Alfabeta - anno VIII - n. 86/87 - lug./ago. 1986

Il boom chèM/eiiOn c'èstato lf ascesa delle grandi Borse internazionali è proseguita per tutto il 1985. A cavallo fra il 1985 e il 1986, risultava ogni giorno più evidente che i prezzi del petrolio stavano per crollare. Le Borse reagirono con un'ulteriore impennata. I principali organismi di previsione economica gareggiarono nel rivedere le stime della crescita economica per il·1986, verso l'alto naturalmente. I giornali si riempirono di articoli sull'imminente boom economico, sul «nuovo miracolo», sull'Età dell'Oro prossima ventura. Ora che metà del 1986 è alle nostre spalle si può fare un primo consuntivo. Tre notizie, nella loro secchezza, possono servire. 11 giugno: sul Wall Street J ournal si legge che West German Gnp shrank by 1 % during first quarter (il Prodotto nazionale lordo della Germania occidentale è diminuito dell'l % circa durante il primo trimestre). 19giugno: la prima pagina del Sole 24 Ore titola Delude in Usa il Pnl (+ 2,9%) nel 1° trimestre. 25 giugno: la quinta pagina del Sole 24 Ore annuncia che Il Pnl giapponese è calato nel primo trimestre dell'86. Dal momento che le economie americana, tedesca e giapponese costituiscono il triangolo dominante dell'economia mondiale, la conclusione è semplice: nel primo trimestre il boom non si è visto. Al suo posto, in Germania federale e in Giappone si è anzi registrata una contrazione dell'attività economica. Si potrebbe pensare che le cose siano andate meglio nel secondo trimestre. I dati sul Pnl dei principali paesi industrializzati non sono L e diciannove emittenti del circuito Euro tv sono pronte. Hanno deciso di realizzare il primo telegiornale nazionale· privato e ne hanno iniziato la sperimentazione. Euro tv si autodefin.isceµ.na syndication, ma, a voler usare un termine anglosassone la definizione giusta è «network». Il fatto è che le tre reti Fininvest, Canale5, Rete 4 e Italia 1, si autodefiniscono «network», senza esserlo. Il «network» presuppone una pluralità di elementi, che unendosi lo formano. Nel caso delle tre reti Fininvest la «pluralità» non esiste, ogni rete infatti non è suddivisa fra tanti «broadcasters», ma ad un unico «broadcaster»; inoltre, grande «esclusiva» del sistema italiano, a questo «broadcaster» rispondono non una ma tutte e tre le reti. Con questa catena di sballati riferimenti alla lingua nordamericana si arriva alla nostra provincialissima condizione di chiamare syndication un network e network una broadcasting. Euro tv è dunque un network, con tanto di emittenti affiliate. Nella loro recente Convention le affiliate hanno tutte risposto affermativamente alla proposta della casa di organizzarsi per mandare in onda al più presto possibile un Tg nazionale. Il disegno di legge che prevede l'uso per i privati di interconnessione, con conseguente possibilità della «diretta» e q_uindi del teleIndex - Archivio Critico dell'Informazione ancora disponibili. Ma non sembra proprio che fra aprile e giugno ci sia stata un'inversione di tendenza. Semmai i dati disponibili hanno assunto un aspetto ancora più preoccupante. Sfogliamo ancora i giorcial Times del 13 annuncia una lieve discesa delle vendite al dettaglio negli Usa (Us retail sales fall 0.1 %, p. 4). Il giorno successivo, la prima pagina del Financial Times titola seccamente: Us economy sluggish --------J.( ~cc o nessun movimento, ma un movimento all'indietro: in maggio la produzione americana è scesa dello 0,6%. In sintesi: non sembra proprio che gli Stati Uniti abbiano visto materializzarsi nel secondo1 Il filosofo che dorme presso la cavità dall'«arbor». Colonna, Hypnerotomachia, 1499 nali di giugno. Il Financial Times del 7 informa che il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è salito, in maggio, dello 0,2% (Us jobless rate up 0,2 in May, p. 3). Il Finan- (economia Usa stagnante). Sluggish è aggettivo che vale in italiano pigro, lento, inerte. Il dato che sta alla base della notizia non indica però un lento movimento in avanti, Indice della comunicazione Tgpops trimestre il boom mancato nel primo. È quasi certo che in Germania e in Giappone le cose non sono andate meglio che negli Stati Uniti. Dunque, nella prima metà del lndex - Archivio Critico dell'Informazione giornale nazionale, è pronto ormai da tempo. Il ministro delle Pp. Tt. qttendeva di avere la certezza dell'approvazione prima di presentarlo alle Camere. È invece arrivata la crisi di governo. Ma ormai per i Tg nazionali privati è solo questione di tempo. Euro tv parte avvantaggiata nella corsa al Tg proprio per la sua struttura da network. Infatti già adesso quattordici emittenti facenti parte del circuito trasmettono ogni giorno due o tre edizioni di un proprio Tg locale, costituendo delle ideali sedi di corrispondenza. Due fra queste emittenti sono poi collegate per proprietà a due quotidiani locali: il Giornale di Sicilia (TeleGiornale di Sicilia) e L'Unione Sarda (Videolina). Il telegiornale cui stanno lavorando a Euro tv sarà diviso in due: una prima parte nazionale ed una seconda locale in cui ciascuna emittente manderà in onda il proprio notiziario nel suo bacino d'utenza. È il modello del Tg 3 della Rai. Durata: 12 minuti primi per parte. Il che vuol dire che al modello Tg 3 viene innestata la formula americana: notizie brevi, da 7 a 30 secondi; molto «ritmo»; linguaggio semplice che non ammette ammiccamenti al politichese né alle altre neo-lingue. Un Tg popolare insomma, cwe un tg che risponda all'idea che di «popolare» avranno i giornalisti del network. Il difetto più inquietante che ha questo tipo di informazione è che si lascia irretire dalla sua velocità, la quale diviene immediatamente fretta e quindi frettolosità cioè inoppugnabile superficialità verso ogni argomento, che viene trattato con fastidio per il fatto stesso di essere. Il ritmo.ha il sopravvento su tutto. Negli Usa questo tipo di telegiornali ha scatenato i politici in una gigantesca caccia allo slogan, alla frase d'effetto, la quale garantisce la citazione, senza la quale si cade nell'oblio. Potrebbe iniziare un periodo caratterizzato dalla scarsità delle risorse qualitative, ormai a crescita zero. Né si possono molto rimpiangere gli attuali telegiornali Rai, anche se si correrà persino questo rischio. La Rai infatti potrebbe essere spinta dal vento della concorrenza privata ad abbassare ulteriormente il livel-• lo àei propri notiziari per renderli competitivi e ritmati. Il Tg 2 è già entrato in quest'ottica, dopo il recente cambio di direzione, presentando ai propri telespettatori l'anchor man, colui il quale parla in prima persona singolare riferendo dei colloqui avuti con i politici o con altri protagonisti della vita pubblica. E un primo test importante e bisognerà attendere i dati d'ascolto del prossimo autunno per vedere se l'anchor man è figura «popolare» e dunque definitiva. Il compito purtroppo non è difficile. Il direttore della rete 2 della Rai ha infatti più volte sostenuto, e con ragione, che Rai 2 passava la linea al telegiornale nel momento in cui era la rete più seguita dagli italiani, e quando la riprendeva, allafine del Tg 2, giaceva in quarta posizione. Vale a dire che milioni di italiani cui veniva offerto il Tg 2 vecchio modello ne rifuggivano, pur essendo già sintonizzati su quella rete. Più che a Euro tv, che in fondo ha un ascolto marginale, nella stagione televisiva '85-86 ha ottenuto circa il 4% dell'audience nazionale, l'attenzione corre ai possibili telegiornali nazionali del broadcaster. Trqsmettere un Tg è senz'altro un obbligo per una emittente televisiva che ci tenga al prestigio e ad una buona immagine di sé presso il pubblico, ma non è detto che il broadcaster muoia dalla voglia di farlo, un Tg. Gliene potrebbero derivare più guai che altro. Innanzitutto le spese: fare un telegiornale può essere molto costoso. A vere troupe televisive e studi di emissione in ogni capoluogo di regione, corrispondenti in· ogni capoluogo di provincia, significherebbe almeno quadruplicare l'attuale numero di dipendenti. Si può escludere che una tale decisione possa essere presa. Inoltre occuparsi troppo dell'Italia comporterebbe con ogni probabilità collisioni con partiti, o sezioni di partiti. Vuoi per l'impossibilità di soddisfare tutte le richieste di favori e citazioni ali'onorevole amico degli amici, vuoi perché si ri1986 niente boom. L'Età dell'Oro è rimandata. A quando? I più ottimisti azzardano che nella seconda metà dell'anno vedremo ciò che non abbiamo visto nella prima parte. I meno ottimisti affermano che, ormai, le prospettive di una forte crescita economica nel 1986 sono compromesse e che bisognerà attendere il 1987.Ma non mancano i pessimisti: forse al posto del boom avremo un crack finanziario e poi una recessione ... Lasciamo gli aruspici della cosa economica alle loro profezie, rivelatesi così spesso sbagliate negli ultimi anni. Nella stampa specializzata internazionale si può intanto osservare un mutamento di clima. L'euforia dei primi mesi dell'anno sta lasciando il posto a un umore incerto, talvolta preoccupato, in qualche caso nevrastenico. L'attenta rubrica di analisi congiunturale del maggior settimanale americano, Business Week, nel numero del 3 marzo ancora preannunciava che «l'attività economica dovrebbe fiorire in primavera»; nel numero del 28 aprile ammetteva che c'erano «alcune note cupe nella sinfonia degli ottimisti»; nel numero del 30 giugno riconosceva che «il primo trimestre finisce su una nota cupa». La sinfonia dell'ottimismo non regge più le dissonanze. «Ora - scrive il Business Outlook del 30 giugno - gli indicatori economici sono univoci: le statistiche più recenti sono grigie... Non ci può essere una ripresa nel secondo trimestre a meno che il settore dei consumi o quello produttivo .:.o. entrambi - comincino a mostrare un po' di vitalità». Ma «la spesa dei consuschia comunque di indispettire qualcuno. Il che non è obbiettivo perseguibile nell'attuale fase politica d'Italia. Non resta dunque che un telegiornale «popolare» anche per le· reti Fininvest. Cioè un telegiornale che risponda all'idea di «popolare» che avranno i responsabili del gruppo. A maggior ragione se, come pare, sarà solo una delle due reti che la legge concede ad un unico proprietario a poter fare «informazione». Un telegiornale popolare e con tante notizie dal- /' estero, grazie agli accordi che verranno presi con la Cnn di Ted Turner e con i soci del Consorzio europeo delle televisioni private. Un telegiornale un po' folkloristico e orientato al risparmio, che rappresenterà solo un capitolo di spesa in più, con scarsa possibilità di remunerazione. Il bello di Euro tv sarà la sua «esclusiva» possibilità di riferire sulle situazioni locali attraverso troupe e giornalisti che in quelle realtà operano ogni giorno, da anni, e non hanno problemi di incomprensione della complessità degli eventi e degli equilibri di cui conoscono sia i protagonisti che i cittadini spettatori. Di incomprensione, invece, sono spesso vittime gli inviati dei paludati Tg nazionali. Il brutto dei telegiornali lo vedremo presto o tardi sui nostri schermi.

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