Alfabeta - anno VIII - n. 89 - ottobre 1986

Viktor Sklovskij Tret'ja fabrika (La terza fabbrica) Moskva, Izdatel'stvo «Krug», 1926 pp. 160 O teorii prozy (Teoria della prosa) Moskva-Leningrad, Izdatel'stvo «Krug», 1925, pp. 250 Moskva, Izdatel'stvo «Federacija», 19292,pp. 267 (tr. parz. M. Olsoufieva Bari, De Donato, 1966 pp. 254, lire 2.500 e poi Milano, Garzanti, 19742 pp. 296, lire 9.000; tr. integr. C. G. De Michelis e R. Oliva Torino, Einaudi, 198l2 pp. XXVI-325, lire 14.000) O teorii prozy (Teoria della prosa) Moskva, «Sovetskij pisatel», 1984, pp. 384, rubli 1,70 L'energia dell'errore. Libro sul soggetto (trad. M. Di Salvo) Roma, Editori Riuniti, 1985, pp. 288, lire 25.000 E siste una bella, pungent~·let- • tera aperta di Viktor Sklovskij a Roman Jakobson, «interprete della rappresentanza plenipotenziaria sovietica» a Praga. È della metà degli anni venti; e il suo autore la pubblicò prima in una rivista e poi nel volumetto Tret'ja fabrika (La terza fabbrica). «Da due anni», modulava nostalgicamente Sklovskij, «non arrivano tue lettere. E anch'io taccio, quasi fossi in colpa ... Noi, tu ed io, eravamo come due pistoni in uno stesso cilindro. Non succede che nella vita delle locomotive. T'hanno svitato e ti tengono a Praga a far da suppellettile ... Dimmelo: c'è qualcosa per cui abbiamo litigato? No, non abbiamo litigato. Gli uccelli si tengono al loro sottile ramo anche nel sonno. Così noi dobbiamo tenerci uno all'altro». E ancora: «Tu, Roman, sei autentico... La scienza tu non la mercanteggi. La rispetti. Conosci bene il mio delirio. Neppure io la mercanteggio, io ci danzo ... Su. dimmelo, fulvo Roman: dimmi l?erché vuoi essere un accademico. E gente noiosa, tricentenaria. Senza soluzioni di continuità, senza morte... Questa è la seconda volte che ti richiamo a casa. Non ti correrò dietro». Il «fulvo Roman», che per un quinquennio aveva capeggiato il gruppo moscovita del formalismo russo, e che dal 1920 si trovava in Cecoslovacchia, non tornò «a casa». Quando mise di nuovo piede in Russia, trent'anni dopo, aveva ormai in tasca un passaporto americano. E in America, come sappiamo, si è spento nell'estate del1'82, a ottantasei anni. Sklovskij - che del movimento formalista aveva guidato da par suo, con esuberanza e straordinar-ri l:l ria inventiva, l'ala pietroburghese, .s il cosiddetto «Opojaz», o «Asso- &° Cl.. ciazione per lo studio del linguag- °' oO gio poetico» - ha chiuso novantunenne, i suoi giorni a Mosca sul finire del1"84 (la dieta a base di formaggio fresco e cipolla cruda, che gli consigliò un mecenate della sua giovinezza, .sembra avergli indubbiamente giovato ... ). La sua ultima fatica (mai, sino alla fine, Sklovskij avrebbe potuto ripetere di sé il celebre attacco del GeronEnergiafl~ll'errore tion eliotiano: «Son qui, vecchio iri un'arida stagione ... ») è stata un'eccentrica rivisitazione dei temi del suo giovanile capolavoro critico-letterario: lo smagliante, estroso, polemico O teorii prozy (Teoria della prosa), che, apparso nel '25, quasi a suggello delle battaglie formaliste, e delle battaglie dell'avanguardia artistica russa in genere, su cui stava avanzando inesorabile il buio della lunga notte staliniana. L'ultima opera di Sklovskij edi7 ta nella nosha lingua è, invece, il «libro sul soggetto» - o «sull'intreccio», se si preferisce - L'ener-' gia dell'errore, che in Urss ha visto la luce nell"81. E leggendolo si ha, tra l'altro, una conferma in più che il suo autore, se non impedì all'amico di diventare un «accademico» - ma un accademico vitale e creativo come pochi! -, egli, per parte sua, fu sempre ben lontano dal correre un simile rischio. C'è anzitutto da spiegare quel titolo. L'espressione «energia dell'errore» viene dal grande Lev Nikolaevic: Tolstoj (annota Sklovskij) «bramava» che gli «errori non finissero», poiché «erano le tracce della scelta della verità. Erano la ricerca del senso della vita del genere umano». Questa, la sofferta, luminosa lezione fiorita sul tronco dell'esperienza stessa di Tolstoj. «Egli (sono ancora Jlarole di Sklovskij) sbagliava sempre in amore, nell'organizzare la propria esistenza, nel dar la caccia al denaro, nel definire una situazione»; e sarà proprio !'«energia dell'erroClu11d1ul't'1'1'81'1IIÌ S//lcchi. /985 re» («errore» anche nel senso di «sviarsi», «smarrirsi») a fargli trovare «la sua strada». Dunque, l'«errore» come fervida, feconda matrice di cultura, e in primo luogo, per Sklovski j, di cultura letteraria, di invenzione romanzesca; !'«errore» coine sorgente inesauribile d'intreccio narrativo e di incantesimo affabulatorio. Il romanzo, secondo una formula tolstojana, è «un labirinto di .concatenazioni». E Sklovskij commenta: «È un'unità di concatenazioni. L'opera d'arte è unitaria, consiste di pluralità che producono opposizioni semantiche». Nessun magico filo di Arianna aiuterà il romanziere a uscire dal suo labirinto: a ricondurlo fuori, vittorioso, sarà soltanto la sua capacità di riconoscere gli «errori», le mosse e le piste sbagliate, e di venirne a capo. O, più semplicemente, più istintivamente, si tratterà, per il narratore, di saper distinguere fra ciò che serve e ciò che non serve, con un felice finissimo intuito «da scoiattolo». «Gli scoiattoli nel bosco (ci ricorda Sklovskij) si nutrono di pigne d'abete e, quasi senza vederle, tengono conto dell'esistenza delle membrane dure, degli interstizi fra i pinoli. Ma la cosa principale per lo scoiattolo sono i pinoli, di cui va in cerca. La pigna rosicchiata la lascia cadere a terra, senza mai preoccuparsi della riedizione di questo oggetto bell'e sviscerato» . . . .Precisa Sklovskij a un· certo punto, quasi tirando le somme del proprio lavoro: «La _contraddittorietà della creazione, dei libri, dell'amore per i propri personaggi. Ecco il tema del libro che state leggendo». S'ingannerebbe però chi credesse d'aver di fronte una lineare esposizione su opere, autori, problemi critici. La traversata di queste pagine non ha il confroto di mappe, di portolani che indichino in anticipo rotte e itinerari. La musa che presiede a L'energia dell'errore è quantomai erratica, divagante, capricciosa. Vi predominano, senza freni, il gusto e il piacere dell'intarsio, dell'accumulo, delle accensioni rapsodiche, del dettaglio singolare fino all'improbabilità, degli aneddoti a cascata. (Non per niente, fra gli idoli letterari del giovane formalista ebbe un posto d'onore Laurence Sterne, al cui Tristram Shandy egli dedicò, fin dal 1921, uno stupendo saggio confluito poi in O teorii prozy). Questo tardo Sklovskij c'è chi l'ha paragonato, con una calzante immagine, a un intrepido lupo di mare a riposo che costruisce fragili e fantasiose navi in bottiglia. Potremmo ugualmente paragonarlo a un moschettiere ritiratosi dalle zuffe, che, appesa al chiodo la sua spada micidiale, ormai duella soltanto con le ombre e i fantasmi della sua immaginazione. Ma viene anche naturale pensarlo come un vegliardo ritornato bambino, che si aggira sornione in mezzo al rutilante disordine della sua stanza tappezzata di fogli variopinti, e si diverte a mescolarli, a confonderli. Ognuno di quei fogli è una riflessione, un ritratto - o giusto l'abbozzo di un profilo-, un angolo di città, uno scorcio di_paesaggio, una figura reale o fittizia, una scheggia di memoria o di autobiografia. Il ripiegarsi su se stesso del novantenne ex marinaio, o ex spadaccino, occupa vasti squarci ne L'energia dell'errore. Il suo libro (avverte Sklovskij) «non è sconnesso; è il libro di un uomo che è innamorato della vita come Dusecka» (la protagonista del famoso, omonimo racconto cechoviano), un uomo che nella vita «... cerca il confronto, che non cerca neppure, ma trova ogni mattina qualcosa di . nuovo». «Un uomo che ha portato il nome di formalista come da bambino aveva portato il cappotto del ginnasiale, poi è cresciuto e passato in un'altra classe. Ma che allo stesso tempo è Dusecka, almeno dentro di sé ... ». «Io non voglio parlare solo dello sviluppo dell'arte, né della coesistenza di arti di diverse tendenze ed epoche». «Com'era splendido il volo degli uccelli; avevo quattordici anni, no, dodici». «Volavano intorno a Pietroburgo, dove c'è un percorso fisso degli uccelli, che segue fiumi e fiumiciattoli, e che è possibile vedere; volavano a stormi ordinati, multiformi, e quando si posavano sul mare - ora mi decido a dirlo - erano come bozze» . «Sono come righe, se ne stanno appollaiati come righe di stampa». N el pieno di una discussione sull'incolmabile distanza tra uno dei «poemetti meridionali» di Puskin, Il prigioniero del Caucaso, e uno scialbo, manierato racconto di Tolstoj che porta lo stesso titolo, Sklòvskij, di colpo, evoca gli amati torrenti caucasici, dalle acque così impetuose «che

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