Alfabeta - anno VIII - n. 86/87 - lug./ago. 1986

Sommario Giulio Del Tredici pagine II-III Rita Dinale pagina II Maria Schiavo pagine III-V Giusi Busceti pagina V Andrea Sabbadini pagine V-VII Gianfranco Ciabatti pagina VII Eugenio Vitarelli pagina VIII Stefano Cristante pagine VIII-IX Michele Sovente pagina IX Giorgio Mannaccio pagina XI Umberto Lacatena pagina XI Marietta Salvo pagina XI Versi, prose, racconti ( o~ l'~nd~cazioned_i «:ccentrict» riuniamo qui varie operazioni (versi, prose, racconti, diari, epigrammi, poemi latini) scegliendo in modo frammentario nelle raccolte e proposte che ci sono tiunte. E tradizionale dire «eccentrico» sia in senso linguistico che sociologico. Nel primo, vuol dire connotato in modo inventivo e polilinguistico, e tuttavia la ricerca che qui intendiamo far leggere come attuale, nei nostri estratti di autori giovani meno o più, non è affatto «micro-linguistica» né dialettale o gergale strettamente; ma contiene una certa trasgressività della norma e degli stessi istituti e stili letterari «forti» del Novecento (e delle sue matrici anteriori). In senso sociologico, certo è che qui si vuole opporre l'anomalo, il parodista, l'extrasistematico o l'extraterritoriale, il decentrato oppure acentrato, rispetto a quell'assetSupplemento ad Alfabeta n. 86/87 • Luglio/Agosto 1986 FOLIO De falfariis & fraudulentia.' Alchimia docetfallax :corruptio vini&: Q~as fr_audeshominum perfidus orbis agat, Omnibus tn rebus fraudis falfiqiidoliqi: Cunéta fl:atent viti o: tuta nec vlla fides, Valeant alchimifl:f quoniam ., -..,~.==:: fpés'reru3 rranfmuta ri no pfit, Céitra A.lchi m,nas.vidc tcx.in.c.cpi urcaf1.xxvi. I am nifi centenas tribuant in carmine voces l q,v. . d Ca!lalie: toti<lem lincruas: virefrp potentes o,an. 111 a , • "' {l- I rf>e.lJ. dr. fai. 01él:andi: nequeam falf'os conponere u tos. rito. i. 1:q • Copia ma2na qu1dem efl illorum: magna caterna 77•:lf,ll, - Eccentrici to conformistico recente, ben confezionato, omologabile, moderato al fondo, che va a prevalere nella produzione vincente, ora informatizzata allegramente, clientelare, multimediale, e insomma di puro intrattenimento senza vivacità. Non miriamo perciò a dare una «linea», non si sarebbe detto «eccentrico», oggi che un centro neppure c'è, e questi sono se mai riferibili (in contrasto) a un centro o un valore che è passato ... miriamo a rimettere in gioco le poste. F.L. Lungo i margini e redo che con l'indicazione di «eccentrici»si stia in parallelo con una certa idea della «marginalità» di cui talvolta si e parlato negli anni scorsi. «Marginalità» che aveva e ha il senso di scegliersi un percorso «lungo i (scelti da A.P., F.L. e M.S.) margini» rispetto a un territorio che si presume abbia o abbia a·vuto un centro. Dunque rifiuto del centro come luogo di annidamento del potere sotto qualsiasi forma. Si è pure cercato, in tempi non lontani, di decentrare anche il valore del «logos» e si è detto «logocentrismo» un certo dominio, e perfino «colonialismo», del linguaggio quando diventa vittima di una ipercodificazione dunque di rigidità dogmatiche, come direbbe Luciano Anceschi. Vien fatto di ricordare la polemica sul «grande stile» rilanciata qualche anno fa, polemica che sembrava rimandarci a un periodo di neo-classicismo di impronta cardarelliana e rondista. Se «miriamo a rimettere in gioco le poste» non è soltanto perché le soluzioni non possano venirci da proposte che stanno a metà tra le esigenze dell'industria culturale e le intenzioni della ricerca; pensiamo che le poste siano state rimesse in gioco da un evento sempre meno rimosso: la perdita di quel padre prescrittivo e molto austero che abbiamo chiamato il «Moderno». Una volta scomparso il vecchio timoniere della diacronicità, che pareva orientarci con sicurezza tra le tempeste della Storia, una nuova idea di sincronicità, più materna che paterna, sembra ridarci molta fiducia nelle infinite possibilità del linguaggio, ai limiti di quel «tutto va bene» che l'epistemologo «discolo» della scienza europea, Feyerabend, ha rilanciato con successo. Ci interessa, allora, più il «senso del discorso» che l'analisi della sua forma e ascoltiamo quel che la «forma» ha da dirci più che idolatrarla. E il «senso del discorso» perde qualsiasi significato attendibile se arriva da un centro, proprio perché il centro «è un valore che è passato» irrevocabilmente. E occorre pure riflettere sul fatto che qu4ndo il centro è stato inteso cortJ,evalore-guida, accanto a certi vantaggi di stabilità, (o di illusione di stabilità e di rassicurantebonaccia) si sono sempre accompagnate catastrofiche tempeste politiche e belliche. No, non si vuole certo sovraccaricare di responsabilità i testi qui presentati; dunque torniamo «lungo i margini» e ascoltiamo che cosa ci dicono questi compagni di strada che sembrano esultare per l'orfanezza, liberatrice, di cui si è detto. Per essere di nuovo veramente e assolutamente «moderni» occorre sciogliere i nodi che il Moderno è andato accumulando nell'ultimo secolo. Poiché tutto si corrisponde nel territorio della cultura e della pratica letterari~, tutte le voci contribuiscono ali'opera futura, le minori come le maggiori: il tanto e il poco si stabiliranno in un secondo momento che per ora sfugge alla nostra possibilità di giudizio. La vivacità, l'autenticità, la necessità di una scrittura, queste sì possiamo coglierle e presentarle ai nostri lettori. A.P.

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