Alfabeta - anno VIII - n. 88 - settembre 1986

sistema di potere dominante, come sembra credere l'autore, perché tutte le forme societarie conosciute sono sempre fondate comunque sulla differenziazione. Per Hebdige invece la maggior parte delle subculture giovanili e soprattutto il punk racchiudono al loro interno una volontà politica manifesta di ribellione e di ·rivolta da parte dei giovani della classe operaia, una «sfida simbolica» all'egemonia dominante. Ma è proprio perché tale sfida è combattuta principalmente attraverso il totale rovesciamento .• di senso operato su oggetti simbolici già significanti socialmente che la tesi di Hebdige non convince, essendo l'attività di riappropriazione e reinterpretazione creativa esercitata dal consumatore una costante di tutte le pratiche di con- • sumo. Tutto il discorso di Hebdige soffre probabilmente, così come del • resto ànche quelli presentati dall'Arci/Kids nel volume collettivo La rivolta dello stile che dall'autore inglese eredita la stessa visione di fondo dei fenomeni, di un'eccessiva attenzione per la «marginalità», determinata probabilmente dalla specificità della realtà britannica dove questa possiede una maggiore «visibilità» per il suo segnalare un malessere sociale diffuso. Il metodo socio-semiologico così brillantemente impiegato da Hebdige meriterebbe invece di essere ripreso e utilizzato sull<Jtotalità della popolazione giovanìle e sul suo rapporto con la musica . Un primo passo in tale direzione è stato mosso da una ricerca svolta da Carlo Bondi, e pubblicata in Vita da rock, sui numerosi giovani che a Bologna suonano 1nun gruppo musicale o partecipano in qualche modo alle sue attività. Bandi sviluppa la conceziooe propria di Frith del rock come linguaggio non soltanto musicale, ma come vero e proprio linguaggio completo, come mezzo di comunicazione, accentuando però la sua natura di strumento che consente di controllare meglio le proprie forme di socializzazione extra-istituzionali e di costruzione d'identità. Il «mettersi alla prova», il misurarsi suonando in un gruppo rock costituisce infatti spesso «l'unica occasione in cui un adolescente può cimentarsi nell'ideazione, progettazione e attuazione di un'idea e di un ruolo (drammatizzazione della realtà!)» (p. 98). Infatti in una società dominata dalla obsolescenza rapida delle cose e delle esperienze non c'è posto per propri percorsi progettuali a lungo termine che consentano l'auto-realizzazione, l'auto-gratificazione e l'individuazione di una personale autonomia d'azione culturale . Qui siamo però ancora nel campo dei giovani «attivi» verso la musica, mentre assai più importante è la restante massa di giovani per i quali il rapporto con la musica, sebbene sia per essi altrettanto coinvolgente dal punto di vista psichico, assume forme meno visibili socialmente. E su di essi un documento «dall'interno» come Sposerò Simon Le Bon, divertente diario scritto dalla giovane Clizia Gurrado sul suo «innamoramento» per il cantante dei Duran Duran, è più utile della maggior parte delle pagine sociologiche scritte sinora. Cfr. Simon Frith Sociologiadel rock tr. it. di N. Ala Milano, Feltrinelli, 1982 pp. 230, lire 6.500 Simon Frith SoundEtTects.Youth, Leisure and the Politicsof Rock'n'Roll London, Constable, 1983 pp. 288, sterline 4.95 Dick Hebdige Sottocultura. Il fascino di uno stile innaturale Genova, Costa & Nolan, 1983 pp. 156, lire 12.000 Autori vari La rivoltadello stile. Tendenze e segnalidalle subculture giovanilidel pianetaterra Milano, Angeli, 1983 pp. 218, lire 12.000 Carlo Bondi Vitada rock. Viaggiotra i gruppi musicaligiovanilidi Bologna Milano, Angeli, 1984 pp. 178, lire 12.000 Clizia Gurrado SposeròSimon Le Bon Milano, Editrice Piccoli, 1985 pp. 94, lire 5.000 Relazionferaleartie lapoesia Questo scritto di Gilio Dorfles, Francesco Leonetti, Emilio Tadini, in collaborazione, che è cominciato conversando insieme nello Studio Marconi il 20 maggio '86 (sul libro e sulla mostra di Dorfles) è composto di materiali diversi, come i titoli spiegano, per l'uso del lettore e per un seguito eventuale. Poesie, disegni, saggidi Dorfles Francesco Leonetti D orfles è uno dei maggiori autori oggi di teoria delle forme inventive, come si sa. Ed è indefinibile nei modi che ha trovato per questo. C'è come un'immensa gara o scommessa, misteriosa in fondo: può riuscire un artista a compiere qualche operazione che Dorfles non ha descritto già? (così si chiedevano negli anni scorsi i miei allievi a Brera) o può Dorfles descrivere anche quest'altro oggetto o comportamento artistico o largamente estetico, e così consacrarlo, e togliergli insieme la punta? Certo è più intrigante e demoniaco lui stesso Dorfles che ogni artista, nei suoi libri ... E certamente, è anche critico di opere, di movimenti, di stili. Ma l'arte è per lui non un campo di studio; è piuttosto l'argomento di un saggismo teorico inventivo. (Come già per il primo Nietzsche. Come talora. per Merleau-Ponty. Come per Adorno. E oggi per Deleuze, forse, e per Ha- , bermas diversamente, oltre che per Dorfles; e non so bene chi più metterci). Non dunque di un esercizio aggiunto di un critico o storico, per verificare in proprio il processo genetico di un'opera, o per crescere in altri modi la conoscenza critica, si tratta qui. E, come si sa, Dorfles nel Cinquanta ha agito in un movimento di ricerca artistica; e alcune sue poesie stanno in una scelta straordinaria di Sergio Solmi. Ora qui c'è Tadini antologista che all'interno del libro parte, per i suoi appunti teorici, distintamente, dai saggi o scritti, e dai dipinti' e disegni, e dalle poesie; facendo sempre centro. Il libro di Dorfles è intitolato Materiali minimi (1938-85); introduzione e note di Emilio Tadini; editore: Taide, Salerno, 1985, pp. 86, lire 20.000. A me pare che si debba dire che Dorfles ha dietro il grande principio kantiano, relativo al gusto che è in tutti, e relativo al «genio» del- . l'artista come quello che si dà le sue regole (come la natura) e non le sa fuori dalle opere... Non è forse questa la prima idea del «nuovo»? Ma centrando la propria attenzione infinita nei paraggi e nei meandri dell'arte contemporanea, e a furia di battere vicoli e gallerie e stanzette artistiche, musicali, teatrali, Dorfles ha tenuto sempre chiaro il suo nucleo in un concetto di «asimmetrico». Bellissimo. Più maturato recentemente. Io lo Settembre 1986 Numero 38 Anno 4 Lire 5.000 Tadini, che ha una certa elementarità, una certa pulsionalità, e un grottesco proprio ... (E anch'io, fra parentesi, mi muovo così). Dunque ecco il carnevalesco, il difforme, il basso, lo scurrile, il fantasioso, il fanciullesco infame, in questi testi-esempi di ·oorfles, che poi riparte a preferenza nel saggio... Sta piantato però con evidenza estrema nelle avanguardie fondamentali, espressionismo, surrealismo, con movenze bellissime. E ciò che oggi mi stupisce e m'induScienza Esperienza L'intelligenzae l'analocia Mauro CerutimtervistaDouglasR. Hofs'iiìdter Dossier Dopo la 180 i dati della prima indagine sull'assistenzapsichiatrica in Italia Donne e scienza Testidi: ElisabettaDonini, EvelynFox Ke/Jer,LauraFrontali,Marina Frontali,ElenaGa~/ia.no.MargheritaHack, PaolaM. Manacorda, Luisa Jfllraro, Sifria VegettiFinti In tutte le edicole e nelle migliori librerie dal l" settembre EdizioniMedia Pressesrl - Via NinoBixio,30 - 20129Milano prenderei per una definizione di tutto ciò che è proprio del Novecento; leggiamo: «La simmetria è rassicurante», l'Asimmetrico «è un diverso equilibrio» (p. 32). Il genio moderno opera dunque per il nuovo in una misura relativamente squilibrata, non armonica e non ordinata. E a ciò si lega il cervello di Dorfles; più precisamente, egli esperimenta qui e ci dà il suo proprio Asimmetrico in alcune «forme». Sono d'accordo esattamente con ciò che Tadini scrive: «Si potrebbe parlare di espressionismo e anche con curiose anticipazioni di esperienze attuali, proprio dell'ultima ora» (nel potente p~riodo di Dorfles del '38-40). E anzi Tadini, l'altro e milanese, artista-scrittore-critico, dice: «Forse, espressionismo grottesco>: (che è la definizione di Bachtin per un versante che per Sklowski è piuttosto «parodico»). Sono terreni in cui si esercita, pur ce amor critico è che qui il senso letterale viene per primo ... Come dice Eco di recente «con ferma convinzione», prima c'è il senso letterale, poi tutti gli altri, nella polisemia. Ed-è stato così nelle avanguardie storiche. Da vent'anni una certa tecnicizzazione dei semiologi cattivi, e una certa psichizzazione del linguaggio, presso i lacaniani, ci ha spinti all'incomprensibile, e al mitografico a cui stiamo ora arrivando ... Aborro quel luogo enfatizzato dell'incontro teorico fra Jakobson e Lacan nel Cinquanta, che su poco si regge ... Meglio tornare all'interpretazione. Nel libro di Dorfles il gruppo di poesie è qui tutto del '44-47:data in cui comincia presso Montale La bufera e altro con la sezione intitolata «Flashes e dediche». Montale ha già spostato a sé, al suo timbro e al suo senso, moltissimi modi e interiezioni e versi d:gli espressionisti vociani. E qui stanno a questo punto varie parole, per esempio nelle prime poesie «bruscale» e «trappoli» e «carpitelli»; e più oltre: «nell'ombra che m'inzebra» ... È fondamentale un proluh)miiento dell'espressionismo poetico; certe parole sono piuttosto montaliane; e ci sono altre componenti: la freschezza di Salmi, per esempio: «e non frastuono di scheletri (... ) dolci seni invece». Tutta la vita è detta così. E c'è il gioioso lubrico, e quello atemporale d'infante; per esempio: «Perché la barba caprina / puncica così le mie guance?». È Dorfles infante coccolato ancora. Dunque questi sconfinamenti di Dorfles, incursioni, scatti, sono passaggi elaborativi da un emisfero all'altro, dentro l'apparecchio cranico suo: certi fili nervosi si arrotolano su un rocchetto invece che sul dominante (per adoperare la biosemiotica a cui giunge Lotman stesso) ... E ci segnala perfettamente che il confine è labile o sbagliato; sussiste una grande mobilità fra gli emisferi del nostro cervello; forse occorre svilupparla, farsi tutt'insieme saggisti, artisti e scrittori, e scienziati (come già nel Rinascimento). Ma, certo, secondo l'Asimmetrico. Unarispostadi GilioDorfles a un quesitodi F. Leonetti F.L. Vorrei, a proposito di ciò, cominciare a porre a Dorfles e a Tadini una domanda. Come mai si differenzia oggi maggiormente, rispetto anche al Sessanta, il visivo dal verbale e dal sonoro, l'arte dalla letteratura e dalla musica? In tanti casi. Forse il nesso è più ,laborioso perché c'è stata una sofisticazione dei linguaggi? O perché meglio l'arte può vertere nel multimediale, e rendere al mercato, che fra poco ci mangia? Certo Gilio ha fatto così bene l'uno e l'altro perché è più cresciuto di noi; Tadini se ne è tormentato, pur dentro le sue grandi riuscite. Oggi il rapporto fra scrittori e artisti è, direi, incerto. E non dobbiamo rimetterci insieme a discutere con argomenti comuni, anche se oggi ciascuno lavora più solo? Gilio Dorfles. Arduo, davvero, dire se, e perché, oggi ci sia tanta disparità e incomunicabilità tra letteratura, musica, pittura. Ma c'è poi davvero questa disparità e incomu~ nicabilità? Alcuni - pochi - casi: Sanguineti, Berio, Sciarrino, Pier'Alli, Bussotti, Chiari, Kagel, Schehel ecc. farebbero pensare il contrario. Putroppo si tratta di eccezioni e la ragione della cesura tra le diverse arti è sempre la stessa: diseducazione da un lato, consumismo dall'altro. Pittura e scultura seguono ormai le leggi del mercato che la musica (seria, ovviamente, non quella «di consumo») non segue. La poesia - che, per sua fortuna, è essa pure libera dalla lusinghe della mercificazione - è, peraltro, molto lontana dall'universo della Visualità (ad eccezione degli esempi troppo infidi e parcellari dei poeti-visivie concreti). Forse i poeti dovrebbero avere più dimestichezza con le arti visive e i pittori dovrebbero finalmente imparare a parlare e a scrivere. O forse, in definitiva, - come Leonetti ipotizza-è proprio quella mostruosa Entità che va sotto il brutto neologismo di Multimedia la vera responsabile di molte confusioni e di tanta atrofia dei diversi linguaggi artistici. Gli stupefacenti - ma vacui - trucchi ottenuti col mixer, col chroma-key, coi suoni elettronici, con i graphic-computer, hanno castrato gli sforzi della manualità artistica. Ma forse non è detto che non li stimolino in un secondo tempo. Non mi stupirei se l'età elettronica lasciasse presto il posto - una volta distrutte tutte le diavolerie nucleari - a un nuovo artigianato a base di argilla e ad un «parlare per simboli», caratteristico di quella «seconda lingua» che già Vico aveva indicata come «rispondente all'età degli eroi». Per quanto, poi, mi riguarda personalmente: sono stato costretto a scindere le mie «attività creative» (che avrei preferito mantenere unite) per dare credibilità almeno ad una di esse; forse senza riuscirci ~ ugualmente. Ma, si sa, nel nostro r::s paese quello che conta è l'etichet- -5 . ~ ta: o si è pittori o poeti; e pmttosto c:i.. che risultare ufficialmente un me- se ~ diocre poeta o un mediocre pitto- ....,. re, ho preferito cercare di risultare ~ almeno un passabile e «attendibi- É le» critico d'arte (in grado, dun- ~ <:I) que, di criticare anche me stesso). .., gg F.L. Aggiungo una mia precisa- ~ zione; e propongo a Tadini, che è ~ il solo autore, o il più implicato e l importante, nei due territori confj- ~

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