Alfabeta - anno VIII - n. 88 - settembre 1986

cosa o persona possano essere conosciute a prescindere dal contesto in cui si trovano. Per esempio, lei, in -unasituazione, non è la stessa persona di quando si trova in un'altra situazione. Ma poiché l'essere senza situazione non esiste, incluso l'isolamento, la persona come tale non esiste mai veramente. Come si fa, allora, a definire una persona tagliata fuori da tutti i contesti che attraversanella sua esistenza? Si tratta di un problema epistemologico che sento come un grande compito, un problema centraleper me, conseguenza peraltro del guardare alle cose nel loro contesto come ho fatto per tutta una vita. Qual è il metodo che mi permette di capire cosa è un oggetto come tale, in sé, sebbene questo esistasolo in contesti particolari. Vergine. È diabolico, o meglio, metafisico! Arnheim. Certo che è metafisico! Sì, sì, ma è quello che voglio fare adesso. Vergine. Se non avesse scelto questo tipo di studi, col temperamento che si ritrova, cosa avrebbe fatto? • Arnheim. Quando scrivevo nella mia lingua natale, il tedesco, potevo redigere testi di tipo descrittivo, diciamo di narrativa. Ora non potrei più poiché non è più la mia lingua. Vergine. Allora si è occupato anche di letteratura, da giovane? Arnheim. In un certo senso. Adesso, nella Germania del- ['Est, hanno pubblicato una ventina di schizzi, di cose da terza pagina che avevo scritto negli anni '20. Mi pare che non siano niente male forse perché ero pieno dello spirito della lingua di quel periodo. Vergine. Com'è riuscito a far fronte all'ansia? Arnheim. Ero il primogenito, dopo di me c'erano tre sorelle, il che nella societàprussiana era una posizione di privilegio. Poi io ho avuto sempre fiducia in tutte le persone che ho incontrato, sono la persona meno sospettosa e diffidente che conosco. Ho una specie di ottimismo, aspetto che le cose avvengano. Capisce questo? Se vuole è ancht:.u. na specie di stupidità... Vergine. No, è una sorta di passività forse', di non intervento, probabilmente di saggezza, significa saper attendere senza pretendere subito e tutto, no? Arnheim. Sì, come fanno gli eremiti che si ritirano nel deserto... (ride) · Vergine. Sarebbe stato capace di condursi come un eremita? Arnheim. Oh, no, non credo (ride). Vergine. Qual è la domanda che non le hanno mai rivolta, l'argomento sul quale invece lei vorrebbe dir qualcosa? Arnheim ...... . Vergine. È una richiesta molesta? Arnheim. No, è molto interessante... Sa, la mia vita è stata la vita di chi contempla la vita. L'arte stessa non è tanto un'azione quanto un modo di rendersi conto del mondo, guardandolo. Così io mi trovo ad essere a doppia distanza dalla vitaperché io guardo quelli che guardano. Si potrebbe quindi dire che la mia vita è statamolto passiva, che mi sono occupato di registrareosservazioni sulla vita. Rispetto a chi ha compiuto azioni per cambiare il mondo io ho fatto molto poco allora; io non intervengo, non intervengo neanche nellefaccende di vitaprivata... Vergine. Questo le dispiace o è una forma di difesa? Arnheim. Né l'uno né l'altro. È la mia natura. Io sono la civetta sulla spalla di Atena. Conversazione conLyotard I'-. ....., c::s .s ~ t::I., ~ ....., ~ -e E ~ Pessis-Pasternak. I filosofi della «Postmodernità» come affronteranno il problema della materia se hanno abbandonato il sogno cartesiano di rendersi dominatori e possessori della natura? Lyotard. Nessuno è profeta, ma suppongo che abbandoneranno l'idea di un «soggetto» che domina l'insieme degli «oggetti». Essi si orienteranno forse verso una filosofia radicalmente diversa dove l'Uomo non sarà più il centro del «volere» e dell'«intelligenza», ma l'«interfaccia»più complessa dell'universo la cui funzione è forse «semplicemente» quella di rendere ancora più complesso ciò che questo può generare. Pessis-Pasternak. Eppure assistiamo ad una «dematerializzazione» delle cose, provocata dallo sviluppo delle tecnoscienze dell'informatica: monete, memorie, perizie elettroniche. Questa sconcertante mediatizzazione come rifletterà i nostri comportamenti sociali? Lyotard. Credo che siano il legame e il controllo sociale ad essere modificati. La scomparsa del faccia a faccia con gli oggetti o gli individui, cioè la scomparsa della «presenza» e il ricorso alle «protesi», lungi dal suscitare una maggior trasparenza nei rapporti umani, li orienta piuttosto verso una complessità che esigerà per ognuno più decisioni e scelte. Pessis-Pasternak. Anche questo non finirà in una accresciuta «atomizzazione» della società? Lyotard. È un brutto termine perché significherebbe che la società è omogenea e centralizzata, o dispersa e atomizzata. Ora mi sembra che con queste «nuove tecnologie» si produca tutt'altro: nel momento stesso in cui la responsabilità individuale è più sollecitata, la rete delle informazioni è più che mai stretta. C'è quindi contemporaneamente singolarizzazione e presa di coscienza ad essere situati all'interno di una molteplicità di circuiti molta-difficili da dominare e che ci contengono. Si può immaginare una società costituita da una specie di tessuto che si estende all'infinito e di cui nessun centropossiede il controllo. Pessis-Pasternak. Ma in questa futura società informatizzata e robotizzata, gli individui non avranno più veri luoghi d'incontro e rischieranno di vivere una grande solitudine ... Lyotard. Forse non avranno più un luogo d'incontro nel senso di un posto localizzato in un vecchio spazio topografico; i nuovi luoghi d'incontro saranno luoghi «a distanza», non localizzabili, si legheranno e si scioglieranno sulle onde. Si tratteràin qualche modo di luoghi «ondulatorii». Pessis-Pasternak. Questa accresciuta mediatizzazione non va a9 accelerare un processo d'alienazione già denunciato da sociologi e psicologi, apportando un «perfezionamento» solo a qualche individuo sufficientemente intelligente e iniziato per potersi divertire? a cura di Guitta Pessis-Pasternak divertimento. Pessis-Pasternak. Se la «disidentificazione» dell'uomo «postmoderno» risulta proprio dal fatto che la realtà è riflessa più da «messaggi» che da «sostanze», come credere che ci siano ancora particolarmente indirizzate? A qual fine tentiamo di captarle/decifrarle senza rischiare una certa «sovrainformazione»? Lyotard. Il rischio di sovrainformazione è assolutamente evidente. ·Ma la Modernità già lo conosceva. Dopotutto è ciò che voleva l' Aufklarung, il movimento degli illuministi. Perché, ancora due secoli fa, anche i paesi più avanzati soffrivano di sottoinformazione. Si può avere saturazione a causa di una cattiva informazione; ma questa, che è sempre a senso unico, è essenzialmente dovuta ad una tradizione di controllo politico ed economico dei mezzi di diffusione. Una buona informazione non è mai sovrainformazione: è una risposta ad una domanda. Vi è effettivamente una «disidentificazione», ma nello stesso tempo anche una certa «singolarizzazione», il senso di solitudine, ma anche una responsabilità di volta in volta particolareggiata. Che gli oggetti non ci giungano più come «sostanze» ma al contrario come «messaggi polisemantici» circolando in reti complesse, è vero e mi ci sento a mio agio. Ad ogni modo non c'è d'aver rimpianti, non si potrà tornare indietro. Pessis-Pasternak. Senza essere nostalgici, si può lo stesso constatare che il nostro rapporto con le «cose» ne sarà profondamente sconvolto; poiché se è vero che le banche di dati forniranno delle informazioni come nessuna biblioteca potrebbe offrirne, il contatto con un libro è più reale e duraturo dell'uso delle cassette e delle onde ... Lyotard. Ciò che lei chiede è un modo di lavorare, di riflettere, di informarsi che, per un uomo della mia generazione, è ovvio; è vero che mi sento sconcertato da questi nuovi prodotti. Non si scrive allo stesso modo con una matita come con un calcolatore elettronico; ma non si è neppure più letto allo stesso modo a partire da Gutenberg! Pessis-Pasternak. Ma questo passaggio all'informatizzazione a tutti i costi è indispensabile? Lyotard. Perché la stampa era indispensabile? Si può rispondere solo dopo un po' di tempo. Tra un secolo la gente dirà: sicuro che era indispensabile! Il supporto cartaceo era troppo voluminoso, frenava la comunicazione. Non siamo che alla preistoria di queste nuove macchine: è evidente che oggi lo schermo di una macchina per il trattamento di testi è pessimo e la chiamata allamemoria centraledi un calcolatore è troppo lenta. Non sono un ammiratore «incondizionato» di queste nuove tecnologie, ma questi ostacoli sono minimi, e saranno scomparsi nei prossimi cinquant'anni. Pessis-Pasternak. Non è paradossale che l'uomo cerchi di superarsi creando robot pensanti, questi «golem intelligenti» dell'anno 2000che potrebbero, improvvisamente, spodestarlo della propria sovranità sull'universo? su Lyotard. Sarà bene che l'umanità arrivi all'altezza dei pro- ~ dotti che la sua tecnoscienza genera. È sempre stato così. Il Lyotard. Tutto sta a sapere se mai si faranno macchine più i:: «progresso» non risponde ai bisogni, li crea. Non dubito intelligenti dell'uomo. Nessuno ne sa niente. Ci sono i soste- !:! che nel giro di un secolo l'umanità sarà nel suo insieme nitori dell'umanesimo che dicono: queste macchine saranl:: sufficientemente intelligente per servirsi comunemente di no sempre meno intelligenti di noi; e poi ci sono i passionali Al momento, esse non sono all'altezza della complessità della cortecciacerebraleumana, e per una ragione evidente: questi calcolatori elettronici funzionano col sistema binario, e certamente il «senso»che il nostro cervelloè capace di produrre e di costituire non procede in modo così semplice. Il significato di ciò che noi pensiamo e diciamo prorompe da mezzi infinitamente più complessi: una intonazione, un gesto, un colpo d'occhio, e soprattutto il contesio, i presupposti, i sottintesi. Quindi bisogna fabbricare macchine linguistiche che possiedano questa flessibilità e questa molteplicità di passaggi di senso. Pessis-Pasternak. Allora, alla fine dove arriverà la «complessità» della Macchina Futurista del domani? Lyotard. Al momento la sfida è questa: le macchine «pensanti» permettono di rendere straordinariamente più complesso ciò che fino ad ora era «permesso» al corpo umano. Ci si può fare mandare nello spazio, si può passeggiare in bicicletta e riparare manualmente il bullone di un satellite. Eppure questa semplice operazione necessitadi una stravagante attrezzatura: calcoli, memorie e informazioni di molto superiori alle capacitàdel cervello umano. In questo modo alcuni possono in effetti affermare: si può considerare l'eventualità in cui calcolatori elettronici concepiranno altri calcolatori elettronici? Esiste nell'universo la capacità di fabbricare un «insieme produttore di complessità» ancora più complesso del cervello umano? Per ora non se ne sa niente. Bisogna anche inserire in questa·domanda la nuova sfida dell'ingegneria genetica. Forse la «macchina» più complessa prodotta dall'uomo sarà semplicemente la corteccia cerebrale umana fabbricata dall'ingegneria genetica. Non c'è ragione di supporre che si tratteràper forza di una macchina elettronica... • Pessis-Pasternak. Si produrranno geni come Einstein in serie ... Lyotard. Non ci saranno più geni, saranno la norma! In altri termini, è pensabile che l'umanità vada nel senso dellapropria selezione, cioè in quello di una complessità crescente. Pessis-Pasternak. Se l'intelligenza umana potrà essere simulata su un calcolatore elettronico grazie all'intelligenza artificiale, dove passerà la frontiera tra il «soggetto intelligente» e I'«oggetto inerte», o piuttosto tra lo «spirito» e la «materia»? Lyotard. Studiando il codice genetico ci si rende conto che esso funziona analogicamente, come un linguaggio. Quindi, si ha già qualcosa come l'intelligenza nella vita. Scendendo più in basso nella scala della materia, ci si rende conto che si organizza in un modo che non è soltanto aleatorio, ma anche intellegibile come un messaggio. Su questo piano mi rimetto alla lezione degli scienziati: l'opposizione tra «spirito» e «materia»sta per estinguersi, era semplicistica, narcisistica. Bisogneràfare un grande sforzo per abbandonare questo narcisismo umanista a vantaggio di una specie di coscienza cosmica più interessante; forse questo è materialista, ma nel momento stesso in cui la materia si «dematerializza»! traduzione dal francese di Damiana De Benedetti g questi apparati di mediatizzazione, e trarne invenzione e che sostengono che ci vogliono rimpiazzare per governare. c::s------------------------------------------------------------------------------~

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