Alfabeta - anno VIII - n. 88 - settembre 1986

L a gente simette in coda sotto il sole nella piazzetta affacciata sul Canal Grande e guarda l'insegna «Futurismo e Futurismi», che campeggia vicino all'ingresso, con timida subalternità. Il vecchio Palazzo è riemerso dai restauri splendente di rosa marmorino, seguendo tecniche antiche. Il rosa sarebbe la tonalità dominante della Città, come pubblicizza il depliant della mostra, stampato dal quotidiano torinese distribuito nei treni, e dunque dal personale statale(!), nel tam tam promozionale ad uso della Fondazione Agnelli. L'edifi- \ cio appare in effetti rimesso a nuo1 vo. La plastica facciale lo garanti- < sce ora dagli anatemi di Marinetti < contro la Serenissima, contro il ' passatismo delle sue pietre fradice ' di acqua marcia, contro le case 1 crollanti e lebbrose, contro le isole trasfigurate nell'imagerie arditesca in mucchi di sterco abbandonati da lontani mammouths. E i video all'interno delle sale cantano epinici alle ditte e ai cantieri che in meno di un anno hanno dotato la sede di impianti futuribili per la sonorizzazione, la climatizzazione (umidità mantenuta costante al 50 per cento), per le garanzie antifurto e antiincendio, queste ultime quanto mai urgenti dato il valore assicurativo delle opere prestate dalle massime collezioni d'arte del mondo e vista la frenesia incendiaria del movimento ospitato. C'è una certa hybris, però, nell'innografia rivolta ai nuovi padroni, alla Fiat_nascosta e pur visibile nella festosità inaugurale, simile ai Principi rinascimentali che siglavano ai bordi delle Pale la loro munificenza culturale. C'è troppa hybris e si pensa allora alle vicende della Storia, ai sussurri e le grida che hanno attraversato pure questo palazzo, messo su, nel '700, da appaltatori di olio e di sale che vi sperperarono il patrimonio nello spreco rococò, divenuto poi Hotel austriaco nel tempo della sudditanza asburgica, e poi ancora comprato dagli Stucki agli albori del nostro secolo, ossia da un gruppo economico coinvolto nello sviluppo del polo industriale di Marghera, e infine riciclato dai Cini e dai Marinotti, dalle lobbies emergenti ed egemoniche. Passato dalle industrie tessili, dalla Snia Viscosa agli Agnelli e ai loro consociati, il Palazzo Grassi sembra offrirsi così ai cicli misteriosi delle Ascese e Cadute di successivedirigenze, ai corsi e ricorsi che rendono provvisorio qualsiasi potere. Senza riandare a memorie bibliche, alla Babele in chiave tecnologica o a Sodoma in versione asettica e computerizzata, senza scomodare plots hollywoodiani sul tipo Inferno di cristallo, basterebbe soffermarsi in raccoglimento davanti al quadro di Balla che invia sinistre profezie all'inizio della mostra; qui, un vecchio portone logoro, ripreso·dal basso, scarabocchiato e insudiciato da scritte di gesso, motiva il titolo Fallimento che i trionfanti allestitori hanno posto con ebbra cecità a fianco della tela. Ma per adesso questi lugubri indizi paiono lontani. Il portone di • Palazzo Grassi è rutilante di solidità traslucida. Del resto, la folla che attende il suo turno è disciplinata e obbediente, ben diversa dalle tuLacontromostra delfuturismo multuanti masse che dalle pareti aizzano alla trasgressione. Niente Funerale dell'anarchico Galli di Carrà, niente Rissa in Galleria di Boccioni, niente Rivolta di Russolo, questa è gente venuta da altre interminabili e mute code, dai Bronzi di Riace o dagli autografi di Leonardo, disposta a farsi insultare dai giovani disoccupati, dai novantisti che il Comune rovescia in simili occasioni a custodi accigliati delle sale, non appena qualcuno sfiora una tenda o traffica vicino ad una finestra, magari dimenticando che gli infissi sono bloccati come nei treni svizzeri ad aria condizionata. Quando la porta finalmente si apre, dopo un tramestio minaccioso di serrature e chiavistelli, e i visitatori sfilano all'interno a capo chino, con mesto sussiego quasi penetrassero un limen sacrale, più moschea che bazar di provocazioni goliardiche (e si tratta di futurismo), c'è un fresco silenzio che accoglie i clienti. Negli spazi ovattati dalla ricchezza non risuona più lo Zang Tumb Tumb scostumato e guerriero, né l'accidioso Clòp, clop, Cloch palazzeschiano, e nessun pittore di quelle avanguardie iconoclaste schizza fuori col suo dipinto infilato in testa gridando Runio Ciac/a rimirì. Le opere ora stanno sui pannelli di gesso, e si devono ammirare a distanza. Questa gente allora sprofonda sui divanetti di pelle, con attitudini un po' passatiste e crepuscolari, prima di accingersi alla marcia culturale nei labirinti ben inventariati della Esposizione. Paolo ,P ppa : O vviamente, per un'utenza tanto poco ardimentosa si spalancano trincee confortanti, oasi di benessere e ristoro: tutto il mezzanino è magicamente trasformato in caffettiera accattivante, in salottini per fumatori dove il coté Beaubourg si declina tra mollezze settecentesche e qualche bautta pare aggirarsi nella straniata atmosfera da modem style. Tale stratificazione geologica di ere, una simile contaminazione di maniere decontestualizzate si prefigura nell'incipit dell'itinerario, nell'atrio dove sono esibite due automobili, una Bugatti biposto, e una Fiat Phaeton degli anni '10, a due passi dalla riva sul Canal Grande, Giuseppe Penone, 1969 mentre in alto, col muso che sfiora le arcate antiche, sono sospesi due velivoli dell'epoca, in un surreale scenario Pop. L'elogio del Principe è assicurato in tal modo fin dalla sineddoche di partenza, giustificata· filologicamente dagli idoli modernisti del movimento e l'ideologia ossessiva del trasporto meccanico celebra già nella prima stazione della Mostra la committenza torinese. Il viaggio nel futurismo e nelle sue varie rubriche retoriche (premesse, sviluppi eroici, aree collaterali, confronti con altri ismi coevi o con variabili di paesi stranieri, e finale assorbimento verso il decorativismo naiJ nel periodo del Concordato e della svolta del fascismo a regime) procede così a mo' di lussuoso e patinato catalogo che cita tra virgolette immagini e sberleffi, utopie e trouvailles avanguardiste verso il suo télos coerente, il box shopping dove stilisti di moda riciclano le forme innovative nel consumismo cinico, e deideologizzato di questi incruenti anni di piombo. ·E la stanzetta colorata; sovraccarica di borsette e sciarpe, di panciotti e scarpine, di comodini e servizi da thè, di paraventi e portacarte, objets firmati da Prampolini, Depero e .Balla, e dei primi manifesti pubblicitari a favore di liquori digestivi, prelude, nel disegno dell'accorta iniziativa, a spoliticizzare del tutto i gesti parodici e convulsi di questi antenati del Nuovo, individuando in costoro soltanto i pre- .cedenti cenciosi e artigianali degli attuali Missoni, Gucci e degli altri brillanti esportatori del superfluo. La nostra attuale Bauhaus consacra qui astutamente una sua nobile genealogia dove l'antica voluttà del dissenso e il disprezzo per il vecchiume, il massaggio del messaggio e l'épatement sistematico ridiventano meri pretesti del marketing. Il Museo svela il suo volto bonario e un po' meduseo di Mercato universale in cui più che conoscere si deve poter riconoscere la merce valore/prezzo in un gioco accorto di marche ed etichette. Urge allora una ControMostra futurista, in cui i prodotti esposti possano ridiventare contraddizioni oggettive recuperando lo spessore aperto e confuso di segno storico, di sintomo generazionale, di progetto diverso. Non avendo a disposizione i mezzi economici della Fiat, mi permetto di indicare alcuni percorsi sotterranei che si possono tra l'altro ricavare agevolmente dagli stands di Palazzo Grassi spostandone gli indici e le rubriche. l) Futurismo e Sogno: la camera di Marinetti, sita nel Palazzo di via Senato, dove il.fondatore avrebbe miticamente composto il Manifesto, poi uscito sul Figaro del 20 febbraio 1909, dovrebbe essere esposta nell'atrio e non nell'ultima stazione del piano centrale. Questa Scena primaria, stipata di tappeti, di armi esotiche e di legni intarsiati, un po' À rebours e un po' Vittoriale, luogo claustrofobico e decadente celletta, ricostruita dagli allestitori in una sorta di serra cimiteriale fruibile attraverso piccoli oblò di vetro da.parte di turisti guardoni, dovrebbe contrassegnare la partenza dell'intero movimento, quale esplicita opzione onirica nonostante l'apologia dell'Aperto,· del Reale, del Vivo, nonostante la . fobia del Chiuso, del Nascosto. E subito dopo, ecco i primordi liberty, le Discese nel Maelstrom di Previati, i Ricordi di una Notte di Russolo, gli incubi di Kupka, le Francesche languorose dai capelli serpentini che legano i tanti Paoli usciti dai bric à brac d'annunziani, a minarne l'energia virile, a inibirne le istanze eroicizzanti. Sdoppiamenti, frantumazioni di un corpo schizoide, sagome allucinanti, oggetti animizzati sono i corollari di un'emersione del Notturno e del Femmineo, di una sensibilità febbrile ed estenuata che trova negli Addii, negli Stati d'animo morbidi e sinuosi di Boccioni il momento climatico, Questa sezione porta il titolo: Omaggio a Weininger e dovrebbe illuminare la misoginia esplicita dei futuristi dopo, i loro patetici impulsi a solidarizzare e fraternizzare in militanze maschiliste dal sapore vagamente omofilo. 2) Futurismo e Movimento: questa zona non si aprirebbe con le cronofotografie di Marey e di Muybridge, né coi fotodinamismi di Bragaglia, o con le ricerche di Balla e i suoi smontaggi di cani al guinzaglio, di mani di violinisti, di fanciulle al balcone, né ancora coi Nudi che scendono scale di Duchamp. Tutto ciò fa parte infatti dell'effetto, non della causa. La decelerazione della percezione implica la sua accelerazione, una volta scoperta una nuova prospettiva sul Mondo grazie al movimento assicurato della Macchina o dai suoi precedenti animaleschi. E dunque i Cavalli da un lato, e i tram, i treni, le carrozzelle, i camion dall'altro, per arrivare all'aereo e all'automobile quali strumenti elitari e aristocratici di onnipotenza di verticalità sul vissuto. Le compenetrazioni iridiscenti, le vibrazioni prismatiche, i contrasti simultanei, le sinestesie, i ritmi plastici, insomma la dinamizzazione dell'immagine, denuncerebbero qui la loro matrice pesantemente naturalistica e mi- ~ metica, quale risultato di un oc- (::! chic-corpo velocizzato dalla Mac- -~ china. Orfismi e dionisismi, intuì- Cl.. zionismi e pragmatismi, ossia la ~ miscela filosofica del Gruppo, ver- ....,. rebbero ridistribuiti a seconda dei ~ -e mezzi di locomozione usata. Al centro di tale «capitolo» darei E ~ <u "' gg più risalto alla foto dell'incidente d'auto di Marinetti, un po' mimetizzata tra i materiali d'archivio ~ ~ esposti nelle bacheche, e che meri- ,u -e terebbe :viceversaun maggior risa!- ~ ~ to. Il titolo della sezione potrebbe (::!

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