Alfabeta - anno VIII - n. 89 - ottobre 1986

ne copertine di almanacchi, tra cui quelle della serie Strelec, e gli autoscritti zaum di Krucenych), il catalogo presenta anche le Explications mystiques di Picabia, segnate da una sorta di mistero semantico, ed esempi autografi di tavole parolibere o di composizioni strutturate nello spazio, realizzate nell'ambito del futurismo italiano, dall'Autobiografia di Buzzi al colGiorgio Galli Storia del partito armato 1968-1982 Milano, Rizzoii, 1986 pp. 353, lire 22.000 P ubblicando un libro dedicato alla storia del partito armato in Italia nel momento in cui il contrastato cammino dell'amnistia e delle iniziative di legge sulla dissociazione conferma la difficoltà del nostro sistema politico ad uscire dalla fase dell'emergenza, Giorgio Galli ha indubbiamente compiuto un atto di coraggio politico. Ha lanciato una sfida che ci impone di verificare l'ambizione della sua analisi, che si vuole «storica» a così breve distanza dagli eventi di cui si occupa. È quindi comprensibile che l'attenzione critica di alcuni si sia focalizzata su questioni metodologiche, mettendo in luce l'insufficienza delle fonti (dipendenti in larga misura dall'informazione periodica) e la debolezza dell'impianto argomentativo, spesso fondato su ipotesi surrettizie, del tipo «in assenza di altre spiegazioni valide, è lecito dedurre che ... ». Non è questo, tuttavia, il punto di vista che si intende qui assumere. In particolare: per quanto riguarda la prima obiezione, credo si possa concedere a Galli l'attenuante della obiettiva difficoltà di reperire fonti dirette non «inquinate» da finalità politiche tuttora operative; rispetto alla seconda. mi pare che l'analisi di eventi molto recenti e per loro natura ambigui possa difficilmente sottrarsi alla necessità di servirsi di ipotesi ad hoc. Più interessante è cercare di capire se, scontati questi limiti, il lavoro di Galli sia riuscito effettivamente ad elevarsi al livello di un discorso storico, se sia cioè riuscito a offrire un'interpretazione originale e autonoma delle ragioni dell'insorgere della lotta armata in Italia, e a descrivere le dinamiche di un fenomeno complesso e articolato che ha profondamente segnato quindici anni di vita del nostro paese. La tentazione di «accontentarsi» è forte: messi a confronto con le falsificazioni ottuse e interessate di una cultura di sinistra del tutto impreparata a capire e affrontare politicamente il fenomeno (definito come escrescenza criminale priva di qualsiasi radice nel movimento operaio), con le semplificazioni del teorema Calogero (inutilmente proteso a dimostrare l'esistenza di una strategia e di un'organizzazione comuni a tutte le manifestazioni di violenza politica dell'estrema sinistra) e con il «pentitismo culturale» di molti intellettuali della nuova sinistra, i meriti di Galli rischiano di assumere eccessivo rilievo. In sostanza, a Galli è bastato «mettere in fila» azioni, documenti, rivendicazioni, nomi, sigle, processi, dichiarazioni, confessioni (assieme alle interpretazioni politiche, culturali e giuridiche che ne sono state date lage Elettrosferico di Carrà gli esperimenti di Depero. E, aldilà delle articolazioni foniche insensate di Picabia, gli esperimenti di scrittura transi:nentafe di Krucenych rappresentano forse il momento di massima intensità nella ricerca non solo dell'avanguardia russa ma della poesia visiva, realizzando con la zaum ad un tempo un 'intensificazione totale dello spirituale, una rottura radicale con la tradizione comunicativa e un progetto di reinvenzione radicaledel mondo attraverso la proiezione della parola su un infinito oscuro in cui senso e non senso oscillano, si sovrappongono e si elidono nella ricerca di qualcosa di indefinibile. 2 Sono esperimenti al limite dell'artisticità, che certo anticipano di qualche anno la poesia glossolalica del dada zurighese (di Bali e Tzara), ma insieme preservano anche, nell'attività distruttiva e apertamente bellica del dada, qualcosa di più segreto ed impalpabile della distruzione, quasi un'approssimazione formale al progetto (Krucenychiano) di «vittoria sul sole». Manonèstoria di volta in volta) per far emergere la complessità e l'articolazione di un processo che, proprio perché affonda innegabilmente le sue radici nel movimento operaio, ha assunto connotazioni diverse in differenti fasi politiche della nostra storia recente. Ma il valore teorico del libro dev'essere piuttosto misurato in relazione alla tesi di fondo che attraversa tutta l'esposizione di Galli; solo se quest'ultima dimostrasse di «tenere» dovremmo ammettere di trovarci di fronte a una lettura storica. La tesi può essere così riassunta: pur coinvolgendo importanti minoranze politiche e godendo della simpatia o perlomeno della benevola neutralità di non trascurabili settori sociali, la lotta armata non si sarebbe sviluppata con l'intensità e la durata che ha avuto nel nostro paese (sconosciute a ogni altra nazione occidentale) se non avesse potuto contare sulla tolleranza degli apparati dello Stato che avrebbero dovuto stroncarla. E che avrebbero potuto farlo. La tesi della «impreparazione» delle forze dell'ordine, infatti non regge: nel '72, fra il '74 e il '76, e nel '78, dopo il sequestro Moro, esse sembravano aver ottenuto decisivi successi contro le maggiori formazioni terroriste. Secondo Galli, se ogni volta il partito armato ha potuto riorganizzare le propiie fila (fino alla sua recente e definitiva sconfitta) ciò si spiega solo in ragione del fatto che i servizi «deviati» e forse alcuni setCarlo Formenti tori della classe politica italiana avevano interesse a lasciare le briglie sul collo dell'eversione per alimentare il clima dell'emergenza. Ciò sarebbe dimostrato in particolare dalla coincidenza fra recrudescenze terroristiche e fasi di instabilità politica: si è giocata la carta del terrorismo ogni volta che era necessario sfruttare i «complessi di colpa» della sinistra e favorire evoluzioni moderate del quadro politico. La tesi si perfeziona mettendo a confronto la peculiarità della situazione italiana col modello politico delle altre 9emocrazie occidentali: le regole del gioco democratico, consentendo l'alternanza delle élites politiche, riducono le tensioni sociali. e allonta1\/e.1.rnndroMent/1111. /9,',}. nano il rischio della guerra civile; la nostra democrazia «bloccata», non potendo funzionare secondo tali regole, ha imposto al sistema politico italiano di pagare il prezzo di quella «quasi guerra civile» che sono stati gli anni di piombo. E eco svanita ogni tentazione di accontentarsi! Repubblica e Panorama possono permettersi di ridurre la storia alle manovre che si svolgono dietro le quinte del «palazzo»; la stessa licenza non può tuttavia essere accordata allo storico della politica. Il punto non è stabilire se Galli sia in grado di «dimostrare» l'esistenza di un disegno di determinate forze politiche moderate e dei «corpi separati» dello Stato italiano rivolto a sfruttare l'eversione di sinistra per i propri obiettivi, o la presenza di ·consistenti «infiltrazioni» nello stato maggiore del partito armato: queste cose sono sempre successe in tutti i processi rivoluzionari, senza che nessuno storico degno di fede si sia mai sognato, per esempio, di spiegare la rivoluzione russa in base alle provocazioni della polizia zarista o agli appoggi dei servizi segreti tedeschi all'eversione bolscevica, finalizzati all'alleggerimento della pressione militare sul fronte orientale. Naturalmente non intendo paragonare la lotta armata in Italia alle grandi rivoluzioni della prima metà del nostro secolo, pur tuttavia si tratta di una realtà che lo stesso Galli contrihuisce a sottrarre ad interpretazioni riduttive in termini di marginalità politica e sociale, dimostrando come essa abbia coinvolto, nell'arco di un decennio, decine di migliaia di militanti e simpatizzanti attivi, duecentomila quadri di movimento che hanno pensato e operato in vista di una rivoluzione armata, e una percentuale di popolazione che ha guardato con benevolenza o indifferenza al fenomeno che in certe fasi ha certamente superato il 20%. Dimensioni più che sufficienti a spiegare il rilancio del partito armato dopo le sue prime sconfitte, e che invocano a loro volta una spiegazione storica che l'analisi di Galli non è assolutamente in grado di offrire. A meno che non si sia disposti ad accettare come spiegazione la tesi delia «deNote (1) Si veda in propostito P. Fonticoli, Achille Bonito Oliva. La critica d'arte come arte della critica, Nuova Prearo Editore, Milano, 1985. (2) Anche per questo va considerata con attenzione l'ipotesi di un dada russo (più esteso dell'area dei nullisti), di cui naturalmente Krucenych costituirebbe una personalità essenziale. Si veda sulla questione la bella antologia Dada russo. L'avanguardia fuori della rivoluzione a cura di M. Marzaduri, Il Cavaliere Azzurro, Bologna, 1985.. mocrazia bloccata», vale a dire la tesi già ricordata secondo cui la spinta eversiva origina dall'impossibilità di offrire un adeguato sbocco istituzionale alle tensioni sociali attraverso l'alternanza delle élites politiche. Per accettarla occorrerebbe ammettere che un governo di sinistra avrebbe rappresentato i bisogni e gli interessi degli operai ,degli studenti e degli altri soggetti del movimento in misura tale da neutralizzarne le spinte estremistiche, una ipotesi tutt'altro che scontata. Galli sottolinea per esempio la continuità culturale e ideologica con la tradizione del marxismo rivoluzionario delle formazioni della sinistra extraparlamentare e delle loro frange militariste, da cui successivamente nasceranno le organizzazioni armate. È vero, non bisogna tuttavia confondere questa adesione ai miti della tradizione della sinistra con i referenti sociali del movimento: se le lotte operaie studentesche del '68-69 si danno (a prescindere dalle formazioni della nuova sinistra) strutture organizzative autonome dalle forze politiche della sinistra tradizionale non è un caso: I' «operaismo» della nuova sinistra assomiglia solo esteriormente a quello tradizionale, i soggetti sociali cui si ispira sono diversi, i comportamenti e i valori dell'operaio massificato e deprofessionalizzato hanno poco a che fare con quelli dei vecchi quadri comunisti, così come quelli delle masse studentesche divergono da quelli degli intellettuali «organici» di una volta. Ancora più netta si rivelerà poi la rottura culturale - quasi «antropologica» - del movimento del ·77, dopo lo scioglimento dei maggiori gruppi della sinistra extraparlamentare: il mosaico di forze sociali in cui affonda le radici l'area della Autonomia operaia (proletariato giovanile, lavoratori dei nuovi settori terziari, intellettuali delle nuove professioni, disoccupati ed emarginati, ecc) esprime valori e comportamenti sociali apertamente antagonisti nei confronti del moralismo produttivista e dello statalismo che ispirano la strategia del Pci e della Cgil (il che spiega l'evoluzione in senso «anticomunista» di Prima Linea e, in parte, delle stesse «nuove Br», rilevato da Galli nelle fasi più tarde della lotta armata) ... In conclusione: la storia del partito armato non è ancora stata scritta. Né potrà essere scritta se non come capitolo di una storia 'O del movimento rivoluzionario dal 1:s ::: 1968 alla fine degli anni '70 che ne -~ ricostruisca l'intreccio con i radi- ~ cali processi di trasformazione so- ~ ciale, economica e culturale subiti ....... in quegli anni dal nostro paese. È ~ -O un compito tanto più urgente in g quanto contribuirebbe a restituire o °' a una generazione che sta ancora ao pagando le conseguenze dei propri t:! errori e delle proprie sconfitte il ~ diritto di difendere il senso di -0 quindici anni di lotte. ~

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==