:::::. <::i .s f l R esponsabile di un significante («stili» della differenza sessuale) proposto ad alcune compagne di strada, nell'introduzione voglio sottolineare uno scarto di senso rimasto implicito nella proposta. Per stile di una donna s'intende quanto di più è vicino alla mascherata, al dare a vedere e intendere all'altro, senza che questo escluda, peraltro, un sapere che opera dietro la maschera, segreto e in segreto. La mascherata fa la donna ed ognuna ha il suo modo di farne parte. È un modo di «fare il fallo», occupando una funzione prevista dalta dialettica dei sessi. Se lei non scambia il «fare» con l' «essere», trasformando un tratto perverso in •una posizione perversa, la distanza tra la maschera e il soggetto ':orea lo spazio in cui lavora lo stile, •• . vale:a •cti(eil modo personalissimo e pArticolare di assumere la differen~'lfs~s.suale. Cot;1yinta che un 'intellettuale tr9yi,;Sp~sso la materia e quasi se_riipr-e ~a causa della sua ricerca propriq. in quest'impossibilità di ·,~·cleri'i;e ìÌUarappresentazione della . ,._foìn'.mjriilitàc,hiamerei stile il co- ·.••rhf.:·~gnuna si ostini a perseguire •- , ·-l~1'n1p9ssibilitàpiuttosto che a su- .pèÌ:arl_a. Quali possano essere i ,••.modi e se sia possibile parlarne è la posta in gioco per noi che scriviamo in questa o in altre occasioni. Per parte mia proverò attraver- '> so la psicoanalisi. Come Come sono donne le donne della psicoanalisi? si domanda Maria Teresa Maiocchi (p. VI di quest'inserto) dopo aver ricordato Bertha, Dora, Anna, Melania, Lou, analizzanti e analiste partecipi di una stessa avventura. Pur non avendola vissuta con la stessa consapevolezza né nella stessa posizione, tutte sono state contaminate da un sapere rimasto muto prima di Freud. Se le abbiamo potute citare l'una dopo l'altra includendole nella stessa serie, è perché sono accomunate dall'accesso ad un discorso che conferisce dignità di disciplina al loro sapere. Gli esiti, invece, risultano disparati perché non tutte ne hanno ricavato lo stesso insegnamento, né fatto lo stesso uso. Qualcuna, la famosa Dora, ad esempio, vi si è sottratta; se per errore di Freud o per orrore dei successivi passi da compiere, sono interpretazioni ambedue possibili. ~ Anche fra analizzanti e analiste di oggi c'è chi si sottrae e chi resta, chi rinuncia alla psicoanalisi e chi non può farne a meno. Per quelle che «non possono farne a meno» vale la domanda sul «come». È una domanda che si presta a diverse letture e probabilmente fraintendo il senso che le attribuisce Maria Teresa Maiocchi, ma fraintendendolo credo di prolungare il suo discorso: assumo dunque che il «come» attenda in risposta una parola che valga come tratto unificante, come insegna, come significante. Detto in altri termini tradurrei la domanda così: «Essere una donna della psicoanalisi determina un modo comune di assumere la posizione femminile?». t:.l., ~ ...... ~ -e o ::::: o °' oO ~ <::i ~ .e:, ~ <::i o ~ <I.) ~ ii~ Va da sé che la questione include solo quelle che non possono rinunciare al sintomo e quindi neppure a dirne, scriverne o ascoltarne. Basta l'impossibilità a rispondere alla domanda di signifiMancareladonna cante? Esempi famosi, Anna Freud, Melania Klein o Lou Salomé, donne che «non rinunziano», dimostrano di no. A parte il settore comune di ricerca le divergenze teoriche rendono rivali le prime due, mentre per Lou Salomé anche la materia di riflessione è un'altra. È possibile che per Anna e Melania occuparsi di sessualità infantile sia stato un modo, implicito, di rispondere al «che vuole la donna?» del maestro, ma senza rischio di oltrepassare il tracciato fallico. Schierate sotto la bandiera rassicurante del significante materno, promuovono nella psicoanalisi una retrodat~'zione dell'ectipo infantile che rende analizzabili dei piccoli pazienti e dischiude le porte del loro immaginario. Da loro la psicoanalisi ha ricavato un nuovo «target» cui offrirsi ed un arricchimento teorico relativo ai meccanismi regressivi ed alle formazioni immaginarie nell'adulto, ma nulla su ciò che resta della donna al di là della madre, vale a dire sulla sua eccendenza rispetto all'economia fallica. Restano qui ancora, almeno nell'esplicitazione teorica, indietro di un passo rispetto a Freud che invece, riflettendo negli anni della sua produzione più matura sulla Dora del suo primo caso clinico, cercava nell'omosessualità isterica lo scarto fra la madre e la donna . Questo resto, eccedente e misterioso per Freud, è invece l'oggetto del discorso di Lou Salomé che, fin da giovanissima, aveva rinunciato alla maternità come soluzione della propria identificazione sessuale. Scrive infatti nel suo diario: «Non ho mai osato mettere al mondo un figlio», come se considerasse la maternità eccedente rispetto alla donna e non viceversa. In ossequio al discorso comune Marisa Fiumanò che voleva «naturale» il desiderio di maternità nelle donne, sente il bisogno di giustificare in qualche modo questa sua stranezza ricorrendo ad un ricordo d'infanzia: la perdita di Dio da cui provengono e a cui ritornano - secondo la sua credenza infantile - tutti i bambini, aveva prodotto una rinunzia precoce al progetto di maternità. Senza credere che un dio rimedi alla morte accogliendo presso di sé chi ha già vissuto, come osare dar vita a qualcuno? è il senso della sua riflessione. Come se intendesse suggerire che un figlio, piuttosto che realizzare il desiderio di completezza fallica, nascendo è esposto ad un destino che nessun dio può evitare. Esclusa la maternità che le faccia da meta, Lou è senza modelli, come dice; né crede di poter fare da modello a nessuna (nel suo discorso non c'è risposta di contenuto al «come» della nostra domanda), come ribadisce a più riprese. Nella sua ricerca dell' «umano come donna» consegna la femminilità ad uno stile che non vuole, piuttosto rifiuta, seguaci o imitazioni. Una comunità fraterna di simili occupati ciascuno dal lavoro sulla singolarità del proprio desiderio, era il sogno di Lou, che a tratti aveva la ventura di incontrare chi - i suoi uomini famosi - vi volesse partecipare. Compagni di strada che l'abbandonavano o, come vuole la sua leggenda, che lei abbandonava per proseguire solitaria, per scelta e necessità ovvero per una scelta necessaria. Per Anna, Melania e Lou, donne della psicoanalisi, non c'è tratto che le unifichi collettivizzandole sotto un'insegna. Ognuna inventa il proprio modo di operare l'innesto tra il fare la donna e il chiedersi «che vuole» (che nel caso di Lou, ribaltandosi dialetticamente, diventa, soggettivandosi: «Che vo- . glio?»), Quante Le donne della psiconalisi, come spesso è stato rilevato, sono tante: è il dato empirico, ma significativo, che riguarda una disciplina, tra le poche prestigiose, cui le donne abbiano avuto accesso fin dall'inizio come protagoniste. La ragione, un'ovvietà che costituì rivelazione per Freud, sta nella loro prossimità al sapere inconscio via is'teria. È lei che fa parlare il corpo, ne percorre 1margm1, ne contorna gli orifizi, crea mappe immaginarie del suo interno, compone montaggi surreali degli organi nascosti, lo divide in lungo e in largo, separa la destra dalla sinistra, il collo dal tronco, la vita dal-bacino, ogni punto di assottigliamento· e giunzione che rischia la riduzione a fFamq1ento. Così parlavan9. le isteriche p'rima di-Freud; nori:senza là complicità dèll 'entourage che . non s'immischiava di un godimento che 'pure lo interpellava provo- ·canc;lo'load assistervi (come 'fa.fe~ de- la letturatura psichiatrica .del1'800). . L'incontro con Freud avvi~ne grazie al sottrarsi degli interpell~ti che, incapaci di districarsi tra la fascinazione e la .repulsione, gli «consegnano» le loro donne. Senza mettere, per una volta, in questione il desiderio - o il sintomo - di Freud nei confronti del femminile, c'è da chiedersi, come per cenni abbiamo fatto prima, che cosa le donne abbiano fatto di quel sapere che è stato loro fatto partorire; come siano state freudiane lavorando intorno alla domanda lasciata loro in eredità, a tutt'oggi sintomo centrale della psiconalisi. In questa chiave si potrebbe leggere una storia delle donne della psiconalisi. Tante, dunque, perché prese nel discorso isterico che la psicoanalisi ha saputo apprezzare, perché tengono a restare prossime al sapere che l'isteria contiene, perché godono di parlarne, di farsi ascoltare, e di darne infinite articolazioni. Ma c'è ancora un motivo: facendo ruotare solo di un quarto di giro il materna lacaniano dei quattro discorsi la posizione del soggetto cambia e l'isterica diventa analista. Le donne sono diventate psicoanaliste così: non tutte, naturalmente, e rinunziando a qualcosa di nient'affatto marginale. Mancare la donna Se, come ricorda Nadia Fusini (vedi pp. II e III di quest'inserto), interrogarsi sulla donna è il contrario di diventarlo, inventare uno stile è testimoniare di una mancanza, del proprio modo non di essere, ma di mancare la donna. La domanda che Nadia pone: «come sono donna io che sono una donna» può essere detta anche così: «come manco la donna io che sono detta donna». La psicoanalisi conduce (dovrebbe) almeno fin qui, allo svelamento dell'impossibilità di centrare il bersaglio della femminilità. La precarietà di posizione che ne consegue è compensata dall'aprirsi di un infinito ventaglio di diversità all'interno della differenza sessuale, con la relativa assunzione del rischio di una creatività che, a differenza di quella biologica, non è affatto naturale. fnnanzi.tutto un bersaglio mancato suggerisce di spostare il tiro: senza modelli, come suggerisce Lou, né significante donna, resta il saperci fare con il proprio sintomo, cioè con l'ostinazione nello scandagliare la mancanza. Rintraccerei nel sintomo che si manifesta come coazione a mancare la donna il tratto di stile comune alle donne della psicoanalisi. È un sintomo che non si lascia abreagire e che lascia palpitare una beanza che è strutturale. Il vuoto di significante di cui prende, in un certo senso, il posto, produce la lateralità o, se si preferisce, l'obliquità della parola delle donne. Le donne della psicoanalisi, allora (non necessariamente le analiste soltanto, ma tutte quelle che amano questa forma del sintomo), sono · nella posizione migliore per garantire una marginalità feconda della posizione femminile. La psicoanalisi ha definito la particolare modalità della castrazione al femminile una barriera fragile, che non sostanzia il simbolico cori la materiali"tàdell'organo. A causa di questa debolezza della struttura la mancanza ad essere, costitutiva del soggetto umano, si formula come mancanza ad essere donna, in attesa di compenso, riconoscimento, esposta costantemente all'angoscia della perdita, non dell'organo, ma dell'amore. Se fallire il colpo è il destino del soggetto umano, mancare la donna è questo destino al femminile. Il resto e lo stile Ma non va trascurato il guadagno: anche nell'insoddisfazione dell'obiettivo fallito c'è godimento, come rivela l'isteria (ancora una volta) della bella macellaia che consegna a Freud col sogno il desiderio che il desiderio resti insoddisfatto. In altri termini, c'è chi elegge a sintomo privilegiato il timore che la mancanza venga a mancare. Ma non è forse questo il sintomo «femminile» degli analisti? E se non lo fosse, o non lo fosse più, le donne della psicoanalisi non dovrebbero difenderlo serrandolo al cuore della loro disciplina? Amerei che quest'asserzione fosse intesa come un invito a coltivarlo e come un progetto di legame, di discorso e sociale. Mancanza, godimento, stile: significanti che si allineano per un, possibile intreccio, né ovvio, né • obbligato, ma che richiede il compimento di un percorso - da una femminilità che mancava ad una femminilità mancata - l'irreversibilità della variazione dall'imperfetto al participio, la caduta _della credenza che esista una che non sia mancata. Il «non è vero ma ci credo», formula del persistere della credenza nella madre fallica, richiede alle donne una rinunzia più lucida e radicale degli uomini; è tempo, per le donne, di evitare il ristagno nel lutto della perdita (emancipazione non è anche quella dal proprio mito?) per passare all'invenzione di uno stile. Difficilmente «articolabile in un contenuto», certo, Nadia; esprimibile in una scelta che ha rinunziato ai «grandi sistemi discorsivi», ma in ogni caso segnato dalla forza - indispensabile - con cui il mancare, non venendo riparato, è dispiegato, difeso, perseguito con l'ostinazione degna della migliore delle cause. ~~ "'l 1 -----~~w--.,..,~~------.,..,~~w--.-.,..,~~w.......,..,.,._.._~...,,._,._,,........,.._.,._.._~~w--..~~~---.,..,~~w--.,..,~~w--..-.~~w---.,,..,,._~___,..,__.-,...~~w-.,._.._~...,,._,w_.-,...~......,......,.......,,---.,
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