Alfabeta - anno VIII - n. 90 - novembre 1986

Il degradoaccademicIol La rubrica aperta da Maria Corti sul n. 88 prosegue con gli interventi di Aurelio Roncaglia, or.dinario di filologia romanza nell'Università di Roma, e di Cesare G. De Michelis, ordinario di letteratura russa nella medesima Università. Il testo di Roncaglia è stralciato dall'Autore da una relazione più ampia let1.ain contesto accademi- ..... co a Roma. AurelioRoncaglia Il ... Un tempo, le commis- '' sion~ giu~icatr_ici?ei concorsi umvers1tan erano elette da tutti i docenti già in ruolo, senza riguardo a confini disciplinari. Tale sistema, in cui la metodologia scientifica prevaleva sui contenuti, responsabilizzava i giudici di fronte a tutti i colleghi, assumendo ch'essi dovessero rappresentare interessi non di settore. Ciò non evitava manovre intese a precostituire risultati favorevoli a questa o quella scuola, a questo o quel gruppo di potere; ma i danni d'eventuali prevaricazioni rimanevano circoscritti, anche perché i poteri della commissione erano limitati alla formazione d'una terna. I risultati erano in complesso più soddisfacenti di quelli che s'ottengono ora: dopo avere introdotto la procedura, d'ispirazione dadaista, d'un sorteggio tra gli eletti o d'un'elezione tra i sorteggiati (con cervellotica inversione di norma tra i concorsi per la prima e quelli per la seconda fascia di docenza); limitato il voto ai soli titolari della materia e di poche altre, dichiarate «affini» secondo criteri d'angusta settorialità o per scriteriati livellamenti numerici (atti a favorire la compensazione privata entro piccoli gruppi, piuttosto che l'integrazione di larghe competenze); ampliato i poteri della singola commissione alla designazione di tanti vincitori quanti sono i posti disponibili. Con questo sistema, il caso riduce le responsabilità, la settorializzazione facilita gl'intrallazzi dei clan e le lottizzazioni, l'eccessivo numero di cattedre distribuite in una sola volta e da una sola commissione favorisce i mediocri e blocca le leve successive... Il ... È accaduto per esem- '' pio, di recente, che una domanda d'informazioni tecniche, rivoltami da un collega membro d'una commissione della· quale non faccio parte, per un • • • I j , r , t ,l ' ' o I , ~ ~T • ~ I • i, T • r I j ' .. 1 ~ f' ,,_, I I Il • l lr r,. ~ •••• • ' • . " e. concorso al cui esito non sono interessato se non su un piano generale (come tutti siamo interessati a che il livello scientifico delle nostre Università non scada sotto il livello della decenza), mi abbia involontariamente lasciato capire che un altro membro della stessa commissione, per difendere ad ogni costo un candidato immeritevole, non aveva esitato ad insinuare o addirittura ad affermare cose di fatto non vere. Falso ideologico! Ma chi se ne accorgerà? Gli atti concorsuali (in questo caso non ancora pubblici) non verbalizzano sempre ogni battuta della discussione. Il loro controllo da parte dell'Amministrazione è puramente formale, non di merito; né potrebb'essere altrimenti. Il falso può essere avvistato solo da chi abbia pratica non superficiale di certe ricerche, in certi Istituti stranieri. La sua rilevanza ai fini del giudizio appare grave a me, in connessione ad altri elementi che possiedo; ma può non risultare evidente a chi non sia del mestiere. Anche se qualcuno andrà a frugare negli atti, dopo la loro pubblicazione, sarà difficile che scopra nelle loro pieghe la magagna. Ancor più difficile che, avendola scoperta, abbia animo di denunciarla (ciò che lo esporrebbe a venire considerato, quanto meno, un piantagrane vitando). Quasi inimmaginabile che un'eventuale denuncia possa azzerare le conseguenze d'una procedura ormai chiusa e passata in giudicato. Quel candidato avrà la cattedra che non merita: e tanto peggio per i suoi futuri allievi! Che io ne sia scandalizzato, non interesserà, suppongo, a nessuno (ma se a qualcuno interessasse, considererei mio dovere produrre senz'ambagi ogni documentazione in proposito) ... » Cesare G. De Michelis L, articolo di Maria Corti sui recenti concorsi universitari ( Degrado accademico) contiene numerose osservazioni più che condivisibili, e rappresenta nel complesso una denuncia sana e, ahimè, fondata. Certo, si potrebbe discutere la nettezza della contrapposizione su come andavano le cose «molti anni fa», e come vanno oggi: nel senso che oggi vanno certamente male, come dice la Corti (negli ultimi quindici anni, solo tre tornate concorsuali), ma la legge - la famosa 382/19809q r ♦ . 1J ~ • I I ' I• l'i ... - ' ._ .1 • •' I, t o . ' 1 , ' ' • • •i I I ►'1 . \ ' • l l I prevede concorsi a ricorrenza biennale, e se ciò non avviene bisogna prendersela essenzialmente col Ministero. Ma in fondo sono dettagli; quello che invece non condivido, è la larvata (ma non troppo) polemica contro i Dottorati di ricerca. Siccome da più parti, in modo palese e più spesso sotterraneo, vengono frecciate contro questo istituto, che ritengo realmente innovativo e - in linea di massima - ben decollato, malgrado resistenze ministeriali e (se è lecito dirlo) anche «baronali», credo opportuno opporre qualche argomento a quelli avanzati dall'amica Corti. È già discutibile l'asserzione che i Dottorati siano stati creati «al posto» della libera docenza: essi nascono difatti a dieci anni dalla abolizione - giusta o sbagliata - di quell'istituto, e sono semmai intesi a rimpiazzare i vecchi corsi di perfezionamento. Anzi, a parer mio, il pericolo che corrono è che si creino situazioni tali da ridurli ad esserne la fotocopia sbiadita. Così come non vedo la diretta connessione con l'istituzione della struttura dipartimentale, che per certi versi (burocratici, amministrativi) ne ostacolano, piuttosto che favorirne, lo sviluppo. Queste sono ancora riserve marginali; ma Maria Corti fa un torto alla sua raffinata intelligenza, mettendo in relazione il «pericolo più grave» che correrebbero i Dottorati, con lo svolgimento dei concorsi a cattedra. Non solo, difatti, a causa dei quasi sette anni d'interruzione dei «vecchi» canali di reclutamento, l'età media dei dottorandi (come del resto anche quella dei vincitori dei concorsi liberi a posti di ricercatore) non è quella prospettata dal Legislatore, ma assai più elevata; soprattutto la Corti dimentica che chi ha fatto domanda per partecipare a questi concorsi, l'ha fatta nell'autunno del 1984, quando i Dottorati erano stati appena avviati per il primo ciclo: che ci siano casi di «giovani» che, protetti da un potente Maestro, tentano il «colpaccio», e che questo sia più agevole in maxi-concorsi che possono favorire comportamenti scorretti come quelli denunciati, può ben essere: ma perché farne una ennesima questione corporativa, dottorandi contro ricercatori e perfino (udite udite) associati? I primi titoli di Dottorato, affine o meno che risulti al Ph.D. anglosassone, saranno conferiti nella primavera prossima; aspettiamo ~ ~ I I ~ i un po' prima di decidere dell'influenza del nuovo titolo sul «mercato del lavoro» universitario. Chi ha detto che non potrebbe essere positiva, come e più della vecchia libera docenza? Magari, anche, facendo prevalere giovani con un serio tirocinio di ricerca, su più anziani associati e ricercatori, putacaso divenuti tali per benevoli giudizi idoneativi. Potrebbero anche risultare un'occasione perduta, alla verifica concorsuale dei titoli scientifici: ma, appunto, aspettiamo a vedere. lf accusa più grave mossa da Maria Corti, secondo me, è l'altra, che l'accesso ai corsi di dottorato possa avvenire per «lottizzazione». Questo, a dire il vero, non ha nessuna relazione diretta con gli attuali concorsi a cattedra; ma se fosse vero, anche solo come «tendenza», sarebbe comunque ben grave. Questa era l'accusa rivolta a Ruberti da un lettore de «la Repubb\ica», quest'estate (25 luglio 1986): quello dando per sicuro che «sono lottizzati in maniera sfacciata», la Corti denunciando che ciò «possa accadere, e in qualche luogo è accaduto»; e tra le due affermazioni corre comunque una bella differenza. Qui, l'esigenza di trasparenza non può fare a meno dal rjcorrere al caso personale: sono Coordinatore di un Dottorato (cinque sedi consorziate, nel primo ciclo - prima della leggina «agostana» del 1984 - sette: quattro posti nel primo ciclo, tre nel secondo, tre annunciati per il terzo appena indetto), e sono stato membro della Commissione per gli esami d'ammissione la prima volta. Bene: su sette posti complessivi assegnati, due sono andati a candidati laureati in sedi non consorziate, un terzo è stato ricoperto da un candidato proveniente da sede consorziata per rinuncia d;un vincitore, di sede non consorziata. Potrei continuare in dettaglio, ad esempio sulla distribuzione per curricula: quel che voglio dire è che se avessimo avuto intenzioni lottizzatrici, risultiamo i lottizzatori più imbranati d'Italia; ma forse non avevamo intenzioni simili, e forse molti altri non le hanno. Detto questo, va detto che anche nel nostro caso non sono mancati sussurri e mugugni per l'esito delle prove d'esame. Al di là di possibili (e legittimi) scontenti personali, credo che ci sia·un'altra I • I I t. I I ., l' I ragione, che però non ha nulla a che vedere con la lottizzazione: i candidati a un Dottorato non hanno solitamente una rilevante produzione scientifica (a proposito: quelli che si sono presentati ai concorsi a cattedra, ce l'avevano o no?), la tesi di laurea, e qualche articolo o recensione. Poi ci sono gli esami, scritti e orali: la mia esperienza, che sarà limitata quanto si vuole, mi dice che con gli strumenti di misurazione che offrono gli esami, si possono distinguere: 1) la o le poche personalità che emergono; 2) il gruppo dei «bravi»; 3) la massa di coloro che - magari con ottima preparazione scolastica, e talvolta anche senza, pur avendo 110e lode alla laurea - «ci hanno provato». L'implacabile limite della selezione - il «dentro» o «fuori» - passa per il secondo gruppo; e qui vorrei proprio vederla, la «asettica .difesa della graduatoria di merito» :(e non solo in un raggruppamento :come il nostro, che riunisce sette o otto discipline le più disparate). Al massimo, si può discutere dei criteri con cui una data commissione (estratta a sorte, ben s'intende) ha formulato quella data graduatoria di merito, dove spesso la distanza tra il vincitore e l'escluso è valutabile nell'ordine di uno, due punti, sui complessivi cento. I nsomma: prima di parlare di lottizzazione come pratica diffusa, o anche solo come tendenza, vorrei conoscere casi specifici in cui candidati del terzo gruppo sono stati preferiti a candidati del primo o del secondo. Se li conosciamo, denunciamoli tali casi (per parte mia sono impegnato a farlo): ma non per dare addosso al Dottorato, semmai per difenderlo. Non si tratta del gusto perverso per il pettegole2Zo (benché il pettegolezzo, come spiega Bachtin, sia un importante genere letterario); ma del non far prevalere a occhi chiusi il principio «pensa al peggio che l'indovinerai». Ragioni per pensar male, per· esser sospettosi («stare in campana», si dice a Roma), ce ne sono, e non pochi, come dice Maria Corti; ma ce ne sono anche per non buttar via il bambino con l'acqua sporca. Nei Concorsi a cattedra e, si parva licet, nei Dottorati di ricerca. l l~,1 \ ,Jil I ' ,11'\~ \ ,,1 4 , ~~ ~ ~1:· I ~ T 1 11• l l~lj I, l . fi .,; fl • • ~ ~. I ~4 lr·~ 1r1r~~,J~ ♦ I I • I ·, - ') • r-...,, .• I I • I I , t. .. '• >: I '' l ' l ,I ' . ' ~ r~~~f A l nf 1 • I l t • I I ~ t I ,,1 I I I I p I~. I 1)! Il '"·i I::~~!.l l .iii ' ,d I ~ 111r • , 't )I', t ~· : . · -:,li( · J~ I ! • •• • ,I• • - ~-~ .•··t'·i. 'if I I I \.11' • (~il I ì ' J.•· \ ~ ~ .i •j1,.,l • !~:••, '~ l 11, ~ k· ,.. T •·' .•.. -··· I Il (A.\ t I 1 1 I l r I • i' •• ' I i 11 I i I'' [ l e Il lt ì f •1• 1•. 4 ♦ ~I· •• t . .,., • 'J r .. 1, r.tL ., I it • ► t I - I • ... ,, r . --T - ♦ ... t • t I 4 ' . ;,. ◄> ~ • •♦ • ~ ' • ) \ ' " . \ .. . •• Choral: Graffito (1981)

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