Alfabeta - anno VIII - n. 91 - dicembre 1986

Prosp iverinascimentali Giorgio Patrizi Giancarlo Mazzacurati Il Rinascimento dei moderni Bologna, Il Mulino, 1985 pp. 329, lire 25.000 Ivano Paccagnella Il fasto delle lingue Roma, Bulzoni, 1985 pp. 269, lire 21.000 Daniela Frigo Il padre di famiglia Roma, Bulzoni, 1985 pp. 230, lire 22.000 ' E una dinamica spazio-temporale quella che attraversa le categorie più tradizionali della storia della cultura rinascimentale, articolandole, sfumandole, facendone emergere esiti talvolta inattesi o almeno inconsueti, non valutati prima attentamente. Una trasformazione degli spazi e dei tempi: luoghi della produzione e della rappresentazione, luoghi della cultura e del lavoro materiale, luoghi degli scambi e delle individuazioni; tempi del potere e dell'accademia, dell'intellettuale e del filosofo, del comune e della corte. La pluralità di modellizzazioni delle concezioni di spazio e di tempo è un dato da rilevare, fra i primi, dalla riflessione attorno ai problemi di storia della cultura che ci sono proposti dai libri di Giancarlo Mazzacurati (Il Rinascimento dei moderni), Ivano Paccagnella (Il fasto delle lingue) e Daniela Frigo (Il padre di famiglia). All'interno di tematiche già indagate da studi dedicati alla storia della lingua, alla trattatistica di poetica e retorica, di economia e di comportamento, emergono prospettive diverse ed originali. Esse fanno luce su processi specifici che si rivelano capaci di verificare, come in vitro, lo strutturarsi di situazioni più generali. A delineare un quadro intellettuale originale, compatto ed omogeneo è proprio la proiezione su fenomeni storico-culturali di vasta portata del nodo concettuale spazio-temporale che Bachtin definisce cronòtopo. Tale termine indica, nella teoria e nell'analisi del critico russo, «l'interconnessione sostanziale dei rapporti spaziali e temporali dei quali la letteratura si è impadronita artisticamente», come si legge nel saggio tradotto nel volume einaudiano Estetica e romanzo. E ancora vi si afferma che «nel cronòtopo letterario ha luogo la fusione dei connotati spaziali e temporali dotati di senso e di concretezza». Seguendo l'itinerario di ciascuno dei libri di cui si è detto, la normatività della categoria bachtiniana risulta evidente. L'assunto da cui muove Mazzacurati è proprio di ordine spaziale e temporale: la crisi che si compie tra XV e XVI secolo, portando a riformulazioni inedite problemi di linguaggio estetico, politico, ideologico e disegnando una nuova mappa di r---- centri di potere e di cultura, è deli- : neata proprio come il prohlema di -S riconoscere lo spazio al cui inter- ~ no accadono i fenomeni storici. ...... L'esempio di ri-uso di spazi rituali su cui si apre il libro irradia la sua suggestione: qual è, tra le varie chiese che sono state edificate l'una dentro l'altra quella che contiene il rito d'età moderna, lo spazio barocco o quello gotico o quello del restauro ottocentesco? E quin- ~ di: qual è l'idea delle origini per l l'intellettuale del primo Cinque- ~ cento? Quell'intellettuale che vive la nuova codificazione linguistica del volgare petrarchista o cortigiano ma che ha smarrito l'identità - la «militanza» come la definisce Mazzacurati - umanistica; quell'intellettuale che magari ha vissuto, nella Firenze di fine Quattrocento, la crisi dell'idea di un «linguaggio naturale», vale a dire l'idea che la lingua della cultura sia quella parlata dai contemporanei. Quell'intellettuale, ancora, che Mazzacurati descrive come nomade tra realtà diverse - Toscana, Roma, Padania -, competenze diverse, lingue diverse. La distanza critica verso il passato dei classici latini e volgari comincia a porsi, nella cultura di corte elaborata secondo il modello descritto da Castiglione, contemporaneamente alla massima codificazione linguistica e letteraria organizzata, in senso opposto da Bembo, a partire dal principio ciceroniano dell'imitazione e della moralità del ruolo del letterato. Ma è nella seconda metà del secoalla sua centralità storica e teorica. Ma ritornando alla prospettiva del cronòtopo, qual è il tempo di questa nuova identità? È in evoluzione o in frattura rispetto al passato? Come si pone questo nuovamente agguerrito letterato verso una delle massime autorità intellettuali, Pietro Bembo? Nel saggio dedicato allo Speroni, forse il più 'Originale di tutto il volume, è descritto l'intreccio contraddittorio della prospettiva in questione. Se il Bembo che compare come uno degli interlocutori del dialogo del Cortegiano di Castiglione era il difensore di una concezione umanistica dello scrittore, quello che Speroni pone a protagonista della propria opera è un Bembo che ha preso coscienza del tempo nuovo della frattura tra poeta e cortigiano, tra la forma chiusa della letteratura e il discorso dell'esperienza quotidiana. L'eclissi dei «linguaggi naturali», con cui si compie il percorso del Rinascimento è la perdita della fiducia di un «uso» della e Cinquecento. Dalla normativa bembiana all'ipotesi ideale della lingua cortigiana, dal realismo toscano di Machiavelli, difensore del fiorentino parlato, ai complessi e peculiari risvolti del problema all'interno della cultura cattolica. E di fronte a questo mondo della cultura ufficiale, della codificazione classicistica, della stabilizzazione socio-culturale, l'avventura sperimentale delle lingue «basse»: i dialetti, i linguaggi parodi ci, il macaronico. Spostandosi poi dalla contestualizzazione storica alla riflessione metaletteraria, il plurilinguismo si pone come intertestualità, analizzabile secondo la formula bachtiniana del «dialogo dei linguaggi» ma forse più precisamente nella riformulazione che ne fa Segre (in un saggio del volume Teatro e romanzo) in interdiscorsività, che meglio definisce «i rapporti che ogni testo, orale e scritto, intrattiene con tutti gli enunciati (o discorsi) registrati nella corrispondente cultura». /fCHl5~' S~ PAPA' LI Ll.Xf t)tl.VA OGNI TANTO/.~ Giorgio Carpinteri, Incrocio magico, in «Frigidaire», n. 5, marzo 1981 lo XVI che si precisano i tratti di un processo di revisione della tradizione sotto la spinta di diverse situazioni che Mazzacurati descrive, cogliendone con grande acutezza la complessità, nel capitolo Baldassar Castiglione e la prosopopea di corte: i sospetti tridentini verso alcune forme di classicismo, il «nuovo naturalismo scientifico» e la «nuova egemonia culturale» delle corti. L'orizzonte di questa polemica contro il passato è una apologia del moderno come esito di un lungo processo evolutivo. Dunque la corte ora si riformula in un ruolo di laboratorio per la ricostruzione di un nuovo soggetto, diverso da quello consumatosi nella crisi del modello umanistico e disperso nel pluralismo del primo Cinquecento (di cui troviamo un vivacissimo ritratto nel libro di Paccagnella). I n tale contesto la letteratura va affermando una sua competenza specifica, capace di restituirle un ruolo e un senso storico, come già aveva individuato Sperone Speroni nel suo Dialogo delle lingue (del 1538-1539), qui finalmente restituito da Mazzacurati letteratura dinanzi alla ipostatizzazione del tempo e della lingua delle Accademie e dei nuovi centri dell'assolutismo. Prima che questo processo si chiuda riluce il mondo vivido della pluralità dei linguaggi disegnato da Ivano Paccagnella. Il fasto delle lingue fotografa gli spazi plurimi della realtà nata dalla crisi linguistica del tardo Umanesimo. Qual è - è la domanda da cui muove questa indagine - il panorama in cui si inscrive l'antinomia tra lingua letteraria classica e dialetto? Quali sono gli spazi comunicativi ed espressivi occupati da una pluralità di dialetti in scambio reciproco, analizzati in quel ricchissimo bacino di confluenza che è la cultura veneta del primo Rinascimento, qui previlegiato dall'analisi proprio come laboratorio di intertestualità? Muovendo in riferimento alle due nozioni centrali di questo universo di discorso, plurilinguismo ed espressivismo (come «oltranza espressiva», secondo una definizione di Contini) e mantenendo tali nozioni distinte e in rapporto dialettico, Paccagnella analizza le varie scansioni della questione della lingua tra Quattro Ineriscono all'intertestualità l'uso delle fonti (qui analizzato da Paccagnella con una interessante escursione nel contemporaneo a proposito di una fonte toscana trecentesca per le Città invisibili di Italo Calvino), la tecnica delle citazioni, il volgarizzamento come ideologia della trasmissione della «verità», quale traspare dalle traduzioni bibliche di Antonio Brucioli, ed ancora la parodia come modo di riscrittura e condizione di accelerazione dell'evoluzione delle forme di un genere letterario. Anche nella complessa ricostruzione di Paccagnella si compongono, si intrecciano e fronteggiano forme spazio-temporali diversissime: il tempo dei modelli linguistici bembiani si contrappone a quello frammentato ed esperito sulla quotidianità dei testi in pavano o in bergamasco, sulla loro temporalità fisiologica, naturalistica, secondo quel denso cronòtopo della cultura contadina che Bachtin ha descritto nel suo lavoro su Rabelais. La concentrazione nel mondo veneto,-qui evidenziata, di teorie normative della lingua e sperimentazioni plurilinguistiche macaroniche e parodiche stringe in una serrata contemporaneità dinamiche culturali diverse e ne evidenzia la complessità d'intreccio che si disegna, con un risvolto anche etico, nell'intertestualità: il «fasto delle lingue» diviene allora la figura di un vitalismo non riducibile all'ideologia della parola unica e «vera» e condizione di una ricerca espressiva su cui si fonda una storia «anticlassica» della nostra letteratura. U ltimo esempio di categorizzazioni intellettuali sorte attorno ad un'idea spazio-temporale e da questa rese dinamiche e produttive è nella singolare ed importante indagine che Daniela Frigo, nel suo Il padre di famiglia, dedica alla trattatistica sull' «economia», cioè sul governo e sulla amministrazione della casa, tra Cinque e Seicento. Un ricchis~ simo repertorio di testi in merito organizza una documentazione serrata sull'evoluzione della riflessione sui problemi dell'economia domestica, sineddoche, ideologica e concettuale, dell'economia sociale, come già era evidente nelle pagine aristoteliche dedicate a questi problemi. L'utilità della indagine della Frigo va bene al di là della composizione di un corpus di trattati prima conosciuto frammentariamente: è una utilità che rimanda ancora una volta al piano, metaculturale, di una riflessione sulla intertestualità. L'ampiezza del raggio dei problemi di cui si occupa l'economica va dalla sfera dell'educazione morale e della disciplina dei rapporti naturali a quella della formazione del cittadino o della discussione sul valore della nobiltà. Ed ancora si misura in questa trattatistica il rapporto ora dialettico ora conflittuale tra cultura della città e cultura della campagna, tra valori della produzione della ricchezza e valori della conservazione di essa. Ma il disegno complessivo che sembra delinearsi è quello che tende a rendere omogenei e funziona- • li i principi «naturali» dell'ordine domestico e quelli «convenzionali» dell'ordine pubblico. I testi che codificano l'uno e l'altro si organizzano secondo le medesime scansioni logiche ed argomentative, tant'è vero che questa trattatistica si estingue, tra Sei e Settecento, allorché non sarà più possibile questa osmosi di categorie e di valori, quando «bene» pubblico e «benessere» individuale finiscono per essere concetti non immediatamente commensurabili. La «casa» qui si offre come il classico cronòtopo: tra produzione e rappresentazione, è il luogo di raccordo e di omogeneizzazione di processi diversi. Da un lato esso organizza il tempo e lo spazio della produzione dei «beni»: ciò che assicura il «benessere» ed attiva la socialità dello scambio. Dall'altro essa promuove la rappresentazione di un ordine (ideologico, economico, estetico) che si vuole trasmettere come principio fondante della produzione. La dimensione della «casa», in questa accezione, attraversa le problematiche della trattatistica, della lingua, delle forme più complesse della cultura. È al centro di una tradizione antropologica, e in certe occorrenze ideologica, che verifica i propri fondamenti sull'intreccio dei testi, sul loro dialogo: esempio della possibile origine, tutta letteraria, di un «senso comune».

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