Conversazione conArnheim Vergine. Posso chiederle una cosa di cui pochissimi hanno voglia di parlare? Cosa significa realmente essere ebrei? Amheim. Sa, per me è difficile rispondere perché gli ebrei tedeschi erano talmente assimilati che nessuno di noi poteva ritenere possibile quello che poi è accaduto... Sì, anche in Germania c'era una certa discriminazione ... Ricordo che, d'estate, non in tutti gli stabilimenti balneari gli ebrei avevano accesso... Vergine. Non chiedo di quello che erano le discriminazioni, sappiamo questo e ben altro ... volevo piuttosto sapere cos'è l'identità ebraica, se c'è, e cosa ha rappresentato per uno studioso come lei il dover riparare negli Stati Uniti. Arnheim. Gli ebrei assimilati come eravamo noi, sotto la spinta delle persecuzioni tornarono alla pratica dell'ebraismo, alla religione. Era un modo d'opporsi. Io non l'ho fatto. Direi che risento, nella maniera di ragionare, di quella tradizione intellettuale astratta che viene dagli ebrei imprigionati nei ghetti. Essi non potevano lavorare la terra, né attendere alle faccende di tutti i giorni come gli altri, non potevano avere una vita normale, completa. Tutto ciò io lo sento in me, non capisco come ma c'è, è come un'eredità. La tendenza verso l'astrazione delle teorie sì, questa la sento. Per quanto riguarda la religione invece non la conosco. L'unica religione che conosco bene è il cristianesimo (sorride) per via delle arti, dato che le arti sono un'illustrazione del cristianesimo. Vergine. Tutti sappiamo che il contributo ebraico alla filosofia, alle scienze, alla letteratura, alla musica, ecc. è stato enorme. C'è chi sostiene che la cultura dell'Occidente è cultura ebraica. Se pensiamo però ai grandi pittori o scultori son pochi i nomi che possiamo fare. Sarà perché l'antica cultura ebraica non privilegiava affatto l'immagine? Arnheim. Sì, e dal momento che mi s0no completamente dedicato allo studio dell'immagine, non posso approvarlo... La tradizione da cui io, in un certo senso, vengo non ha l'influsso fertile della sensualità del visuale. Perciò mi sono staccato da questa tradizione, sebbene la tipica astrattezza del pensiero ebraico, che ritrovo in me, mi abbia aiutato non poco: Vede, per esempio, questa mattina, al convegno milanese, hanno detto che io sono stato il primo a sistemare la teoria del cinema. Forse è vero; ma questa capacità di sistemazione, pur non essendo monopolio degli ebrei, questa sì che la sento come un dono ricevuto dalla mia origine. Vergine. Frequenta i cinema in veste di spettatore qualunque? Arnheim. Il cinema per me è stato un esperimento, lapossibilità cioè del cinema muto di rappresentare il mondo nella sua completezza con le immagini in movimento. Mi interessava solo quello. Perciò quando è diventato sonoro e un po' simile al teatro, non mi ha più interessato. Al cinema vado due o tre volte l'anno. Vergine. Come si diverte? Arnheim. Beh, io di romanzi non ne leggo a meno che si tratti di Stendhal, Flaubert o Proust. Mi è impossibile leggere un romanzo di quelli che si dicono da divertimento, da relax, poiché non mi raggiunge. Pf?SSOstare in un aereo e guardare dal finestrino per cinque ore, ma leggeree partecipare aifatti di un romanzo che non è Zola per esempio, non mi riesce. Ho riletto TeresaRaquin di recente. Vergine. Come fa ad andare da Proust a Zola e viceversa? Amheim (sorride). Sa, il romanzo cosidetto realistico è anche simbolico. Vergine. Come mai un percettologo come lei, così legato a tutte le ricerche d'avanguardia nel campo delle immagini, fa una scelta raffinata ma di tutta tranquillità, nella letteratura? Arnheim. Ho letto anche diverse cose dei contemporanei. Robbe-Grillet per esempio. Vergine. E magari la Sarraute, perché sono ... Arnheim. Intellettuali, astratti. Vergine. Lei è un frequentatore di concerti? Arnheim. Ah, sì. Vivo in una città media dei Middle West, Ann Arbor, vicino Detroit, dove fanno buoni concerti ma solo, o quasi, di musica-classica. a cura di Lea Vergine Vergine. Vi trascorre molto tempo dell'anno o viaggia molto? Arnheim. Non viaggio più come un tempo e quando lo faccio mi piace rivedere cose che voglio rinfrescare. A Roma, adesso, sono andato nei posti che avevo amato... ho visto Palazzo Barberini che non conoscevo. Amo rivedere l'Italia e il Giappone, i paesi che mi hanno dato le emozioni più grandi. Vergine. Cosa ha significato per lei l'Italia? Molto, suppongo, dal momento che vi ha vissuto e lavorato per l'Enciclopedia del Cinema dal 1933al 1938? Arnheim. Moltissimo. Basterebbe l'ambito sociale. Per uno che aveva vissuto in Germania, dove se due persone si incontrano si deve capire chi è più forte, era molto piacevole vivere a Roma dove se due persone si incontrano parlano semplicemente, senza la necessità di decidere chi vince. C' era questa libertà. Ma anche in America c'è questo. Vergine. Perché ha scelto di rimanere a vivere in America? Arnheim. Non potrei più vivere in un altro paese. Vergine. A lei piace vivere isolato? Arnheim. Non proprio, ma disporre del mio tempo come meglio mi aggrada, sì. Vergine. Ha famiglia? Arnheim. Ho moglie e una figlia che vive in Olanda, sposata con un olandese. Abbiamo anche due nipoti. Vergine. Può trarre un bilancio positivo della sua vita sentimentale ed affettiva? Arnheim. Direi di sì. La mia prima moglie è tedesca, una donna molto intelligente, e ancora ci vediamo spesso. La mia seconda ed attuale moglie è americana di nascita, si interessa di scienze, di biologia, di storia, di tutto quello che io non conosco; siamo complementari. Vergine. Berlino, la città dove è nato, cosa le dice, oggi? Arnheim. Quanto tornai a Berlino, dopo la guerra, ebbi l'impressione di andare in un luogo sconosciuto. Solo due cose mi erano familiari: la lingua e il cibo. Per il resto poteva essere anche Svezia, dico soprattutto per la gente. La completa estraneità, curioso! È, d'altra parte, una città distrutta, in parte rifatta e tagliata da un muro, è una città straniera! Vergine. Com'è il pieno della vecchiaia? Lei ha ottantadue anni e, sebbene ne dimostri sessanta, legittimerà questa domanda? Arnheim. Sa, sono statofortunato, godo, tutto sommato, di buona salute... Vergine. Forse la vecchiaia è per lei qualcosa che ancora deve arrivare ... Arnheim. Sì, è come una specie di premio. Vede, io ora sono completamente libero, non ho più orari da rispettare, non ho bisogno di piacere più a nessuno, faccia solo quel che voglio, finalmente ho tempo per quello che avevo sempre differito. Sono due anni che non insegno più. Allora ho deciso di andare ogni settimana alla scuola d'arte di Ann Arbor e, finalmente, dopo sessanta anni, posso disegnare. Frequento i corsi di nudo e ritraggo i modelli. Mi è piaciuto enormemente anche perché io, d'estate, scolpisco, faccio delle sculture in legno. Vergine. Questa America, terra di libertà, dove le piace vivere, non le sembra diventata negli ultimi tempi soprattutto un luogo di nefandezze? Politicamente, la situazione statunitense non le pesa? Arnheim. Sì, è molto difficile. Il problema non è tanto nella figura del presidente; piuttosto nel fatto che è stato voluto dal sessantacinque per cento della popolazione. Siamo in una fase reazionaria. Il partito d'opposizione, quello democratico, è debole, non ha idee nuove, praticamente non esiste. Questo è veramente tragico. Pensare che io sono arrivato in America in un momento di grande liberalismo, di audacia creativa. Vergine. Quali sono le attività, le piccole cose di tutti i giorni che le danno piacere? Amheim. Passeggiare nei giardini. Mia moglie ed io, in estate, andiamo nella nostra piccola casa sulla spiaggia del lago Michigan. Lì camminiamo per ore, senza incontrare nessuno. Vergine. Cosa le dà più fastidio o cosa la preoccupa? Arnheim. La stupidità presuntuosa. Se uno è stupido può• anche andare, ma se uno è stupido e si dà delle arie, diventa molto irritante. Vergine. Ma lei si rende conto che di stupidi veri non ce n'è più? • Arnheim. Sì, perché lo stupido nel senso del naif, dell'innocente, era anche un saggio come il soldato Schweik di Brecht o il principe Myskin di Dostoevskij. Vergine. C'è qualcosa che le fa paura? Amheim. In America è raro. Vergine. Si sente più sereno e riparato in America che non in Europa? Arnheim. Sì, sì. L'intensità della vita quotidiana in Europa è diventata una cosa che non posso reggere a lungo. Due settimane italiane di elettrificazione mi fanno piacere, ma di più no. Vergine. Guarda la televisione? Arnheim. No, questo non posso farlo. Non è il mio livello. Vergine. Quali opere d'arte ha in casa? 'Arnheim. Più che altro ho pitture che mi sono state regalate da amici, il che ha la doppia funzione di avere l'amico vicino e di avere le cose che mi piacciono. Vergine. Per quanto riguarda l'arte contemporanea fa qualche scelta? Arnheim. Non faccio il critico d'arte, non devo quindi giudicare tutto ciò che si va facendo. Scelgo quindi ciò che mi sembra originale, bello, che dia un contributo vero. Si sa, questo è raro. Dopo cento anni quasi tutto sparisce... Di tutta laproduzione di cui si parla oggi, Andy Warhol non ci sarà più ... Io mi interessaimolto di Picasso;feci un libro su Guernica e mi sono sempre più convinto che Guernica non è solo un quadro al centro della produzione di Picasso ma addirittura del nostro secolo. Tre anni fa mi hanno invitato a tenere una conferenza al Prado di Madrid su quel/'opera. Mi ha molto emozionato. Vergine. Dopo Picasso le viene in mente un altro artista? Arnheim. Henry Moore. Vergine. Cosa pensa dei critici e degli storici dell'arte? Lei li conosce quasi tutti. Arnheim. Sì, i critici in generale non emettono più giudizi di valore, mi pare che adesso abbiano il compito di accettare tutto, di descrivere, spiegare e tutto finisce lì. Sto parlando di quelli dei quotidiani che leggo in America. Argan invece non fa così: l'altro giorno, nel convegno romano, ha separato il buono dal cattivo a proposito del restauro di Michelangelo. Ci sono poche personalità come Argan che hanno poi anche coraggio. Vergine. In una bella intervista pubblicata circa due anni fa, lei rispondeva a Lucia Pizzo Russo, a proposito di arte e percezione visiva, con le seguenti parole: «Quello che volevo capire era l'opera d'arte come altri psicologi vogliono capire aspetti della mente umana e questa è la differenza essenziale tra la mia posizione e le altre». Quali, pensava a un Gombrich? Arnheim. Pensi a Freud, per esempio. Gli interessava l'arte come emanazione della mente, soprattutto quello che l'arte andava a compensare, cosa sostituiva. Gombrich è stato uno storico magnifico. Il problema c'è piuttosto per i suoi contributi alla percezione visiva; si interessa di cose piuttosto tecniche e i risultati non sono quelli che potrebbe avere se fosse uno scienziato vero e proprio. Vergine. A cosa sta lavorando adesso? s Arnheim. Mi interessa risolvere un problema che è conse-• i guenza della psicologia della Gestalt. Si dice che nessuna :i; '=:!
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