«Se un uomo sta in mezzo al suo tumulto, in mezzo alla sua· risacca di sortite e progetti, ecco che vede passar scivolando, sotto i suoi occhi, placidi incantevoli esseri, di cui anela la beatitudine e il ritiro: sono le donne. È quasi sul punto di credere che laggiù presso le donne dimori il suo se stesso migliore. In quei taciti luoghi anche la più tumultuosa risacca diventerebbe un silenzio di morte e la vita stessa un sogno al di sopra della vita. Eppure! eppure! mio nobile sognatore, anche sul veliero più bello c'è molta gazzarra e tumulto, e anche, purtroppo, un bel po' di piccolo miseraf!ile tumulto! L'incanto, il più potente effetto delle donne è, per usare il linguaggio del filosofo, un effetto a distanza, una actio in distans, ma ci vuol appunto - in primo luogo e soprattutto - distanza». F. Nietzsche, La gaia scienza (1882) «Carissima Lou, che posso scriverLe? ... ·dopo ogni Sua lettera mi rimane l'impressione di sapere troppo poco di Lei. .. » S. Freud, Lettera a Lou S. (1936) P arto da una considerazione semplice quanto sospetta: alle donne la psicoanalisi conviene, si attaglia: da analizzanti ci hanno saputo fare da subito, occupando per prime il primo celebre divano, poi le loro poltrone, divenute a volte altrettanto celebri. E parlano, sembra che finalmente parlino da un posto che è il loro. Mi chiedo: senza la psicoanalisi questi tesori di sapere sarebbero rimasti sepolti, magari in verità da romanzo? Ma anche: che desiderio li ha suscitati, o resuscitati? Va da sè che questione isterica e questione analitica siano sorelle, ahimè, figlie del desiderio del dottor Freud, Freud Sigismund, che amava fedelmente Martha, sua sposa, ma<lre dei suoi figli. Allora tutte queste altre? Cosa vogliono tutte queste altre? Betha, Lucy, Elizabeth, Katharina, Dora, la bella macellaia, e Lou anche ... «L'analisi è come una donna che desidera essere conquistata ma che sa che sarebbe tenuta in poca stima se non opponesse un po' di resistenza»: lettera ad A. Zweig, 20 luglio 1938. Faccio notare come in questa che stento a definire metafora siano coniugati desiderio (sessuale) e sapere (supposto all'altro) attraverso una figura che resta ibrida, sfinge, metà donna, metà -analisi, mezza isterica, mezza verità, superamento, credo, nell'analisi di Freud, di un più usuale metà madonna, metà puttana, che non fu una gran scoperta se non nel senso che la degradazione della vita amorosa era davvero la più comune, la meno intima, la più culturale, cioè la più pubblica delle degradazioni. Possiamo leggere all'inverso allora: «Se fosse come l'analisi saprei cosa vuole una donna». Eccola qui, in forma rovesciata nella lettera a Zweig, luglio '38, la posizione speciale di Freud nella psicoanalisi, nella scienza. No: la psicoanalisi è una scienza, ma cosa ne è di una scienza sospesa al suo desiderio? Luglio '38. A pochi mesi dalla morte ~appiamo da dove viene questa effigie di donna che si vela, che sa di doversi celare perché sia soddisfatto il suo desiderio di esseDonne di causa re conquistata, di essere scelta. Farsi desiderare, farsi scrigno di piombo, Porzia, Diana, Cenerentola, Cordelia, Psiche in cui Eros si estingua, ma guardandola bene in faccia e senza orrore, «come la più desiderabile delle fanciulle», questa che, Freud lo sa, è la morte che viene incontro. In una serie di rovesciamenti che sono tipici nell'interpretazione della scelta degli scrigni, è la posizione dell 'analista-Freud che riconosciamo. P siche, Eros, Thanatos. È il perimetro del campo freudiano, qui coincidente con l'esperienza psicoanalitica di Freud, nella dialettica cui l'homme au.x statues si risolve da una posizione «archeologica» a una eroica, dantesca, teologica in fondo, da valicatore degli inferi. Misurabile recinto della tomba, percorso smisurato d'oltretomba. In questo speciale pensiero della morte, punto reale dell'esperienza freudiana, propongo dunque la sotterranea connessione tra la scelta della pallida fanciulla dello scrigno e la rappresentazione, oserei dire inconscia, della psicoanalisi. Alle prese con le stie isteriche, cosa vede Freud nella gola di Irma, là dove è a prova l'ombelico, il non analizzabile della sua analisi? Pullulare della vita coniugata con la morte. È svelare questa verità che vuole l'analista nella 'posizione paradossale d'essere Freud? Vedere l'enigma dell'origine, sa-· pere la verità che la congiunge èon la morte. Che questo impossibile, questo al di là del fantasma, cui Freud darà il titolo bizzarro di «pulsione di sapere», si significhi con il defilé, cui ho prima alluso, Maria Teresa Maiocchi di Frauen e di Friiulein, mi pare decisivo quanto al desiderio di Freud. È sapere «che vuole una donna» che inaugura in modo non neutrale la costruzione della psicoanalisi, dove comincia a far discorso della metonimia del desiderio isterico, desiderio - Freud l'intende subito - di mantenere un desiderio - ma quale? - insoddisfatto. Che vuole una donna? dice Freud a una delle sue «spiritose» interlocutrici. Domanda maschile per eccellenza (e non importa se venga da una donna) domanda maschile, da trovatore medioevale, e certo sostenuta dalle movenze enigmatiche della dama in questione. Che succede a imboccare altra via che una «chanson» e a impiantare su questa ùomanda_ una scienza? Se è «come» una donna, se è metafora del «che vuole una donna», la psicoanalisi resta marcata, ma stavo per scrivere mancata, da questo che è l'enigma freudiano del desiderio femminile: tanto che da subito esso si installa nel cuore del dispositivo analitico, e non cessa di non abbandonarlo, per parafrasare Lacan nella sua invenzione di quel che chiama «reale». Intendo così, dal lato quindi di qualcosa che resta inconcluso nel simbolico, che non si formalizza interamente, una quérelle sulla femminilità, mai assopita nella psicoanalisi, ma che non è neppure troppo sorvegliata, in quanto poco praticata anche dalle donne analiste. Non basta Helène Deutsch a far tradizione. Forse il risveglio lacaniano di questa bella addormentata farà di più? (È in quest'area che comunque si è prodotto, criticabile o no, un certo caratteristico avanzamento della questione in quanto analitica. Ed è d'altra parte significativo come i lavori di Luce Irigaray, o Michèle Montrelay, o Gennie Lemoine, nei loro tagli differenti, siano stati subito cortocircuitati nella cultura del movimento delle donne, per quanto non direttamente omogenei alla sua ideologia.) Andrebbe verificato, di converso, se nell' «annafreudismo» e nei suoi derivati ci sia stata invece una sorta di Spaltung tematica, o di esclusione di questo problema proprio nel suo porsi, non importa qui se a torto o a ragione, come ganglio della trasmissione «ortodossa» del «pensiero» di Freud. La debolezza del Super-lo è così tutto ciò che si sa dedurre dalle debolezze del sesso debole. Bisognava forse essere freudiani freudianamente e far para-doxa (convenienti al lavoro dell'analisi in contropelo al lavoro dell'inconscio) là dove una orto-doxa non poteva andar che nel senso di un rinforzo dell'Io (di Freud). Può costituire una certa prova a contrario della liceità di questa interpretazione, che detta ortodossia, in fondo, di Freud non sappia più che farsene. È arabo. Il gruppo, come già Freud indicava, Psicologia delle masse, la vince sempre sul discorso, via identificazione. Sottolineo comunque questa insistenza, nella dottrina, di significanti, nella gamma forte-debole, dell'appartenenza sessuale, con tutte le ambiguità del caso. E se torna in questo reale della dottrina, davvero qui qualcosa sembra «non nato al simbolico» della teoria. S ta di fatto che della prima grande battaglia dottrinaria sono protagoniste due donne, in fondo entrambe figlie della prima «generazione» analitica. E sarà sintomaticamente da qui che il bambino, his majesty the baby, diventerà il «vero» protagonista degli avanzamenti teorici della dottrina. Con uno scivolamento apparentemente autorizzato dall'insistenza freudiana sull'infanzia, scambiata così per «la cosa», das Ding, di Freud. E Freud, in questo frangente, non farà che smorzare i toni della polemica, non smontarne l'oggetto presunto, che appare subito in un certo spostamento: la precocizzazione dell'Edipo infantile, e conseguente analizzabilità del bambino, per dirla un po' rozzamente. Al di là dei meriti e dei chiarimenti· teorici e clinici offerti dalla polemica Anna-Melanie, se ne può dedurre anche, come effetto laterale, un doppiaggio elegante della «roccia» freudiana della sessualità. Essa si spartisce, com'è noto, tra l'orrore di Cariddi d'assumere una posizione femminile, e l'invidia di Scilla per il pene. Il problema si presenta dunque dissimmetrico, non speculare nei due sessi, così come non vi sono speculari alba e tramonto dell'ectipo. Se la donna vuol fare l'uomo, l'uomo non sopporta di fare la donna. Lacan definisce i termini complessivi di questa situazione come «impossibilità - nel senso della logica - del rapporto sessuale». E c'è del reale, come lo indica Lacan, in questo termine dell'analizzabile. Se la libido non è che maschile, la castrazione non è che femminile. L'esperienza dell'analisi finisce qui, secondo Freud, a questo capolinea di significazione del fallo, che ne surdetermina traumaticamente tutti gli antecedenti. Che senso assume allora nella teoria (e che conseguenze nella politica della psicoanalisi) valorizzare le «fasi» dell'edipo, precoci o classiche che le si inteda? Che effetti si ottengono, politici e teorici, a sostenere l'immaginario di una continuità infante-adulto del soggetto «in sviluppo», che della questione freudiana della sessualità, questione inconscia del «che vuole una donna» non sappia più che farsene se non nel senso di un «che vuole una madre». Il che non è precisamente lo stesso. Prima o poi si sarà «genitali», se non ci sarà stato difetto di cure (m·aterne), o in après coup difetto d'analisi. È che difetto, di cure come d'analisi, c'è sempre, e non accidentalmente. L' après coup, il nachtriiglich freudiano, è la perdita in cui del soggetto si produce, almeno nel senso della psicoanalisi: se l'analisi è un rattoppo, è perché la struttura è bucata in partenza. Ed è la questione femminile ad essere il significante per Freud. Dire, come fa Lacan, che la donna· è non tutta, che è donna, coincide con il ripristino di questo punto dell'analisi di Freud. Mentre I.ascena, antica e influente, di una «Maternità» d'origine fissa nella psicoanalisi di oggi il bambino come un certo sintomo del desiderio femminile. Come nella pratica domestica, donna di casa, anche nell'analisi «essa ha i suoi di cui occuparsi», i bambini per l'appunto? Di qui, nella tecnica come nella teoria, si apre il rischio di far oscillare la causa di Freud nel senso pedagogico di una orto-psicologia. Sicché se c'è effetto di chiusura della causa freudiana, è ancora la donna parte in causa del desiderio della psicoanalisi. Questione freudiana di vita e di morte, significante del limite dell'analizzabile, gioco di sparizione dell'oggetto causa del desiderio, esercizio della sua propria perdita, «cosa vuole una donna» della psicoanalisi? Questione di un'etica, che resta, come deve, ben aperta in queste osservazioni di Lou, con cui concludo «Leggendo il suo saggio, pensavo quasi con irritazione: tutte le vere rivoluzioni suscitano riprovazione; ma il nucleo più specifico della psicoanalisi freudiana prevede la realizzazione di tutto ciò in modo assolutamente nuovo, con la conseguenza di vedersi costretta a tutti quegli «smascheramenti» e a quelle «accuse» e penosissime discussioni. Poiché solo le scoperte della psicoanalisi devono combattere costantemente e a livelli sempre più profondi contro le nostre resistenze, e noi non sappiamo più nulla della gioia che provavamo da bambini nel giocare a nascondino, dove ciò che era stato nascosto intenzionalmente veniva strappato al suo angolino con un irrefrenabile grido di trionfo. Il fatto che a tale proposito non si possa convincere nessuno che non possieda già la giusta predisposizione interiore, questa consonanza di esperienza e di conoscenza è quanto di più attraente e di grandioso vi sia in questa nuova materia ed è anche ciò che conferisce, di conseguenza, un pathos particolare a tutte queste battaglie.»
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