Joan Rothschild a cura di donne tecnologia scienza un percorso al femminile attraverso mito, storia, antropologia introduzione all'edizione italiana di Elisabetta Donini saggi di Stanley, Feldberg, Glenn, Rothschild, Merchant, King, Keller, Bush, Hanmer Ester Boserup il lavoro delle donne la divisione sessuale del lavoro nello sviluppo economico introduzione di Cristina Savio un'analisi comparata tra economie e società diverse memoria rivista di storia delle donne l'età e gli anni, invecchiare: perdita o progetto? (16, a ottobre in libreria) culture del femminismo, una comparazione per differenza anziché per similitudine (15, 1985) soggetto donna, dalla bibliografia nazionale italiana 1975-1984 (14, 1985) donne insieme, i gruppi degli anni ottanta (13, 1985) vestire, simbolismo ed economia dell'abbigliamento (11-12, 1984) la solitudine,. condizione scelta, condizione obbligata (10, 1984) sulla storia delle donne, dieci anni di miti ed esperienze (9, 1983) raccontare, raccontarsi, realtà vissuta e memoria narrante: problemi di ricerca e proposte interpretative (8, 1983) madri e non madri, fantasie, desideri, decisioni (7, 1983) gli anni cinquanta, materiali di riflessione su un decennio di forti contrasti (6, 1982) sacro e profano, religiosità delle donne e istituzioni ecclesiastiche (5, 1982) politiche, militanza delle donne e uso politico della condizione femminile (4, 1982) i corpi possibili, esperienze, rappresentazioni e possibilità espressive del corpo femminile (3, 1981) piccole e grandi diversità, tra una donna e l'altra, tra la donna e l'uomo, nella costruzione dell'identità femminile (2, 1981) ragione e sentimenti, stereotipi e ambivalenze nell'intreccio tra razionalità e passione (1, 1981) lmnberg &_ Sellier Editorin Torino Cfr. Schede Il figurante e la voce Antonio Porta Maurizio Cucchi ha diviso in tre parti il proprio lavoro in poesia che va dal 1971 al 1985 per un'auto-antologia pubblicata nella collana «Fonè» dell'editore Sansoni. È nel progetto della collana far parlare gli autori della propria «officina». Succede, poi, che nel darci notizie sulla genesi di un'opera un poeta ci costringe felicemente a rileggerlo con occhio nuovo, con una predisposizione che subisce l'influenza di un «di più» di voce, che non è per nulla una spiegazione, ma una cornice, piuttosto, o meglio: una cornice-commento che colloca l'opera e la lettura nel momento del suo farsi, storico, critico, autobiografico, ecc. Questo «commentarsi» è antico ma ritorna oggi come una necessità dal momento che ciascun poeta e scrittore fa tradizione a sé, cioé non si inserisce mai, quando si alza dalla media della produzione, in una linea imperativa. Ne Il figurante Maurizio Cucchi presenta poesie dai suoi libri noti (Il disperso, Le meraviglie dell'acqua, Glenn) e due poemetti inediti in volume: Pastosa ombra e Il figurante, che sono appunto progetti diversi di adesione all'esperienza nella ricerca di forme cui ha lavorato nell'arco di 15 anni. In quelle che ho definito «cornici-commento» si può leggere, per quel che riguarda gli inizi: «Venivo da una condizione di torpore aggressivo, di orgoglioso disorientamento. E mi accorgevo che finalmente mi si apriva come un varco interno, e poi una vera e propria bocca». Non è forse un modo di continuare a fare poesia? Direi proprio di sì. Oppure, dopo aver portato a termine Il disperso: «Cambiavo. Affondavo ancora nel privato ma con più sopore». E sa prendere le distanze, dopo Le meraviglie dell'acqua: «Mi trovo oggi ben lontano. da quel clima di reveries, di onirismo cupo o luminoso, . di realtà elusa ingenuamente o contraffatta, di leggiadria ingannevole quasi obbligata ... ». Più in là, per introdurre la terza parte: «Glenn è un poemetto narrativo in prosa. Ma voleva, forse poteva, essere un vero e proprio racconto, se non un romanzo ... Scrivendo, però, mi accorgevo d'improvvise ma frequenti cadute nette d'intensità nei passaggi, che mi procuravano quasi assoluto disinteresse, noia per il procedimento, che mi sembrava diluire e ricucire producendo zone di anonima scrittura». Ci dice, in fondo, perché si sente la necessità della sintesi linguistica della poesia pur senza uscire dallo sviluppo della narrazione ... Con queste citazioni spero di aver dato un'idea della ricchezza di spunti nel commento di Maurizio Cucchi e della sua capacità di dire molto in poche pagine, senza, naturalmente, avanzare mai la pretesa dell'interpretazione. Un poeta può invece raccontarsi, come parlasse di un altro, di quell'altro, voglio dire, che è il protagonista delle sue poesie, che ha e non ha, nello stesso tempo, a che fare con il «protagonista» per così dire reale. Che dire, infine, delle impressioni di ri-lettura con quegli occhi diversi che Cucchi ha contribuito a formare? Mi pare che il periodo del Il disperso sia più scoperto, fresco, espressiomst1co, mentre quelli successivi si vanno raddensando in una concentrata ambizione lirica, con pulsioni intense: «Questa è tenera (e non c'è grazia)/ fede mortale che ci fa buoni/ a un ingrato. Ma è fuori I oltre la . pelle oltre la casa / e la cima degli alberi / germinazione: / è aereo stellare traguardo.» A volte dò la mia preferenza al primo periodo, a volte al secondo o al terzo. Non so ancora decidermi. Maurizio Cucchi Il figurante Firenze, Sansoni, 1985 pp. 72, lire 15.000 delle parti del libro - alla «vanificazione» dell'oggetto (reale o psichico); o, a volte, assume le connotazioni di un'attesa che è tuttavia, coerentemente, una rinunzia, un vagheggiamento che già si sa senza esiti: ma proprio in ciò trova la sua dolcezza, il suo struggimento (si veda, esemplare, «Bel marinario dagli/occhi azzurri»). Ma questa tematica è sempre raddoppiata, in Carmen Gregotti, da una onniperva~iva consapevolezza di scrittura: la carta, l'inchiostro, il foglio bianco, le lettere dell'alfabeto, i segni di interpunzione, gli spazi della grafica, finiscono per configurarsi come enti privilegiati, gli unici, forse, che abCAJ{~l&JO ~l ~~lJ\:_ 4, DA 09~1 ~ l~ \/rA. HA.Ro 1't e~ Llf , ~2 Ta. 65 40Jq 2cÀS4 RUlf::iQ~~ \ \ Poesie di Carmen Gregotti Mario Spinella Con Attrezzi per la perdita Carmen Gregotti-.è al suo terzo libro di poesie, dopo Sogni e chimere (1969) e Round Dance (1981); un fare poetico, il suo, che, senza direttamente collegarsi a una precisa figura o scuola che si presenti come esemplare, è caratterizzata da una esplicita contemporaneità, sia testuale che di ideazione. Se si dovesse individuare un tema centrale in tutti i suoi versi, direi che potrebbe essere «l'assenza», la mancanza. Persone, paesaggi, situazioni, luoghi, oggetti, viaggi assumono in ogni caso gli imprecisi contorni della labilità; si presentano, al più, come visioni scollegate, momenti, frammentari, di essere, per parafrasare Virginia Woolf, subito sommersi da una disparizione esistenziale, da un vivere che si definisce unica- / \ biano una loro, sia pur vaga, possibilità di sopravvivenza, che il tempo, onnivoro, non bruci del tutto in cenere: «Scrivere Il per non tornare // in/dietro // (// (nel tempo (nel tempo)». Per mettere, appunto, il tempo tra parentesi, per tentare di sfuggire alla conclusione di un testo della sezione «Sulla Parola»: «Il non senso / era/ costante». Carmen Gregotti Attrezzi per la perdita Milano, Corpo 10, s.i.d., ma 1985 pp. 158, lire 12.000 Difesa del determinismo Augusto Illuminati La tesi che tutto debba svolgersi per necessità è notoriamente di discendenza teologica, legata alle idee d'onniscienza, predeterminazione, legge divina. Il pensiero moderno, nel corrodere il sacro, preferisce invocare l'imprevisto, il ANTONIO FACCHIN IL FRUTTO CHE DOMINA PREMIO EUGENIO MONTALE 1986 «Questo libro si segnala come un raggiungimento poetico autentico». GENO PAMPALONI «Il più intenso libro di poesia uscito in questi ultimi anni». L.C. EDIZIONI AMADEUS mente come «dovere», al pari di qualsiasi «fare», di qualsiasi esteriore coinvolgimento. Dalla consapevolezza acuta di questo stato scaturiscono, volta a volta, intersecandosi, la distanza e l'attesa: una distanza che induce al limite - come suona il titolo di una non prevedibile, l'aleatorio, associati come sono alla idee di libertà, responsabilità personale, al tramonto di ogni senso precostituito. Giannoli, nel suo saggio scientifico sul Caso, si interroga sugli effetti e sulla fondatezza di una simile operazione, scorgendovi paradossalmente finalità retoriche, slittamenti mistici, connotati ideologizzanti. L'esito dell'indeterminismo sarebbe nella sostanza «tirannico», tutto il contrario delle pretese liberalizzanti e laicizzanti che gli vengono generalmente attribuite. La critica è condotta lungo alcuni classici del pensiero scientifico e filosofico contemporaneo: dalle teorie dell'evoluzione storica e biologica alla fisica classica, quantistica e relativistica, dalla regole dei giochi d'azzardo alla casualità logica e matematica, dalla termodinamica dissipativa alla teoria delle catastrofi. Popper, Einstein, Heisenberg, Prigogine, Thom, von Neumann, Poincaré, Nagel, Darwin, sono alcuni degli autori maggiormente citati, in una puntigliosa messa in questione del preteso carattere «di principio» dell'indeterminismo moderno. La discussione, che affronta infine l'argomento più forte avanzato contro le pretese nomologiche della scienza moderna - cioè la questione della fondatezza e del carattere discriminante della stessa impresa scientifica - si conclude con un sobrio richiamo al carattere «mondano» delle verità della scienza; quanto al «determinismo», esso deve restare per Giannoli un mero atteggiamento metodologico, che nulla può oramai spartire con le visioni cosmologiche che furono di Laplace. L'atteggiamento determinista deve essere salvaguardato giacché le pretese opposte, indeterministiche, rischiano di chiudere, normalizzandola, una fase positiva di «crisi» della scienza: «In maniera non molto dissimile dalla sua genesi mitica, il Caso sembra coprire ancora territori "proibiti" all'intelligenza umana, null'altra funzione esibendo se non quella di nominare l'origine non altrimenti dicibile di quello che accade alla frontiera del noto». Giovanni Iorio Giannoli Il Caso, un tiranno. Elogio della curiosità Milano, Franco Angeli, 1986 pp. 129, lire 14.000 L'evoluzione e il marxismo Ernesto Mascitelli L'entusiasmo con il quale Marx e Engels salutarono alla sua comparsa la darwiniana Origine della specie è uno dei luoghi classici della letteratura marxista; meno note sono invece le difficoltà che i padri fondatori si trovarono a fronteggiare nello sforzo di non contraddire le prime ragioni del plauso, i mutamenti dapprima lievi ma percettibili del loro giudizio, le frequenti concessioni al lamarckismo a compensazione dei quello che nello opere di Darwin non si trovava. Un rapporto, insomma, fatto di tutti i passi nei quali un rapporto del genere poteva articolarsi: stretto parallelismo, distinzioni marginali, contrasti limitati, estesa opposizione. Che si trattasse di una valutazione sostanzialmente dettata dal primo, positivo, apprezzamento del rifiuto di ogni teologia e dell'immagine processuale del costituirsi delle differenze tra le varie specie fu ben presto chiaro; la nuova teoria dell'evoluzione per selezione naturale si prestava infatti a letture assai diverse che non potevano m alcun modo essere giudicate senza fondamento: il «supporto delle scienze naturali alla lotta di classe» venne ben presto meno e nel giro di pochi anni fu trasformato in argomento con le «pretese ugualitarie» del socialismo. Misurandosi con queste vicende il lavoro di Vidoni offre un quadro pregevolmente sintetico dei sue-
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