Alfabeta - anno VIII - n. 86/87 - lug./ago. 1986

GiorgiMo annaccio « ... nos putamus quia nubes collisae sunt, •fulmina emitti; ipsi existimant nubes collidi ut fulmina emittantur ... » (Seneca: Quaestiones naturales II,32,2) Meteorologia Mai che rompa dal cielo un fulmine a cambiare nome ad un ciottolo ai fogli nella sfera. Drappo nero colombe di neve alle porte Anciennecuisine Il salino è invincibile e le case in malora a lui simili nell'angolo del basilico, se basta l'argutia calami o il reggiseno di magnanime sorti e progressive, Chi sa dormire in coltre di salnitro o leggere nelle muffe o comporre da gocce di cera e d'acqua una sorte bizzarra e regressiva non pretende una cena o una moneta. Ora sfogliando questo solo sa dire il profeta che passa. Ma qui l'ossidiana è chiamata scintille elettrostatiche di pietà e d'allegria. il codice della polvere capisce cuneo del tuono, entra nelle fessure dell'abbandono. E scheggia, mette disordine nel presente accettato come se fosse invece o futuro o passato. Una lama di sole, una goccia scesa sul vetro oggi ha diviso il cuore in parti eguali. E qui sei tornata nel mezzo della traccia senza misura al fondo del senso senza stagione. Ma guardando ad un punto fermo sei diventata un destino, fortuna o sventura. E non avremo tempo di sapere accada quello che deve drappo nero alla porta, colombe di neve. Ora sfogliando • l'anima atrabiliare, la cipolla delle piccole cene tra gli argenti lecchiamoci le ferite, succhiamo il latte finché intride bandiere ed altri stracci l'umore spermatoforo del vento. Prima, un ladro corrivo ai privati tormenti della sonntagneurose li ha portati lontano dentro un sacco per un estro di vino e di furori ed io figlio sopporto il peso di quella colpa, di quest'assenza. Non sono più tra noi i loro teschi, nell'ordine disperso delle varie calunnie ammonticchiate che è un libro di ricette, aromi, spezie perché si plachi il sangue della lepre e non chieda vendetta ma soltanto pietà quando si incontreranno. da Omero e i suoi seguaci; non sappiamo se sia dovuto ancora col silenzio il rispetto o niente più da allora. H o deciso di confidarmi con voi, _fo~speerché ve ne_star~- te z1tt1come un cammo m una serata invernale. Dai bagliori, che a tratti mi daranno il senso della vostra presenza, della vostra vita, mi difenderò proteggendo i miei occhi con una mano come un pugile esperto il proprio mento. Dunque: mio padre, a differenza di quello che tutti i suoi parenti ed anche i miei fratelli credono, non è morto affatto. Mi rendo conto di essere impreciso, ma è tanta l'emozione di questa recente scoperta che mi comprenderete e perdonerete. Mio padre è sì morto, ma la natura, forse piegata dalle lacrime di mia madre, gli dona ogni giorno un'ora di vita. Lui non sa di essere morto né io o mia madre abbiamo cuore a dirglielo. E poi a cosa servirebbe? Ieri ha trascorso la sua ora a danzare: muoveva quelle sue rigi- · de gambe di vecchio rispondendo a note che lui solo ascoltava. Era così meravigliato che ce ne stessimo zitti e seri (io addirittura mi stropicciavo gli occhi per nascondere il turbamento) che ad un certo punto ha preso mia madre per la vita e orrendamente, con quella sua bocca rinsecchita e grinzosa, ha tentato di baciarla. Sono corso nella mia stanza e l' ho sbarrata con le sedie ed un vecchio mobile in cui ammucchio alla rinfusa riviste di urbanistica. Ma lui, forse perché rifiutato da mia madre, ha cominciato a supplicarmi che gli aprissi, che doveva parlarmi. Col petto ctie impazzava gli ho urlato: - Và a dormire, papà, è tardi. E non scendere più le scale di corsa. Tu non sai mica cosa dicono di noi i vicini! Perché, da quando mio padre vuole che lo ospitiamo per quella sua ora di vita, la nostra esistenza non ha più pace. L'infermiere che abita sul nostro pianerottolo, ad esempio, solo dopo molte insistenze ha accettato di fare ancora le siringhe a mia madre per il diabete; ma non si trattiene più, come una volta, a chiacchierare con noi. È ruvido e frettoloso: per costringerci a non servirci della sua opera dice di non poter venirea casanostra in orarinormali;se all'albasentiamo stridere il campanello d'ingresso sappiamo che è lui. Entra in casa guardandosi intorno come se cercasse qualcosa, poi, quasi a volersi prendere in giro, scuote la testa ed inizia a ridere denudando le rosse gengive. Ma è una risata che ci esclude, nemica, ostile; infatti, se ci mostriamo rallegrati del suo buon umore e tentiamo di chiedergliene la ragione o di intessere un qualsiasi discorso come nel recente passato, eccolo richiudere bruscamente la sua borsa con le provette ed andarsene,· oscillando sulle gonfie natiche di obeso~senza nemrµeno salutarci. La signora Verdoliva, poi, fa finta di non essere in casa se mia madre suona per fare quattro chiacchiere o per chiedere un limone. Al massimo socchiude un po' la porta, dopo aver scrutato con lo spioncino, ma senza mai distaccare la catenella dal gancio. Ho calcolato che comunque basterebbe, a mirare bene, per tagliarle in due il cranio con quella sottile accetta che ho visto l'altro giorno alla Standa. Vedova come la Verdoliva, l'altra nostra vicina di casa, la signora Crescibene, va soggetta dopo la morte di mio padre (lo desiderava? era la sua amante?) a deliri erotici: dice in giro che io busso alla sua porta di notte. Perciò, papà, so.che capirai. Non tornare più qui. Lo dico anche per te, soprattutto. MarieHaSalvo L'insanogesto Mi parve di vedere sul piroscafo bare avvolte in bandiere. Mi parve che col corpo avanzasse - atterrando e allungando - I' oscuranza da palla di fuoco. Se ne andò come venne. Come l'isola boccheggiante un giorno e il giorno dopo richiusa dalle bianche Liscateschiume marine. Il grave flagello la peste incompiuta conforme da coperta di imbarco stfece ippocampo. Lo annotai per quel giorno - seme appuntito e nero a lama fredda -. Senza dire da quante mani è presa tastata violata una gravida salma con la fluorescente sella esposta. - non registrapiù insetti di una palude a melma fina più attacchi di mele più appesi di rami più sguardi di venefiche liquide fonti - Diramano. Sempre afflusso di turisti al suo cospetto toccano e strappano lembi a ricordo di mare - ancor più perché gravida -. I Col frant0io sotto braccio ricami ancora. Smerletti ancora sul ciglio e intanto controlli il mare aperto attorno alle orbite vuote. Il gozzo isolano infaticabilmente si affila sull'onda. II Onda a foglie. Foglie a covoni. Foglie a cerbiatte ancora inamidate dentro gli asfodeli. Uscita dall'acqua - la donna verde - si trasforma e per voglia di morte diventa bianco pesce.

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