... ) sintetizzano un'idea esposta da Pasolini nel primo saggio delle Lettere luterane, I giovani infelici: i figli, come nella tragedia greca, ereditano la colpa dei padri. Tale colpa, nelle parole di Pasolini, consiste «nel credere che la storia non sia e non possa essere che la storia borghese». È difficile insomma tirarsi fuori, assumere l'obiettività necessaria per cogliere l'errore epocale, il fallimento collettivo di cui pure quotidianamente ci vengono offerte le prove, attraverso le atroci conseguenze dell'arricchimento materiale forzato, dello sviluppo tecnologico che non fa ricrescere l'erba dietro di sé. La perdita di Dio ha avuto come conseguenza l'idolatria di sé, delle forme politiche e dei modi di vita storicamente assunti, l'autoassoluzione dai propri doveri morali. Tuttavia, come sottolinea Mastriani, è proprio la progressiva divaricazione fra Noventa e il moderno, da lui lucidamente prevista, ad aumentarne la credibilità. Mastriani intravede lo spazio per il ricupero di un'eterodossia autentica, quale è quella noventiana, nel quadro di una crisi dei valori che ha condotto a una revisione critica delle epopee storiche recenti e della stessa categoria di giudizio progressivo/regressivo. L a conoscenza dell'ideologia noventiana è indispensabile per cogliere la grandezza delle poesie, falsamente semplici. Esse ci ingannano coi loro metri facili, con la loro forma cantabile, con la sintassi che conserva l'origine orale dei componimenti, con i temi tradizionali, l'amore soprattutto. Ma Noventa usa le parole nel loro pieno significato, in modo denso, mai esaurito da un'unica prospettiva. In questo senso la poesia di Noventa è classica, come quella dei suoi modelli, Heine e soprattutto Goethe: l'olimpicità è un desiderio, non una.realtà, una prospettiva, non un possesso. E gli argomenti più usati sono proprio i più imperscrutabili, in quanto più immediatamente connessi alla vita, più importanti e presenti. L'amore, l'amicizia, l'onore, Dio, solgort, Miraiha Yaro, in «Frigidaire», n. 65, aprile 1986 no concetti che rivelano la loro ambiguità più li si sonda, e Noventa a volte è capace di analisi e autoanalisi spietate. Che sentimento inquietante è l'amore di Gh'è nei to grandi e di Anca 'sto amor ... , che impegnativa solidarietà è l'amicizia di Co se gera so/dai, Fusse un omo, Voléu aver amicizie più grande, che Dio commovente e simpatico è quello di Co no' ghe sarà più stele. Tutto ciò perché le cose vere, i sentimenti reali, sono più importanti della poesia, che rispetto a loro ha una funzione strumentale o allusiva. Di per sé la poesia non è 11nvalore, ha dei «limiti» (Dove i me versi, Mi me son fato), è preparatoria e maieutica, ma non è l'obiettivo del poeta: «El poeta prepara una fiama, / Pian pianin ... e el va via pian pianin. / Sue no xè che le prime falive / E po' forse l'amor vignarà» o, in un'altra versione, «E po' i santi e l'eroe vignarà». Di qui la violenta polemica nei confronti di tutta la poesia del Novecento italiano, colpevole di aver affiancato l'idealismo filosofico con un «iismo» narcisistico, contemplativo, che • rifiuta veri confronti con la realtà, assunzioni di identità. In particolare, l'antitesi a Montale è netta, per quanto Mastriani cerchi di smussarla: si leggano Fusse un poeta, con la lettura approfondita che ne dà Giacomo Debenedetti in Poesia italiana del Novecento, (19802, p. 202 e sgg.), e l'epigramma Sali in su, Montale. Ma questa polemica è più convincente quando non è personale, appoggiandosi appunto 8 oO - <:::! s::: .Ò-0 <:::! e:.. 'O oO O\ - ~ ... e .... s::: ~ <.) ~ - O\ ~ <:::! ... ~ -e ~ ~ <:::!

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