Alfabeta - anno VIII - n. 88 - settembre 1986

Narrativa, a proposito ~lo M&irquezI Gabriel Garda Marquez El amor en los tiempos del colera Parets del Vallés (Barcelona), Editorial Bruguera, 1985 illustrazione di copertina: omaggio di A. Mondadori editore «hora a su afan ansioso lisonjera» (Francisco de Quevedo) ' E un topos antico - stolto e vitalmente vero, come tutti i topoi fondamentali - quello vissuto da chi in età media o declinante s'innamora di una persona spietatamente più giovane. Ma che cos'è mai questo dramma - che pure può distruggere un'esistenza - appetto del dramma di chi, non più giovane, s'innamora di una lingua? Innamoramento, questo, che (come l'altro) pare senza speranza, eppure non accetta il verdetto; e combatte, in nome di un futuro, per la riuscita. Dopo una certa età (dice il folklore sull'argomento) non si può apprendere, fino alla riproduzione scorrevole e fluida, un idioma straniero. Sarà vero? In ogni caso, quando un'attrazione profonda calamita •una persona verso una lingua, come una vocazione che da tempo abbia fattorisuonare il suo richiamo (da una lettera recente: «Yo creo que las lenguas se suefian antes»... ), non vi è più tempo di tirarsi indietro: si è sotto il dominio. Le righe che seguono non appartengono a un ispanista né a un traduttore professionista (sono a priori sicuro che la traduzione italiana del romanzo di Garda Marquez è più che sufficiente a farlo gustare, e l'uguaglianza della copertina è il simbolo di un gemellaggio); provengono, queste righe, semplicemente da un innamorato della lingua spagnola. (Innamorato di una lingua... situazione, appunto, ancor più drammatica e sulfureamente grottesca dell'anziano innamorato di una fanciulla... che l'oggetto del desiderio amoroso non abbia, propriamente parlando, età - la nozione diacronica di età di una lingua è una metafora sociologicarenda la distanza ancor più disperante.) Come ogni altro innamoramento, anche quello per una lingua può essere foment,ato o da un senso di distanza o da un'impressione di vicinanza. Nel caso dello spagnolo si tratta ovviamente della seconda possibilità: una vicinanza alla lingua italiana che è illusoria, elusiva e iridescente. E che può esser simboleggiata da quella parola carta che, com'è noto, in spagnolo corrisponde all'italiano «lettera». Ma se, per l'ultimo romanzo di Garda Marquez, io voglio parlare di «carte d'amore», non è per far combaciare a tutti i costi - all'insegna di un calco ispanistico - la cornice di questo discorso (dove le carte amorose sono gli appunti di lettura'in qualunque modo connessi alla lingua amata) e il suo contenuto- un romanzo in cui uno dei fili conduttori è un lunghissimo scambio di lettere d'amore, una corrispondenza dalle dimensioni epiche. No: io uso il termine generico di «carte» perché in tutto il romanzo, tramato appunto in gran parte su scambi di lettere, non è trascritta nessuna delle lunghe lettere che so- ' no a più riprese descritte (si riproducono solo - con una funzione di abbassamento alquanto ironico - alcuni dei messaggi più laconici). Perché ciò avvenga, lo si comprende se si considera la strategia generale di questo romanzo: che è (per dirla in breve) quella di porre innanzi alcune mosse modernistiche, dietro la cui copertura si muove una narrativa di restaurazione, o restituzione (tanto per chiarire che il termine è usato qui senza alcuna connotazione negativa). È un accorgimento modernistico, appunto, quello di descrivere dettagliatamente l'infrastruttura letteraria e psicologica di una corri- • spondenza amorosa senza offrirne campioni specifici: prendendo così distanza sia dalla gran tradizione medievisticorinascimentale dell'Iberia (le lunghe lettere d'amore e cortesia che costellano quei bei romanzi cavallereschi - dal catalano di Tirant lo Blanch al castigliano di Amadfs de Gaula - che fecero impazzire Don Chisciotte) sia dalla generale tradizione europea del romanzò epistolare. Anche modernistico è il depistaggio per cui la prima sezione del romanzo (una settantina di pagine) sviluppa una storia - con possibile intrigo e colpo di scena - su un personaggio che poi scompare completamente dalla scena, per dar luogo ai veri protagonisti: il dotto.- re Juvenal Urbino, la sua sposa Fermina Daza (con un nomè teneramente ossimoronico, nel suo sposare una radice di fermezza - che a noi ricorda il protomanzoniano Fermo - con un suffissodiminutivo) e il fedele innamorato di quest'ultima, Fiorentino Ariza che, dopo 57 apni 7 mesi e 11 giorni di incrollabile attesa ne diverrà (entrambi avendo passato i settanta) l'amant6. Ma appunto: questo romanzo segna una riuscita essenzialmente perché esso è un gesto di restituzione; restituzione di una narrativa nettamente tradizionale e francamente letteraria. È difficile spiegarsi su questo punto senza abbozzare un esercizio (la comparazione tra questo romanzo e Cien afios de soledad) che è sostanzialmente inutile: con El amor en Lostiempos del colera, Garda Marquez ha semplicemente dimostrato (finalmente, dopo una serie di deviazioni minori) di esser riuscito a sopravvivere alla riuscita sfolgorante di quel Cent'anni; ma non ha potuto riprendere l'intensità di quel testo - né questo è ciò che interessa. Quel che importa è che El amor en Los tiempos del colera (titolo • modernistico, e meno «sentito» che Cien afios de soledad) ha chiarito un elemento che in Cien afios MichelangeloPistoletto,1976 restava celato: la restaurazione o restituzione o nostalgia della narrativa come paternale. Questo elemento, nel vecchio romanzo, restava scarsamente visibile dietro la proliferazione delle immagini epico-surreali (proprio quelle che meglio passano attraverso le maglie della traduzione). Non è che il filone epico-surreale sia assente da El amor; però non è il suo elemento predominante e caratterizzante, ma resta piuttosto una riserva di vignette. (La storietta del capitano Rosendo de la Rosa - pp. 259 ss. del testo edito da Bruguera - ricorda il Pirandello de L'uomo, la bestia e la virtù.) La vena centrale del romanzo è come ho detto, paternale: non nel senso di un discorso moralistico, bensì nel senso di una narrazione costantemente animata dalla nostalgia di una grande, fondante storia di famiglia al cui interno possano trovar giustificazione varie vite successive. Non c'è bisogno di avanzare alcuna ipotesi· sulla biografia di Garda Marquez: quella che qui è in_giuoco è per così dire la forma pura della genealogia familiare. In questa prospettiva, la nostalgia, che è insieme paterna e materna (padres com'è noto designa in spagnolo entrambi i genitori) è, appunto in quanto forma pura di un desiderio nostalgico, indissolubilmente legata con il processo di ripercorrimento (lento, sereno) di tutte le possibilità della lingua materna. Lento, sereno - dunque, non un'esplorazione di funambolismi lievemente isterici nella tradizione stanca dello sperimentalismo. El amor in• effetti chiarisce qualche cosa che peraltro era apparso visibile giada molti anni: che il filone centrale della narrativa latino-americana è quello della restituzione; essa naviga lungo il bel fiume ampio di una lingua letteraria che è orgogliosa di esserlo. Vari elementi (per esempio, la sopravvalutazione di Borges) hanno contribuito a oscurare questo punto importante; ma a questo momento, il quadro è chiaro. Certo occorre valutare i vari livelli, le diverse riuscite e non-riuscite, di questo movimento: non confondendo, per esempio, restituzione creativa con ripetizione astuta. (Esempio di quest'ultima, l'ultimo romanzo di Mario Vargas Llosa, molto visibile in questi giorni nelle biblioteche di Madrid: l Quién mato a Palomino Mo/ero? Barcelona: SeixBarrai, 1986;un'abile ma inutile esercitazione alla Georges Simenon.) Restaurare significa: aderire alla lingua nella sua pienezza d'espressione della vita; dunque, nulla d'archeologico o formalistico. In questi anni assistiamo all'esaurimento di un discorso su cui la critica ha tambureggiato per anni e anni - un discorso che può esser sintetizzato come tema de: l'incertezza che il soggetto narrante ha, se esso veramente esista oppure no (tema che va dai casi meno ovvi- come la vena narrativa nella saggistica di Kierkegaard - fino ai più ovvi come Beckett, passando attraverso esperienze cruciali come quelle di Pirandello, della Woolf, del sopravvalutatissimo Joyce, ecc.) Questa incertezza è proprio ciò che non tormenta il narratore restaurativo - e l'assenza di essa non dev'essere considerata un limite, ma al contrario una prova di feconda energia. Nella nostra tradizione, il maggior rappresentante di questa certezza di esistere è il più deplorevolmente misconosciuto narratore del Novecento italiano: Gabriele D'Annunzio. Salvando tutte le debite proporzioni, Garda Marquez con il suo romanzo si colloca in questa scia, conferma la validità di questa tradizione. M a insomma: che cosa racconta veramente, la lunga storia d'amore di Fiorentino Ariza? Questa storia è una versione insieme smascherante e degradata di quell'itinerario che l'ossessione dantesca ha istituzionalizzato nella letteratura mondiale: un uomo passa attraverso le più varie esperienze (erotiche e sentimentali) serbandosi fedele al ricordo amoroso di una donna. La storia di Fiorentino è- rispetto al solenne paradigma dantesco - smascherante (anni or sono, si sarebbe detto «demistificante») poiché in essa son portati con franchezza alla luce tutto l'egoismo, tutta la brutalità predace che nella retorica di Dante sono invece costantemente eufemizzate. Cioè: riparato dietro lo scudo del suo amor costante, Fiorentino usa e scarta una gran quantità di donne, ed è la causa indiretta della morte di due tra esse. D'altro canto, questa storia è anche una degradazione di quella dantesca - e non per ragioni scolasticamente ovvie (le differenze di registro stilistico, di contesto - tutte le condizioni, insomma, non evitabili nelle quali si scrive oggi, e sopra tutto si scrive un romanzo). No: la degradazione in questo romanzo è una sfaldatura di autocompiacimento che era evitabile; dunque è tale che può essere oggetto di una valutazione e(ste)tica. Fiorentino, dopo aver trafitto molti cuori, conquista la sua beatrice (son vecchi entrambi, ma che importa? E Garda Marquez è brillante e completamente persuasivo, nel mostrare quanto poco ciò importi) - la_conquista, e se la gode. Vi è, in ciò, qualche cosa di facile e un po' troppo indulgente (vi è anche una commovente paura della morte). Oppure no? E allora questo romanzo sarebbe un buon pretesto per rivedere uno dei nessi teologico-letterari centrali nella letteratura europea? Voglio dire: forse, in ultima ana- 'O lisi, il contrasto è quello che oppo- ~ ne il cristianesimo (per dirla ossi- -S ~ moronicamente) rabbinico di Dante a un cattolicesimo ibero-ameri- ~ cano paganizzaJo... Ma qui comin- -. eia un altro discorso, che va oltre il ~ ..t:) bel romanzo di Garda Marquez... E: e per il quale bisognerà cercare le ~ ~ carte più diverse·, anche carte "' (prendo a prestito -le parole del- 158 l'autore, a p. 108) «empapadas de ~ lluvia, sucias de lodo, desgarradas ~ por la adversidad».... l ~

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