di cui Mann si voleva esempio pur intuendo il limite, oltre che il brutale risvolto, della sua sentimentalità. 4 e erto, può accadere a chiunque d'innamorarsi di un bell'adoloscente su una spiaggia. Ma Aschenbach-Mann è un artista e grande intellettuale borghese, e la sua peripezia resta intrinsicamente grottesca. Mann, i cui nervi sono continuamente perturbati (la parola «nervi» compare spesso nei diari) crede nella famiglia, nella rispettabilità, nel decoro borghese e nell'eredità che attraverso le tradizioni familiari si tramette alle generazioni, ai figli. Non può permettersi di «degenerare», anche se è tentato di fare l'artista: e cioè sostituire al ciclo procreazione-distruzione la continuità dell'arte... Un'esistenza omosessuale (o «invertita») nella società borghese dell'epoca di Mann è pensabile solo come esistenza estetiéa, ammesso che la si riesca a «pensare». Thomas Mann, ad esempio, pur essendo l'omessualità un suo pensiero dominante, non l'ha mai pensata veramente; anche se - come molti altri intellettuali - appoggiò apertamente il Comitato Hirschfeld, il primo movimento omosessuale europeo, che fin dal 1897 si batteva per l'abolizione del famigerato articolo 175 del codice tedesco, che proibiva i rapporti tra uomini. D'altra parte, come diceva André Gide intervistato da Prokosch «per l'artista è essenziale che questa anomalia - se proprio voglia-· mo chiamarla così, e io credo di dissentire - non si trasformi in una cause célèbre o in una Weltanschauung o addirittura in un modo di vita esclusivo e ossessivo». La lingua, tuttavi,a, batte dove il dente duole. L' «inversione» di Mann non si traduce in un modo di vita, ma in letteratura, in cui la nevrosi (i «nervi») si trasforma in interrogazione sulla complessità e l'esito del desiderio e dei poteri di vertigine, di affascinamento e di dismisura che esso comporta. Il senso della realtà di Thomas Mann è dentro una forma borghese·dell'esistenza. Al di là, o al di qua, di questa forma storicamente determinata e forse contingente ma non necessaria, non c'è la possibilità di cambiamento (né tantomeno la rivoluzione o l'invenzione di nuovi giochi) ma solo la corruzione, il cedimento a un presunto dionisismo disgregatore (della forma classica alla quale non si vuole rinunciare, a qualsiasi costo). Insomma, le scintille del desiderio (le «pulsioni») non vengono - a torto o a ragione - prese per realtà. Così, in queste righe del 25 aprile 1934: «A mezzogiorno, sono andato a passeggiare da solo nei pressi del ristorante Johannisburg e ho visto con molta gioia ed emozione nel negozio dell'ortolano un giovane ragazzo bruno che lavorava, una piccola casquette sulla testa, molto bello, nudo fino alla cintola. L'entusiasmo che ho provato alla vista di questa "bellezza" così a buon mercato, così quotidiana e naturale, di questo torso, di questo inturgidirsi di bicipiti, mi hanno in seguito ancora fatto riflettere sul carattere irreale, illusorio ed estetico di una tale inclinazione, il cui scopo, mi pare, (:$ risiede nella contemplazione e -~ l' "ammirazione" e non vuole sa- (:$ t::l.. per niente, benché sia erotica, d'u- °' oO na qualsiasi realizzazione mediante la ragione o anche semplicemente i sensi. Ciò dipende indubbiamente dall'influenza del senso della realtà sull'immaginazione, che permette il rapimento ma lo limita all'immagine». L'autore della Morte a Venezia si contiene, letteralmente, studiando di non varcare quel limite che dall'inclinazione omoerotica porta al comportamento omosessuale ... Perlomeno, così sembra. C'è, nello sguardo rivolto da Thomas Mann al bel garzone dell'ortolano come un misto di potenza vitale e d'inesistenza, un affetto simile a un dolore lancinante. È come se lo scrittore tendesse le sue mani) e i «nervi» per altro che per prendere, e sacrificasse qualcosa del desiderio che lo coglie passando accanto a quella «bellezza». Sacrifica la brama, pare, per accentuare ciò che del desiderio è anche «voto», e cioé augurio e significato. In altre parole: valore letterario, attraverso quel complesso di operazioni che è l'atto dello scrivere. 5 D'altra parte, ciò comporta una coscienza che si dilata - come per un corto circuito - e comincia a funzionare come una droga; di quella che oltre ai vapori danno soprattutto le visioni. In un certo HD NOIDONNE senso si può dire che Thomas Mann è dalla parte della paranoia classica e della cultura delle immagini e delle evanescenze che caratterizzano l'odierna società dello spettacolo. Come il suo eroe von Aschenbach, le sue passeggiate non hanno niente della leggerezza che Proust attribuisce al corteggiamento di Charlus e Julien nei giardini del Lussemburgo, quando paragona il loro «battere» all'incontro del calabrone coi fiori. Thomas Mann si appaga unicamente con la visione, ivi compresa quella del film: «Ieri sera - scrive il 4 febbraio 1934 - dopo essere andato a letto, grave stato d'eccitazione e di sfinimento ( ... ) certamente è colpa del film ( ... ). A questo proposito, mi è di nuovo venuto in mente che i film tedeschi mi danno qualcosa che quelli di altre nazionalità offrono appena: la gioia di vedere dei corpi maschili nella loro nudità. Ciò in rapporto con l' "omosessualità" tedesca e manca tra gli incanti delle produzioni francesi e anche americane (... ). I tedeschi o gli ebrei tedeschi, che danno que- I' sto spettacolo hanno proprio ragione: non c'è, in fondo, niente di più "bello"». P eccato che Mann non viva nell'epoca della «desublimazione repressiva», avrebbe potuto vedere recentemente anche in televisione il film che Visconti trasse dalla Morte a Venezia e -tra un balletto e l'altro dei boys radioattivi di qualche pubblicità un po' hard - avrebbe potuto godere del tipico sex· appeal spettrale che promana anche dalla sua letteratura. Il disagio di Thomas Mann, così come quello dei telespettatori (e dei lettori) è proprio il disagio della civiltà, sul quale Freud s'interrogava, ritraendosi all'idea di ergersi come profeta per offrire soluzioni alternative al «sacrificio» che comporta la rinuncia pulsionale. Parafrasando Dostoevskij, anche noi siamo tentati da un enigma: quello della bellezza, e cioè della bella forma. Pare che vada - questo ideale - da quello della Madonna (o della Letteratura) a quello di Sodoma. Una contraddizione davvero insopportabile per la maggioranza degli uomini. Questo mi pare il segreto contenuto nella valigia di Thomas Mann, e questo è anche lo scandalo temuto nel momento in cui i diari che lo dicevano andarono momentaneamente smarriti per strada. Chissà quante storie, anche mortali, avrebbe fatto il potere nazista nell'apprendere che l'animo umano è immenso, e 2he la maggior parte delle opere (ivi comprese quelle datate da ragioni di politica editoriale o di spazio «tipografico) mira a ridurlo, e cioè a renderlo conforme alla piccola idea che il sistema dominante si fa della relazione dell'uomo con se stesso, con gli altri, con l'universo o i suoi propri demoni. Troppi fantasmi di ragazzi sexy popolano i diari di Thomas Mann: alcuni - come nelle pagine del 21 marzo 1937 - ricordano allo scrittore passioni passate, anzi trapassate nel materiale di opere scritte nel frattempo; altri assurgono a valore di simbolo, come i brani del diario del 1919: «Un volto di ragazzo folle, biondo, bello», che, rivisto tre mesi più tardi, «rassomiglia a Hermes ... Il suo volto, alleato alla silhouette leggera di ragazzo, ha per la sua carineria e la sua follia qualcosa di antico, di "divino". Non so come si chiama e non mi importa». Non importa neanche a noi, anche perché insieme al loro ammiratore quei ragazzi sono tutti morti, insieme a una borghesia esplosa - con la guerra - nel corto circuito «tra ragione repressiva e rivoltà distruttrice degli istinti», che invano Thomas Mann cercò di esorcizzare accogliendo il mito e l'alto magistero della ragione. Di una ragione, aggiungerei, che - per fortuna o sfortuna - non la smette di essere «in crisi»: forse perché essa non è che una traccia, ossia una forma, una figlia del tempo e del pensiero che patisce le illuminazioni e gli abbagli del passare del tempo. Note· (1) In· presenza di alcuni temi inquietanti, tutti riconducibili alla zona della sessualità e della politica, accadono strane cose nella nostra biblioteca. Solo per dare qualche esempio (ma si potrebbero moltiplicare): la poesia «Ombres» tralasciata dalla edizione delle Oeuvres complètes di Verlaine proposte dalla Plèiade, traduzioni falsificate dei poemi di Michelangelo, in modo da travestire da donna i destinatari dei poemi; aforismi tralasciati nell'edizione italiana (Einaudi 1954) dei Minima moralità di Theodor Adorno. Questi, insieme ad altri casi, sono stati portati al Forum intànazionale della cultura, svoltosi al Novotel di Budapest lo scorso novembre. Lo scrittore francese Dominique Fernandez presentò una mozione che impegnava i trantacinque paesi presenti, ivi compresi quelli dell'Est, a far pubblicare - e tradurre - l'integrità dell'opera dei grandi scrittori, «quale che sia l'orientamento sessuale dei loro testi». Espurgare i testi, privandoli delle loro antenne più inquietanti e sensibili, fa parte delle operazioni, ricorrenti, dell'industria culturale, intraprese in modo variamente consapevole. Secondo Elvio Fachinelli, «l'esclusione dei viventi non imbalsamati•, o non imbalsamabili, corrisponde a una situazione di obliterazione dell'industria stessa con le opere dei morti-viventi» (cfr. E. Fachinelli, «Cultura e necrofagia dell'industria culturale», testo della comunicazione presentata al Convegno di Piacenza della Cooperativa Scrittori, dedicato a «Lavoro mentale: produzione e mercato» (27-28 ottobre 1978), in Quaderni piacentini, n. 69, dicembre 1978, pp. 101-104). (2) Cfr. Michel Foucault, L'ordine del discorso: I meccanismi sociali di controllo e di esclusione della parola, Toririo, Einaudi, 1972, p. 10: «Noterò solo che, ai nostri giorni, le regioni in cui il reticolo è più fitto, in cui si moltiplicano le caselle nere, sono le regioni della sessualità e della politica: come se il discorso, lungi dall'essere l'elemento trasparente o neutro nel quale la sessualità si placa e la politica si pacifica, fosse uno dei siti in cui esse esercitano, in modo privilegiato, alcuni dei loro più temibili poteri. Il discorso, in apparenza, ha un bell'essere poca cosa, gli interdetti che lo colpiscono rilevano ben tosto, e assai rapidamente, il suo legame col desiderio e col potere». (3) Formula inventata net 1870 dallo psichiatra C. Westphal, contriire Sexualempfindung, che gli psichiatri francesi dell'epoca ridurranno semplicemente a inversion. Tra il XVIII e il XIX secolo si organizza il campo di conoscenza di ciò che oggi chiamiamo «sessualità», e che - insieme ad altre forme elementari di consenso - è oggetto di discussione, per la prima volta da quando è stata stabilita. Si noti anche come, all'epoca di Thomas Mann, la maggior parte dei nuovi termini per dire i rapporti non convenzionali fra uomini derivino dall'area culturale germanica. (4) A Monaco di Baviera, dove Mann si trasferisce con la famiglia all'età di diciotto anni (nel 1893), l'omosessualità è, per così dire, nell'aria: da Luigi II a Rohm, passando per il circolo semisegreto ed iniziatico di George Kleis, con al centro il poeta Stefan George (1868-1933). La caratteristica dell'ambiente di Monaco in cui visse Thomas Mann era l'estetismo tedesco grave, heavy (si direbbe oggi) e senza humour. L'eroe de La morte a Venezia - von Aschenbach - è uno scrittore di Monaco. È strano che sotto il rumore provocato dal romanzo di Mann più conosciuto oggi dal grande pubblico, La morte a -Venezia, nessuno abbia notato ciò che doveva al culto mortuario del Wunderkind e ai suoi riti riservati. Cfr. A.L. Rowse, Homosexuals in History: A Study of Ambivalence in society, Literature and the Arts, London, Weidenfeld and Nicolson, 1977. (5) Cfr. Elvio Fachinelli, «Lo scriba e gli animali», in Il bambino dalle uova d'oro, Milano, Feltrinelli, 19741,p. 89 : «... la sforbiciata intervenuta tra opera scritta e scrivente taglia. fuori un aspetto dello scrivere che non mi sembra affatto irrilevante. Vale a dire, appunto, l'atto dello scrivere, come complesso di operazioni, anche tecnico-materiali, che ha una propria specifica consistenza e che produce, in un movimento continuo, sia il testo socializzato che i suoi scarti e le sue varianti ( ... ). Basta riflettere alla storia della letteratura moderna, a quante volte vi ritornino, in opere talvola decisive, le autodescrizioni degli scriventi in quanto scriventi, spesso ironiche, e poi le riscritture e gli autorifacimenti, questi per lo più tormentosi e meno dichiarati, per poter concludere che qui si tratta il nodo essenziale della questione». Sui rapporti fra la psicoanalisi e la letteratura si veda anche di Elvio Fachinelli, il recente articolo «E le chiacchere di Freud diventarono racconto», Corriere della Sera 1 maggio 1986, p. 6. Sempre sulla «disselJ)inazione dell'analisi negli sconfinati territori della letteratura», concentrata però esclusivamente o quasi sul testo, secondo un procedimento neo-retorico di impostazione lacaniana, si veda anche la recente raccolta di saggi di Giuliano Gramigna, Le forme del desiderio, Milano, Garzanti, 1986. Sul dibattito attuale intorno a psicoanalisi e letteratura, si vedano anche gli accenni contenuti nella nota dal titolo volutamente «ambiguo» di Mario Spinella, «Freud e le lettere», in Alfabeta, n. 83, aprile 1986, p. 3. Edizioni Theoria "Sonde" 1 PAOLO VIRNO CONVENZIONE E MATERIALISMO L'unicità senza aura pagine 208 lire 2 5 .ooo Una sobria, disincantata apologia del moderno in un libro che attraversa nodi cruciali del dibattito filosofico. "Sonde" 2 FRANçOIS DAGOGNET IL CATALOGO DELLA VITA Saggio sulle classificazioni pagme 256 lire 30.000 Un'analisi della complessa macchina disciplinare che ha consentito l'inventario dell'universo. "Sonde" 3 STEFAN AMSTERDAMSKI TRA LA STORIA E IL METODO Discussione sulla razionalità della scienza pagine 2 5 6 lire 3o .ooo Uno dei mag?,iori epistemolo?,i contemporanei interviene sulla questione della_ razionalità del progresso scientifico .. Edizioni Theoria via F regene 9 - oo 1 83 Roma Distribuzione CDA NOVITÀ Edmund Husserl e Martin Heidegger Fenomenologia. Storia di un dissidio (1927) (a cura di Renato Cristin) pp. 117, L. 12.000 Hannah Arendt Ebraismo e modernità pp. 230, L. 24.000 Anne Clancier e Jeannine Kalmanovitch Il paradosso di Winnicott (a cura di Fulvio Scaparro) pp. 214, L. 20.000 AA. VV. Infanzia ed epistemologia. Una valutazione della teoria di Piaget a cura di George Butterworth) pp. 303, L. 28.000 John 8/acking Come è musicale l'uomo pp. 136, L. 14.000 il catalogo può essererichiesto a: EDIZIONI UNICOPLI Via Verona, 9 - 20135 Milano Tel. 5458009 * 5450089 * 5459721 EDIZIONI UNICOPLI
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