Alfabeta - anno VIII - n. 90 - novembre 1986

r") ........ <::s li:: ·~ I:)., ~ ........ ~ -e f2 ~ ;:.. o li:: §; ~ s ~ -e ~ Cfr. Schede Antipoesia Biancamaria Frabotta La poesia di Giuliani (o forse sarebbe meglio dire la sua antipoesia) nasce d:i un paradosso psico/logico prima ancora che linguistico. Non a caso la formazione di questo poeta, molto noto anche come teorico delle poetiche del Gruppo '63 e come critico letterario capace di letture novecentesche fortemente «tendenziose» anche se tutt'altro che umorali, è squisitamente filosofica. E non solo per una sua iniziale adesione alla fenomenologia husserliana, magari mediata dall'italiano Anceschi, che infatti fu editore del suo primo libro di versi, Il cuore zoppo del 1955, ma soprattutto per la ferocia psico-concettuale con cui Giuliani combatté la sua battaglia contro ogni possibile tentazione esistenziale, residuo di dissipata . vita o disordinate insorgenze dell'io a favore di un «sistema di vita» che fosse anche sistema di poesia, o action poetry. Tutto ciò con un rigore calvinistico tanto più severo quanto più Giuliani dimostrò di non placarsi di fronte all'espressionismo astratto cui naturalmente lo conduceva La cara contraddizione della sua povera Juliet: la radice poundiana della sua ricchezza immaginativa e ancora di più il suo giovanile amore per la poesia di Dylan Thomas e per ogni poetica che puntasse a un accrescimento della vitalità. L'operazione deve essere stata molto violenta, con sanguinosi resti da chirurgia sessuale e gli inevitabili sfrigolii di chi immerge nell'acqua gelida («chi ha temprato la punta alla mente?») il tizzone incandescente di un io poetico a prima vista molto esuberante. Nel corso dell'intervento chi è riuscito a sopravvivere è stata la «mimica minuziosa dei segni linguistici che coprono la terra, umani e altri» dando vita a una singolare antifrasi di sapore teatrale, «sapido archetipo» in cui, con forte gusto della esibizione, tentano il gioco dell'intensità lirica alla rovescia gli «eventi del senso e del caso». Oppure la finta prosa de Il giovane Max (sicuramente, in questo volume che Feltrinelli dedica alle poesie complete di Giuliani l'opera più matura e straziante) dove si legge questa fulminante confessione: «la vita: tutto un problema di manutenzione dell'autodistruttività». La vita, forse, ma certo la vita di questa poesia. Alfredo Giuliani Versi e nonversi Milano, Feltrinelli, lire 20.000 L'inverno di Di Mauro Remo Pagnanelli Questo libro di Di Mauro, che raccoglie poesie «scritte e riscritte»• tra il 1971 e il 1983 (Quartiere d'inverno, Maser, Edizioni Amadeus, 1986, con una precisa e densa prefazione di Cucchi), attraversa pochi e insistenti campi semantici, indagati a fondo e divenuti isotopie anche fonoprosodiche, attestanti una definita e sicura «poetica» che, a sua volta, dal momento in cui si codifica, impone e caratterizza i percorsi privilegiati della poesia. Questo per dire che i livelli testuali sono ovunque firmati. La metafora «nordica» e «militare» del titolo ci immette nel centro ovattato della genotestualità, nella condizione di attesa febbrile e vigile che è il teatro assunto per fronteggiare l'altra associazione analogica del Generale Inverno, quella cosa che ha reso il mondo opaco e invivibile. Sapendo dell'empatia dell'autore con l'opera di Fortini, saremmo tentati di equiparare questo inverno a quelli fortiniani, induriti e inariditi per assolute cause ideologiche e politiche, se non fosse che il rigore ( che pure segna lessicalmente una lotta tra durezze consonantiche e dolcezze di termini più vicini alla sensibilità di Di Mauro) pertiene alla sfera psichica e interiore. Qui si cela un passaggio decisivo, nell'uso di una simbologia, da una generazione di poeti all'altra: dalla storia evenemenziale a quella individuale e segreta. Si cita comunque da Fortini la pratica di qualche chiusa gnomica e una spaziatura che, in contrasto all'andamento alonale e sfumato, torpido e suadente, è infine di respiro breve e netto, essenziale nella comunicazione. L'inverno, per metonimia, rimanda al sonno, che è il vettore verso la Memoria, l'acidula beanza dell'homo nocturnus. La concinnitas, del resto, è l'abito comportamentale di chi, nella pendoalcuna sorpresa e violenza, semmai con un lieve sbigottimento e un lieve delirare. La vista è da un lato offuscata e appannata, resa inconsistente dal tasso ossessivo e allitterativo delle sibilanti, dal suo impantanarsi in anse, stagni, cinte daziarie, e dall'altro accompagnata sempre dalla riflessione. Da questo disegno circolare non si scappa: il movimento intercambiabile sonno-sogno, dimenticanza-memoria, comporta almeno la pulsione dell'accecamento, con ovvie implicazioni edipiche, quello che Leopardi chiamava «il riposo del desiderio» (e che Di Mauro sentenzia nel: «Bisogna che riposi la vigile. coscienza»). Il desiq_erio dell'annullamento e del morire preme, tanto è vero che il termine delle trame (per cui si apre la contiguità tra tessuto del sonno e testo) spesso non è neppure un'immagine ma il rantolare di una zuffa sul margine della lingua e del gioco. In questo continuo aggrovigliarsi e smatassarsi, forse la matria (connotata dal calore, variante della luce) è uno spiazzo comune o radura, non certo accesa dai rai heideggeriani del Sein, topos di quella speranza che Di Mauro nomina opportunamente alla fine del libro. Ma nel coniugare il sonno alla fiaba si riconosce l'insicurezza e la pericolosità del nostos. A me pare che la sezione finale epònima, per posizione strutturale, chiuda il circolo ermeneutico Rivista trimestrale fondata da Adelio Ferrero in edicola e in libreria il numero 46 nel nuovo formato a colori 100 pagine Lire 10.000 In questo numero: Tutta la memoria del cinema Conversazione con Jorge Luis Borges Almansi. Canestrari, Doblin, Douglas, Flaviano. Garbali, Greenaway, Leyda, Mitry, Visconti Abbonamento a quattro numeri Lire 35.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2, 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 Edizioni Intrapresa larità sonnolenta del risveglio e dell'addormentarsi, non può che mandare brevi messaggi o «visioni» frammentate. Nel rovescio della medaglia, il letargo diviene invece il momento chiave dell'osservazione, del guardare disattento-attento il circondario, così come la Notte propone la verità di una realtà respinta, quel vagare felpato e raso ai muri sul corpo nudo della città e sul proprio riconoscersi; la notte (non incursione sbarbariana di un eros compresso) omogeneizza il mondo e lo fa monotono, così che risaltino davvero le epifanie e i fosfeni della realtà rivelata. Il velo che essa squarcia è anche quello del rumore ottundente, dietro cui si celano le voci delle intime figure, quelle scene primarie o fondamentali che possono prevedere una discesa infernale, ai piani inferiori della coscienza: paradossalmente l'unica fiaccola che possa illuminare tali profondità è proprio l'oscurità. Solo tramite l'inverno-sonno, la fuga obliante si trasforma in volontà cognitiva, per poi accennare il sorriso placido della pace ritrovata (non senza un sospetto di gelo da Operette Morali). Condotta da una lentissima cadenza ora diegetica ora evocativa ri-affiora dal fondale l'immancabile infanzia, corporalizzata nella topografia sacra del paese, senza con le faglie impenetrabili della neve. Lo spiraglio di un'alba è computato come mera possibilità del discorso e del tempo futuro, come utopia. Antonio Di Mauro Quartiere d'inverno Maser, Edizioni Amadeus, 1986 I saggi di Dostoevskij Giovanna Spendei Accanto ai già noti volumi di prosa critica, saggistica e diaristica di Dostoevskij (come il Diario di uno scrittore, pubblicato da Sansoni nel 1981, e il Dostoevskij inedito uscito nel 1980 da Vallecchi, a cura rispettivamente di E. Lo Gatto e di L. Dal Santo) il lettore italiano può disporre oggi di un repertorio quasi completo della non fiction dostoevskijana grazie ai tre volumi che Gian Lorenzo Pacini ha meritoriamente «costruito» per la collezione degli Oscar Mondadori: diremo subito che ci troviamo di fronte a una trnduzione non soltanto eccellente in senso formale, ma anche sostenuta da una sicura visione del contesto storico e culturale in cui l'autore di Delitto e castigo svolse la sua intensissima attività pubblicistica. I saggi che Pacini ha ordinato in questi tre volumi si collocano in un arco di tempo che va dal 1845 al 1878, ossia dall'anno di pubblicazione di Povera gente ( «opera prima» del grande scrittore) a quello in cui Dostoevskij iniziò a scrivere I fratelli Karamazov; apparso quasi alla vigilia della sua morte. L'imponente opera del Dostoevskij narratore ha spesso sospinto in secondo piano (almeno presso il pubblico dei non specialisti) quella che in lui fu una straordinaria e talvolta ossessiva passione per una scrittura d'immediato intervento sui più diversi problemi. Ciò spiega anche come mai, in un'esistenza così difficile, avventurosa e spesso tempestosa, egli trovasse anche il tempo, l'energia e il denaro per pubblicare in proprio (con la partecipazione del fratello Michail) due riviste come «Vremja» (Tempo) ed «Epocha» (L'Epoca) che, fra il 1860 e il 1865, finirono per essere soppresse dalla censura zarista; e per accollarsi, fra il 1873 e il 1874, il gravoso compito di dirigere «Grazdanin» (Il cittadino) dove apparvero i famosi capitoli del Diario di uno scrittore e anche diversi suoi racconti. Dostoevskij non si era mai curato, in vita, di ordinare, scegliere e raccogliere l'immensa produzione che derivava da questa sua militanza pubblicistica; sicché, dopo la sua morte, questo compito toccò inizialmente alla moglie Anna Snitkina e in seguito ai curatori delle varie edizioni delle opere complete, •fino alla più recente edizione critica ancora oggi in corso di pubblicazione (ne sono usciti 26 volumi). Appunto a questa edizione si rifà il Pacini, che si è sobbarcato la non lieve fatica di tradurre i quattro grossi tomi dell'originale, limitando però l'apparato delle note alle indicazioni essenziali che offrono comunque al lettore una guida più che sufficiente senza coinvolgerlo nelle anche troppo intricate questioni della critica specialistica. Come si è detto, Dostoevskij esplicava la sua vocazione di polemista letterario, civile e (nel senso più ampio) politico su una gamma di temi estremamente ricca e varia, ora affrontando problemi di fondo come quello della missione storica .della nazione russa o della funzion·e sociale della letteratura, ora sbizzarrendosi sugli aspetti più grotteschi della quotidianità come possono qui dimostrare le vivacissime pagine di una Cronaca pietroburghese, a mezza via tra la narrazione e il pezzo di costume: «Mi sembra» egli scriveva proprio in questa Cronaca datata all'll maggio del 1847 «che, tra tutte le povertà possibili, quella più ripugnante, più disgustosa, più ignobile, più meschina e più sporca sia quella ... della gente del bel mondo, di quella gente che ha sperperato fin l'ultima copeca, ma si sente obbligata dal suo rango a andarsene in giro in carrozza schizzando di fango il povero pedone che si guadagna il pane con l'onesto lavoro e il sudore della fronte ... » (siamo già, come si vede, a un'anticipazione della moderna metropoli). Ma per chi cerchi in queste fitte pagine un riscontro critico-teorico all'opera del Dostoevskij narratore e supremo artista, i testi di più immediato interesse sono~ quelli dedicati alla letteratura russa e in particolare la serie dei sei lunghi articoli che, scritti all'inizio degli anni sessanta, affrontano l'eterno e spinoso problema del rapporto fra letteratura e società, non senza però stabilire una precisa distinzione delle rispettive sfere di valori. Molto significativo è, anche a questo proposito, il continuo riferimento che Dostoevskij fa all'opera e alla persona di Puskin, di cui rivendica continuamente la grandezza e la centralità in polemica con chi avrebbe voluto limi- ,, Il Quadrante Edizioni J. MACHADODEASSIS Memorialedi Aires Collana«LETTURE» Pp. 180,Lire18.500 Un bellissimoromanzoin forma di diario,estremaoperadel maggiorescrittorebrasiliano. Attraversogli occhidisincantati del consigliereAires,assistiamoal sottilee struggenteduellochesi ingaggiatra i desiderie i diritti dellagioventùe la solitudine l'abbandonodellavecchiaia. G. REVE Il linguaggiodell'amore Collana«LETTURE» Pp. 124,Lire16.500 Biografiae invenzionefantastica, tradizionalismeo·trasgressione, amore € violenzafisicae verbale, estasimisticaed irrisionecinica, sonoalcunidegliingredientidi questotestoancoraignotoal pubblicoitalianoe cheha segnato l'iniziodi unanuovaepoèanella letteraturaolandesemoderna. F. CHOPIN Lettere Collana«ARCHIVI» Pp. 340,Lire40.000 Si affacciada questelettere tradotteper la.primavoltain italianouno Chopinimprevisto lontanodallostereotipodel musicistaromanticoe appassionatoe chesi rivela piuttostouomosegnatoda un virilepessimismom, a capaceal tempos. te~so~i umorismoe corrosivatroma. AA.VV. Paesaggioa nord-ovest Itineraripiemontesi FUORICOLLANA Pp. 138(80a colori),Lire32.000 Un'ineditaricercasul Piemonte attraversole fotografiedi OlivoBarbieri,VittoreFossati, LuigiGhirri,FulvioVentura, e i testidi GiovanniRomano, GiovanniArpino,MarcelloVenturi, Giampiero.l3onaF, rancoCastelli, GiovanniGoria,LorenzoMarnino. Il Quadrante Edizioni <:3.__ ____________ ___._.________ ___;__ __.______________ ....______________ _J_ _____________ --.J

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