Alfabeta - anno VIII - n. 85 - giugno 1986

rezione «storica» a tutta la revisione testuale palazzeschiana, essa converge, scrive la Carpaneto, verso l'obiettivo della caricatura, unica via possibile che consente a Palazzeschi, in quel dato clima culturale, di produrre ancora poesia. . D i Palazzeschi non si parla poi molto, almeno in relazione all'importanza che la sua opera riveste nel panorama letterario novecentesco da lui attraversato in entrambi i versanti. Ma ultimamente, grazie anche al centenario della nascita, sono incrementati Raffaella Rodondi Il presentevince sempre (Tre studi su Vittorini) Palermo, Sellerio, 1985 pp. 375, lire 30.000 D ue convegni in questa primavera, uno a Siracusa, l'altro a Milano, pongono al centro del dibattito letterario la figura e l'opera di Elio Vittorini. I vent'anni dalla morte non hanno ancora sciolto il nodo Vittorini, e si capisce. Un uomo come lui, sempre dentro gli avvenimenti, può risolversi soltanto con essi; e lo spazio è poco ancora, ancora chiusa la materia. Discutere di lui, della sua opera (non è possibile separazione), è segno che il problema è ancora vivo e stimolante ma significa anche che occorre fare i conti con la cultura del suo tempo, sollevare una serie di altri problemi che sono intricati, al fondo, con la sua produzione. Perché, scrittore e intellettuale, meglio organizzatore e inventore di iniziative culturali, Vittorini ha chiuso in sé, e strettamente compene~rate queste due figure, fondendole in misura tale da non poterle noi distinguere separatamente. Chi lo conobbe testimonia di questa impossibilità, chi lo studia attraverso le sue opere e le analisi critiche più attente non può non rendersene conto. C'è anche un altro ostacolo da superare per definire Vittorini: il suo mito. Un'analisi seria deve .isolare la figura dello scrittore al di fuori dell'alone mitico in cui spesso è stata avvolta, o si corre il rischio di non valutarne esattamente i contorni. E, d'altro canto, Vittorini è anche il suo mito. Fra i numerosi saggi dedicati all'opera dello scrittore siciliano occorre segnalare quello di Raffaella Rodondi, Il presente vince sempre, tre studi su Vittorini (Palermo, Sellerio, 1985);un libro lucido e documentato che obbliga alla rilettura dello scrittore tenendo conto delle ipotesi avanzate e delle notizie che vi sono raccolte. «Gli sforzi che vengono fatti per datare e localizzare i testi e per conoscere qualcostudi e pubblicazioni che hanno consentito una ripresa del discorso su di lui. E tra gli «omaggi» tributati alla sua figura e alla sua opera si situa anche un numero della rivista L'immaginazione che, per bocca di uno dei suoi redattori, Marcello Strazzeri, dichiara la «sotterranea affinità» tra la ricerca poetica e letteraria di Palazzeschi e quella che muove i componenti la redazione. La rivista contiene un grappolo di prose e di poesie dello scrittore nonché lettere di Ungaretti e Moretti, testimonianze di M.L. Belleli e G. Spagnoletti, interventi di L. Baldacci («Palazzeschi ·vivo») e C.A. Madrignani («Il cinema di Aldo Palazzeschi»), note ai testi palazzeschiani di F. Bagatti e L. Giannone e infine le «Aggiunte.>>di Giannone alla Bibliografia d~li scritti di Aldo Palazzeschi curata da Anna Grazia D'Oria, consistenti nella nota relativa al ritrovamento di undici scritti e due lettere compresi tra il '29 e il '66 che non figurano nel libro della D'Oria. Prefata da Mario Picchi, la Bibliografia di A. G. D'Oria costituisce uno «strumento indispensabile» (Giannone) per coloro che, studiosi o studenti, si occupano dell'opera complessiva di questo scrittore o ne intendono approfondire particolari aspetti. Sono_elencate 476 voci tra volumi, poesie, racconti, prefazioni, interviste, recensioni e prose di varia. natura che scandiscono «gli anni della sua laboriosa esistenza» (D'Oria), dal suo esordio poetico nel 1905all'anno della sua scomparsa nell'agosto 1974. Ciascuna voce è fatta seguire da una nota che ragguaglia il lettore sulla natura, l'occasione e il contenuto dello scritto o sulla composizione del libro al quale la voce si Il nodoVittorini sa dei loro autori vanno molto al di là della mera erudizione» - ha scritto Cesare Segre. «È che ci rendiamo conto che il significato dell'opera diventa più comprensibile ed eloquente se inserito nel suo contesto». La Rodondi si è posta questo compito e lo ha svolto benissimo. I tre studi di cui si compone il volume forniscono una documentazione ricca di dati su alcuni momenti fondamentali dell'esperienza letteraria e di vita dello scrittore, che ci permettono da un lato di metterne a fuoco il percorso ideologico, dalle prime giovanili esperienze alla maturità, dall'altro forniscono indicazioni precise su fatti molto spesso definiti con approssimazione o mitizzati, consentendoci una valutazione equilibrata. La Rodondi, dimostrando una sicura e ampia conoscenza della materia, e sostenendo le proprie tesi con un numero notevole di elementi probanti, ci fornisce una serie di informazioni documentarie dalle quali non sarà più possibile prescindere volendo analizzare obiettivamente l'opera di Vittorini. Il primo studio riguarda il Garofano rosso, il romanzo che ebbe più di tutti una stesura travagliata. Apparso a puntate su So/aria, la rivista soppressa manu militari dal regime, subì tagli e censure. Si disse che il regime avvertiva in quel libro, decisamente in fieri, i germi dell'opposizione politica del suo autore. Il romanzo uscì nel dopoguerra profondamente revisionato, in molte parti riscritto, e corredato da una famosissima prefazione, sorta di manifesto programmatico letterario e culturale, che alimentava la versione della contrapposizione ideologica quale causa della censura e del sequestro. La Rodondi, nel suo studio, raggiunge alla fine di un'indagine precisa e documentatissima alcuni risultati che le consentono di affermare: 1) che è destituita da ogni · fondamento la pista politica per il sequestro del romanzo, l'intervento censorio essendo dovuto a ragioni esclusivamente moralistiche; '2) Roberto Rizzini il distacco tra le due edizioni (quella di So/aria e quella di Mondadori), con le correzioni e le riscritture, definisce la maturazione e il passaggio di Vittorini attraverso il fascismo, da una prima accettazione al rifiuto; 3) sulla base dei punti 1 e 2 non è più la prefazione che funge da guida al romanzo ma è quest'ultimo (nella comparazione delle due stesure) che consente di cogliere a pieno il significato della prefazione: il Garofano rosso finisce con l'essere il «pretesto», la prefazion_e è il testo. P er quale motivo, allora, sarebbe stata avanzata da Vittorini la tesi della censura politica? Tutto fa credere, rileva la Rodondi, ·che lo scrittore volesse cancellare, anche se per un periodo non sospetto (erano quelli che De Felice ha definito «gli anni del consenso»), la militanza «fascista» che si evidenzia nella collaborazione al Bargello, settimanale del fascismo fiorentino cui Vittorini collaborò dal '31 al '36 ufficialmente e poi fino al maggio del '37 anonimamente. (È inutile dire che Vittorini avvertì sempre questo disagio. Nel 1955 firmò con Sergio Antonielli, che lo aveva materialmente scritto, i.m articolo pubblicato con titolo «Contemporary ltalian Literature» in Books Abroad. Il testo apparve su Belfagor con titolo «Schizzo del nostro '900 letterario», nel numero di novembre del 1979. In esso troviamo scritto tra l'altro: «Non si può dire che il fascismo abbia avuto sulla letteratura una influenza diretta e un effetto preciso. Tutti i migliori scrittori, non esclusi quelli che fecero formale o ufficiale atto di ossequio al regime, si mantennero poi intimamente estranei ai grossolani miti con cui il fascismo alimentò la sua propaganda». Vittorini dichi;uava dunque, non considerandosi scrittore di dubbia fede letteraria, di essere impermeabile alle influenze fasciste. L'articolo terminava proponendo alcune fra le principali A. Giacometti, Oggettospiacevole, 1929 opere degli autori citati. Per Vittorini sono segnate Conversazione in Sicilia, Uomini e no, Il Sempione: l'autore aveva cancellato la sua opera prima. A sostegno delle proprie considerazioni la Rodondi, nel terzo studio del volume che riguarda Diario in pubblico, effettua uno spoglio, come sempre accuratissimo, dei brani scelti per alcuni dei_ quali, fa notare, vengono fornite da Vittorini indicazioni bibliografich~ inesatte: e sono, quasi tutte, relative a scritti apparsi sul Bargello. Riflettendo un momento su quanto ci viene fornito dobbiamo concludere che, effettivamente, Vittorini pare animato da volontà di depistare il lettore: ma in modo abbastanza ingenuo se fornisce indicazioni che «saltano» ad una prima verifica. Quel che risulta, allo- .ra, è la volontà dello scrittore di proporre, anche negli scritti in cui si riconosce solo parzialmente, il filo di una tensione positiva. E di cancellare il resto, di metterlo nel1'ombra. Vittorini sentì sempre l'esperienza fascista come qualcosa di cui vergognarsi, di qui il suo «rimorso» per non essere stato sempre come avrebbe voluto, l'esigenza di fornire, di una parte della sua vita, un'immagine corretta, riscritta. Le cifre più evidenti in Vittorini sono l'inquietudine e la tensione, che si manifestano in un bipolarismo caratteristico che può apparire, ma non è mai, manicheo: è progressione, dialettica in movimento alla ricerca di «una» verità, intuita . ma da verificare: «Questo esattamente è cultura: la linea avanzata raggiunta nella ricerca della verità ai fini della liberazione umana». Una linea che continuamente si sposta e che impone nuove prospettive, ricerche, inquietudini. E le sue opere, quasi mai concluse, riflettono il senso del confronto continuo con le cose, la verifica tra un paradigma presentito (la sua conoscenza «mitica» dei fatti) e il reale mutevole con cui è costretto a misurarsi. riferisce, mentre tre appendici danno notizia delle opere inedite _' giacenti nel «fondo Palazzeschi» dell'Università di Firenze, delle opere tradotte in altre lingue e delle lettere sia pubblicate in carteggi sia sparse in riviste e volumi. Insomma, ciò che emerge da queste letture sul primo Palazzeschi, sui suoi «difetti» poetici e sui suoi versi riusciti, è la rara sua dote di coniugare la comicità del saltimbanco con la tragica sorte dell'incendiario, avventura estrema che la gabbia conclude o inizia. e al~i.no, con fel~ce i_ntuiz~one cntica, constato nei suoi romanzi la presenza costante di. tre categorie: «Ogni romanzo di Vittorini ha come forma mitica quella del viaggio, come formastilistica quella del dialogo, come forma concettuale quella dell'utopia», che sono anche il suo modo di essere (in movimento, in confronto, in tensione) un viaggiatore alla ricerca di «una» verità. Essere depositario di una tradizione non gli basta se non riesce a verificarla e renderla viva. Credo che Vittorini, che piegava i testi degli altri alle proprie esigenze, senza sforzo si sia ritrovato nell'affermazione di Pavese: «Avere unà tradizione è meno che nulla, è solo cercandola che si può viverla». L'inquietudine di .Vittorini è davvero la molla che lo spinge a muoversi, a cercare, a scrivere (impiegando anche materiali linguistici diversi nel tentativo di trovare lo strumento più affilato, più idoneo a testimoniare la sua presenza): a identificare furori concreti che possano allontanare quelli astratti. Anche il più sprovveduto lettore vittoriniano identifica lo scrittore con quel suo sintagma caratteristico, «gli astratti furori». La Rodondi, nel saggiocentrale del suo volume, forse il più interessante, ne cerca una definizione attraverso un originale percorso d'indagine. Scopre, frugando nel Bargello, «i lacerti di un libro di cultura vichiana», Del progresso civile come religione; il testo è siglato Omicron. Un'analisi tematica e stilistica la porta ragionevolmente a concludere che si tratta di un testo di Vittorini (e che sono da attribuire a lui gli altri scritti a stessa firma): ipotesi suffragata, poi, da una verifica testuale da Diario in pubblico. Una lettera di Vittorini a Silvio Guarnieri conferma inoltre che non si tratta di un progetto ma di un testo realmente scritto e concluso, anche se l'autore avverte l'amico che intende revisionarlo. Il testo preso in esame e quelli, sul medesimo tema, che lo seguono nei nume-

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