Alfabeta - anno VIII - n. 88 - settembre 1986

questo di difendersi dalla psicosi che pur rimane in agguato, in assenza di barriera. O la psicosi infine, che la rappresentazione di questo luogo la manca, sicché quella sorta di f andamento psicotico che ha caratterizzato la prirpissima infanzia del bambino trova il suo prosieguo, un continuum nella psicosi dell'adulto. In questa, il peso di una «teoria genitale» che l'inconscio ha fatto propria al posto delle teorie sessuali infantili (la nascita dall'ano per esempio, o il pene nella donna), appare in tutta la sua evidenza. Quando, ad esempio, il discorso in analisi oscilla tra una sessualità regredita, regredita dico, non «infantile», giacché non ne contiene gli «errori» necessari, caratterizzata dallo sperma rivolto verso la madre, e uno sforzo agonistico per raggiungere una sessualità adulta, che nel caso cui mi riferisco si esercitava in un faticosissimo dongiovannismo, ma che finiva con l'intrattenersi solo con l'immagine del padre, giacché quella che ne forniva era un'imitazione che portava continuamente il soggetto sui bordi di una crisi psicotica. P oca fa citavamo Darwin, il Darwin autore dell'Origin e dei viaggi alla scoperta delle barriere coralline: proprio nell'ambito del luogo della fobia, della formazione delle teorie sessuali infantili, della possibilità di evitare la psicosi eludendo con stratagemmi curiosi la fatalità di riconoscere la __propria origine nel godimento del padre, visto come un Thalassa, un mare di sperma che dilaga a coprire il mondo visibile, proprio in questo ambito ci si offre una seconda considerazione sullo scritto di Freud in questione. Non è stato Freud un evoluzionista nel senso che questa parola ha assunto tardivamente in Darwin e dopo di lui. Possiamo dire, questa è la mia tesi, che Freud fu tentato dal neo-darwinismo e l'inizio della collaborazione con Ferenczi lo attesta, ma seppe restare fedele ali 'assunto giovanile di Darwin: / do not believe in any necessary development. Non credo in alcun necessario sviluppo. Anche quest'operetta finisce sulla nota di un «disincanto» dalla «fantasia filogenetica» svolta nella seconda parte in nome di una corrispondenza fra alcune tappe della storia dell'umanità e la serie delle nevrosi di traslazione che si prolunga nelle psicosi, fantasia che non per niente Freud abbandona a Ferenczi. L'idea della ricapitolazione, dell'ontogenesi che riassume la filogenesi (Haeckel), dello sviluppo individuale che ripete le tappe della storia del genere umano, inevitabilmente introduce, sia pure a posteriori, un carattere di «sviluppo necessario». Freud non vi indulge affatto: Nonostante le apparenze contrarie non è all'«origine dell'uomo» che si riallaccia Freud. Il suo rapporto diretto a Darwin si gioca sul terreno dell'Origin of Species e dell'altra grande opera sull'Espressione delle emozioni negli animali e nell'uomo. Che cosa corrisponde in Freud al fondamentale principio darwiniano della selezione naturale? Vi corrisponde puntualmente, punto a V) ~ punto, alla lettera, col suo proce- .s dere, come quella, «muta e inav- ~ Cl... vertita», la nozione di pulsione di ~ morte. A questa nozione si riallac- -. ciano i due concetti, pure impor- ~ tantissimi, di sedimento e di resi- E duo. Prendiamo le due definizioni ~ ~ "' ~ freudiane del sintomo: «sedimento di antiche esperienze amorose», e dell'angoscia: «residuo di antichis- ~ sime esperienze traumatiche», e chiediamoci: che cos'è un sedimen- ~ ~ l to, e un residuo? ~ Sedimento è qualcosa che si deposita e, depositata, si accumula. Perché ciò avvenga è però necessario che qualcosa cessi: un moto, un'agitazione. Anche il residuo presuppone una perdita, una cessazione. Così in Darwin l'estinguersi di azioni specifiche dotate di un significato lascia, come residuo, espressioni indecifrabili, arbitrarie che volgono, proprio per il loro non-senso, sull'ordine puramente negativo e differenziale della parola e del linguaggio. La psicoanalisi è agli antipodi di ogni psicomotricità ed espressionismo terapeutico (Freud respinse l'«aggiornamento» di Rank e Ferenczi in chiave di Esperienza, Erlebnis, psicoanalitica). A parte le note condizioni di «astinenza» segnate dal setting, Freud si interessò al valore del movimento e del gesto solo nella forma pietrificata della scultura: Gradiva, Mosè di Michelangelo e, mi si consenta di aggiungervi, il «gruppo» di Sant'Anna del ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci. C'è del movimento d'altra parte, dal gesto della mano che disegna alle azioni dell'afferrare, stringere, strappare, dall'andatura di «colei che risplende nel camminare» alle raffigurazioni motorie in forma pantomimica dell'attacco isterico, c'è del movimento all'origine della psicoanalisi, ma è solo un residuo, un ricordo di movimento, e un'attesa. Ma non è l'attesa di un mutamento in avanti. È una tensione che, al pari della pulsione di morte, è volta alla riconquista di un patrimonio che già esiste. Come quando paragonammo l'arcano dell'accumulazione dell'inconscio e quello dell'accumulazione del capitale. La pulsione di morte sottolinea la posizione logica del soggetto come l'arcano della formazione che lo fa muovere. E questo è agli antipodi del continuum postulato dallo sviluppo dell'evoluzionismo. E Totem e Tabù? Sembra difficile che si possa respingere anche per quest'opera l'ascendente antropogenetico neodarwiniano, dato che vi si parla dell'orda primordiale, tratta si sa dall'Origine dell'uomo di Darwin. Ma in Freud è sempre importante osservare gli attacchi. Che cosa .. Douglas Huebler, 1970 fa l'originalità dei Tre saggi sulla sessualità se non il prendere avvio dalle perversioni sessuali come presupposto e condizione della sessualità infantile? E Totem e Tabù non parte dall'«orrore dell'incesto», non pone nell'animale, «un animale commestibile, innocuo o pericoloso e temuto», gli stessi presupposti «logici» della fobia, la fobia non come sintomo, ma quella posizione cui abbiamo accennato come strutturante il soggetto: la fobia che contro l'orrore dell'incesto eleva per esempio le teorie sessuali infantili, e in cui l'animale appare, un cavallo, un cane, un lupo, una mucca, come la statua della sfinge, ma anche come l'alare, la statua che sorregge permette e limita l'estendersi del fuoco? Concludiamo allora. «Non è dunque - scrive Freud - che ritornino nei nuovi individui costituzioni arcaiche, in rapporto numerico forse stabilito una volta per tutte conformemente a una legge, e che si insinuino nella nevrosi attraverso il conflitto con le pretese del presente.» In questa 5Pnclusione alla «sintesi» oggi pubblicata, sembra che Freud abbia aggiunto il «non» successivamente, nel manoscritto, nello spazio, dice la curatrice, prima dell'inizio della riga. Questa «aggiunta» che ora regge la proposizione come una protesi nella struttura del soggetto, sta a dirci che 1) le costituzioni arcaiche, 2) il rapporto numerico. 3) la conformità a una legge, rispetto alla costruzione di una nevrosi, stanno in una funzione che è presieduta da quel meccanismo scoperto da Freud che è la denegazione. Mentre, rispetto alla formazione della perversione stanno nel loro riconoscimento. E, rispetto al rafforzarsi di una psicosi, stanno nel f accia a faccia del soggetto con qualcosa che lo precede, da cui ha tratto origine, ma che lo travolge senza pietà. Stanno in rapporto con una modalità che, diversamente da quanto sembrerebbe quando si esclude un discorso di sviluppo, è l'unica che può dare adito a un cambiamento. Perché il cambiamento è radicale, è un salto, è segnato da una differenza, e questo è permesso solo in quanto la posmone del soggetto nella sua formazione ha un carattere non sperimentale ma logico. E l'analisi testimonia di questo «non» aggiunto sopra le righe di questa operetta, questo «non» che consente di riscoprire quel luogo che Freud chiama Wo Es war, là dove il soggetto era e dove può accadere che la pulsione di morte, ricerca dei nostri antecedenti, diventi attraverso una antica tecnica acqµisita qualcosa che non si oppone alla pulsione di vita, giacché la forma sessuale che in questa dimensione si specifica fa sì che l'esito di entrambe, pulsione di vita e pulsione di morte, sottratte alla categoria di sviluppo, l'origine non è più la causa, si trovi ad essere per entrambe la strutturazione e la sopravvivenza del soggetto. F inora non ho parlato che al negativo, di quest'operetta di Freud, mettendo però in luce il valore e la funzione che vi assume appunto la negazione (la teoria sessuale è differente dalla teoria genitale, la psicoanalisi non si qualifica da una prospettiva evoluzionistica). Ora mi piacerebbe però finire su una nota positiva, su un insegnamento «tecnico» che possiamo trarre dalla lettura di questo inedito. Non so in realtà, o meglio so che quanto sto per dire è meno ricavato da questa lettura che da essa ispirato. Ma si tratta comunque di qualcosa di molto significativo, di utile appunto nella cura psicoanalitica della psicosi. Freud fa risalire «le disposizioni alle tre nevrosi di traslazione» alla «lotta contro la necessità imperante nell'epoca glaciale» (l'angoscia al trasformarsi del mondo in un cumulo di pericoli; l'isteria al dovere di limitare la procreazione con una certa regressione a soddisfacimenti anteriori al primato dei genitali; la nevrosi ossessiva all'oscillazione della «figura grandiosa» del padre primordiale tra saggezza e brutalità). Le nevrosi narcisistiche, le psicosi cioè, si sarebbero fissate invece nella lotta che la seconda generazione intraprese contro l'«oppressione del padre», attraverso castrazione dei figli che raggiungono la pubertà (dementia praecox), fuga dei fratelli e sviluppo di sentimenti sociali basati su un soddisfacimento omosessuale (condizione restituita dalla paranoia), uccisione e rimpianto del padre primordiale (premessa dell'inserimento della melanconia-mania). Ebbene, se è vero che il nevrotico vive sotto un regime di necessità e lo psicotico sotto un regime di oppressione, possiamo avanzare il suggerimento che forse è nel mantenimento in analisi di una condizione di necessità che lo psicotico può resistere all'oppressione che lo minaccia. In altre parole, l'analista ha il dovere di non contrastare più di tanto la strana riluttanza che lo psicotico manifesta ad abbracciare soluzioni per la sua vita che lo toglierebbero dalle difficoltà, economiche o d'altro genere, che al presente lo angustiano. Niente è più pernicioso per lui di un colpo di fortuna. È qui che si manifestano gravi errori degli psichiatri sorpresi di veder peggiorare le sofferenze di malati dei quali hanno favorito, attraverso l'interessamento per un lavoro o l'ottenimento di una pensione, il reinserimento sociale o la serenità familiare. Nel rapporto che lo psicotico intrattiene con una necessità quasi «artificiale», spesso costringendosi a un'esistenza al limite, con abiti stretti, la casa piccola, il cibo scarso, il tempo smangiato - e la soluzione a portata di mano - sta per lui la sola chance di poter essere trattato, anche dal suo psicoanalista all'occasione, come un nevrotico.

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