che una conservazione, perché la filosofia è un tassello importante - almeno quanto la lirica o il romanzo borghese, e diversi altri «generi di scrittura» - nel costituirsi della conversazione del genere umano e nella crescita di un sentimento comunitario pragmatico e de-teorizzato, che è ciò che sta più a cuore a Rorty. Negli ultimi due capitoli, in cui le tappe più recenti del Mindbody problem sono scandite dai nomi di autori anglosassoni molto vicini alle problematiche della filosofia continentale (oltre che di Rorty, Moravia discute tra gli altri di Hubert Dreyfus, di formazione fenomenologica e molto vicino agli esiti del post-strutturalismo alla Foucault; di Marjorine Grene che heideggerianamente vede la mente come essere nel mondo; di Joseph Margolis, fenomenologo ma anche - o forse: e perciò - interessato al decostruzionismo di Derrida). A questo punto, mi paRichard Rorty Conseguenze del pragmatismo Milano, Feltrinelli,1986 pp. 250, lire 35.000 Richard Rorty Filosofia come scienza, come metafora e come politica «Rivista di estetica» 19-20, 3-16, 1985, lire 16.500 Richard Rorty Habermas, Lyotard e il post-moderno «Lettera internazionale» 8, 50-55, 1986 R. Boyd-T.S. Kuhn La metafora nella scienza Milano, Feltrinelli, 1983 pp. 116, lire 13.500 Lf influenza che La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn ha esercitato sulla cultura filosofica degli ultimi anni è indirettamente suggerita dalla comparsa di citazioni anche in autori lontani dalla filosofia della scienza. Nel caso del libro di Rorty recentemente tradotto in Italia, tali citazioni non sono frequenti ma sono sicuramente collocate in punti chiave, denotando un'ispirazione non secondaria esercitata da Kuhn sul filosofo americano. L'intersezione comune si trova particolarmente nel rifiuto dell'idea di verità come corrispondenza con i fatti: la frase «gli enunciati veri funzionano perché corrispondono al modo in cui stanno le cose» per entrambi gli autori non è più illuminante della frase «è giusto perché ottempera alla Legge Morale»: ambedue sono per Rorty «retoriche pacche sulla schiena». Il tentativo di trovare una volta per tutte quale relazione ci sia tra linguaggio e mondo, in modo tale da rendere veri i nostri enunciati, ~- è impossibile tanto per l'uno come c:::s per l'altro. L'esito è un comune -~ antirealismo (anche se non così <:::s c:i.. esplicito in Kuhn), nel senso che la gi verità ha valore solo come nozione -. intrateorica, cioè all'interno di un l modello di rappresentazione del t: mondo. E certamente si può appli- ~ care a Kuhn l'affermazione secon- o s.: do cui la controversia tra realisti e ~ antirealisti «concerne il sapere se s:! la filosofia [e la storia della scien- ~ za, nota mia] deve ricercare punti l di partenza naturali distinti dalle ~ tradizioni culturali, o se tutto ciò re, la parabola del Mind-body problem ha agli occhi di Moravia un duplice valore. Anzitutto, quello della specifica ricostruzione, in senso filosofico e di storia delle idee. di un problema alquanto remoto rispetto agli usi della filosofia continentale, che hanno lasciato da gran tempo nei magazzini della storia della filosofia la questione dei rapporti tra mente e corpo, trattandola peraltro indirettamente in mille modi (teoria-prassi, idealismo e materialismo; ma soprattutto: rapporti fra comprensione ermeneutico-filosofica e spiegazione scientifico-fisicalistica; Geisteswissenschaften e Naturwfssenschaften; relazioni tra storia e natura; legittimità della filosofia ecc.). Moravia è pienamente consapevole di stare tentando attraverso questa visione esterna e quasi antipodica, di gettare uno sguardo distanziato sulla filosofia continentale e sui problemi che la attraverche la filosofia deve fare è confrontare e contrapporre tradizioni culturali diverse» (op. cit., p. 32). Come per Kuhn •e Feyerabend, anche per Rorty la scienza non è radicalmente diversa da un tipo particolare di genere letterario, ovvero la letteratura e le arti sono considerate campi d'indagine allo stesso titolo dell'indagine scientifica. Kuhn viene accomunato a Duhem e Quine per la proposta di una filosofia olistica - propria anche delle Ricerche filosofiche di Wittgenstein -, contrapposta all'atomismo di un libro come ti Tractatus logico-philosophicus. Rorty si spinge naturalmente più in là di Kuhn, sia per il carattere più strettamente filosofico della sua ricerca - che tocca solo marginalmente temi inerenti alle scienze e alla loro storia - sia per i costanti e profondi riferimenti al filone pragmatistico americano da un lato e alla filosofia ermeneutica dall'altro. In particolare l'ispirazione a Dewey e James introduce nell'argomentazione antirealista una serie di osservazioni originali e acute. Una di queste è l'idea che la tradizione filosofica sia stata profondamente - inestricabilmente - influenzata da alcune metafore come quella della visione (corrispondenza, descrizione, rappresentazione), con l'assunto che questi concetti si possano applicare tanto «alle piccole asserzioni di routine» quanto «a quelle di grande estensione e generalità» (p. 171). «Questo fondamentale errore ingenera l'idea che dove non ci sono oggetti cui corrispondere, non possiamo sperare in alcuna razionalità, ma solo nel gusto, nella passione, e nella volontà.» Il pensare la ragione sul modello della visione (quella che Dewey chiamò la «teoria osservativa della conoscenza») ha come immediata implicazione l'introduzione dei tradizionali dualismi ragione/desiderio, ragione/volontà, ecc. Oltre ad osservazioni di questa natura, derivano dal pragmatismo una prospettiva morale fondata sulla speranza nelle risorse dell'uomo e un profondo senso della comunità. È anzi proprio a seguito della rinuncia a trovare la struttura a priori di ogni conoscenza - che ne giustifichi la verità - che il senso della comunità viene, secondo Rorty, rinnovato e rinvigorito. In sintesi, «Ragione, secondo l'uso del termine nelle tradizioni platonica e kantiana, è interconnessa alle nozioni di verità sano. facendoli valere in forma estraniata attraverso il confronto con un'altra tradizione la cui diaspora rispetto al continente è molto più antica dell'empirismo logico. Qui l'indagine di Moravia assume una tonalità in qualche modo etnologica: rispondere a un interrogativo come «di cosa "veramente" parla il MBP?» (p. IX) significa intraprendere una inchiesta che, come ogni ricerca etnologica, ha due volti: il tentativo di decifrare una alterità culturale, e il tentativo di comprendere noi stessi e le nostre consuetudini di pensiero alla luce di quella alterità. M a d'altra parte questa etnologia è giustificata, oltre che da interessi cognitivi, da una teodicea storico-teorica che Moravia mette in chiaro nella scelta e nella disposizione degli argomenti. Si tratta appunto della transizione in opera negli ultimi trent'anni nella filosofia ancome corrispondenza, di conoscenza come scoperta dell'essenza, di morale come osservanza di principi, tutte nozioni che il pragmatista cerca di decostruire» (p. 178). Uno dei miti filosofici più radicati, e che Rorty contribuisce a ridimensionare, è che sia possibile una netta distinzione tra spiegazione (forma di razionalità, di tipo causale e ateleologico, vigente nelle scienze della natura) e comprensione (forma di razionalità, di tipo ermeneutico, propria delle scienze dell'uomo). In realtà - . chiarisce Rorty - proprio in conseguenza delle analisi storiche di Kuhn non si può oggi accettare una ricostruzione della conoscenza scientifica in termini di modelli semplici, lineari e di tipo meccanico; lo studio della successione delle teorie e, a monte di esse, dei paradigmi scientifici, richiede una comprensione di tipo ermeneutico. Inoltre, a partire dal Wittgenstein del Libro blu non si accetta più l'idea secondo cui le leggi scientifiche sono semplici proposizioni descrittive verificabili, ancorate al piano dell'osservazione. Le leggi sono piuttosto «permessi d'inferenza», figure grammaticali speciali per la formazione di altre proposizioni; esse quindi sono almeno altrettanto dipendenti dalle teorie generali e dai modelli di quanto sono ancorate alla realtà. Rorty mette opportunamente in luce il fatto che distinguere tra spiegazione e comprensione è soprattutto una questione di opportunità e di pertinenza: «Spiegazione non è altro che il tipo di comprensione che occorre quando si vuole predire e controllare» (p. 199). In realtà distinguere tra le due implica optare, a seconda dei casi, per l'uno o per l'altro di due vocabolari molto diversi. Rorty suggerisce, in più, che le nuove teorie scientifiche siano - all'inizio - di tipo eminentemente «interpretativo»: avendo a che fare con un nuovo oggetto, lo scrutano e lo esplorano facendo ricorso ad estensioni di significato di vocabolari già esistenti. Dive;iute stabili e accademicamente riconosciute, le stesse teorie finiscono per apparire come strumenti «meccanici» di derivazione di proposizioni da altre proposizioni, cioè come costrutti esplicativi di tipo causale. Questa tematica è particolarmente interessante in quanto si connette al saggio pubblicato dalla glosassone da ciò che (schematicamente) potremmo chiamare epistemologia a ciò che (altrettanto schematicamente) potremmo chiamare ermeneutica. Una transizione che, insieme al simmetrico e non fortuito passaggio verso l'epistemologia nella filosofia continentale e anche nei suoi settori che parevano più avversi alle posizioni della scienza, come l'ermeneutica (si pensi, oltre a Ricoeur, a Apel; alla rivalutazione dei rapp.orti tra fenomenologia e ermeneutica fatti valere in sede storiografica e teoretica a proposito dello stesso Heidegger; alla ricerca sempre più diffusa di una logica ermeneutica, riprendendo le indicazioni di Hans Lipps, ma del resto recuperando le intenzioni scientifico-zetetiche che costituì- . scono almeno una metà della storia dell'ermeneutica). Moravia esprime questa teodicea in sintesi, relativamente al Mind-body prob/em, in modo non «Rivista di estetica». In esso Rorty suggerisce che le modalità di conoscenza si possono ricondurre a tre tipi di relazione dell'uomo con il mondo: la percezione, l'inferenza e la metafora (posso rispettivamente: a) vedere un mio amico commettere un delitto; b) inferirlo da certi indizi; c) giudicare che, sul piano morale, egli è un assassino, anche se non ha commesso alcun delitto). Contrariamente alle interpretazioni umanistiche tradizionali secondo Rorty la metafora non ha un ruolo minore, di tipo ornamentale; essa assolve un compito di anticipazione, di fornitura di nuovi modelli del mondo. «Pensare le espressioni metaforiche come anticipatrici di nuovi usi del linguaggio, usi che possono eclissare e cancellare quelli vecchi, significa porre la metafora alla pari con la percezione e l'inferenza, piuttosto che considerarla come se avesse una funzione meramente "euristica" o "ornamentale"» (p. 9). «La terra gira intorno al sole» fu inizialmente considerata, secondo Rorty, come una metafora; il fatto che noi la consideriamo una verità letterale dipenderebbe semplicemente dal fatto che il nuovo uso delle parole che in essa viene fatto («girare» non avrebbe infatti le stesse implicazioni nella versione tolemaica e in quella copernicana) c1 è ormai divenuto perfettamente familiare. L'argomentazione di Rorty non è del tutto rigorosa (almeno per quanto attiene alla storia delle scienze), ma corrisponde abbastanza bene all'interpretazione che del ruolo della metafora nella scienza dà Kuhn in un breve saggio del 1979, recentemente tradotto in Italia. Sostanzialmente Kuhn sostiene che il ruolo della metafora, lungi dall'essere secondario, riguarda il nocciolo stesso del rapporto tra linguaggio e mondo. Per stabilire il riferimento fattuale di un nome - e qui Kuhn riprende direttamente le teorie sostenute da Wittgenstein nel Libro blu e nelle Ricerche filosofiche - è necessario non solo conoscere i membri della famiglia cui il nome si riferisce, ma anche membri di famiglie vicine. Il nome «gioco», per esempio, è usato per indicare una famiglia di comportamenti umani, legati tra loro tramite relazioni di somiglianza; le guerre e le risse tra bande condividono molte proprietà importanti di alcuni giochi, ma ne escludono altre fondamentali. La delimitaequivoco: «il compito più peculiare del linguaggio psicologico ( ... ) è proprio questo suo continuo creare e interpretare significati riguardanti il soggetto. ( ... ) Se questo è vero, si capisce perché vedere il mind o come 'null'altro che' il body, o come una sua mera funzione o proprietà, o come una dimensione riproducibile senza residui in modelli fisico-computazionali esprima un tipo di concezione assai riduttiva. E si capisce anche perché la disciplina tradizionalmente chiamata 'psicologia', codificante e decodificante sensi 'del soggetto', debba per molti rientrare non già nell'area delle Naturwissenschaften, bensì (come ha scritto opportunamente Bruno Bettelheim della psicoanalisi) in quella delle Geisteswissenschaften - o, meglio ancora, in quella del sapere ermeneutico» (pp. XXXV-XXXVI). zione dei confini del nome «gioco» richiede dunque un sistema complesso di conoscenze, anziché essere la conseguenza di un rapporto semplice - atomico - tra linguaggio ed oggetti. Quanto dice Kuhn si connette non solo alla teoria delle «somiglianze di famiglia» coniata da Wittgenstein, ma anche all'interpretazione secondo cui la proposizione acquista significato alla luce dell'intero sistema linguistico: «se io dico, per esempio, che questo o quel punto nel campo visivo è blu, allora io non so soltanto questo, ma so anche che questo punto non è verde, né rosso, né giallo, ecc. lo ho applicato ad esso d'un sol colpo l'intera scala dei colori». In tutto questo la metafora sembra essere lo strumento che dapprima amplia l'uso di un nome, e successivamente ne può anche modificare radicalmente il significato (la storia della scienza ne possiede numerosi esempi: si pensi a «gene»). «Metafora si riferisce a tutti quei processi nei quali l'accostamento di termini o di esempi concreti produce una rete di somiglianze che aiuta a determinare il modo in cui il linguaggio si fissa al mondo» (T.S. Kuhn, op. cit., p. 107). Questa funzione è particolarmente importante quando, per motivi diversi, diviene necessario superare i limiti del linguaggio esistente, cioè nelle fasi di costruzione di nuove versioni - scientifiche, artistiche, letterarie - del mondo. Se la metafora viene da Rorty enfatizzata allo scopo di trovare un'alternativa credibile alla letteralità realistica, egli deriva quest'idea non solo da Kuhn, ma, con tutta probabilità, da Mary Hesse. Come risulta dal saggio tradotto in «Lettera internazionale», Rorty identifica infatti nel binomio Hesse-Feyerabend un'importante linea di pensiero volta a ricucire gli ambiti della scienza, dell'etica e dell'arte, radicalmente separati dalla tradizione filosofica occidentale (in realtà l'accostamento dei due filosofi della scienza è discutibile, per le considerevoli differenze che sussistono tra loro). Riprendendo una citazione della Hesse: «Il linguaggio della scienza è irriducibilmente metaforico e non formalizzato, e la logica della scienza è l'interpretazione circolare, la reinterpretazione e l'autocorrezione dei dati in termini di teoria e della teoria in termini di dati».
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