Magia eA,,~!pere basso Keith Thomas La religionee il declino dellamagia Milano, Mondadori, 1986 pp. 752, lire 70.000 Silvia Federici, Leopoldina Fortunati Il grandeCalibano (storiadel corposocialeribelle nellaprimafase del capitale) Milano, F. Angeli, 1984 pp. 306, lire 22.000 11 grande dibattito sulla crisi della modernità investe fronti molteplici, con una riaprirsi degli interrogativi sulla modernità come destino dell'Occidente o come mito esso stesso che obbliga a nuove ricostruzioni e genealogie. Come è venuto progressivamente consolidandosiil sapere moderno, cosa ha espulso e rigettato come arretrato e pre-moderno? Intervenendo tempo addietro a un convegno sulla «nuova destra» lo storico e politologo Giorgio Galli sottolineava apertamente come la moderna «cultura della rivoluzione borghese», con la sua macchina politica di democrazia rappresen!ativa; si sia forgiata attraverso una sperimentazione delle sue stesse capacità di controllo delle tensioni conflittuali, ponendosi come risposta culturale al disordine e alla crisi che ha caratterizzato il passaggiodal Medio Evo alla moderna società industriale ( «La componente magica», Alfabeta, n. 45). Galli ritiene di poter individuare nella cultura occidentale due filoni, «quello che origina dal pensiero greco e·dalla democrazia della polis che moltiplica il "miracolo greco" tra Rinascimento e Illuminismo, con organizzazione politica della democrazia rappresentativa; e il filone che giunge dai culti dionisiaci delle baccanti ai sabba», connotando in tal senso le culture magiche pre-moderne di uno spessore di tipo contro-culturale, in cui ribellione orgiastica, valori comunitari e rituali gioiosi costituiscono il retroterra di istanze alternative, che non a caso riaffacciano ciclicamente. Se le suggestioni di questa ipotesi ci condurrebbero troppo lontano, il problema storico della permanenza e del declino dei saperi «magici» va connesso allo studio del rapporto fra culture popolari e modernità, saperi «bassi» e valori dominanti della moderna cultura borghese e alcuni libri recenti consentono di prestare una nuova attenzione a tutto ciò. e i riferiamo in primo luogo a La religione e il declino della magia di Keith Thomas, un libro che è ormai un «classico»,che esce in traduzione italiana con un ritardo di quindici anni (ma ciò conferma indirettamente come sia cresciuta con gli anni la risonanza di quest'opera; facendo di essa un punto di riferimento obbligato del dibattito storiografico). Mentre suscita tuttora ammirazione il modo con cui Thomas padroneggia le sue fonti (dai pamphlet religiosi alle deposizioni dei tribunali ecclesiastici ai testi di astrologia ai procedimenti legali contro la stregoneria) e il rapporto che instaura fra modelli teorici di derivazione antropologica e documentazione storica, il problema che l'opera nel suo insieme pone è a suo modo singolare: da un lato, coerentemente con la tesi del progressivo declino dell'influenza della magia nel corso del XVII secolo (e del suo essere sostituita dal diffondersi della religione puritana) c'è un presupposto di declino lineare della magia; dall'altro l'intero libro documenta come la formazione del sapere moderno sia stata un processo tortuoso e niente affatto lineare, in cui il razionalismo, la rivoluzione scientifica, il puritanesimo, la magia e le culture popolari si intrecciano e coesistono. Le credenze di tipo magico aiutavano gli uomini alle prese coi problemi della vita quotidiana, fornendo una ragione alla cattiva sorte e una guida cui ricorrere in tempi di incertezza. Nella generale insicurezza sociale di quegli anni, resa più acuta dalle crisi del mercato capitalistico (come quella dell'industria tessile fra il 1620.e il 1630) la cultura magica sembra costituire un insieme di valori adeguati. Ma è un rimedio di tipo episodico, incapace di dar luogo a una visione del mondo totalizzante, mentre la religione puritana dà luogo a un nuovo sistema di valori che fornisce «riti di passaggio appropriati» e «un metodo rituale del vivere», e questo spiegherebbe la sua affermazione con conseguente declino dei saperi magici. Jful«tmi LUx;,., moderna sociologia. S e è vero che l'influenza delle culture magiche conobbe il suo declino fra le classi colte nel corso del XVII secolo e che il nuovo sapere moderno sarà un punto di incontro di valori puritani e di rivoluzione scientifica, la sua permanenza nella cultura «plebea» andrebbe giudicata (con criterio di antropologia funzionalista) un fatto di «ignoranza»? È l'obiezione mossa a suo tempo daE.W. Thompson (Società patrizia e cultura plebea, Einaudi 1981) che descrive invece la rielaborazione popolare di saperi magici e rituali cristiani come sviluppo parziale di elementi controculturali. Anche in quell'insieme di religione popolare e folclore è possibile individuare una «visione del mondo coerente» e un «metodo rituale del vivere» per contadini, minatori e pescatori. La tesi del declino lineare della magia va corretta e probabilmente tradotta in quella di un mutamento delle forme: la permanenza in forma mutata di elementi di sapere magico nelle culture popolari non indica una sopravvivenza residuale di un «sistema di credenze» irrazionali poggiate sull'ignoranza ma esprime un insieme complesso di rielaborazione culturale dal basso definito «prima fase del capitale», visitando territori ancora troppo poco esplorati e tentando a sua volta nuove connessioni interpretative. Quella che viene delineandosi è una affascinante «storia del corpo sociale ribelle» che le autrici, Silvia Federici e Leopoldina Fortunati, evocano come Il grande Calibano (con suggestiva analogia fra la «bruta materialità» delle culture popolari e quella del personaggio shakespeariano). Dentro la costituzione del nuovo ordine borghese si modella una cultura dell'individuo moderno giocata sul contrasto tra le «forze della ragione» e «i bassi istinti del corpo», un contrasto che marchia di sé il proletariato ribelle, dichiarano le due autrici. Viene ricostruito, insieme, il processo costitutivo di un'individualità astratta, semplice, atomizzata e il tentativo di resistenza e di trasgressione del corpo sociale. Le due autrici intendono richiamarsi esplicitamente a un tipo di storiografia che tenta di saldare il filone femminista radicale e il marxismo italiano degli anni sessanta (la scuola della «composizione di classe» dell'operaismo). Non sempre un simile tentativo di saldatura risulta persuasivo: sono più rigidi e programmatici, con perentorietà, i Allegorie dei processi alchemici e relativi prodotti. Mylius, Anatomia auri, 1626 Al tempo stesso l'influenza delle culture magiche rivela una sua fecondità particolare quando (come ha documentato C. Hill nei suoi studi sulle culture delle sette religiose durante la rivoluzione inglese) si congiunge al radicalismo politico. L'interesse per l'alchimia e l'astrologia fra i radicali assunse insomma un significato laico (possibilità di «farcela da soli», di_sbarazzarsi del tema del peccato originale e di «rigenerarsi») e sovversivo (la speranza alchemica che entro pochi anni il denaro sarebbe divenuto un metallo di scarto ed eliminato e che la «nuova Gerusalemme» avrebbe trasudato oro nelle strade). E l'astrologia, col suo interesse alla soluzione dei problemi concreti degli uomini e col suo presupposto secondo cui i princìpi che sottostanno allo sviluppo della società umana sono spiegabili in termini umani, costituì il primo seme della in cui rituali e simboli di un sapere pre-moderno si depositano su esperienze di vita popolare fino a presentare elementi parziali di una cultura alternativa. Nonostante le polemiche sempre.ricorrenti sul carattere non organico e non autonomo delle culture popolari (come quella su saperi alti e saperi bassi, provocata a suo ~mpo da C. Ginzburg coi suoi ac- 'cenni al paradigma indiziario e alla «intuizione bassa» dei cacciatori, dei marinai e delle donne) ciò che riemerge come problema è proprio la presenza, accanto e contro la formazione del sapere moderno, di resistenze culturali e sociali che non serve affatto classificare come aspetti minori della cultura dominante ma indagare come immaginario sociale ricorrente. u n altro libro riesamina il processo di formazione della modernità, marxianamente saggi della Fortunati, autrice di un precedente studio (L'arcano della riproduzione, Marsilio 1981) in cui il concetto stesso di riproduzione è strettamente connesso alla produzione di-plusvalore. Da qui la polemica con ogni tesi inerente l'oppressione femminile in quanto occulterebbe lo specifico sfruttamento del corpo femminile nel processo di valorizzazione capitalistico. Ma una riflessione sulla rigidità di questa specifica impostazione marxista (con i suoi meriti e le sue contraddizioni che rinviano a tutta la storia della nuova sinistra e alle correnti dell'Autonomia) ci porterebbe lontano nelle precisazioni o nelle stesse polemiche, mentre va colto e sottolineato il risultato d'insieme di questi saggi. Essi ripercorrono infatti momenti davvero decisivi della storia del corpo sociale: i processi disciplinari della sessualità, il costituirsi del corpo-macchina, la ridefinizione delle identità maschili e femminili, il costituirsi dell'infanzia come stato sociale interno alla formazione dell'individuo «produttivo di valore». E si staccano inoltre da certo fabbrichismo economicistico presente in alcune tendenze della storiografia marxista, coprendo invece l'importanza del sociale come luogo disciplinare. Si delinea in quei secoli una nuova concezione del corpo, che da una parte è combattuto come la fonte di tutti i mali e dall'altra è osservato e scomposto in tutti i suoi elementi con passione scientifica. Esso appare come momento bestiale e però anche come contenitore della forza-lavoro. Quando Miranda manifesta il suo disgusto per Calibano Prospero osserva: «Eppure, non possiamo fare a meno di lui. È lui che ci fa il fuoco, che ci procura il legno del bosco e ci serve in molti uffizi che ci recano profitto». La degradazione del corpo a materialità - lo ha già rilevato Foucault - non ha solo una funzione negativa come nell'ascetismo greco-cristiano; essa è parte integrante di un tentativo di razionalizzare le sue proprietà per intensificare la sua soggezione e la sua utilità. I n questo contesto va letto l'attacco che si muove contro la stregoneria e in genere contro la concezione magica del mondo. Essa ha al suo fondo una concezione qualitativa del tempo e dello spazio inconciliabile con la disciplina capitalistica del lavoro. Nel sag- •gio dedicato alla «caccia alle streghe» Silvia Federici polemizza con larga parte della storiografia ufficiale e sottolinea la coincidenza fra momenti di esplosione delle grandi rivolte contadine e momenti di persecuzione delle streghe, insistendo inoltre nel documentare come l'immagine della strega veicoli pulsioni profonde, di paura e di repressione, nei confronti della donna ribelle e del corpo femminile. La posta in gioco è il controllo sulla riproduzione. «Come le enclosures espropriano i contadini dalla terra, la caccia alla streghe espropria le donne dal proprio corpo». La Fortunati ricostruisce a sua volta una storia della sessualità come «valore d'uso per il valore» cl)e rimprovera Foucault di non accorgersi che nel capitalismo la storia della sessualità diventa duplice, maschile e femminile. Ma in tal modo rischia un'ennesima ricaduta nella «teoria della repressione sessuale» in nome di un «lavoro sessuale erogato dalla donna» che sottovaluta proprio la complessità dei dispositivi foucaultiani di potere e sapere, verità e piacere. Ma anche questi punti che possono apparire poco persuasivi riaprono polemiche interpretative di fondo che è importante approfondire. La storia del «corpo sociale ~ ribelle» è infatti tutta da ricostruire ~ .s e le sue implicazioni arrivano fino ~ ~ 'O ~ ..... ai giorni nostri, alle forme contemporanee di repressione e riappropriazione. Nella crisi di quel modello di «individuo» forgiato dal S :produttivismo sulle categorie della ---~- responsabilità e dell'autocontrollo ,., emerge oggiuna ridefinizione delle ], identità come posta in gioco di stra- ~ t-... tegie contrapposte. E il filo rosso 00 iooO dei saperi trasgressivi e delle indiscipline del corpo sociale riapre il problema della sua liberazione.
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