Mensile di informazione culturale Luglio/Agosto 1986 Numero 86/87 / Anno 8 Lire 5.000 86/87 ~ Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile, 2 • 20137 Milano Spedizione in abbonamento postale grupP.o 111/70• Printed in Italy ~~ ,, l ,, ' ~ ]' --- • \.. I \i • llÌ!i 1 f/""'_~, • /) . I ~EniChem Napoleoni,RicoeuJ;,.Severino EliasMaravall,Griniths,Burke . Montaef ,Rushdie,Kant,Borabenco Rosso,Leiris,Roussel,Chesterton,Parmigg Discussione ~~-.. Supplemento sullaricerca letterario.7: letteraria: -~, _ «Eccentrici Leonetti,Guglielmi ~.., DelTrediciD, inale Ferretti,Luperini Sabbadini,Mannacc Fusini,Gargani .--~"""'",..:.."-=-~-- Vitarelli,Cristante Barilli,Porta Salvo,Ciabatti Tabucchi Lacatena Agosti_ Schiavo • Sovente Busceti 1 \ . .... .... , . .. .. • . ~ -:~ . : .. .. ... .. ' .. ·> •••• ~ .•. •. .. ,! • -:- ... /::,;. •. _::·: . •• ~., ·:;_ '. ·, ·.•t. ~'-- . • · .. ~..., '
Leimmagindi iquestonumero I geni dell'alambicco M o/te immagini del labora- un amplesso, in una congiunzione torio alchemico • designa- degli opposti, carnale o simbolica. no, in una lingua forbita In quest'ultimo caso sole e luna, dalle allegoriee dagli enigmi, quel- sospesi nella boccia cristallina, si le trasformazioni della materia che guardano, si sfiorano, vicini e sono impercettibili ali'occhio strani. Tutte le creature che l'alchiumano. Quando il colore o la con- mista ha suscitato e imprigionato sistenza non tradiscono più la mu- nel collo di vetro obbediscono a ta dei metalli, eppure si presume ruoli semplici (il sovrano, l'amanche gli elementi siano travagliati te, la fiera), e sono pervenute a da segrete lotte, il simbolo sotten- quel punto dello spazio traslucido, tra all'incognita instaurando la a quel segno del percorso serpentilegge, la leggedella chimica. Guar- no, con il risultato che la loro pre- ~ di nel fondo della fiala, esamini in senza appare definitivamente anatrasparenza la boccetta, e finisci cronistica e chimerica. L'iconoper scorgervi il senso figurato del grafia alchemica, malgrado tutta la processo, o meglio il processo stes- serietà del preparatore, produce so come epifania del mondo. questi scherzi. In equilibrio sul fondiglio, stan- La mostra «Chymica Vannus», no un imperatore con lo scettro in ideata a Ravenna da Donatino mano oppure un re ed una regina: Domini, con il finanziamento del- /' ampolla è una aureola e circoscri- la Enichem, divulgata da un catave i coronati. Ma potremmo sco- logo a stampa dell'editore Longo, prirvi invece una coppia avvinta in permetterà ad ognuno di alambic- .---.r-c:---==a-. I Sommario Luca Paolazzi Le scelte di Napoleoni (Discorso sull'economia politica, di C. Napoleoni; «Teoria economica ed economia politica: note su Sraffa» in Produzione, capitale e distribuzione, di G. Lunghini; «Teoria economica e linguaggio scientifico. Elementi per uno studio sul rapporto Sraffa-Wittgenstein» in Econoinia politica n. 1, I 904; «Gli spiriti del capitalismo - Alcune osservazioni a partire da Hirschman e Braudel» in Stato e Mercato n. 15, 1985) pagina 3 Itala Vivan L'America indemoniata (Salem Witchcraft, di C. W. Upham; Salem Village Witchcraft: A Documentary Record of Locai Conflict in Colonia/ New England, a c. di P. Boyer e S. Nissenbaum; A Search for Power. The. «Weaker Sex» in Seventeenth-Century, New England, di L. Koelher; Caccia alle streghe nell'America puritana, di 1. Vivan; Entertaining Satan: Witchcraft and the Culture of Early New England, di J. P. Demos; La città indemoniata: Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe, di P. Boyer e S. Nissenbaum) pagina 4 Marisa Fiumanò Una storia impossibile (Storia della psicoanalisi, di S. Vegetti Einzi) pagina 5 Flavio Cuniberto Severino, essere o tempo (Destino della necessità; Gli abitatori del tempo, di E. Severino; Lo gnosticismo, di H. Jonas; voce «Progetto» in Enciclopedia Einaudi, voi. 11, a c. di F. Calvo) pagina 6 Comunicazione ai collaboratori di «Alfabeta~ Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) ogni articolo non dovrà superare le 6 cartelle di 2000 battute; ogni eccezione dovrà essere concordata con la direzione del giornale; in caso contrario saremo costretti a procedere a tagli; b) tutti gli arrticoli devono essere corredati da preçisi e dettagliati riferimenti• ai libri e/o agli eventi recensiti; nel caso dei libri occorre indicare: autore, titolo, editore (con città e data), numero di Edoardo Greblo L'azione di Ricoeur (La semantica dell'azione, di P. Ricoeur) pagina 7 Alberto Giovanni Biuso Elias e Maravall (La società di corte, di N. Elias; La cultura del Barocco, di J.A. Maravall) pagina 8 Prove d'artista Nanni Balestrini Gianfranco Baruchello pagina 9 Marinella Guatterini Il passato del futuro pagina 10 Maggie L. Rose Trevor Griffiths in Italia pagine 11-12 Maria Corti Grazia -inFriuli (La Cresima e Timp piardut. Tutte le poesie friulane, di T. Spagnol) pagina 11 Cfr. pagine 13-15 Testo Discussione sulla ricerca letteraria pagine 16-21 Attilio Mangano Magia e sapere basso (La religione e il declino della magia, di K. Thomas; Il grande Calibano, di S. Federici e L. Fortunati) pagina 22 Giuseppe Sertoli Il sublime dopo Burke (Inchiesta sul Bello e il Sublime, di E. Burke; «Il sublime: creazione e catastrofe nella poesia», a c. di V. Fortunati e G. Franci, in Studi di Estetica n. 4-5, 1984;~,The Sublime and the Beautiful: Reconsiderations», di Aa. Vv., in New Literary History n. 16, 1982; The End of the Line: Essays on Psychoanalysis and The Sublime, di N. Hertz; Il sublime e lo spazio, di L. Bonesio; Il sublime: contributi per la storia di un'idea, di Aa. Vv.) pagina 23 pagine e prezzo; c) gli arrticoli devono essere inviati in triplice copia; il domicilio e il codice fiscale sono indispensabili per i pezzi commissionati e per quelli dei collaboratori regolari. La maggiore ampiezza degli arrticoli o il loro carattere non recensivo sono proposti dalla direzione per scelte di lavoro e non per motivi preferenziali o personali. Tutti gli articoli inviati alla redazione vengono esaminati, ma larivista si compone prevalentemente di collaborazioni su commissione. carsiper proprio conto, su tali illusioni. Ne consigliamo una lettura quasi.senza dottrina o con pochissima dottrina. Il serpente crocefisso, in assenza della glossa che lo designa come l'argentovivo, guizza di per sè, con una forza sufficiente da stravolgere ogni previsibile viluppo razionale. È una simbologia tanto stramba ed eccentrica che il commento scolastico si spunta. L'arcano rivela se stesso sempre più ricco del senso che vuol proteggere. Osserviamo bene quel leone che stringefra lefauci un pallido e umano sole, fissiamo quel vecchio re da tragedia, con la barba e la bocca spalancata, il quale, seduto sul trono, abbraccia il proprio figlio per sbranarlo: se, solo per un attimo, possiamo credere nel valore didattico di queste immagini, la violenza che è loro infusa basta a rendernefragile la ragioRocco Carbone Storia di Montale (Storia di Montale, di R. Luperini; Il vento di Debussy, di G. P. Biasini; Il nome di Clizia, di M. Forti; Metamorfosi dell'orto, di E. Giachery; Eugenio Montale, di G. Nascimbeni) pagina 24 Daniela Bredi Termini indiani (La vergogna, di S. Rushdie) pagina 25 Intervista a Kantor a cura di Piero Del Giudice pagina 26 • Roberta Scafi Babenco e Moretti pagina 27 Adachiara Zevi Lo spazio e Medardo Rosso (Medardo Rosso o la creazione dello spazio moderno, di J. de Sanna) pagina 29 Catherine Maubon Roussel: Leiris e Roscioni (Raymond Roussel, di M. Leiris; L'arbitrio letterario. Uno studio su Raymond Roussel, di G. Roscioni) pagina 30 Paolo Varvaro Paradossi di Chesterton (Il bello del brutto, di G.K. Chesterton) pagina 31 Marco Rosei L'artificio di Parmiggiani pagina 32 Aldo Rosselli Sapienti esordienti pagina 33 Giornale dei giornali II boom che non c'è stato pagine 34-35 Indice della comunicazione Tg pops pagina 34 Supplemento letterario. 7 «Eccentrici», scelti da A.P., F.L. eM.S. O~corre in fine tenere conto che il criterio indispensabile del lavoro intellettuale per Alfabeta è l'esposizione degli argomenti - e, negli scritti recensivi, dei temi dei libri - in termini utili e evidenti per il lettore giovane o di livello universitario iniziale, di preparazione culturale media e non specialista. Manoscritti, disegni e fotografie non si restituiscono. Alfabeta respinge lettere e pacchi inviati per corriere, salvo che non siano espressamente richiesti con tale urgenza dalla direzione. Il Comitato direttivo ne, la ragione semplice. Che il vecchio re rappresenti la prima materia, ecco una vera banalità. Poco importa che attraverso i simboli, o meglio le narrazioni figurate del/'alchimia, s'abbrevi(lSse la distanza fra le utopie della trasmutazione e i linguaggi del/'arte, fra il potere della magia e il codice dei sensi. Più probante appare l'involontaria persistenza, oltre la materia, di alcuni nitidi modellini: il pavone dispiegato in una boccetta o un principe che passeggia sorridente e sereno dentro il suo alambicco. Seguiamoli con la coda del- /' occhio questi spiriti minuscoli, fino ai margini della pagina, fin dove è possibile, senza cercarvi le origini della scienza, o gli arcani di un destino migliore. Le immagini I geni dell'alambicco di Alberto Capatti In copertina: Alberto Capatti Allegoria della soluzione nel vaso ermetico. G. Aurach, Pretiosissimum Donum Dei, Ms. Parigi alfabeta mensile di informazione culturale della cooperativa Alfabeta Direzione e redazione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Art airector: Gianni Sassi Editing: Floriana Lipparini Grafico: Roberta Merlo Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione: via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinatore tecnico: Giovanni Alibrandi Pubbliche relazioni: Monica Palla Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile: Leo Paolazzi Composizione: GD B fotocomposizione, via Tagliamento 4, 20139 Milano Telefono (02) 5392546 Stampa: Rotografica, viale Monte Grappa 2, Milano Distribuzione: Messaggerie Periodici Abbonamento annuo Lire 50.000 estero Lire 65.000 (posta ordinaria) Lire 80.000 (posta aerea) Numeri arretrati Lire 8.000 Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Conto Corrente Postale 15431208 Tutti i diritti di proprietà lettrraria e artistica riservati
Lescelte ~ciaola"'apoleoni Claudio Napoleoni Discorso sull'economia politica Torino, Boringhieri, 1985 pp. 146, lire 18.000 Giorgio Lunghini ~Teoria economica ed economia politica: note su Sraffa» in Produzione, capitale e distribuzione Milano, !sedi, 1975 pp. XXVIIl.001188, lire 10.000 Paolo Albani Teoria economica e linguaggio scientifico. Elementi per uno studio sul rapporto Sraffa-Wittgenstein Economia Politica anno I, n. 1, aprile 1984 Luca Meldolesi Gli spiriti del capitalismo. Alcune osservazioni a partire da Hirschman e Braudel Stato e Mercato n. 15, 1985 ' E risaputo eh~ le scienze sociali sono maggiormente soggette delle loro cugine esatte a crisi d'identità. Queste crisi originano dalla periodica constatazione della fragilità dell'impianto teorico-sperimentale di una data scienza e spingono a mettere in discussione anche gli scopi, l'utilità e la possibilità (in sostanza la legittimità) di effettuare ricerca scientifica sull'insieme di regole comportamentali che formano l'oggetto di quella scienza. A queste crisi non sfugge l'economia, come prova la molteplicità di tentativi falliti di definirne un ambito di indagine universalmente accettato. Per comprendere le enormi dive·rgenze di vedute che oggi . coesistono bellicosamente nella comunità degli economisti possono aiutare alcuni esempi delle principali definizioni circa l'oggetto dell'economia, definizioni che si sono succedute cronologicamente, senza comportare però un'evoluzione. «Un'indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni» era l'ambizioso e generico programma di lavoro di A. Smith. D. Ricardo richiamò l'attenzione sulla distribuzione del reddito, importante per i suoi effetti sull'accumulazione. K. Marx ribaltò il ragionamento e mise in primo piano i meccanismi dell'accumulazione, rilevanti per la distribuzione. L. Robbins formalizzò l'impostazione neoclassica identificandola nell'economia come ricerca dell'allocazione ottima di risorse scarse per il conseguimento di fini alternativi. In effetti in economia queste crisi esistenziali si sono susseguite senza soluzione di continuità, tanto che si può considerarle come momenti diversi di un'unica lunga diatriba. E non è vero che le fasi ~ più acute siano coincise con i perio- -~ di critici incontrati dall'economia ~ reale nel suo sviluppo, come dimo- ~ stra il fatto che P. Sraffa pubblicò ....., Produzione di merci a mezzo di ~ merci nel 1960, ossia in pieno ____ f boom economico, e con il sottoti- ..., tolo «Premessa per una critica del- l l'economia politica». ;::: Intorno a quest'ultima opera ne- ~ gli ultimi vent'anni si è coagulata ~ una larga parte del dibattito sulla ::: crisi della scienza economica, del ~ quale Discorso sull'economia poÌ litica di C. Napoleoni (1985, Bo- ~ ringhieri) è un tentativo di sintesi chiarificatrice e insieme di ricerca di una soluzione attraverso l'allargamento a tematiche filosofiche. N apoleoni afferma che Produzione di merci è potenzialmente la chiusura formale di qualunque modello economico, una scatola vuota che può essere riempita con le più diverse interpretazioni dell'economia reale. Sbaglia perciò chi la impugna come «arma finale» con cui avere definitivamente ragione delle scuole di pensiero avversarie. A monte del lavoro di Napoleoni vi è l'idea che Sraffa abbia dimostrato, attraverso l'edificazione di uno schema formalmente impeccabile, quali sono le condizioni necessarie e sufficienti a determinare in modo univoco i prezzi di produzione delle merci. Ma insieme alle condizioni vengono evidenziate anche le ipotesi restrittive su cui poggia lo schema e queste sono tali da escludere, all'interno di quello schema, ogni soluzione ai problemi più interessanti posti alla teoria economica; ossia come si determinano il livello e la composizione della produzione e della domanda, la distribuzione del reddito (sovrappiù) e imutamenti tecnologici. Questa impotenza a spiegare le questioni chiave è il prodotto di un'estrema astrazione, un'astrazione ricercata con l'intento di rendere espliciti i limiti della economia politica quando le si vogliono applicare gli strumenti logico-matematici. A questa conclusione sulle conseguenze ultime di Produzione di merci era pervenuto G. Lunghini («Teoria economica ed economia politica: note su Sraffa» in Produzione, capitale e distribuzione, •!sedi, 1975): «Il "rigore" ormai d'obbligo per la teoria economica è incompatibile con la complessità che l'economia politica ha per oggetto», e «Nessun sistema economico reale, nel suo complesso, si • può ridurre mai, esaurientemente, all'oggetto di un calcolo». «Sraffa scrive solo le cose che possono [seguendo la logica matematica] essere scritte». Su quest'ultimo punto P. Albani («Teoria economica e linguaggio scientifico. Elementi per uno studio sul rapporto Sraffa-Wittgenstein», Economia Politica, anno I, n. 1, aprile 1984) afferma: «Sraffa costruisce un modello astratto, forma ideale e più semplice del mondo concreto, e lo riduce in un'algebra, in una logica[ ... ]. Il simbolismo sraffiano designa come stanno le cose, non che cosa esse siano, conseguenza del fatto che l'indagine è condotta più sul piano sintattico che semantico». La reazione all'opera di Sraffa, spiega Albani, è stata paradossalmente quella di perfezionare la logica formale dei modelli, asportandone le parti che dopo Sraffa non erano più difendibili e conseguen- • temente provocandone l'isterilimento del potere esplicativo. Ma mentre Lunghini conclude che non sono possibili «chiusure» formali del modello di Sraffa perché Produzione di merci vale a mostrare, anche a proprie spese, la miseria di un' «economia» che si è data o si trova come oggetto qualcosa che si può trattare o con «vigore» o con «realismo», Albani ritiene che l'uso di volta in volta marxiàno, neoricardiano, neoclassico o keynesiano delle proposizioni sraffiane è legittimo se seguiamo il «secondo» Wittgenstein. Questo Wittgenstein (quello, per intenderci, delle Ricerche filosofiche, contrapposto a quello del Tractatus) abbandona la definizione di un linguaggio logicamente perfetto a favore di «regole del giuoco» cui solo il contesto dà significato. S i può provocatoriamente affermare che l'opera di Napoleoni è la naturale mediazione fra queste due posizioni. Naturale perché già adombrata sia da Lunghini che da Albani quando affermano: il primo che l'economia si trova dinanzi ad una (apparente) scelta fra essere <<Scienznaaturale» •astratta, rigorosa ma infruttuosa, ed essere «filosofia» o una sorta di storia naturale; il secondo che gli economisti debbono abbandonare il concetto vinciano di scienza («nisuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, s'ea non passa per le matematiche dimostrazioni», trasferendo l'economia «dal regno della dimostrazione al campo della argomentazione». E la mediazione consiste nel ricorrere alla filosofia quale indispensabile ausilio per chiarire da cosa origina in un sistema economico il sovrappiù, e quindi la crescita, e come si distribuisca. Napoleoni parte dalla convinzione che «il sovrappiù, o il prodotto netto, come si trov1ano definiti in Sraffa, non implicano nulla e sono, in quanto fatti attinenti al processo n9ur~ "\XXH, CO. J \':\ CTlO . . G. Aurach, Pretiosissimum Donum Dei, Ms. Parigi produttivo, compatibili con qualsiasi teoria». Così come neutrale è il modello sraffiano. Resta, dopo Sraffa, da determinare l'origine del sovrappiù e, quindi delle quote distributive. Entrambe le spiegazioni teoriche storicamente alternative (quella neoclassica e quella marxian~) sono fallaci sotto il profilo formàle. Entrambe però sono, filosoficamente, chiusure possibili dello schema di Sraffa. Secondo la filosofia neoclassica (da non confondere con la teoria marginalistica) il prodotto netto, che quantifica il progresso economico, è frutto di due distinte facoltà umane: il lavoro e il risparmio (attenzione: il capitalista non è colui che risparmia, ma colui che si appropria del sovrappiù sociale per destinarlo all'accumulazione). Secondo Marx il sovrappiù ha origine dallo sfruttamento, a sua volta possibile solo attraverso la separazione dei produttori dalle condizioni oggettive della produzione. Lo sfruttamento capitalistico è in Marx, secondo l'interpretazione di Napoleoni, inversione di soggetto e predicato: la ricchezza astratta diviene dominatrice, attraverso il meccanismo impersonale del mercato, del produttore. In questo sistema il capitalista è alienato quanto il lavoratore. Lo sfruttamento è sottomissione di tutti all'astrazione del valore e quindi al meccanismo oggettivo del mercato. In realtà le due filosofie vengono ricondotte da Napoleoni ad una sola, quella neoclassica, della quale •«la spiegazione marxiana del sovrappiù può anche essere intesa come riferentesi alla forma storicamente determinata che assume nella società capitalistica la generica capacità di differimento del consumo». «Ognuna delle due spiegazioni dell'origine del sovrappiu trova nell'altra il complemento di cui ha bisogno». Affermato questo, Napoleoni effettua una scelta (storicamente determinata) di campo a favore della teoria marxiana e passa senza indugio a difenderla dirimendo alcune «questioni relative alla critica marxiana dell'economia politica» e rintuzzando gli attacchi mossi da Colletti (negazione del principio di non contraddizione) e da Severino (presupposto non spiegato). Riguardo a quest'ultima critica Napoleoni conclude che il presupposto non spiegato appartiene alla zona filosofica (Lunghini direbbe metafisica) del ragionare economico, sia in Marx che nei neoclassici, e che se si deve ritenere con Severino che quella zona «è gia morta di fronte all'avanzata della scienza, occorrerebbe concludere ... che il problema dell'origine del sovrappiù non ha senso e che, dopo Sraffa, non c'è in verità nessun altro problema, se non quello del calcolo». «Ma l'economia politica», continua Napoleoni «sembra una disciplina singolare»: quando essa è «ricondotta ad una forma "scientifica" (secondo il paradigma delle scienze naturali) "si sa" [... ] che qualcosa di essenziale va perduto, ... di essenziale per la conoscenza delle cose di questo mondo». E qui siamo tornati alle conclusioni di Lunghini e di Albani ed è da qui che Napoleoni inizia ad usare il grimaldello filosofico non più per discutere problemi di teoria economica ma per interpretare la realtà economica ed in particolare l'attuale crisi della politica di riforme keynesiana, l'inconciliabilità che si verifica ogni giorno fra «stato sociale» e mercato. Napoleoni ritiene che questa crisi si manifesti come aperta violazione delle compatibilità del sistema economico e che tale violazione sia l'ineluttabile conseguenza del seguente connotato del sistema capitalistico: «Né la piena occupazione né le provvidenze del welfare state sono in condizione di compensare i soggetti del fatto che essi, come soggetti produttori, sono totalmente assimilati a ciò che producono». «L'uomo e la società non sono riducibili senza residui [... ] alla pura produzione». Per superare la crisi, per raggiungere la liberazione non è forse il caso, domanda Napoleoni, di «guardare in modo diverso al rapporto tra l'uomo e il mondo, diverso cioè da quello stabilito dalla prospettiva della produzione - appropriazione - dominazione». P otremmo concludere lasciando aperto, come fa Na- . poleoni, questo interrogati-. vo. Ma un articolo di L. Meldolesi ( «Gli spiriti del capitalismo. Alcune osservazioni a partire da Hirschman e Braudel», Stato e Mercato, n. 15, 1985) rafforza la convinzione che esista, e sia più agevolmente percorribile, una via d'uscita diversa, anche se non nuova, da quella avanzata da Napoleoni. Il lavoro di Meldolesi persegue fini che esulano dai limiti del presente articolo e per i quali si rinvia direttamente al testo. Perciò ne estrarremo solo lè parti che sono qui pertinenti. Egli prende le mosse dai lavori di Hirschman, il quale riconosce a Weber di aver posto una questione fondamentale (benché ne critichi la risposta): come è possibile che il «far denaro» abbia acquisito tanta rispettabilità dopo essere stato per secoli condannato? All'origine dell'affermazione dello «slancio acquisitivo del secolo XVIII» ( e dei seguenti) vi è la teoria dello stato ed «il tentativo di migliorare l'arte del governo all'interno dell'ordine politico e sociale esistenti. Ab initio, dunque, Niccolò Machiavelli». Da Machiavelli si dipartirono due filoni di pensiero. Il primo filone constata l'impossibilità di continuare ad affidarsi alla morale filosofica ed ai precetti religiosi e distingue tre modi di comportamento volti a frenare le passioni distruttrici degli uomini: «La repressione, il contenimento e il contrapporre una passione con un'altra». Fu quest'ultimo, che prevalse, dato che gli altri due presupponevano una autorità che avrebbe potuto essere soggetta alle medesime passioni della gente comune. Va menzionato che questo filone di pensiero fu alla base della elaborazione della costituzione americana. Il secondo filone scaturisce dal concetto, ispirato da Machiavelli, di interesse. Mentre nella sfera pubblica questo concetto non ebbe successo perché «non condusse a regole di decisione precise», applicato agli individui «prosperò in modo sorprendente: la peculiare mescolanza di egoismo e razionalità che il concetto aveva ormai acquisito si rivelò particolarmente versatile». Successivamente i due filoni confluirono e, nelle parole di Hirschman, «una nuova categoria di passioni sino ad allora note come avidità, cupidigia, amore del lucro, poteva essere utilmente impiegata per contrastare ed imbrigliare altre passioni come l'ambizione, la brama di potenza, la lussuria». Ma l'economia politica ha, fin dai suoi fondatori, «dimenticato» l'origine passionale del suo oggetto di studio e si è sempre più dedicata, con mente fredda, ad analizzare i meccanismi attraverso i quali gli individui cercano di migliorare le proprie condizioni materiali. Uno dei meriti di Sraffa, potremmo affermare, è di aver riportato l'ac- .cento sulla qualificazione «politica». Se si condivide questa tesi sull'origine dello spirito capitalistico, e quindi sull'alienazione, allora diviene difficile auspicare l'abolizione del mercato senza pensare che questa implica il ritorno a forme più coercitive di potere politico. D'altro canto è naturale ricorrere ad una mediazione «politica» di istanze sociali che, benchè filtrate dall'economia, sono politiche. Se tutto questo non è privo di significato, allora riacquista validità quella ricerca che si ispira a Keynes, di mediazione fra democrazia e mercato all'interno dello stato.
Charles W. Upham Salem Witchcraft Boston, 1867, 2 voll. Paul Boyer e Stephen Nissenbaum (a cura di) Salem Village Witchcraft: A Documentary Record of Locai Conflict in Colonial New England Belmont (California), Wadsworth Publishing Co., 1972 Itala Vivan Caccia alle streghe nell'America puritana Milano, Rizzoli, 1972 pp. 752, lire 7.500 Lyle Koelher A Search for Power. The «Weaker Sex» in Seventeenth - Century New England Urbana, University of Illinois Press, 1980 John P. Demos Entertaining Satan: Witchcraft and the Culture of Early New England New York e Oxford, Oxford University Press, 1982 Paul Boyer e Stephen Nissenbaum La città indemoniata: Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe Torino, Einaudi, 1986 pp. 254, lire 22.000 S alem Possessed: The Socia/ Origins of Witchcraft, di Paul Boyer e Stephen Nissenbaum, pubblicato nel 1974 negli Stati Uniti, compare ora in Italiia per i tipi di Einaudi sotto il titolo La città indemoniata: Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe nella serie delle microstorie curata da Carlo Ginzburg, il quale appone all'opera una saggia e cauta introduzione, destinata a mettere sull'avviso i lettori. In effetti i lettori hanno davvero bisogno di venire messi in guardia. La città indemoniata non tratta di una città, bensì di un villaggioformato da un pugno di case disseminate nella campagna del Massachusetts e privo di un centro civilee religioso; inoltre, quel che più importa, non si occupa di demoni, né tantomeno di stregoneria. La . città indemoniata analizza l'episodio di stregoneria che sconvolse Salem nel 1691-92evitando accuratamente l'argomento centrale della vicenda, e cioè la stregoneria stessa, i suoi modi e la sua dinamica. Scopo dello studio è tracciare una «storia sociale» dell'agglomerato di Salem Village a fine Seicento, allo scopo dichiarato di giustificare l'esplosione di caccia alle streghe che ha attirato - e tuttora attira- l'attenzione di storici e antrolopogi, e, fatto ancor più importante, riesce ancor oggi a mettere in crisi la coscienza americana. Partendo da una mappa redatta nel 1867da Charles Upham - storico dilettante che si occupò per, tutta l,avita di districare la matassa di Salem-, Boyer e Nissenbaum ricostruirono una geografia della stregoneria che rivelerebbe come gli accusatori appartenessero alla classe dei proprietari terrieri legati alla terra, mentre le persone colpite da accusa (di stregoneria) fossero esponenti ~ella classe in ascesa del nuovo capitalismo mercantile. «L'ordine sociale era profondaericaindemoniata mente scosso - concludono Boyer e Nissenbaum - da una forza sovrumana che aveva indotto tanta gente a farsi sua complice. Oggi abbiamo scelto di interpretare tale forza come capitalismo mercantile emergente. Mather e gli abitanti di Satem Village la chiamavano stregoneria». Questa divisione si innesta, secondo gli autori, sulla condizione di insicurezza e di non raggiunta istituzionalizzazione di Salem Village, ancora legata a Salem Town, la comunità originaria fondata nel 1626 con il nome di Naumkeag, e da essa dipendente sia per l'organizzazione civile e militare sia per quella religiosa. Dinanzi a una simile tesi, la prima obiezione che immediatamente vien fatto di sollevare è che al giorno d'oggi sia palesemente assurdo voler spiegare un fenomeno complesso come la stregoneria con una causa monovalente, per di più escludendo a priori la possibilità dell'esistenza effettiva di una diffusa, capillare - anche se nascosta - pratica di stregoneria popolare fra i salemiti dell'epoca. Difatti· questo è quanto giustamente osserva Ginzburg nella sua nota. -Va tenuto conto che esistono ampie documentazioni di numerosi casi di pratiche di stregoneria denunciate ai magistrati del New England prima del 1961(si veda in proposito la prima parte di Cacciaalle streghe nel- /' America puritana di Itala Vivan, Rizzoli 1972)';e, dato ancor più rilevante, che in terreno americano la stregoneria assunse forme speciali, differenziandosi per più versi dalla matrice inglese da cui derivava direttamente (com'è forse ovItala Vivan vio, quando si dice «stregoneria» ci si riferisce alla documentazione processuale sopravvissuta, poiché non esistono altri modi per avvicinare quanto effettivamente accadde in epoche lontane). A Salem Village emersero in modo clamoroso quegli aspetti nuovi che in casi antecedenti erano apparsi qua e là, in modo rapsodico: implicazione di indiani pellirosse, schiavi caraibici e africani; identificazione di Satana-Uomo Nero con l'altro etnico e culturale, cioè l'indiano e l'africano; enfasi posta sulla funzione degli spiriti serventi, con ampia presenza di animali serventi che potrebbero corrispondere ad animali totemici indiani; importante ruolo della suzione del corpo della strega da parte degli spiriti serventi e documentabile sulla base dell'esistenza d'un capezzolo soprannumerario o di un'escrescenza anomala e spesso indolore se trafitta: particolare su Storte e alambicchi alchemici cui a S-alemsi insisté enormemente, e che pare di poter assimilare a un'influenza delle pratiche di suzione sciamanica così comuni nei riti di guarigione degli indiani. L'analisi di questi aspetti richiederebbe uno spazio maggiore; ma a Salem esistono troppi indizi perché si possa ignorarne la realtà. Vero è che gli studiosi americani - e non solo Boyer e Nissenbaum - si sono sempre dimostrati restii ad associare i fenomeni culturali della propria società ad elementi d'origine autoctona, forse anche per un antico e ben consolidato timore di contaminazione. Eppure le culture indiane erano ben forti e presenti quando i puritani si insediarono nel New England; inoltre oggi si stanno riscoprendo centinaia di captivity narratives e conversion narratives di grande interesse antropologico ed anche letterario, le quali testimoniano come molti puritani osservarono le pratiche di culto e guarigione delle etnie pellirosse. Molti furono anche i missionari, cioè i ministri congregazionalisti, che le videro e le descrissero: basti pensare a David Brainerd e alle sue stupende cronache dei Narragansett e dei Delaware. Come si può dunque arrischiare un'analisi del fenomeno di Salem che prescinda da un fattore d'importanza così straordinaria? M a v'è di più. Boyer e Nissenbaum ritengono di scarsa rilevanza un elemento che è alla base della witch craze di Salem e la caratterizza in modo particolare: e cioè il fatto che all'origine del fenomeno vi furono le denunce d'un gruppo di giovanissime accusatrici - si ·badi, tutte bambine o adolescenti (8-18 anni, più un paio di spose poco più che ventenni), e tutte di sesso femminile. All'inizio queste accuse erano anche autoimplicanti, poiché le bambine ammisero di aver loro stesse compiuto pratiche magiche insieme agli schiavi, e anche senza di loro. Solo in un secondo tempo le accusatrici aggredirono altre persone e ne proiettarono l'immagine nella cosiddetta «presenza spettrale», variando e allungando il tiro sino a coinvolgere centinaia di individui, la maggior parte dei quali non appartenevano a SalemVillage. Questa operazione di équipe fu condotta in stretto contatto con il ministro salemita Parris e con altri ecclesiastici delle zona, e addirittura nacque nella casa di Parris, giacché Betty Parris, figlia del ministro, e Abigail Williams, sua nipote, furono le prime ad agire: e Abigail assunse poi la funzione di regista del gruppo, o banda. Nello studio di Boyer e Nissenbaum si parla pochissimo di queste ragazzine, chiamandole in causa solo per raccontare gli eventi, senza neppure collegarle alla rete geografica e genealogica che sta alla base dell'analisi condotta dagli stessi autori: quasi esse fossero estranee al fenomeno ed esterne alla sua dinamica. Non viene mai detto a quali famiglie esse appartenessero in origine, con quali famiglie vivessero, e che età avessero. D'altro canto più volte Boyer e Nissenbaum adducono elementi ch'essi definiscono «psicologici», come quando spiegano l'accusa e il processo al ministro Burroughs come una sostituzione: su Burroughs si s~rebbe infatti scaricato l'astio per Parris. Forse una più ampia analisi della dinamica del fenomeno avrebbe potuto contribuire a spiegare perché le accuse non raggiunsero mai il gruppo di potere locale ostile a Parris: e cioè avrebbe messo in luce come la tensione sociale esistente a Salem Village non fosse che una delle molte componenti del conflitto esploso nel 1692con tanta violenza e con così straordinaria portata metaforica. Boyer e Nissenbaum inoltre non dicono che, se è vero che le accuse partirono da Salem Village, è anche vero che i processi, le condanne e le esecuzioni capitali furono effettuati dalle massime autorità del Massachusetts, ossia da un tribunale speciale nominato dal governatore e composto da persone tutte estranee a Salem Village. Quindi la dinamica del fenomenoche trovò nelle rapide impiccagioni una fortissima molla propulsiva, e una indubbia conferma di potere - non va rintracciata solo a Salem Village, bensì nell'insieme delle condizioni sociali, politiche e culturali del Massachusetts di quegli anm. Il periodo fu carico di tensioni per la provincia americana. Gli ultimi re Stuart, Carlo II e Giacomo II, avevano messo in questione l'autonomia del Massachusetts; già negli anni 1664-66Carlo II aveva inviato una prima commissione d'inchiesta, e nel 1676ne aveva inviato una seconda, guidata da quell'Edmund Randolph che fu implicato in un clamoroso caso di litoboIia demoniaca (cfr. Cacciaalle streghe, pp. 134 ss.). Infine nel 1683 v'era stato un grave contrasto fra la corte Generale del Massachusetts e Giacomo II, il quale nel 1684ritirò le concessioni che erano alla base del vecchio Charter del 1628 e nominò un governatore reale, ~ Edmund Andros. <::s .s Andros, che era anglicano, pro- ~ clamò la libertà di coscienza reli- 1::)... giosa e dichiarò decaduti i titoli di ~ proprietà terriera rilasciati nel qua- ....., e· dro del vecchio Charter. Il Massa- ~ chusetts lottò contro Andros e lo eo scacciò, avendo alla testa Increase ~ Mather - eminente ministro di Bo- ]:i ston- e suo figlioCotton. Il gruppo t-.... che faceva capo ai Mather trionfò 00 ~ quando Increase patteggiò un nuovo Charter con il re Guglielmo III l:! di Orange e ritornò in America con ~ in tasca la nomina di un governato- ;g, re ·di suo gradimento, William ~
L a Storia della psicoanalisi di Silvia Vegetti Finzi è un lavoro con pochi precedenti; è quanto basta per rilevarne il merito e la necessità, anche se storicizzare la psicoanalisi costituisce «un'impresa anti-psicoanalitica, perché questa forma di sapere presenta una resistenza interna alla dimensione storica». L'autocritica appare eccessiva: da uno storico della psicoanalisi non ci si aspetta la trasmissione di un sapere clinico, né la cautela dello psicoanalista nel preservarlo dall'irrigidimento e dalla schematizzazione, ma piuttosto una sorta di bussola che orienti nell'arcipelago presente e passato delle storie di psicoanalisi e psicoanalisti. Soprattutto in quello presente, così penetrato da una psicoanalisi involgarita e ridotta a gergo quotidiano, eppure con una domanda così ampia ed urgente di psicoanalisi «buona», senza frode, di psicoanalisi «vera» e di «veri»psicoanalisti. I clienti della psicoanalisi chiedono, insomma, delle garanzie: si può dire che questa «storia»ne fornisca? Che distingua, ad esempio, buone e cattive scuole, teorie vere e false e così via? Direi di no; anzi, dà alle eresie lo spazio negato dal- ['ortodossia per sottolineare l'erranza, non l'errore, della ricerca psicoanalitica. L'opera si fonda, tuttavia, su un progetto dichiarato: circoscrivere ciò che permette di identificare la psicoanalisi desiPhips. Nel 1692 Phips, appena sbarcato a Boston, come primo gesto di governo decise di rispondere alla domanda di giustizia che proveniva da Salem nominando il tribunale speciale che svolse i processi e ordinò l'impiccagione di diciannove imputati, più lo schiacciamento progressivo, s1noalla morte per soffocazione, di Giles Corey che si rifiutava di rispondere alle domande dei giudici, non ricon9scendone l'autorità. Le cose erano dunque pen più complicate, anche ad un esame sommario, di quanto non appaia dall'analisi di Boyer e Nissenbaum. L'ansia per l'incertezza del futuro colpiva tutto il Massachusetts, e non soltanto SalemVillage; i mutamenti che erano nell'aria coinvolgevano l'intero insediamento, minacciato anche dal pericolo delle guerre con gli indiani e preoccupato dalla vicinanza del sovversivo Rhode Island fondato da Roger Williams, già pastore di Salem. U n altro elemento di cui non tiene conto il discorso dei due studiosi riguarda, di nuovo, la banda delle giovanissime accusatrici. A chi abbia familiarità con le cronache dell'epoca, appare chiaro che i loro «attacchi», le loro «crisi», i loro «tormenti» ricalcavano un modello antecedente, il caso Goodwin studiato a Boston da Cotton Mather e notissimo in Massachusetts perché pubblicato in Memorable Providences nel 1689; o::s mentre altri casi di stregoneria era- .::; ~ no stati descritti e analizzati dal pac:i.. dre di Cotton, Increase, in Illu- ~ strious Providences del 1684. Il ca- ...., so Goodwin è sorprendentemente -8 simile a quello di Salem quanto ad i avvio: la bostoniana Martha Goo- ~ dwin, tredicenne, manifestò sintob<l mi identici a quelli delle bambine :::s ~ salemite, e come loro denunciò l'-,. o0 una persona che prestava il fianco ~ alle accuse, la lavandaia irlandese Glover (le salemite in prima istan- ~ za accusarono la schiava Tituba, la ..C) vecchia Osborne e la «malfamata» ~ ~ Good). gnando i tempi e i luoghi della sua elaborazione. Il progetto mi appare, a sua volta, sostenuto da una domanda, semplice ma radicale: che cos'è la psicoanalisi? Una storia della psicoanalisi può essere un modo di contornare la risposta ad una domanda costitutivamente insaturabile. Se quest'impresa, storicizzare la psicoanalisi, è stata così poco tentata, non è solo perché l'atemporalità dell'inconscio fa ostacolo alla cronologia, ma anche perché la psicoanalisi non esiste - dopo Freud - come corpus teorico in cui, almeno sui concetti chiave, ci sia accordo. La storia della psicoanalisi non può che diventare, allora, storia delle psicoanalisi, vale a dire di quei brandelli di sapere strappati alla clinica, formalizzati e trasmessi dalla scrittura. Resta fuori di ogni possibile «storia» la trasmissione orale di una pratica; non per esoterismo voluto, ma per l'impossibilità di dire - e teorizzare - tutto della clinica. Al «che cos'è» lapsicoanalisi Silvia Vegetti Finzi risponde dunque con un'anamnesi minuziosa del passato prossimo e con una fotografia del presente; riserva spazi inconsueti ai marginali e agli eretici (Groddeck, Tausk, Reich) in base al presupposto che, se la psicoanalisi è dogmatica, corporativa e irrigidita nell'ortodossia, snatura la sua funzione, che è trasgressiva, e il suo stile di ricerca, che è in fieri. Il modello di comportamento delle accusatrici era dunque culturale, e mutuato all'esempio celebre diffuso da Cotton Mather. Quale rapporto v'era fra il gruppo delle giovani salemite e gli adulti che esse costrinsero al ruolo di vittime o sostenitori della loro azione palesemente aggressiva? Boyer e Nissenbaum non toccano questo aspetto fondamentale della vicenda, sul quale si innestano scelte che loro stessi lasciano inspiegate o ritengono socialmente inspiegabili: ad esempio, l'accusa a Susanna Martin ·(il cui processo è uno dei più drammatici che si ricordino), e quella, incredibilmente ardita, al ministro George Burroughs, che all'epoca si trovava lontano da Salem, fuori gioco, socialmente. Per altri aspetti invece i due autori offrono ampia quantità di informazioni; ad esempio, analizzano nei dettagli la lunga storia dei difficili rapporti dei salemiti con i vari ministri che si susseguirono al Village. Ma noh pare che queste difficoltà fossero radicate in tensioni collegate a problemi di proprietà terriera; anzi, si direbbe piuttosto ch'esse si innestassero nei conflitti ideologici e teologici così presenti nella cultura dei puritani d'America e così rilevanti nel quadro della loro vita sociale. Non a caso, come s'è accennato, fra i primi ministri di Salem - dal 1631 al 1635 - v'era stato proprio R9ger Williams, che sfidò le autorità dell'epoca creando un focolaio di forte dissenso con la leadership del governatore Winthrop e l'allineamento degli ecèlesiastici favorevoli ad un'ortodossia fissa e centralizzata. Quindi, se Boyer e Nissenbaum lasciano in ombra la situazione generale del Massachusetts e danno scarso peso specifico al ruolo della banda di bambine accusatrici e al loro rapporto con gli adulti, rivelano anche una carenza nell'analisi della cultura puritana e delle sue capacità di trasmettere determinati modelli di comportamento anche trasgressivo. Troppo poco evidenziata sembra inoltre l'importanza che nel feSi tratta di un'anamnesi lontana dallo stile medico: non è una pura raccolta di dati, pur fornendo una ricca documentazione; non è neppure una semplice messa a punto teorica. È anche questo. È di più: una lettura sintomatica delle vicende di una giovane disciplina neanche centenaria. e ome l'analista decide arbitrariamente di privilegiare un sintomo più che un altro, così pure fa lo storico nella sua le,ttura del passato. In questo caso il sintomo privilegiato è il malessere della psicoanalisi nei confronti del malessere nella civiltà. Il malessere nella civiltà - interpreto e traduco in un assunto la tesi della Vegetti - interpella la psicoanalisi e la psicoanalisi non può sottrarsi alla domanda. Non le si può concedere il privilegio di uno splendido isolamento perché su di essa converge «un'aspettativa di verità e di bene che non le permette di racchiudersi nella istituzione e nella trasmissione iniziatica». La psicoanalisi deve al sociale il suo sapere perché il sociale chiede - cosa che non trova altrove - verità (ma il bene non viene, purtroppo, di conseguenza). La nostra autrice reclama il pagamento di un debito della psicoanalisi al sociale che, per parte sua, assolve consegnando, per una pluralità di usi e ad una vasta gamma di utenti, la propria ricostruzione storica. Riguardo alla possibilità di rinomeno di Salem ebbero i gruppi di potere ecclesiastico dell'epoca - i Mathers da una parte, Willard e Brattle dall'altra - nell'intricato gioco che venne a configurarsi intorno alle accuse di Salem. Boyer e Nissenbaum citano ripetutamente Cases of Conscience Concerning Evi/ Spirits Impersonating Men (che fu sì dato alle stampe nel 1693 a Londra, come si dice ne La città indemomoniata, ma era già stato pubblicamente letto in America il 3 ottobre del 1692), un testo che prende le distanze dai procedimenti seguiti dal tribunale speciale: ma nominano appena Wonders of the Invisible World, pubblicato a Bo- ·stonil 15ottobre 1692, con cui Cotton Mather controbilanciava il prudente Cases of Conscience difendendo l'operato dei giudici e sostenendo la validità della prova spettrale sulla base di un grossolano e frettoloso rifacimento dei verbali dei processi. Il problema della prova spettrale, inoltre, che fu alla base delle condanne del 1692 - e consisteva nel conferire validità di prova alla presenza della strega in forma spettrale, denunciata dalle persone tormentate- viene appena sfiorato da Boyer e Nissenbaum, i quali per principio si astengono da una visione d'insieme dell'episodio di Salem. spandere a questa sollecitazione occorre tuttavia fare un'obiezione: da quale etica dovrebbe sentirsi interpellato chi «fa» l'analista quando gli si chiede di rispondere ad un'aspettativa di verità e di bene? Da un'etica sostenuta da una scelta individuale oppure da una comunità che si riconosce come tale? Al presente può rispondere solo l'etica dei singoli. Gli analisti non sono unificati da un'appartenenza comune - fatta eccezione per la soluzione istituzionale - fondata sul riconoscimento interno e l'esistenza di un legame sociale; dunque non possono rispondere di un'etica collettiva né di una teoria o, meglio, di un sapere. Non c'è nessun accordo, ad esempio, su concetti fondamentali come quello di inconscio o di transfert o di Io. Alla disgregazione, etica e teorica, l'istituzione risponde con una stretta corporativa. A questo proposito la Vegetti nota: «Si tenta ora di recuperare, al di là delle differenze, ciò che unisce tra loro i membri di una società professionale e culturale che si sentono peraltro accomunati ·dalfatto di svolgere lo stesso lavoro», vale a dire «psicoanalizzare» (pag. 415). Questo tentativo di pac_ificazione, che avviene all'interno della Spi, tende ad un'efficiente formazione professionale, ma non ad un impegno sociale. È una scelta comprensibile in una logica conservatrice: i tentativi di creare legami sociali fra analisti fuori dell'istituzione Il risultato di tutto ciò è piuttosto deludente per chi si accosti a La città indemoniata conoscendo i documenti dell'epoca, ivi compresa la famosa mappa di Upham, fondamento dell'intera ipotesi degli autori. La delusione nasce anche dal fatto che Boyer e Nissenbaum nominano soltanto una piccola parte delle persone processate, così che il lettore non avvertito ha l'impressione che i processi riguardino i soli abitanti del Village (anche se in parte «forestieri»: ma quanti non erano «forestieri» nella mobile America di quell'epoca?). A chi si sia addentrato nelle particolareggiate cronache americane appare chiaro che il modello di comportamento delle giovani accusatrici di Salem è di estremo interesse ai fini d'una lettura antropologica e, in senso più lato, culturale, della prima America. Esso rivela una terribile tensione fra generazioni, ed una ancor più terribile tensione all'interno dell'universo "femminile;fa pensare a un proposito di rivolta contro l'ideologia dominante «alta», organizzata mutuando a questa stessa ideologia modelli trasgressivi, poi ampliati e fusi con una componente «bassa», popolare. E dimostra come soltanto attraverso la coesione del gruppo e dietro la maschera dell'isteria potessero affiorare determinate realtà antropologiche e psichiche, le quali si alleano certamente alle tensioni sociali ed economiche, ma non possono ragionevolmente venire disgiunte da esse. La caccia alle streghe è anche una prepotente caccia al potere, alla libertà d'espressione e d'invenzione; l'anomia che si stabilisce a Salem nel 1692consente il gioco e il racconto, la favola e il sogno,,e anche il delirio e l'epifania. Molte accuse e testimonianze- delle bambine, ma anche di altri - vanno lette come irruzioni dell'inconscio; altre come brandelli sparsi d'una cultura popolare sottesa ai rigidi modelli inculcati dal puritanesimo; altre ancora, come rigurgiti di desiderio che trovano una via d'uscita grazie falliscono e quando vengono tentati rappresentano una sfida stimolante che rasenta l'impossibile. A quale etica - sostenuta da quale comunità - appellarsi allora per indurre gli psicoanalisti a rispondere della «pertinenza» della psicoanalisi al sociale? La dimensione etica della prima comunità analitica - un'idea forte che rende forti - è andata smarrita. L'appello va quindi girato ai singoli che a titolo individuale possono testimoniare di saperla ancora difendere. Valga per tutti il nome di Elvio Fachinelli. A ragione la Vegetti gli dedica le ultime pagine dei suo testo. Si potrebbero fare anche altri nomi, magari meno noti perché fuori del circuito dei media. Se la psicoanalisi deve e può restituire pensabilità al presente e progettualità al futuro, come auspica l'autrice della Storia, oggi va interpellata attraverso i singoli che si autorizzano a parlare in suo nome. Senza essenza, come lafemminilità o la donna - la psicoanalisi reinventa - deve reinventare - un'etica (cioè un sapere e uno stile) ogni volta che un analista diventa tale. È il primo debito, non immediatamente ma certamente politico, da pagare. Silvia Vegetti Finzi Storiadella psicoanalisi Milano, Mondadori, 1986 pp. 433, lire 22.000 alla momentanea assenza di repressione. Infatti lo status di «creatura tormentata» poneva l'accusatrice in una condizione di eccezionalità che le consentiva di dire qualsiasi cosa e di compiere qualsiasi gesto. In un certo senso, quindi, si trattò anche di una prepotente affermazione del «basso» psichico rispetto ali'«alto» razionale: di una ribellione della psiche contro la cultura. Quel che rende ancor oggi importante l'episodio di Salem è, fra l'altro, la grande quantità di documentazione scritta che ci è pervenuta; ma, ancor più, l'esemplarità del fenomeno nel quadro della storia della cultura americana - ossia il suo meccanismo innestato sul dissenso e sul consenso, sulla trasgressione dei modelli seguita da una ricomposizione dei conflitti. L'America odierna, che si direbbe così lontana da quella di allora, ha interiorizzato le forme antiche, strutturando dentro di sé le dinamiche sociali e antropologiche che vediamo scattare ancor oggi dinanzi all'enemy within, al nemico interno, quel «Demonio avversario che si aggira come un leone ruggente cercando quelli da poter tormentare, ingannare, e divorare» (cfr. 1 Pietro, 5, 8-9), e contro il quale si rimette in scena il dramma della battaglia e poi della ricomposizione sociale. Appunto, la ricomposizione: perché nel 1711 le condanne di Salem furono formalmente revocate dalla Corte Generale del Massachusetts, le vittime riabilitate, i loro familiari risarciti. Tutto era accaduto a cal\sa, come disse la Corte, «dell'influenza di Spiriti Maligni, che ... agendo su coloro che furono i principali accusatori e testimoni, giunsero sino a trascinare in giudiziopersone di fama notoriamente irreprensibile». Così il reato di stregoneria scomparve dagli atti giudiziari, confondendosi indelebilmente con un'altra, ben nota forma di devianza: l'asservimento ad altre culture e la credenza in altri princìpi che non siano quelli su cui si regge la comunità.
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