fanno girare i sassi e creano loro un nido nel letto di pietra del fiume ... ». Oppure, ecco, Sklovskij parla del simbolista Aleksandr Blok che, «giovane e bello», assieme alla liliale fidanzata recita Shakespeare (l'Otello, ma in realtà era l'Amleto), davanti ai contadini della sua. tenuta di Sachmatovo; • accenna alle risatine degli spettatori, e commenta: «L'arte è inquieta. Ronza come un arco voltaico. Voi, probabilmente, non avete mai udito o avete dimenticato quell'azzurro muggito degli alti pali elettrici, dell'illuminazione elettrica nelle vie di Pietroburgo. I drammi con una fuggevole nube di immagini rombano sulla scena, e il carattere contraddittorio delle azioni fa perfino dell'infelicità una . gioia per il pubblico». Senza sosta, «realtà» e «finzio~ ne», «vita» e «arte» s'inviano richiami, si rimandano echi, s'incastrano una nell'altra, si integrano e si ìlluminano a vicenda, Il primo elemento di quei due binomi è un'arida, vuota spoglia, se non si riesce a comprenderne il secondo elemento, a coglierne la sostanza. «Non analizzate la parola», ammonisce Sklovkij, «ma il sistema delle parole; non cercate le radici, strappando via da esse la verità». «Mi pare», egli osserva, «che molti errori della teoria letteraria consistano nel fatto che si ha timore e ci si tiene a distanza dal materiale, oppure, al contrario, ci si avvicina troppo al cavallo della poesia (che è poi Pegaso), e si sale con troppa abilità sulla sella, così che spesso si salta oltre il cavallo». La teoria della letteratura dovrebbe «montare in sella a questo cavallo così come Lev Nikolaevic [Tolstoj] saliva in arcione, senza issarsi mai su un ceppo o su uno sgabello, ma direttamente sul cavallo, infilando il piede nella staffa e afferrando il cavallo per la criniera insieme con la briglia». Nasce di qui - abbastanza ingiusta e terra terra ma forse giustificabile nel quadro della personalità di Sklovskij e dell'evoluzione del suo pensiero - la polemica verso quelli che si potrebbero definire gli eredi, se non altro indiretti, del «metodo formale» e, insomma, i «nipotini» dello Sklovskij moschettiere d'un tempo. Leggiamo ne L'energia dell'errore: «Le molte cose che sono state fatte dagli strutturalisti mi sono note, ma io vi vedo moltissimi termini, probabilmente indovinati, in ogni caso precisi, e non so come avvicinarmi, salendo i gradini di questa terminologià, all'assenza dell'opera». «Lo strutturalismo si è infatuato del!'involucro ... » «Gli strutturalisti si occupano dell'imballaggio dell'oggetto, non dell'oggetto stesso». .. .In un'altra lettera degli anni giovanili, rivolta a J urij Tynjanov, e ripubblicata anch'essa in Tret'ja fabrika, Sklovskij rivendicava il suo buon diritto a tenersi alla larga dai problemi storico-letterari, a non venirci «tirato dentro». In seguito - costretto a rendere omaggio a sollecitazioni estetiche assai meno intriganti e sagaci di quelle tynjanoviane - ci si lasciò «tirar dentro», pur conservando, bisogna dargliene atto, un inconfondibile tocco di originalità (nel taglio, nel!'angolatura del!' analisi). Eppure, i tanti scrittori antichi e moderni che si sfilano davanti ne L'energia dell'errore - da Dante, Boccaccio, Cervantes, Shakespeare a Puskin, Turgenev, Tolstoj, Dostoevskij, Gor'kij, Blok, agli amici e compagni di lotta futuristi - è come se si affacciassero alla ribalta di un eterno presente: sono tutti in ~alche modo contemporanei di Sklovskij, nostri contemporanei. La «convivenza» di Sklovskij con essi, la sua familiarrità nei loro confronti, finisce per annullare. le distanze cronologiche, le gravi sedimentazioni della Storia. E i personaggi, gli «eroi» appaiono altrettanto concreti e corposi di chi li ha ideati, di chi li ha creati, al punto di sembrar vivere di vita propria. facevano ingelosire sua moglie), con alla loro testa Anna Karenina. «Quanto più Tolstoj procedeva nello scrivere» annota Sklovskij, «tanto più gli piac_evaquesta donna» egli non veniva creando «solo un romanzo, ma anche un'immagine femminile di cui si era enormemente innamorato». In una lettera alla zia, egli dirà di aver «adottato» Anna (espressione che S picca fra quegli scrittori, in potremmo considerare un bòon tutte le sue incarnazioni e equivalente di «Anna, c'est metamorfosi, Lev Tolstoj, moi» ... ). Del resto, nel «paese «grande come un ocean'o>(,. çhe• . dell'energia dell'errore», attraver- «per realizzare un sogrio d'amo-.- . so cui ci conduce avventurosamenre», il sogno di «un'altra yità»;·:• te Sklovskij («poeta senza rime, «partì in un vagone non riscaldato senza ritmo, con un battito cardiadi quarta classe», lasciandosi alle co frequente»: il nervoso, mobile spalle «i manoscritti incompiuti» pulsare delle sue frasi, dei suoi penello studio rischiarato dalla neve, riodi), la contraddizione, l'antino- «la proprietà», la minusc.olasauna mia, l'ambiguità - nel significato posta «accanto alla vecchia casa, originario della parola -, sono il fra enormi alberi». («Da sessan- sale della terra, e ogni grande t'anni reggo la staffa a quest'uomo .scrittore, ogni grande opera d'arte che non invecchia», confess~ Sklo- ha il compito non di rassicurare le vskij, giocando di metafora con coscienze, ma di seminarvi l'insommessa autoironia; «ammiro quietudine, il turbamento, l'ansia come scende di sella alle ferma- e il sogno di un mondo nel quale le te, ... senza che il mantello cauca~ . «tracce della verità» così labili e sico lo impacci; non sfianca mai il· incerte, si disegnino nette come cavallo», il suo «cavallo baio»). sentieri fra i prati nella luce radenE fra quei personaggi spiccano te del mattino. le eroine di Tolstoj (che a volte LequaHr@/apossession Gilbert Rouget Musica e trance. I rapporti tra la musica e i fenomeni di possessione Torino, Einaudi, 1986 pp. 486, lire 38.000 . Maria Tasinato L'occhio del silenzio. Encomio della lettura Venezia, Arsenale, 1986 pp. 80, lire 10.000 Niklas Luhmann Amore come passione Bari, Laterza, 1985 pp. 214, lire 22.000 11 recente interesse destato nell'opinione pubblica dal fenomeno della possessione ignora la presenza nella storia dell'Occidente di una tradizione di origine greca che assegna alle «manie» e ai deliri un significato altamente positivo e un grandissimo valore culturale e spirituale: sembra così che nella nostra cultura la possessione si presenti soltanto sotto un aspetto patologico o diabolico. In realtà l'approfondimento della conoscenza etnologica ed antropologica del fenomeno della ·trance, consentito ora anche dall'amplissimo studio di Gilbert Rouget, apre prospettive completamente diverse. Come già. osservava Roger Bastide nel suo libro Il sacro selvaggio (Milano, Jaca ];3ook,1979), la crisi epilettica, l'epidemia demoniaca, la sovraeccitazione patologica, lo scatenamento selvaggio sono considerati dalle culture della trance ( africane e afro-americane) più come l'espressione del fallimento della possessione che della sua riuscita: questa si manifesta per lo più come uno stato di estraniazione· spesso appena impercettibilmente differente dalla normalità. Del resto l'individuazione platonica di quattro tipi di manie divine (profetica, rituale, poetica e amorosa) sembra andare proprio nella direzione indicata dalla antropologia contemporanea. Come precisa Rouget (p. 68), una cosa é l'ossessione (la quale deve essere attribuita a forze ostili e nefaste, a mali d'ordine mentale o affettivo), un'altra è la possessione ( che trasformando e organizzando le relazioni con le forze ritenute causa di tali. malesséri è condizione di salute psichica e mentale). Questa considerazione È quando esse non sono più abitabili. La .malattia del mondo moderno consiste nel fatto che e anime non sono più abitabili e che esse ne soffrono!» A questo punto s'impone la domanda: che ne è stato nel corso Enrica Massei, 1981 della possessione come alcunché di benefico è condivisa da Pierre Klossowski quando nel suo ultimo libro La rassomiglianza (a cura di G. Compagno, Palermo, Sellerio, 1986) scrive: «L'anima è sempre abitata da qualche potenza, buona o cattiva. Non è quando le anime sono abitate che esse sono malate. della storia dell'Occidente delle quattro possessioni individuate da Platone? Esse sono scomparse con il tramonto del paganesimo oppure hanno continuato a svolgere nella nostra cultura un ruolo importante, riuscendo di tanto in tanto a riorganizzarsi attraverso codici di comunicazione autonomi e articolati? Lasciando da parte le divinità ispiratrici. della possessione profetica e di quella rituale (Apollo e Dioniso, i quali continuano ad eccitare l'immaginazione degli studiosi e dei letterati da quasi due secoli), due recenti volumi forniscono materiali storici ·e teorici di grande interesse per ripensare il destino degli altri due tipi di possessione, quella poetica e quella amorosa: lo smilzo ma dottissimo libro sulla lettura di una giovane padovana, Maria Tasinato, cui si devono anche pregevoli saggi su Gorgia e Tertulliano e l'opera magistrale di Niklas Luhmann sulla passione amorosa. Il punto di partenza della Tasinato è Platone: nel Fedro gli autori di discorsi scritti (politici, legislatori ... ) vengono assimilati ai posseduti. Tanto gli uni quanto gli altri infatti non hanno una piena padronanza del loro sapere, non sono in grado di aggiungere nulla di più prezioso ai loro prodotti, non sono capaci di trasmettere ad altri le loro conoscenze. La vera scienza invece è per Platone connessa con l'oralità, con dialogo, col completo possesso del vero, con l'esplicarsi di un movimento autonomo che proviene dall'interno dell'anima. È contro tali premesse platoniche che si muove la Tasinato, la quale mira appunto in un primo luogo, sulla scia di Klossowski e di Vernant, ad una rivalutazione del sapere delle posses- ·sioni. Ma la vera originalità del suo studio sta nel considerare come un tipo di possessione la lettura tacita inaugurata da Ambrogio (la quale succede alla lettura ad alta voce e dialogica dell'antichità). Che un fatto per noi così morale e corrente come la lettura silenziosa sia stato considerato dai contemporanei di Ambrogio, in particolare dai suoi nemici, gli anacoreti ostili alla cultura, alla pari di un invasamento diabolico, mostra come il problema della presenza del- !' «irrazionale» nella cultura occidentale necessiti una profonda e radicale revisione. Verso questa direzione si muove appunto il libro di Rouget, la cui seconda parte è dedicata ai fenomeni di possessione musicale nell'antica Grecia, nel Rinascimento, nell'opera lirica e nel.la cultura araba. Nella trance occidentale tuttavia anche il silenzio gioca un ruolo di primissimo piano: la lettura tacita è, secondo la Tasinato, un «festino solitario» celebrato per rendere presenti.gli assenti e viceversa assenti i presenti, una «muta ebbrezza» che ci sottrae alla miseria del quotidiano, uno stato di eccezione che ci illumina il cammino. La lettura implica dunque un'appropriazione del libro paragonabile ad una identificazione mistica o all'incorporazione di chi mangia alcunché? La Tasinato giustamente lo esclude. La trance delle religioni della trascendenza - che sono anche le religioni del libro - non sono identificatorie (Rouget, p. 45). Leggere non vuol dire distruggere voracemente il libro: questo viene lasciato dallo sguardo di chi legge nella sua estraneità di cosa da guardare, viene lasciato alla sua differenza. Possessione non è affatto sinonimo di misticismo. L'esperienza dell'essere posseduto implica l'azione di alcunché di esterno e di altro che resta tale. S e Derrida ci ha dato una teoria della scrittura come differenza, il libro della Tasinato porta acqua a quella teoria della lettura come differenza che René Girard in Menzogna romantiça e verità romanzesca (1961) e Marthe Robert ne L'antico e il nuovo. Da don Chisciotte a Kafka (1963) hanno delineato. La nozione che sembra più adatta a definire filosoficamente il suo movimento resta quella di transito: il verbo gre- '::tco peirò (attraversare) - da cui (:I .:; vengono le parole latine peritus e ~ periculum - indica appunto il pas- c:i.. sare da parte a parte ed è connesso g:! con p6ros (ingegno), il quale nella -. genealogia mitologica del Simpo- l sia platonico figura padre di Eros. .9 è Per quanto riguarda la posses- °' sione amorosa, l'epoca in cui essa o0 ritrova un linguaggio, un codice, i::: una sistemazione concettuale è, ~ -e secondo Luhmann, il Seicento, ~ l'età barocca. Né l'amor cortese, ~
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