gli ulteriori lineamenti fondamentali necessariamente normativi sarebbero rimasti di natura religiosa e dogmatica. Al contrario, proprio sulla linea di una elaborazione dei fondamenti universalmente validi di ciò che tradizionalmente si definisce «diritto naturale», ha senz'altro avuto luogo un'emancipazione razionalistica dai presupposti dogmatici delle immagini del mondo religiose e metafisiche; un'emancipazione del logos universale della giustizia che ha già trovato, nella fondazione kantiana della «legge morale» attraverso il ricorso ali' autonomia della ragione pratica, una sua fondazione etico-razionale quasi sufficiente. A questo punto della ricostruzione dei tipi di razionalità complementari al «com-posto» dobbiamo infatti fermarci per un momento, innanzitutto per avventurarci ancora una volta-per l'ultima voltain un confronto sistematico con la critica totale della ragione proposta dal Postmodernismo. Le mie tesi da ultimo esposte riguardo alla razionalizzazione della dimensione morale e giuridica del processo di civilizzazione occidentale (moderno), infatti, sono effettivamente in contraddizione con quasi tutte le posizioni della filosofia attuale. Così, non soltanto i positivisti giuridici e Max Weber respingono - come illusione dogmatica- l'idea di una possibile fondazione eticamente razionale del diritto naturale, ma anche l'ultimo Heidegger non vede, nel logos della filosofia trascendentale di Kant, globalmente presa, nient'altro che una stazione dello svelamento epocale del logos metafisico della soggettività - dunque del «com-posto»: una stazione posta sul cammino che coerentemente finisce nella filosofia della «volontà di potenza» di Nietzsche. Cosa si può dire di queste tesi? 11.2.4. Desidero iniziare con la seguente tesi storico-filosofica: ciò che tradizionalmente si definisce «diritto naturale» ha di fatto prodotto, nel moderno, la fondazione universalistica (dell'idea) dei «diritti dell'uomo» e con ciò la legittimazione delle rivoluzioni borghesi. A mio parere tuttavia, il «diritto naturale» in quanto tale non può ancora valere come complemento razionale, non più metafisico, della razionalità del «com-posto» - in modo tale che si potrebbe dimostrare in modo cogente a un sostenitore del monopolio della razionalità tecnico-scientifica strumentale e avalutativa che anch'egli deve aver già sempre riconosciuto un principio razionale della giustizia. Ciò può a mio avviso riuscire solamente presupponendo un'adeguata ricostruzione filosofico-trascendentale del diritto naturale. Una simile rifondazione non è però realmente riuscita nemmeno a Kant con il suo ricorso all'autonomia della ragione legiferante. In che senso? Certo, è del tutto sbagliato, e va considerato come una delle più mostruose violenze di Heidegger e dei postmodernisti che lo seguono, il fatto che si voglia vedere nella filosofia kantiana del soggetto trascendentale un prodromo della «volontà di potenza» - ad esempio attraverso la mediazione dell'equiparazione, proposta da Foucault, della «volontà di verità» (oppure della fichtiana «volontà di ragione»?) con la volontà di potenza. La mostruosità consiste nel fatto che il soggetto trascendentale kantiano è in verità, tuttavia, per lo meno anche il rappresentante di quelle pretese di validità universali dell'argomentare che vanno soddisfatte solo in modo non violento; come già abbiamo mostrato, queste pretese di validità hanno potuto venir ridotte da Nietzsche e Foucault a «nient'altro che» la «volontà di potenza» solo al prezzo di un'auto-contraddizione performativa. getto (in linea di principio solitario), Kant non poteva produrre neinmeno una fondazione genuinamente filosofico-trascendentale dell'etica (e quindi anche di ciò che tradizionalmente si definisce «diritto naturale»). Più precisamente: l'intuizione etica kantiana era abbastanza forte per scoprire nell' «imperativo categorico» quel principio di universaInfatti, mediante la riflessione trascendentale su ciò che noi, nel nostro argomentare seriamente - anzi, già nel sollevare seriamente una questione - abbiamo necessariamente e liberamente riconosduto, si può ottenere senz'altro una fondazione ultima non deduttiva del 'esistenza e della validità del principio di ragione autonomo dell'etica. D'altra parte bisogna pur sempre ammettere che il soggetto trascendentale kantiano è per lo meno anche il soggetto del «com-posto» della messa a disposizione del mondo in senso tecnico-scientifico. e questo non soltanto nel senso vago della relazione soggetto-oggetto della conoscenza in generale, appartenente alla filosofia della coscienza post-cartesiana, ma anche nel senso preciso del tecnicamente rilevante «postare» (stellen) la natura attraverso l'esperimento, che la costringe a dar risposta alle domande dell'uomo. LaGola Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale In questo numero: Latte, yogurt e formaggi .. M. Paolazzi, Yogurt A. Piccinardi, Mappa dei formaggi italiani M. Riva, Ritratto di famiglia a microonde M.M. Sigiani, Che cos'è il tempo libero? L. Kreyder, Occhio al dente 40 pagine a colori, Lire 5.000 Poiché esattamente questo è il senso pieno di quella che Kant definì «rivoluzione copernicana». Dietro questo intervento del soggetto trascendentale che formula domande al mondo, però, non sta soltanto la volontà di verità in generale con la corrispondente pretesa di validità universale - poiché questa da sola non sarebbe ancora in grado di strappare al mondo alcuna significanza -, ma piuttosto l'interesse determinato che guida la ricerca e che contrassegna in effetti il logos del «com-posto». A questo punto tutto verrebbe a dipendere dalla possibilità di separare analiticamente la dimensione della volontà di potenza umana - presente nell'interesse conoscitivo tecnico-scientifico - dalla dimensione della pretesa di verità la quale, in quanto pretesa di validità universale, è indirizzata alla formazione del consenso e all'intesa comunicativa intersoggettiva riguardante il senso. Abbonamento per un anno (11 numeri) Lire 50.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Ciò non poteva però ancora riuscire sul piano di riflessione della filosofia trascendentale di un soggetto di coscienza in linea di principio solitario. Più precisamente: dal momento che Kant non era ancora in grado di vedere le condizioni linguistico-comunicative della possibilità di riferirsi a qualcosa in quanto qualcosa - e dunque l'intera dimensione della comunicazione con i co-soggetti - in quanto condizione trascendentale della possibilità di validità del pensiero e quindi anche della conoscenza, così egli, in primo luogo, non poteva ancora produrre alcuna fondazione filosofico-trascendentale delle scienze comprendenti riguardanti la «realtà storico-sociale» (Dilthey; lo stesso Dilthey, a dire il veVia Caposile 2, 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 lizzazione che noi oggi possiamo comprendere come principio della reciprocità coerente e generalizzata di tutti i diritti e doveri; e la sua giusta intuizione fondamentale gli permise addirittura di postulare il principio regolativo- implicito nella dimensione della comunicazione intersoggettiva relativa a diritti e doveri - di un'illimitata comunità ideale della comunicazione, nella forma del metafisico «regno di fini» (degli esseri razionali come esseri che sono fini in sè). Ma con ciò, però, la dimensione della comunità di comunicazione reale e ideale (che in quella viene anticipata in modo controfattuale) non è ancora affatto scoperta come condizione trascendentale della possibilità del pensiero valido ossia della comunicazione mediata dal linguaggio e perciò anche dell'auto-comunicazione. Se Kant avesse scoperto, in questo senso, il principio della razionalità etica nel principio della razionalità discorsiva e quindi in quanto prosupposto dell' «io penso», avrebbe allora potuto operare la fondazione. da Con ciò - nel portare a compimento il proposito di un'auto-differenziazione tipologica· della ragione discutendo contemporaneamente i topoi principali della critica totale della ragione del Postmodernismo - abbiamo riguadagnato il nostro punto di partenza: l'ineludibile presupposto della razionalità discorsiva. Desidero ora, in conclusione, ricapitolare ancora una volta il risultato tipologico del mio tentativo programmatico, chiarendo ancora, · contemporaneamente, l'impostazione metodica di un' auto-differenziazione e di un auto-recupero riflessivo della ragione - inteso quale alternativa alla critica totale della ragione del Postmodernismo che appunto non può recuperare se stessa, e cioè la sua stessa pretesa di validità. 11.2.5. Abbiamo iniziato col differenziare il logos della ragione filosofica in generale - il logos autoriflessivo del 'argomentazione, o della razionalità discorsiva, - dal logos non riflessivo, e quindi «astratto», della razionalità logi- ..._.._·,.",._","."·-==---""· =--""-""-""--=""'--,.,..· -""·-'""_· ,,.,__,_.._.,.,...-,._,--,-----,-.--....,...,......,...-------. ca-matematica. Con ciò avevamo .. .-PtQuadrimestrale del Centro di Ricerca sulla Tradizione Manoscriua di Awori Comemporanei. U11i1·ersitdùi Pcll'ia Nell'ottavo numero Intervista a Ernesto Sabato a cura di Cesare Segre Una prosa inedita di Umberto Saba Il «Fondo Carlo Levi» dell'Università di Pavia Saggi di Fredi Chiappelli, Paolo Giovannetti, Giuseppina Restivo, Franco Loi Inlibreriaa lire 10.000 Abbonamento per un anno (3 numeri) Lire 28.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Caposilc 2. 20137 Milano Conto Corrente Postale I 5431208 ro, non è realmente riuscito a far questo, secondo il presupposto trascendentale dell'intesa intersoggettiva, in quanto era legato al vincolo della relazione soggetto-oggetto della conoscenza). In secondo luogo, però, a causa della limitazione cartesiana della sua riflessione ai fondamenti di validità intersoggettiva insiti nel soglui perseguita, della filosofia pratica e teoretica a partire da un punto unitario. Non avrebbe quindi dovuto interrompere - a causa dell'impossibile dimostrazione dell' esistenza della libertà - la prevista fondazione ultima della validità delle leggi dell'eticità a partire dal- /' autonomia della nostra volontà razionale libera. preso in considerazione l'assai profond~ differenza e la grande gittata di una possibile auto-differenziazione tipologica della ragione. Il tipo di razionalità logico-matematico, infatti, risulta appunto esatto perché come logos analitico fornisce solo informazioni minimali. Proprio per questo appare inadatto ad una fondazione ultima della filosofia; il suo criterio di non contraddizione proposizionale «a e non-a», infatti, non si esclude da sè, ma è invece indirizzato al preliminare riempimento informativo della variabile a. Perciò, in quanto criterio formale-astratto, non può dimostrare incontestabilmente come definitivo alcun presupposto ultimo dell'argomentare; la sua applicazione, al contrario, è sempre relativa a premesse assiomatiche di contenuto, che sono esse stesse ancora da fondare. Ogni fondazione logica ottenuta attraverso la derivazione da qualcos'altro (ad esempio deduzione e induzione) conduce però necessariamente ad un trilemma ( o regressione infinita, o petitio principii, oppure dogmatizzazione delle premesse). Contrariamente a quanto sopra esposto, il criterio del logos autoriflessivodell'argomentazione- cioè il principio della non contraddizione performativa di chi argomenta - può esercitare assai bene una funzione di fondazione ultima; infatti, la sua applicazione alla luce del- ['autoriflessione dell'argomentante è informativa nel senso dello scoprimento riflessivo dei presupposti incontestabili dell'argomentazione. Il criterio ci costringe a priori a escludere quei presupposti che risultano incompatibili con la pretesa di validità performativa dell'ineludibile argomentazione riflessiva. Ciò conduce - come ho tentato di mostrare - ad una reductio ad absurdum praticamente di tutte le fortunate tesi della critica totale della ragione del Poststruttualismo. All'opposto, il medesimo criterio permette a noi di giustificare assai bene la critica oggi attuale e plausibile all'assolutizzazione dei tipi di razionalità astraenti, il cui luogo sistematico sta per così dire tra !_'astrattezzaestrema della razionalità logico-matematica, e la potenza integrale della razionalità discorsiva autoriflessiva. In questo senso abbiamo tentato di ricostruire, dopo il logos logicomatematico, il logos tecnico-scientifico e la sua assolutizzazione nella modernità europea, alla luce del discorso heideggeriano sul «compposto». Tuttavia, nel senso dell'auto-recupero della razionalità discorsiva presupposta nella ricostruzione, abbiamo anche immediatamente richiamato l'attenzione sulla possibilità e necessità di una soppressione dell'assolutizzazione astraente del «com-posto», ottenibile attraverso la riflessione sui tipi di razionalità in esso presupposti in senso complementare. In tal modo abbiamo fatto riferimenti al logos triradiale del dialogo, quale complementare presupposto pragmatico-trascendentale della funzione semantica di rappresentazione dell'asserzione proposizionale. Abbiamo poi scoperto, quale presupposto complementare del logos tecnico-scientifico del moderno, il logos soggettivolintersoggettivo dell'intesa comunicativa, già presupposto in ogni messa a disposizione e oggettivazione del mondo. Da esso abbiamo quindi liberato - nel senso dell'ulteriore auto-differenziazione ed auto-recupero riflessivo della razionalità discorsiva - il logos delle scienze critico-ermeneutiche della comunicazione, così come il logos normativo, in esse a sua volta presupposto, dell'etica della comunicazione. (Questo abbozzo rimane incompleto, nella misura in cui sul piano dell'etica della comunicazione ci si sarebbe dovuti confrontare di nuovo con la razionalità mezzo-scopo o strumentale: in quanto differenziazione e mediazione, sul piano dell'etica della responsabilità, della razionalità comunicativo-consensuale con quella strategica, laddove la mediazione - sensibile al contesto - di queste due forme di razionalità soggiace ancora una volta ad un principio regolativo che dev'essere razionalmente fondabile nel discorso argomentativo della filosofia in quanto principio suscettibile di consenso). Dovrebbe tuttavia esser divenuto chiaro in cosa debba consistere la strategia argomentativa della proposta teoria filosofica della razionalità. Forse ha essa stessa un qualcosa di postmoderno: un qualcosa di postmoderno, però, non nel senso della critica totale della ragione, bensì in quello di una critica della moderna filosofia coscienzialistica, il cui oblio del logos consisteva nel non riflettere i suoi presupposti linguistico-comunìcativi. Traduzione di Giovanni Gurisatti e Franco Volpi
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