Alfabeta - anno VIII - n. 88 - settembre 1986

nia «Ray Menta» e con una serie di poltrone in pelle. Qui però il riferimento stilistico è colato nello,stampo inimitabile del suo stile personale, e sopravvive come traccia visibile ma lontana e sfuggente. Ha disegnato per grandi compagnie di vendita per corrispondenza un arredamento veramente singolare, legato alla dimensione oggettiva degli interni della nostra epoca e facilmente integrabile benchè mantenga una certa distanza sarcastica: i suoi sgabelli sono un tesoro di ingegnosità alla portata di tutti. La semplicità dei volumi e l'esagerazione dei tratti distintivi della modernità sono congeniati così bene da installarsi con successo in una «interzona» in cui la banalità moderna si unisce a un senso accentuato e insolente di stravaganza. E ciò fa di Stark un «funzionalista illuminato» in senso forte. Pierre Sala invece, si è orientato verso un arredamento che risponde ad una necessità seriale, spoglio nelle definizioni formali: utilizza forme semplici e collaudate, che non provocano sensazioni strane o di rottura, ma il cui rigore è corretto da un dispositivo cromatico molto vivo. Sala intende accentuare l'aspetto di «messa in scena del quotidiano», rendendolo il più possibile chiaro e gioioso. Da parte sua Pascal Morgue pone l'accento su una sorta di «classicismo moderno». Per sfuggire ai dettami della moda propone una «linea» di mobili che utilizzano principi già affermati, introducendovi poi variazioni lievi e soluzioni ingegnose. E così le sedie che ha disegnato per il «petit café» della Fondazione Cartier sono uguali a quelle che si trovano al palazzo del Lussemburgo; ma egli vi ha aggiunto la comodità, ne ha addolcito le linee e aumentato l'eleganza plastica. Spogliare e rendere comodo sono state fin qui le sue regole principali, accompagnate da una ricerca di perfezione e di equilibrio visivo che rifiuta la secchezza del design iper-funzionale. Alain Domingo e François Scali, fondatori del gruppo Nemo, si inseriscono in una linea razionalista. Essi si sforzano di spingere il ragionamento minimalista verso un punto in cui le creazioni possono assumere un aspetto insolito, divertente, estetico. Pur rispettando le leggi imperative del design contemporaneo, quando essi progettano strumenti di lavoro, accessori, mobili da ufficio attribuiscono loro un contenuto visivoe un contenuto simbolico assolutamente estranei alla loro destinazione d'uso. L'arida geometria dei loro mobili finisce con il produrre forme piacevoli, o sconcertanti, e cioè oggetti ludici, sentimentali o meditativi. Il giovane Yves Cordier, di Lione, è interessato a un disegno spogliato da tutte le scorie decorative. Egli vuole portare un'evoluzione del modo di vivere, modificandone radicalmente i tratti. I suoi mobili possono venire accusati di neocostruttivismo, ma in essi non vi è appello, diretto o indiretto, alle teorie neo-plastiche di Mondrian o di Van Doesburg. A dispetto dell'ascetismo del suo ideale, Cordier non è un puritano né un seguace della forma per la forma. Le sue creazioni, al contrario, si contraddistinguono per la loro immagine spiritosa; è il caso degli oggetti d'uso più comune, come per esempio la caffettiera o la teiera. Il suo universo è luminoso, colorato, geometrièo, armonico, ma inserisce un umorismo discreto e il piacere di un rapporto con cose che rischiano l'assurdità plastica per affermare la loro ragione d'essere nel microcosmo giornaliero. Nestor Perkal si pone all'incrocio di due grandi influenze, High Teche arte cinetica. Da una ha derivato la grande esigenza di risolvere il rapporto tra la funzione e le rispost.e formali atte a soddisfarla, • dall'altra una cura speciale per il dinamismo dello spazio. Per questo motivo rifiuta totalmente il concetto di integrazione stilistica. Tutti i suoi mobili sono elaborati come entità, disegnati e realizzati in sé e per sé, destinati a entrare in una messa in scena degli interni, in un rapporto disarmonico o addirittura conflittuale con gli altri elementi della decorazione. Infine Martin Szekely è spinto dall'assillo di un arredamento altamente ossessivo, determinato da una sintassi parsimoniosa: moderazione del linguaggio cromatico (ama soprattutto il bianco e il nero), un'architettura che riprende e accentua le leggi della costruzione moderna (la costruzione «a sbalzo», le linee dinamiche della scuola «organica», ecc.), un'insidiosa connotazione artistica che richiama i minimalisti americani. Tutto sommato Szekely dà la sensazione di reggere la fiaccola di un dogma. Ma in realtà le cose non stanno così. Per quanto precisa e implacabile possa sembrare la sua prospettiva, egli si innamora di una vibrazione nello spazio, della sensibilità delle forme, di una presenza affettiva delle cose. E sa che può raggiungere questi obiettivi soltanto se applica alla lettera l'assioma di Mies van der Rohe: «Less is more». François Bauchet è quello che manipola meglio e con maggior agilità il repertorio plastico dell'era moderna. I suoi mobili sono frutto di una maturazione razionale della forma, spesso realizzati con un unico materiale, monocromi, e al contempo destinati a una serie di connotazioni che li pongono al di là di un ossessionante quanto sterile adeguamento tra forma e funzione. L'ispirazione futurista o neoplastica è netta, e decisivo l'interesse per l'Art Déco. Ciò nonostante, egli sa rimettere in gioco fonti d'ispirazione più o meno inconsce e un'arte che gli consente di restituirci un certo fascino e un certere in una sola frase visiva lo spirito di lingue diverse. A bbandoneremo il territorio di questo sviluppo ntardatario e positivo, sorto con la grande avventura modernista del XX secolo, oltre lo «stile internazionale», per muoverci verso una riconciliazione paradossale tra arti maggiori e arti applicate. Elizabeth Garouste e Mattia Bonetti lavorano insieme dal 1980; in quell'anno Gérard Garouste, in collaborazione con loro, ha iniziato la realizzazione del club privato «Le Privilège». La loro ricerca è fondata sull'eclettismo. Le loro creazioni, fortemente condizionate da una visione teatrale dell',arredamento, riescono a creare atmosfere discordi e svianti. Le loro poltrone o i paraventi «barbari» non hanno l'obiettivo di resuscitare uno stile antico o esotico (come hanno fatto i Bugatti), ispirato da Flaubert, Loti e Alma Tadema; si tratta piuttosto di introdurre sulla scena della vita privata una nota dissonante, con l'unica finalità di evidenziare l'eterogeneità sostanziale del décor della vita domestica o pubblica. Buona parte dei loro atteggiamenti consiste poi nell'applicare le ipotesi dell'arte povera e dell'arte concettuale, o meglio nell'adattarle alla problematica dell'organizzazione sensibile degli interni. I loro mobili-rocce rappresentano in modo evidente questa diffrazione, che viene inoltre ripresa in una prospettiva distorta. Vi si inseriscono infatti altri fattori significativi, come le allusioni semantiche ad altre culture, ad altri periodi storici e alle installazioni dell'arte povera (con lame d'acciaio laminato). Anche la tavola zen, con il «giardino» di sabbia e sassolini colorati, o le «sedie da ballo», sono contamina- . zioni linguistiche che evidenziano l'assoluta libertà di mescolanze formali e iconografiche, e al contempo la loro proiezione fantastica nella dimensione critica del pensiero d'avanguardia. Le generazioni Sall'V, 1970 to stile, liberandosi dalla pesantezza della citazione. Manovrando simultaneamente istanze linguistiche diverse, François Bauchet arriva a forgiare uno stile unitario, che può tuttavia cambiare in modo impercettibile a seconda del progetto che gli viene proposto. Si potrebbe dire che possiede una scrittura epifanica, che gli consente di trasmetdi oggetti che hanno inventato sono opere d'arte ambigue: non possono venire considerate letteralmente, e neppure come l'attrezzeria per il melodramma dell 'esistenza umana alla fine di questo millennio. Il gruppo Totem, fondato a Lione sei anni fa, all'inizio ha subìto in parte l'influsso del «design radicale» italiano (Memphis, Alchimia). Ha poi approfondito una sua specificità trovando affinità elettive con la Figurazione Libera (ì quattro giovani iniziatori di Totem hanno esposto alla galleria Beaubourg, insieme a Di Rosa, nel 1982). In seguito Totem ha creato una collezione di mobili-manifesto che sono in realtà sculture dalla presenza volutamente forte, rette dal desiderio di una metamorfosi delle istanze pragmatiche e dalla possibilità di modellare l'immaginario plastico. L'impiego brutale di materiali disparati, di forme sorprendenti o codificate e l'insistenza sui colori più violenti non si prefiggono di rendere impraticabile un luogo perché troppo «estetico», ma di correggere un consenso fenomenologico attraverso un eccesso. L'aspetto faceto di questa produzione in fondo non è che un mezzo per rendere tangibile la molteplicità dei messaggi potenziali che pertengono anche agli oggetti più anodini. In un'ottica diversa Olivier Gagnère cerca di imporre l'idea di oggetti carichi di misteri, che evocano le forme antiche pur dipendendo dalle leggi stilistiche del «moderno». Si potrebbe addirittura affermare che questi oggetti sono metafisici, poichè giocano paradossalmente tra la durezza del design e l'apparenza di lusso che viene loro imposta. Gli specchi e le psiche di Gagnère, in ferro battuto, dorato e patinato, e in ardesia incisa, assegnano ai materiali un ruolo simbolico, recuperando uno· spirito antico e conservando un carattere immediatamente riconoscibile, che appartiene alle prerogative più evidenti della nostra cultura. L'universo di Olivier Gagnère è totalmente motivato da questa contraddizione, coltivata in sequenze allusive combinate con finezza. L'immenso sentimento di nostalgia che emana dalle sue coppe, dai suoi paraventi e dalle sue teiere è incessantemente corretto e contraddetto dalla geometrizzazione fredda delle forme e dall'uso insistente di materiali che si respingono a priori. Il gruppo bordolese «Epinard Bleu» ha scelto questo nome buffo come una specie di petizione di principio. Le loro creazioni sono innanzitutto dei pastiche dichiarati di opere di artisti contemporanei. La poltrona «Agnès» riprende gli imballaggi di Christo, realizzati però con materiali e con uno spirito molto lontani da queJli del modello. Molti teorici del design hanno parlato del tavolo che cammina: loro non hanno esitato a progettarlo e l'hanno battezzato «Zita». Ma per questi artisti non si tratta soltanto della realizzazione di un concetto difficile, e neppure di un semplice scherzo. Di questo famoso tavolo hanno voluto determinare il passo e dargli una collocazione, certamente ridicola eppure reale, nel nostro ambiente. Per concludere citerò il caso di una nuova leva, Dédé Shangai, la quale recupera mobili degli anni '50, li trasforma, li trucca, li carica di nuovi attributi o li dipinge come tanti remake dei quadri ali over di Jackson Pollock. La stilizzazione di cui si fa forte l'opera della Shangai possiede un'efficacia innegabile, li esalta e al contempo riattiva tutta una serie di segni-guida di un momento recente e ormai sublime della nostra cultura. traduzione di Carla Ferrara Intérieurs80 , S. Anargyros, Editions du Regard Vivre en couleur Fondation Cartier Les cafés littéraires Centro Culturale del Belvedere S. Leucio (Caserta) settembre-novembre 1986 il Mulino Lea RitterSantini Le immagini incrociate Un viaggio nel sistema coltissimo e squisito della letteratura fra Otto e Novecento, nelle pieghe nascoste dei testi di Heinrich e Thomas Mann, di d'Annunzio, dove la poesia si nutre delle altre arti, dove l'immagine si fa parola Arnaldo Pizzorusso Ai margini dell'autobiografia Studi francesi Rousseau, Senancour, Joubert, Constant: nelle forme marginali del dialogo, del diario, delle lettere, una via di fuga dall'autobiografia classica, verso una scrittura che dia voce a una nuova soggettività PhilippeContamina La guerra nel Medioevo Dalle invasioni barbariche alle soglie del Rinascimento, la storia di un'Europa corsa dagli eserciti, di un tempo scandito dalle battaglie, di una società perennemente in armi ~ Edizioni Theoria "Letterature,, I MARCO LOOOLI DIARIO DI UN MILLENNIO CHE FUGGE pagine 248 lire 18.000 quarta edizione Il romanzo di una generazione senza qualità. "Lettera ture " 2 ANNA MARIA ORTESE IL MORMORIO DI PARIGI pagine 1 ro lire 13. 5do Parigi, Napoli, Genova, Palermo, Dover: cinque storie inedite sul tema del vzaggzo. "Riflessi " 3 5 GIAMPIERO COMOLLI LE SETTE STORIE DOPPIE pagine 192 lire 8.000 L'India, l'Africa, le regioni piu solitarie del pianeta nel diario di viaggio di un esploratore visionario. Edizioni Theoria via Fregene, 9 - 0018·3 Roma Distribuzione èDA

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