Alfabeta - anno VIII - n. 88 - settembre 1986

P ubblichiamo il nastro - per ampi stralci - del dibattito intitolato «Riprendiamoci la vita, la terra, la Luna, l' abbondanza. 1986fra pericoli di guerra e catastrofi nucleari», svolto il 3.6.1986 a Siena e organizzato dai Collettivi studenteschi dell'università di Siena, e al quale hanno aderito Rosanna Ceri del Manifesto, Laura Conti del Comitato scientifico nazionale della Lega ambiente, e il fisico Stefano Ruffo della Lega scienziati per il disarmo. Angelo Baracca e Francesco Leonetti, invitati, non hanno potuto partecipare al dibattito. Introduzione Collettivi studenteschi dell'Università di Siena La pericolosità del nucleare, anche se usato a ••• scopi pacifici, non era·im mistero per nessuno; ma tale scelta era stata da sempre, in Italia come altrove, giustificata da varie argomentazioni: la maggiore economicità del nucleare rispetto alle altre fonti energetiche (ma quanto si spende in realtà per la costruzione della centrale, delle infrastrutture, e per l'immagazzinamento delle scorie, nonché per il trasporto del combustibile?) e la possibilità di creare nuova occupazione nel campo della tecnologia nucleare (ma si sa bene che il rapporto tra nuovi posti di lavoro creati in questo settore ed il livello di investimenti necessari è molto basso e che invece lo sviluppo di fonti di energie rinnovabili e tradizionali indurrebbe un'occupazione molto maggiore). Ciò che i filonucleari non dicono è che l'energia prodotta dalle centrali atomiche rappresenta solo il 3 per cento dell'energia necessaria, mentre le energie «pulite» - solare, idrotermica, geoelettrica, eolica - possono coprire gran parte del nostro fabbisogno energetico nazionale. Il disastro di Chernobyl ha segnato un punto di svolta tra opinione di massa e il problema del nucleare. Se fino ad oggi i gruppi ambientalisti parlavano ad una società in larga parte sorda, sforzandosi di dimostrare la realtà dei propri timori e la concretezza delle alternative possibili, oggi, dopo che una catastrofe avvenuta a migliaia di chilometri ha dimostrato di poter condizionare pesantemente la nostra vita quotidiana, sta ai difensori del nucleare argomentare le' proprie opzioni, sta ad essi spiegare quali ragioni economiche inducano a rischiare la vita nostra e delle generazioni che verranno per produrre energia in questo modo. Noi crediamo che essi possano dimostrare solo il livello di cinismo raggiunto dai nostri governanti, l'abbassarsi del valore della vita umana quando esso sia misurato sul metro del profitto e quanto sia aberrante una scienza subordinata agli imperativi della crescita capitalistica. Ha dichiarato Carlo Formenti della direzioné di Alfabeta: «... il nucleare è guerra allo stato puro, morte astratta e insensata, sia che provenga da una testata, sia che si sprigioni dalle centrali per lo sfruttamento pacifico dell'energia atomica. Le une come le altre sono il risultato di un processo di militarizzazione della scienza e della tecnica che ci fa vivere in uno stato permanente di emergenza bellica». Non possiamo che sottoscrivere pienamente questa presa di posiSullanube zione, ma vogliamo evitare il pericolo che in futuro, anche attraverso l'azione esercitata da quei partiti che frenano palesemente la socializzazione di tale problema, si difenda la logica che si sintetizza nella frase: «Perché discutere, denunciare, mobilitarsi, lottare, tanto è tutto inutile». Noi intendiamo sottrarci a questa logica affermando che siamo noi e soltanto noi ad avere il sacrosanto diritto di decidere se essere padroni dell'universo, ma senza un futuro, o difendere invece la nostra funzione più elementare, quella di respirare. È per questo che come collettivi aderiamo e sosteniamo i tre referendum abrogativi antinucleari e nel contempo riteniamo perdente la logica attendistica di chi rimanda a fumose conferenze nazionali e referendum consultivi la soluzione di problemi così fondamentali. Il dirittodi sapere Rosanna Ceri Sul numero di maggio-giugno 86 della rivi- • e e sta Oasis che si occupa di problemi ambientali, c'era un articolo molto interessante che riportava i dati di uno studio su alcune aree verdi della Germania federale colpite dalla malattia delle piante, che fino ad oggi era attribuita a eccessi di produzione di ossidi di azoto e di zolfo. Ci si è accorti invece che le zone delle foreste più colpite da questa malattia delle piante erano quelle che si trovavano sottovento rispetto a due centrali nucleari e i danni erano tanto maggiori quanto gli alberi erano più vicini alle centrali. Questo per dire che u·nacentrale nucleare che funziona «tranquillamente» crea, anche se in modo meno evidente, altrettanti problemi di una centrale nucleare che va in avaria. Si arriva così a un paradosso: da una parte Chernobyl ci fa paura perché la nube ce la siamo sentita addosso, perché l'insalata non l'abbiamo mangiata, perché ora arrivano notizie che ci spaventano dalle Marche o da Como, avvertendoci che lì in fondo qualcosa ancora non funziona, che le notizie sono arrivate, che non si è saputo granché quando era il momento; dall'altra bisognerebbe ringraziare Chernobyl che per lo meno ci costringe a discutere di questi problemi. [... ] Non è tanto il nucleare in quanto «pericoloso» che ci deve far paura, ma il nucleare in quanto tale, anche quello di cui diciamo che «tutto va bene»; non solo perché si è a sua volta rivelato pericoloso, ma anche perché la scelta nucleare solleva temi che riguardano la qualità della nostra vita, il modello di sviluppo che ci proponiamo. !'ereJoseph Kosuth, 1970 dità che lasceremo alle future generazioni. E in quanto giornalisti il problema che è collegato alla scelta nucleare è il problema della menzogna. Menzogne che l'Enel ci ha raccontato quando ha parlato dei fabbisogni energetici fino al 1990; me9.zogneche ci sono state raccontate al momento in cui è arrivata la nube radioattiva, quando non si sapeva cosa dovevamo fare, se i bambini potevano andare fuori, se le donne incinte dovevano abortire. Quindi secondo me il problema è il diritto della gente di sapere queste cose, il diritto di capire cosa sta succedendo. Non so se avete letto l'articolo su Repubblica (non ricordo esattamente il giorno) che riportava la descrizione della donna ucraina che stava a 18 km. da Chernobyl e che aveva visto tutte le girandole nel cielo, con i bambini che uscivano fuori o venivano portati alla finestra per guardare questo spettacolo. Con lei che diceva di essere andata a letto felice, sperando che il giorno dopo la cosa si sarebbe ripetuta. Con che paura, con che ansia ognuno di noi ha letto queste cose pensando che potevano succedere a noi, pensando che quella gente era là fuori a beccarsi dosi spaventose di radiazioni senza sapere assolutamente niente di quello che succedeva. Allora io dico che la gente, da qui in avanti, deve avere il diritto di sapere la verità, deve avere il diritto di sapere esattamente quello che gli succede e anche deve avere il diritto di potersi esprimere, per questo credo che chi parla oggi di referendum consultivo forse gioca un po' con le parole. Io credo che oggi la gente debba avere il diritto di dire sì o no su questi problemi perché sono problemi che investono le future generazioni ed è un'eredità che non ci possiamo permettere di lasciare a nessuno. Realismoe consumi Laura Conti N ei primi giorni dopo Chernobyl mi è capitato di salire su un taxi mentre l'autista discuteva col passeggero che era appena sceso e stava pagando. «Caro signore-dice il passeggerose lei non vuole il nucleare, evidentemente vuol ridursi a lume di candela». Allora questo autista gli risponde: «Guardi, io preferisco accendere la candela perché il mio bambino sano ha paura del buio piuttosto che accendere una lampada elettrica al capezzale di un bambino malato di leucemia». Questo episodio mi ha suscitato la seguente riflessione: da molto tempo noi ambientalisti andiamo dicendo che occorrerà ridurre i nostri livelli di consumo e in particolare di consumo energetico; e non è che questa asserzione abbia suscitato entusiasmi: la si accoglie dicendo magari che è vera, però non la si accoglie volentieri. Forse dopo episodi tipo Chernobyl e i recenti casi d'inquinamento delle acque le cose cambieranno. La gente ha vissuto situazioni deprimenti: mangiare la verdura non si può, bere il latte non si può, bere l'acqua non si può, bere il vino non si può, e poi adesso si incomincia a dire piano con le uova, piano con la carne di coniglio, e poi si viene a sapere che nelle Marche vietano la carne di pecora e di capra (questo significa che in futuro, quando i vitelli avranno mangiato il foraggio di quest'anno, si dovrà andar cauti anche con la carne di vitello). È come se le cose che davano sicurezza e conforto (perché, non neghiamolo, il cibo dà anche sicurezza e conforto) fossero improvvisamente diventate minacciose. Quante volte la mamma dà un po' di latte al bambino per consolarlo? No, ora non glielo deve dare, deve guardare la data, è una situazione deprimente, da cui si potrebbe trarre questo messaggio: vedete, il sistema in cui abbiamo vissuto finora, che ci ha dato tante gratificazioni, è lo stesso che ci imprime queste depressioni, vi si fa toccar con mano che il corrispettivo di un certo consumismo è un abbandono delle cose più semplici, più tradizionali, che ci davano da vivere e che anche ci offrivano un senso di conforto. Quando la gente capirà questo, anche il ragionamento sulla necessità di ridurre certi consumi potrà essere accettato più volentieri. [... ] La settimana scorsa il congresso regionale del Partito comunista in Lombardia ha approvato a larga maggioranza una mozione che chiede la chiusura immediata della centrale di Caorso. Ma questo non basta: chiudere le centrali nucleari non è un gran sacrificio, perché, oggi come oggi, esse coprono l'un per cento del fabbisogno energetico del nostro paese (e se si attuasse il piano approvato, le centrali elettriche da costruire non credo che arriverebbero al 5%; la situazione è diversa in Francia e in Germania, dove il nucleare copre parte notevole del fabbisogno energetico, mentre a livello mondiale, tuttavia, non si supera il 15 per cento). Il nucleare non può dare altro che energia elettrica, ma la più grande quantità di energia non viene spesa nella forma di energia elettrica, bensì per il riscaldamento e per i trasporti. Nel riscaldamento si potrebbero fare molte economie senza vivere al freddo: intanto si potrebbe adoperare tutto il calore residuo delle centrali che producono energia elettrica; ma il risparmio può venire soprattutto da soluzioni razionali del problema dei trasporti; e una soluzione del problema dei trasporti attuata in modo da risparmiare energia offrirebbe molti altri vantaggi ambientali. F accio solo un esempio: conti- ~ nuare a sviluppare l'autotra- c:::s sporto di merci, oltre a consu- -5 ~ mare molta energia in confronto al trasporto per via d'acqua o su fer- ~ rovia, richiede una vasta imper- ...... meabilizzazione del territorio. A ~ Milano, che è un nodo dove arriva- 1 no e da cui partono molte merci, ~ c'è tutta una costellazione di deser- ~ ti asfaltati per accogliere i Tir, per gg smistarli; una enorme estensione i.:: di territorio viene impermeabiliz- ~ zata per la costruzione di strade, 1 autostrade e piazzali. Ebbene; ~

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