ri successividel Bargello segnano il passaggio, secondo la Rodondi, «tra l 'engagement corporativo e il futuro impegno democratico». Tutti questi testi, sicuramente dello scrittore, non sono firmati, per esteso o in sigla, da Vittorini, ma sono contrassegnati da pseudonimi: Omicron, Abulfeda, Bellarmino; e, nota la Rodondi, non è detto che un'ulteriore indagine non ne possa individuare altri con diverso pseudonimo. La fase della collaborazione con pseudonimi è quella successiva all'allontanamento dal Pnf (secondo Vittorini) o alle sue dimissioni (secondo Bilenchi. Al quale si deve il più felice ritratto umano di Vittorini, apparso prima sulle pagine de Il Ponte, nn. 7-8 del 1973, poi in Amici, Einaudi) .. L'analisi della Rodondi sposta gli «astratti furori» dal piano esclusivamente esistenziale a quello letterario (finendo quindi, in certo senso, col saldare strettamente l'uomo e lo scrittore), identificandoli nel manipolo di scritti che separano il Garofano rosso da Conversazione in Sicilia. Storicizza un sintagma famoso ma ambiguamente interpretato, «per ridare una valenza anche specifica (e interna sia alla riflessione di Vittorini sul mestiere di scrittore sia al suo laboratorio creativo) a una locuzione per lo più interpretata in modo univoco come geniale metafora di una condizione psicologico-esistenziale». La Rodondi identifica nella modalità di espressione la vera valenza degli «astratti furori» (con un esplicito riferimento ad alcuni passi delle pagine di Americana), nello «stile». Secondo il critico a Vittorini non bastano i contenuti o la tensione che li sottende: «È dunque la codificazione formale, l'organizzazione stilistica che decide della vitalità o meno di una proposta culturale, che ne determina l'incidenza pragmatica». L'inizio di Conversazione in Sicilia («Io ero, quell'inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch'erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto») diviene al- !ora, per la Rodondi, un manifèsto programmatico nel quale Vittorini nega l'esperienza anche letteraria degli anni '36-'37; il romanzo è il segno dichiarato di una scelta letteraria ed esistenziale. Difficile catturare Vittorini. Un'opera diseguale per risultati non gli può certo rendere pienamente giustizia, ed una critica solo su di essa finisce con l'essere parziale, ingenerosa: perché Vittorini non si esaurisce solo nella sua opera letteraria ma vale anche in ciò che ha dato come inventore di cultura, come presenza, segno di contraddizione e di impegno. Quando ha sbagliato era in prima linea, non si negava mai: l'unico appunto che si può muovere al bel libro della Rodondi riguarda la severità con cui sembra bollare certi sotterfugi dello scrittore, che sono, tutto sommato, peccati veniali. Vittorini è un uomo, per fortuna, non un monumento. Il libro della Rodondi è un testo serio, per un'analisi specifica, specialistica. Per il lettore comune resta ancora il Vittorini mitico: gli «astratti furori», per un lettort; giovane, si caricano sempre ancora della valenza mitico-esistenziale che Vittorini è riuscito ad infondervi. Tolto dalla storia, nella quale è doveroso e onesto, per lo studioso, collocarlo, il sintagma mantiene intatta la carica emotiva che anticipa e prepara la ricerca, il viaggio, il mito e l'utopia. Fedeltàal fantastico Enrico Morovich Ascensori invisibili Genova, Unimedia, 1980 pp. 59, lire 10.000 La nostalgia del mare Genova, Unimedia, 1981 pp. 89, lire 10.000 Cronache vicine e lontane Genova, San Marco dei Giustiniani, 1981 pp. 60, lire 4.000 La caricatura Genova, Lanterna Prismatica, 1983 pp. 95, lire 8.000 I giganti marini Genova, Unimedia, 1984 pp. 110, lire 10.000 V i sono molti mondi possibili: di questo Enrico Morovich pare essere convinto. E solo una sottile, quasi impercettibile faglia trasparente, divide ancora il nostro mondo quotidiano da tutti gli altri universi. Ma l'altro mondo, gli altri luoghi di vivenza, per Morovich, non sono certo surrogati, proiezioni o protesi religiose del nostro pianeta; non c'è in questa convinzione presente, forse, da sempre nello scrittore fiumano, un desiderio di allontanare da sé la sofferenza della morte, con la certezza che l'altra vita pur esiste. Non si tratta, dunque, di rintracciare in questa idea un'antica credenza animistica o un'attuale, anche se soggettiva, fede etico-morale; tra un mondo e l'altro, infatti, c'è immediata intercomunicabilità, Frediano Sessi non si prevede la necessità del trapasso. Semmai, come l'astrologo e l'alchimista, convinti dell'esistenza di altre vite, di altre potenze sempre invocate e cercate, Morovich prova una sorta di nostalgia; nostalgia che si tramuta spesso in un senso, quasi incalzante, di essere qui ed ora sempre provvisori, in terra d'esilio, impossibilitati e incapaci di far attecchire le proprie radici al suolo, alla solidità della terra, alle certezze dell'esistenza. L'altro mondo, gli altri universi sono già qui, accanto a questo che noi chiamiamo reale; pronti a se- .gnalarci, se fosse necessario, la provvisorietà della nostra condizione, la precarietà dei luoghi d'esistenza. Forse, sono solo l'immagine speculare, il riflesso, non sempre rovesciato, della terra; ma è certo che essi vivono di vita autonoma e come l'Ade dei nostri antichi avi, sono regolati da leggi proprie. Così che tra la terra, che a volte ci àncora a sé come prigione, terra d'esilio, e gli altri mondi esiste solo una vicinanza senza confini, ben definiti. Nessun rapporto di superiorità o di inferiorità dei terrestri rispetto alle ombre, agli animali parlanti, ai giganti e agli esseri che abitano !'altrove; da questa vicinanza-lontananza non deriverà alcun cambiamento, alcuna trasformazione radicale della vita sulla terra. Semmai, all'inizio, quando l'idea di questa presenza si fa scrittura, linguaggio (cfr. per esempio Racconti a righe corte, Genova 1977), traspare un lieve senso di solitudine, perché la fessu11· raccontdoellabellezza Antonio Porta ra che pur separa i mondi sembrerebbe indicare la necessità di una partenza, e per legame quasi logico di una .lontananza: «Se un giorno lo incontrerò nel mondo I a lui già noto ed a me ancora ignoto/ lo abbraccerò e spero sarò perdonato». Una lontananza sottolineata dal senso del non-conosciuto, dell'ignoto, che pur non spaventa; la vertigine del buio, del fondo, della caduta vorticosa verso il basso (verso l'alto?) di nicciana memoria, pare essere per il Morovich di questi racconti unico strumento di conoscenza. In fondo, anche in «un .mondo che non si sa» si possono riconoscere volti amici, vecchi insegnanti maltrattati in gioventù. E a noi pare che proprio questo mondo «che non si sa», ancora ignoto e, forse, sempre inconoscibile, sia anEl il momento di rovesciare brerà troppo irresponsabile dire Se dunque la poesia è linguaggio santi / ai donatori e Jacopo ha la- abbandono ali' Amore vittorioso· un luogo comune. Non è che il destino della psicoanalisi è polisegnico per eccellenza e agisce sciato / questa predella tanto che del Caravaggio, o cambio nome ai più la psicoanalisi che ana- legato strettamente a quello dell'ar- quale moltiplicatore delle «ambi- portasse I nei secoli dei secoli l'or- meriggi, o attraverso di Narciso i lizza la letteratura, da cui anche ha te, cioè allaforma dei propri enun- guità» che si celano nel linguaggio nato / del busto e della chioma co- sorrisi, o dico sì alle rime? Per preso origine, come è noto, ma è la ciati, non allo svelamento del sen- quotidiano della comunicazione me allora / la ricca gioventù si •è questa via si riallacciano i fili che letteratura che si impegna in una so definitivo. Il racconto resta po- semplice, la sua forma non può es- messa in posa/ segno della virtù, tu collegano questo libro a Piumana, rilettura della psicoanalisi a parti- lisenso come quello dell'arte e le sere determinata dal criterio dello l'hai abbracciata/ nel sogno dei co- altro vocabolo «onnisignificante»; re da una convinzione che diventa ragioni di una scelta in una dire- svelamento ma da quello che il rac- lori d'ogni cosa»; e laseconda: «da- ma per la stessa via l'autore di Mesempre più forte: che il racconto zione interpretativa anziché in conto esigeper trovare, e stabilire, me e damine luci e villanelle / si risi mostra come si possa raggiunfreudiano sia orientato non solo o un'altra non sono legate alla cer- le proprie leggi. Il racconto della fanno intorno a lei lungo la siepe/ e gere l'equilibrio tra seduzione e non tanto da criteri di verità in sen- tezza del vero ma a quella molto poesia insegue la forma che intrav- siede l'agghindata e quando s'alza/ senso e come questo equilibrio so scientista (e/o positivista) ma più personale e «privata» del gu- vede come compiuta, godibile, se- sorprende le fedeli e segue un lam- prefigura una salvezza possibile, piuttosto dal principio della sedu- sto, a un'immagine di bellezza in- ducente: se dice la verità vi riesce po; I mentre si fa il bagliore c'in- al di là degli usuali annunci di morzione. La bellezza, come fine del seguita. solo in virtù di se stessa, della rag- contrammo / oscuri portantini». te (morte del secolo, morte del seracconto analitico, è un filtro po- Ho avuto già modo di ricordare, giunta bellezza. Il lettore attento avrà subito no- condo millennio, morte dell'Occitente, e decide che cosa giova o in altra sede, che in poesia non esi- Già nell'Amore delle parti, /' o- tato la rima gioventù/virtù e anche dente, morte, morte... ecc., ecc... ). nuoce al racconto stesso. ste significato che non sia separa- pera che precede direttamente Me- l'aggettivo «ricca» riferito appunto Se la poesia è stata e può ancora In uno dei resoconti delle ormai bile dalla sua forma, e allora deb- risi, Cesare Viviani aveva mostra- a gioventù. E nella seconda un'ac- essere coscienza critica del presenfamose riunioni del mercoledì bo trarne la conseguenza che non to chiaramente che la sua scelta è centuazione alla Watteau della sce- te, presagio della fine, nostalgia (Nunberg e Federn, Dibattiti della esiste significato che non abbia le raccontare senza svelare, senza fis- · na, da cui il poeta (uno degli oscuri delle origini, e molte altre cose, a società psicoanalitica di Vienna, sue radici nella forma. La forma è sare univocamente l'esperienza del portantini) resta fuori, abbagliato, me par certo, adesso, che il lin1906-1908, Boringhieri, Torino per l'appunto una scelta, una ri- racconto. Il racconto di Viviani ma anche abbagliatore (nei con- guaggio poetico debba prefigurare 1973) che Mario Lavagetto ha avu- sposta a un progetto, la conclusio- non è un frutto diretto della perce- fronti del lettore). Ci si rende an- il futuro, debba disegnarne il moto il merito di sondare con gli stru- ne di un disegno che prima di esse- zione del vissuto ma il racconto di che conto del perché di certi sospet- dello di bellezza, ascoltando le simenti della critica letteraria (Freud re portato a termine non aveva un un racconto che è frutto dell'analisi ti di «neo-classicismo», avanzati rene della seduzione. Si corre il pela letteratura e altro, Einaudi, To- senso. Così l'analisi psicoanaliti- psicoanalitica e di quel «buco ne- da qualcuno, per la più recente ricalo di essere annullati dal sisterino 1985), possiamo leggere di ca, che se venisse letta al livello di ro» della narrazione che è il sogno. poesia di Viviani. ma dei consumi? Sì, è evidente. Adler che afferma: «Lo spirito resoconto stenografico o di regi- Ora la poesia di Viviani non è Inutile nasconderselo: il perico- Ma la poesia non è un'assicuraziocreatore sarebbe inibito se troppe strazione «fedele» resterebbe palu- più diretta a mettere in luce le frat- lo insito in quello che mi piace ne contro i rischi e gli infortuni. "° cose divenissero coscienti»; e Hel- de informale-infernale senza signi-· ture del linguaggio, a sottolineare i chiamare «progetto di bellezza» è Mille dubbi, mille incertezze, ma .s ler: «Lo scrittore non potrà più ser- ficato, come l'infinita orizzontali- vuoti e le afasie dell'analisi, come proprio questo, di rinunciare a lo sguardo non può essereperenne- ~ virsi dell'incesto, quando le nozio- tà dell'esistenza, dove il senso vie- accadeva in L'ostrabismo cara o in qualsiasi lama critica in favore del- mente volto a quel pieno illusorio c:i.. ni inconsce saranno portate in pie- ne pute trovato dallo stile capace Piumana, ma a individuare e a far la seduzione dell'estetica. Il puro che chiamiamo passato per paura ~ na luce e quando, di conseguenza, di esprimerne i valori identificati. interagire gli elementi linguistici suono al posto del puro senso. Ma di quel vuoto reale che diciamo ~ la colpa tragica verrà dissipata»; e «Ma non si doveva discorrere di che possano ricomporsi in un qua- va detto che se la scommessa è no- «futuro». i:: ~ Otto Rank: «L'arte morirebbe se poesia?», <chiederàa questo punto dro che obbedisce non alla logica tevole e irta di difficoltà, la posta .biJ l'inconscio divenisse conscio». il lettore, forse sorpreso dal pream- di un significato restrittivo ma a in gioco è straordinariamente al- Cfr. ~ Ora, se ci azzardiamo in un salto bolo. Chiedo venia, ma il pream- quella della seduzione, cioè della lettante: far coincidere puro suono Cesare Viviani ~ un po' acrobatico e raggiungiamo bolo mi è stato suggerito proprio bellezza. e puro senso. Come nel titolo del Merisi S la convinzione ultima di Freud sul- dall'opera di poesia di cui desidero Leggiamo due poesie di Merisi: libro, appunto: Merisi. Milano, Mondadori, 1986 i l'infinibilità dell'analisi, non sem- parlare, Merisi, di Cesare Viviani, «che corre dal suo viso la fede ai Merisi: ho forse riso di me, o mi pp. 128, lire 20.000 ~ L-----------------------------------------------------------------------------1<::S
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