Alfabeta - anno VIII - n. 90 - novembre 1986

Lacomplessità nonèunR,~_radigma Mario Ageno Le radic.i della biologia Milano, Feltrinelli, 1986 . pp. 437, lire 50.000 Giorgio Ruffolo La qualità sociale Roma-Bari, Laterza, 1985 pp. 346, lire 24.000 Gianluca Bocchi, Mauro Ceruti (a cura di) La sfida della complessità Milano, Feltrinelli, 1985 pp. 435, lire 42.000 Henri Bergson Opere 1889-1896 a cura di Pier Aldo Rovatti tr. it. di Federica Sossi Milano, Mondadori, 1986 pp. 423, lire 22.000 A lfabeta ha spesso ospitato interventi relativi al dibattito teorico-scientifico sulla nozione di complessità e sull'influenza che essa ha esercitato nei confronti dei modi della razionalità etico-politica. È generalmente prevalsa la posizione - condivisa anche da chi scrive - che attribuisce alla crisi delle forme classiche - della razionalità scientifica il merito di offrire indicazioni anche sul terreno della critica del dominio, sfruttando l'idea di complessità come occasione per una fuoruscita dalla gabbia del pensiero negativo, delle opposizioni «dialettiche» alle categorie universaliste e totalizzanti del moderno. Non sono tuttavia mancati contributi (cfr. in particolare Mario Galzigna, «Il gioco delle perle di vetro», in Alfabeta n. 30, novembre 1981) che, al contrario, hanno denunciato nelle scienze della complessità un progetto di dominio più sofisticato e potente di quello della ragione «classica». Isabelle Stengers ha così sintetizzato, e in qualche modo riconosciuto, le ragioni di questa denuncia: «Contrariamente alle rappresentazioni del grande positivismo del secolo scorso, l'accento non viene più posto sul progresso, lineare e rassicurante: la complessificazione apre la via all'instabilità, alla crisi, alla differenziazione, perfino alle catastrofi e alle impasse. Ma, come nel caso di quelle rappresentazioni, l'affresco di una complessificazione cosmica è rassicurante in quanto si dà come teoria e ricopre con un velo di sapere, ispirato essenzialmente dalla fisica ma anche dalla biologia, le questioni aperte della nostra epoca» (in AA.VV. La sfida della complessità, Milano, Feltrinelli, 1985, p. 61). Questo rilievo appare particolarmente attuale alla luce di due ~ recenti e importanti contributi alla <::s discussione teorica sulla comples- -~ sità: Le radici della biologia (Mi1:l.. !ano, Feltrinelli, 1986) di Mario s:: Ageno, e La qualità sociale (Roma-Bari, L~terza, 1985), di Giorgio Ruffolo. Una via cartesiana alla complessità Il libro di Ageno affronta un arco assai ampio di questioni, analiz- ~ zando lo statuto epistemologico -o della teoria dell'evoluzione attra- ~ <::s verso i maggiori «rompicapo» che essa ha dovuto affrontare nella sua breve ma convulsa storia: dalla definizione del soggetto biologico del verbo evolvere (aporie della nozione di specie) al problema delle origini della vita; si tratta quindi di un lavoro estremamente articolato e complesso di cui non è qui possibile offrire nemmeno un quadro riassuntivo. Ci limiteremo a isolare alcuni nuclei tematici che toccano più da vicino la nostra discussione. In primo luogo Ageno conferma lo scacco del punto di vista riduzionista: non sussiste più alcun ◊ ~ .-'! fisici: accanto al sasso, sistema «legato», nel senso che le sue caratteristiche dipendono esclusivamente dall'energia di legame fra l€ subunità che lo costituiscono, esiste il fiume, sistema aperto e coerente in grado di trasformare l'energia meccanica potenziale che riceve a monte in energia cinetica, in moto ordinato di scorrimento delle sue molecole. Le radici della differenza biologica affondano piuttosto nel fatto che i sistemi viventi rispondono, oltre che al condizionamento esterno da parte dell'ambiente, 9 o I ••• , 11 rr I I' . .I'.--• tutti i modi della necessità, bensì di un «vero inizio», random, via che dischiude ogni nuova proliferazione di significato, ogni nuovo modello di autorganizzazione della materia. Ecco perché, anche se non può essere •sollevata alcuna obiezione di principio all'applicazione di metodi matematici in biologia, bisogna rassegnarsi all'evidenza che essi possono offrire risultati validi «per quella sola particolare struttura, per quel solo particolare processo, per ciò che avviene in quel solo particolarissimo tipo di organismo»; a nessun livel- ( Fantasia: Graffito per molt'instrumenti da toccar (I 981) dubbio sul fatto che i sistemi biologici sono qualitativamente diversi dai sistemi fisicj. Questa differenza del biologico, tuttavia, non può essere fondata su considerazioni di tipo olistico o strutturalistico (del genere per intenderci: «il tutto non coincide con la somma delle parti»), che Ageno considera alla stregua di un residuo di pensiero «magico» all'interno della comunità scientifica, ma deve riferirsi a una nuova definizione del vivente come «sistema chimico coerente dotato di programma». In questa definizione la nozione di complessità interviene, per così dire, a diversi livelli. I sistemi viventi non si differenziano dagli altri solo perché «complessi», nel senso che sono costituiti da un numero più o meno elevato di unità interagenti, né è sufficiente affermare che si tratta di sistemi «coerenti», vale a dire di sistemi aperti capaci di utilizzare l'energia ricevuta dall'ambiente per coordinare i loro processi interni; l'una e l'altra caratteristica, infatti, sono presenti anche in determinati sistemi anche al condizionamento interno da parte di un programma «scritto nella struttura di un eteropolimero lineare che trasmette in copia, non sem•>re assolutamente fedele, ai suoi immediati discendenti». La complessità del vivente è di un ordine superiore di quella dei sistemi fisici perché, mentre i secondi sono «ripetitivi», sono cioè costituiti da subunità tutte uguali e capaci di svolgere nel sistema i medesimi ruoli, il primo è un sistema non ripetitivo, è composto da sottosistemi altamente individualizzati (macromolecole, cellule, individui) la cui coerenza può essere garantita esclusivamente da un fitto scambio di segnali: dalle «molecole messaggere» fino ai più sofisticati sistemi di comunicazione delle società animali ed uman<.,. Nella rete di segnali che costituisce la materia organizzata come materia vivente il caso assume una funzione diversa da quella che gli attribuiva il determinismo della fisicà classica: non si tratta più del nome che sta per la nostra ignoranza, per l'incapacità di cogliere lo del mondo della vita sembra possibile trovare «strutture o processi che siano veramente universali». Attenzione però: mentre descrive la spirale che trascina l'evoluzione del vivente verso livelli più elevati di complessità, verso strutture dotate di un alto potenziale di innovazione e di adattamento all'ambiente, Ageno rifiuta ogni suggestione «emergentista»; egli, come appare chiaramente dalla sua critica al «vitalismo» di Bohr, e all'affermazione secondo cui il fisico dovrebbe rinunciare a «spiegare la vita nel senso ordinario della parola», resta fedele alla lezione di Cartesio: «Se studiamo una macchina, il vederla in funzione è certamente istruttivo e di importanza fondamentale, ma per capire fino in fondo come è fatta e come funziona non si può fare a meno di fermarla, smontare ed esaminare uno a uno i singoli pezzi. È vero che a differenza della macchina l'organismo "smontato" non si rimonta, ma è uno fra tanti e la conoscenza acquisita su quell'uno vale anche per tutti gli altri della stessa specie». L'apparente tensione fra antiriduzionismo e dichiarazione di fede cartesiana si scioglie nel momento in cui si tenga conto del fatto che Ageno non intende affatto rinunciare a un 'idea totalizzante di razionalità, a uno stile di ricerca ispirato da esigenze di «unità e di coerenza nella descrizione del mondo»; per lui il problema non è se esista un nuovo paradigma capace di ricondurre la fisica e la biologia a un unico sistema di concetti, ma quale sia questo paradigma. Problema di cui intravvede la soluzione in quel campo «delle dimensioni intermedie» che è il campo «delle macromolecole, delle loro sintesi e del loro funzionamento come strutture contenitrici e direttrici dei processi interni della cellula». È tale dimensione, infatti, che funziona come una specie di «interfaccia» dove «la meccanica molecolare cede il posto alla chimica e la chimica spinge le sue radici nella meccanica molecolare», come un «guado» fra determinismo e indeterminismo. È su questo terreno che la transizione dal paradigma della teoria deterministica classica al paradigma delle moderne teorie indeterministiche (come la meccanica quantistica) si rivela particolarmente fecondo; è sul terreno dell'indeterminismo che la fisica può far proprio l'insegnamento della biologia ed aspirare di assumere il ruolo di «teoria cosmologica di validità universale». Come dice Isabelle Stengers, un velo di sapere torna a coprire le questioni aperte della nostra epoca. Un sapere tanto più potente quanto più «laico», dato che non si fonda sulla fede in quella Necessità che era versione secolarizzata di un ordine divino, di un Dio legislatore (cfr. l'ottavo capitolo del volume di Ageno: «Determinismo e indeterminismo»), bensì sulle prestazioni produttive del soggetto della conoscenza: con la transizione al paradigma indeterminista la verifica della scientificità di un enunciato teorico non è affidata alla capacità, comunque limitata, di fare previsioni, ma a quella di orientare l'attività sperimentale. Il problema non è stabilire cosa succederà, ma cosa farò. Complessità e progetto È fondandosi su un analogo stile di razionalità che Giorgio Ruffolo conclude la sua analisi della crisi della società tardomoderna riaffermando la centralità delle idee di progresso e di progetto: «Non c'è, nella storia, alcun progetto. Ma se la storia non ha un senso, dice il più grande epistemologo contemporaneo della scienza, Karl Popper, noi possiamo darglielo. Se non c'è nelle cose un progetto già scritto, noi possiamo scriverlo. Il recupero dell'idea di progresso nel progetto assume dunque due aspetti: uno propriamente morale ed uno scientifico. L'aspetto morale sta nella scelta libera e responsabile, propriamente esistenziale, di dare un senso a ciò che non ne ha: ordine al disordine. L'aspetto scientifico sta nella possibilità di inscrivere un progetto nella storia. Ed è qui che la

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