Autori vari ~Intelligenzaartificiale» Le Scienze, Quaderni, 25 settembre 1985, lire 7.000 Luciano Gallino Mentecomportamento e intelligenzaartificiale Milano, ed. di Comunità, 1984 pp. 542, lire 6.000 A. Ponzio, M. Bonfantini, G. Mininni Perparlaredei segni Bari, Adriatica editrice, 1985 pp. 542, lire 25.000 L udwig Wittgenstein aveva espresso in anni non recenti, quando gli studi intorno alle intelligenze artificiali erano solo adombrati, la felice intuizione secondo cui per poter attribuire a una macchina una intelligenza di tipo umano essa doveva disporre anche di _uncorpo umano (cfr. «Intelligenza artificiale», Le Scienze n. 25, '85, p. 8). Se si analizza questa affermazione ci si riporta immediatamente ad altri due concetti ad essa congiunti. Il primo considera quanto c'è di specificamente umano e di biologicamente determinato nella nostra comprensione degli oggetti e dei concetti esterni alla mente; è attraverso l'apparato sensoriale umano che noi preleviamo la materia prima sulla quale elaboriamo ed estrapoliamo i concetti, deducendo, inducendo e abducendo con performances condite dal sapore dell'intelletto. Il secondo concetto chiarisce che per creare una intelligenza artificialmente umana diviene necessario creare anche un sistema artificialmente umano, capace di riprodurre l'uomo in tutte le sue specifità, da quelle bioneurologiche a quelle psicologiche. Infatti è solo da un tale insieme che può scaturire la nostra intelligenza. Gli studi di intelligenza artificiale hanno dovuto continuamente fare i conti con il monito di Wittgenstein. Simile continuo commercio ha dato vita a due diverse impostazioni di ricerca. La prima ritiene valido affermare che le funzioni della mente umana possano artificialmente essere traslate all'interno del computer. Viene quindi rifiutata la riflessione wittgensteiniana e si tenta di ricondurre tutto a meri problemi tecnici di hardware e software. In questo senso un buon hardware dovrebbe riuscire a contenere e sopportare softwares capaci di emulare perfettamente i comportamenti intelligenti del nostro cervello, soprattutto quei processi di invenzione e creazione che sembrano segnare la differenza e lo specifico, il di più, dell'umano. La seconda impostazione conclude invece in pieno accordo con Wittgenstein, ritenendo irriproducibile la mente umana con strumenti non idonei, che non siano cioè umani. Essa saluta l'avvento della intelligenza artificiale come vera e propria fondazione di un'altra intelligenza. E si spinge oltre. Ritiene ugualmente non umana un'intelligenza sorta da una copia biologicama artificiale dell'uomo. Ammesse e non concesse le capacità dell'uomo di costruire e riprodurre alla perfezione se stesso in maniera artificiale, tali prodotti inTrasformisti - ì - - - e compQfgz1on1st1 telligenti dovrebbero nuovamente essere bollati come intelligenza altra, non umana. Posizione curiosa e nel contempo molto stimolante, tanto da ricordare un vecchio problema letterario di Borges: Pierre Menard che riscrive tre secoli dopo il Don Chisciotte di Cervantes esattamente come era scritto. La riproduzione, in quanto e perché tale, non potrà mai dirsi eguale e indiscernibile dal testo di Cervantes: è un altro testo del Don Chisciotte. Con arguzia e sottile ironia Borges riflette sugli stessi temi che attanagliano gli studiosi di logica dei mondi possibili, con particolare riferimento ai problemi di identità tra mondi. L a prima delle posizioni summenzionate è la più datata. Si rifà prii:icipalmente a Minsky e al concetto di frame. L'autore ritiene il frame uno strumento sÙfficientemen.te adeguato per poter spiegare alcuni fondamentali funzionamenti della mente umana, nonché altrettanti fondamentali funzionamenti della mente artificiale. Non è necessario tracciare linee divisorie tra i processi della mente naturale preposti alla comprensione e gli schemi utilizzati per la costruzione e il funzionamento di una macchina intelligente. Secondo questa posizione le operazioni della intelligenza naturale possono essere trasposte e artificialmente riprodotte all'interno del computer. Il solo ostacolo consiste nel fatto che per costruire una macchina intelligente le nostre coMario Merz, 1969 noscenze tecniche sono ancora piuttosto deboli. Ma per quanto riguarda le speculazioni teoriche e il modello di applicazionepon devono sorgere preoccupazioni. Quest'ultimo infatti è bell'e pronto, e da secoli per di più, è il nostro cervello. Recentemente, da alcune discipline come la bioingegneria e la biochimica, sono giunte alcune smentite al tipo di impostazione ora descritto. Due studiosi americani, McCulloch e Pitts, pubblicarono nel 1943un saggio che tentava di concepire il funzionamento dei neuroni alla stregua di altrettante porte logiche. Il neurone così concepito eseguiva comportamenti sinaptici adeguabili ai normali comportamenti di un computer a logica binaria. Attraverso il bottone sinaptico, l'assone, e poi il dendritre, il neurone poteva solo ricevere o non ricevere, scaricare o non scaricare informazioni chimiche. Così, l'intero software del nostro cervello veniva ricondotto alla base di semplici operazioni di logica binaria (sì/no; aperto/chiuso: cfr. Mente comportamento e intelligenza artificiale, p. 29). Se l'approccio di McCulloch e Pitts fosse esatto i prodotti più elevati e sublimi del nostro cervello non sarebbero altro che complessificazioni indefinite di tali operazioni logiche elementari. Contro McCulloch e Pitts, e quello che in seguito venne definito l' «approccio computazionale», si stanno muovendo alcune delle discipline sopra menzionate. E perlomeno in questa direzione sembrava procedere il senso dell'intervento che Luigi Agnati, biochimico dell'università di Modena, ha tenuto su tali argomenti durante la tavola rotonda a Milano il 17 aprile 1986,promossa dal club Psomega e intitolata «Le basi biochimiche dell'atto mentale dell'inventiva». Agnati ha ripreso proprio la definizione dei due studiosi statunitensi per confutarla. S embra infatti che le informazioni, le scariche sinaptiche che avvengono tra neurone e neurone, non si conducano attraverso lo spazio interneuronale con modalità assimilabili alla elementare logica binaria. Il «neurone formale» inventato da McCulloch e Pitts risulta una semplice e semplicistica astrazione, una spiegazione inadatta a illustrare quanto in realtà avviene all'interno del sistema nervoso centrale. I messaggi chimici e le linee di informazione che possono essere sintetizzate da un terminale presinaptico per la sinapsi vera e proprio sono, se qpn proprio numerose, perlomeno molteplici. Si dovrebbe quindi pensare a fasci paralleli di informazioni non omogenei tra loro, piuttosto che ad una semplice informazione bitizzata. Quello che sembra essere accaduto nel sistema nervoso centrale durante il corso della evoluzione è stato l'aumento indefinito delle capacità logiche dei singoli tessuti nervosi. Crescenti parallelismi riscontrati tra il sistema nervoso centrale e il sistema endocrino (parallelismi che Agnati ha ben delineato ma che in questa sede ci risulta oneroso riportare) autorizzano altresì a pensare che nel sistema nervoso centrale avvengano trasmissioni e messaggi chimici di tipo endocrino e non solo sinaptico, con una diffusione che va al di là dei fili e degli assoni che riconducono i trasferimenti chimici a ben determinate zone sinaptiche. È come se (e forse accade proprio così, anche se per il momento è solo ipotesi) i segnali e i messaggi chimici potessero viaggiare addirittura nel liquido che bagna l'intero sistema nervoso centrale. Ma vi è di più. Sia i «normali» trasferimenti chimici di tipo sinaptico sia questi ipotizzati trasferimenti e messaggi chimici di tipo endocrino, pare posseggano la meravigliosa capacità di interagire. Nelle comunicazioni sinaptiche ad esempio la postsinapsi elabora e interagisce con gli impulsi presinaptici, creando trasformazioni che vanno ben al di là della passiva ricezione o della pura emissione di un impulso chimico. La regione sinaptica è già, in realtà, un microcomputer. A mezzo di tali argomentazioni, Agnati sembra aggiungere ragioni anche neurologiche e biochimiche ~ a quello schieramento che sta al- c::s l'opposto dell'approccio computa- -~ zionale: vale a dire l'approccio tra- ~ sformazionale. Quest'ultimo esal- ~ ta molto più la trasformatività chi- -. mica che sembra avvenire nei supe- ~ -Cl riori processi del sistema nervoso E centrale, e rigetta come semplici- ~ stica e inoperante la analogia tra "" gg cervello e computer. Il cervello non computa, ma elabora e trasfor- ~ ma. In un cervello, sembrano av- ti vertire i trasformazionisti, il tutto è l - un trasformato sempre maggiore c::s
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