e ome tutte le storie che si rispettano anche quella di questa intervista ha all'inizio la figura della difficoltà. È una giornata torrida di questo pazzesco inizio d'estate, e attraversareMilano per essere alle tre da Dorfles è un'impresa. Sul pianerottolo, dopo la scampanellata, l'attesa è lunga, preoccupante. Quando il battente si scosta ne esce un Gilio Dorfles passabilmente infuriato. Come organizzatore dell'incontro mi prendo una bella sgridata. Dorfles afferma con energia che l'appuntamento era alle quattro e che mai si sarebbe sognato di dare un appuntamento per la calura delle tre, e che anzi aveva appena chiamato per spostare la cosa al fresco delle sette... Certamente aveva ragione visto che tutti conoscono la precisione di Dorfles, mentre i miei studenti, i miei collaboratori, i miei familiari sanno che sono affetto dalla malattia della distrazione. Poi, come per incanto, tutto volge al positivo, al gradevole: cifa sedere ai tavolini della gelateria, ci offre ogni sorta di ghiottonerie ghiacciate e la chiacchierata decolla. (G.A.) Colonetti. Un tema a cui pensavamo che è emerso anche dal dibattito contenuto nell'inserto «Gli Conversazione suifatti italiani Gilio Dorfles, Aldo Colonetti, Giovanni Anceschi, e Gianni Sassi scenari della grafica» è questo: il design italiano sembra in crisi. Alcuni temi fondamentali della progettazione che avrebbe dovuto affrontare non li ha affrontati, non ha saputo affrontarli, non li ha risolti. Perché, secondo lei, il design italiano ha privilegiato l'oggettistica diciamo privata di cui abbiamo tutti i pezzi in casaperò di fronte a temi come quelli del design italiano si è per così dire fermato? C'è un motivo? Noi pensiamo che ce ne siano. Dorfles. Be', certo che ce ne sono. C'è un motivo molto profondo, e cioè un motivo che spiega sia il problema della moda, che il problema del design vero e proprio che quello dell'architettura, oggi come oggi in Italia. E che si può riassumere in una parola: la smania individualistica degli italiani. In fondo l'italiano pensa a se stesso e non agli altri ... Colonetti. Infatti lei ha scritto un libro che si chiama I fatti loro. Dorfles. Gli italiani pensano soltanto ai fatti propri. Sia il cappello, le scarpe, il vestito che indossano, per i quali l'italiano è molto attento, anche troppo attento, sia l'oggetto che uno ha in casa o con sé, dalla penna stilografica alla lampada. Queste cose interessano molto gli italiani. Tutto quello che riguarda - parola che ritengo abominevole - «il sociale», tutto quello che riguarda «il comunitario», tutto quello che riguarda «il dominio pubblico», in Italia è screditato e direi quasi trattato con disprezzo. I pezzi di carta buttati per le strade, i biglietti del tram buttati per terra anche quando c'è il cestino delle immondizie, il fatto che una strada sia poco transitabile, il fatto che ci siano delle persone cenciose sul marciapiede, tutto questo non riguarda l'italiano. Non solo non riguarda l'italiano medio, ma non riguarda direi 1e stesse autorità. Le autorità pensano molto di rado all'uniformizzazione delle scritte, della segnaletica, del famoso arredo urbano. Siamo in un paese dove si parla tanto di arredo urbano, ma non se ne fa. Quando si pensa che in Svizzera, già cinquant'anni fa, c'era una uniformizzazione dei servizi postali, della segnaletica stradale, degli spazi di affissione ecc., mentre in Italia c'era la più assoluta indifferenza per quello che riguarda la regolamentazione della pubblicità, stradale, luminosa ecc., già questo è una dimostrazione del fatto che in Italia ci sia una totale mancanza di interesse per il prossimo, e anche, logicamente, un grande disinteresse per il design e per la grafica per il prossimo. Sassi. Ma, chiederemmo ora, questo disinteresseper un design - per così dire - sociale, comunitario, può essere ricondotto a ragioni di tipo storico o anche a responsabilità particolari? Alle ragioni della committenza soltanto - e questo è già saltato fuori - oppure anche al limitato interesse manif estato dal progettista nei confronti di un tema come quello della collettività? C'è insomma una doppia responsabilità? Dorfles. La responsabilità è doppia. Naturalmente dipende dalla committenza, che evidentemente ha trovato uno sfogo e anche un suo riscontro economico maggiore col design oggettuale, certo dipende anche dal singolo designer, dall'atteggiamento del designer che tende sempre a parlare di se stesso o di una proiezione del sé. Direi che la proiezione del sé è una delle cose che interessano di più l'italiano e quindi il designer in fondo si sente proiettato nell'oggetto più di quanto non si senta proiettato nella strutturazione di una rete comunitaria, come una metropolitana ecc. Albini è un caso abnorme in Italia, indubbiamente è un caso a sé, altri casi come Bob Noorda ... Anceschi. Ma non è un caso che Bob Noorda che ha realizzato la segnaletica della metropolitana di Milano... Dorfles.... siaolandese. Come anche il giapponese Hisao Osoe ecc. Colonetti. Provengono insomma da altri modelli culturali. Be', nasce un'osservazione a questo punto. Sul versante della produzione i problemi sono quelli che abbiamo visto, sul piano del critico, dell'interprete, della teoria, che i modelli culturali li evidenzia e li promuove, c'è da domandarsi invece come sono andate le cose. E in questo caso posso addirittura arrischiarmi ad essere autobiografico. Io ho fatto Filosofia alla Statale di Milano nel '65, e ho avuto la fortuna di seguire due dei suoi corsi. Poi ho finito per laurarmi con Enzo Paci, con una tesi su Bela Balasz. Comunque alla Facoltà di Filosofia di Milano l'unico riferimento culturale al di là della Filosofia dell'arte intesa in senso classico, era rappresentato dalla sua disciplina. L'Estetica in quel mo- . mento rappresentava un'apertura verso il mondo della serialità che Molteni, un'altracasa. R:A,~tfi'~m1uBaU111l~nl/i.'fl Una casa non è soltanto un insieme di spazi da riempire, ma l'estensione spirituale di chi la abita. In fondo, la casa è uno stato d'animo. f: pensando a questo che Afra e Tobia Scarpa • hanno progettato la libreria a elementi componibili Mount, il tavolo Marcus e fa sedia Mika, che qui vedete. Per suggerire, a chi li sceglie, una diversa filosofia della vita domestica. Se volete informazioni su questi o altri prodotti Molteni, spediteci il vostro biglietto da visita o indirizzo. 2! ~ -e :::s ;::::-. :::s 2 ~ Molteni & c. i 20034Ciu. sano - tel. 0.162/851:t{I ,.,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==