per la prima volta compresa secondo il modello della funzione matematica. In modo corrispondente, Tarski comprese la proposizione come caso specifico della funzione proposizionale, e cioè nel senso della funzione proposizionale «saturata». Con ciò il logos presupposto nella scienza della natura e nella tecnica moderna, per lo meno sul piano della filosofia del linguaggio, era completamente sviluppato: il logos del «calculus ratiocinator» (Leibniz) oppure- nel linguaggio di Heidegger - del «calcolo dei fondi del mondo», in seguito all'eliminazione di ogni comprendere valutativo delle dimensioni del mondo soggettive e comunicative. Se si ammette questo e lo si assume come conferma delle tesi di Heidegger, allora, però, si deve anche nello stesso tempo fare una controprova, completando la ricostruzione dello sviluppo nel senso della piena differenziazione dei tipi di razionalità. Si tratta sia di un completamento della caratterizzazione del tipo di razionalità tecnico-scientifico, che, d'altro lato, della sua integrazione mediante un tipo di razionalità complementare. Innanzi tutto vorrei correggere l'imprecisione che è già implicita nel fatto che nella genealogia logico-linguistica del logos del «composto» [Ge-stell] da me schizzata, non viene presa in considerazione la differenza tra razionalità logicomatematica e razionalità tecnico-scientifica. Già nel senso -di Kant, tale differenza delle determinazioni analitiche della logica del linguaggio e delle determinazioni sintetiche a priori della costituzione oggettuale del mondo, si lascia pensare in quanto tale nel senso dei concetti categoriali del1' «intelletto puro» e delle forme dell'intuizione della «sensibilità pura». Dal punto di vista di una trasformazione pragmatico-trascendentale della.teoria kantiana della conoscenza, si può affermare che la costituzione della natura oggettiva nel senso della fisica - o meglio, della proto.-fisica - oltre alle forme dell'intuizione e alle categorie dell'intelletto, presuppone inoltre anche un determinato interesse interrogativo che orienta la conoscenza, e corrispondentemente una determinata forma dell'intervenire concreto nel mondo nel senso del «postare» [Stellen] tecnico - per esempio del misurare. _ Paul Lorenzen ed i suoi allievi l'hanno mostrato riguardo la proto-fisica della misurazione dello spazio e del tempo. Io stesso, riallacciandomi a G.H. von Wright, vorrei sottolineare in modo particolare che la nostra aspettativa proto-fisica di rapporti causali e necessari fra accadimenti, presuppone già sempre la nostra certezza secondo cui noi, attraverso un intervento attivo nella natura, possiamo provocare qualcosa che senza tale intervento non potrebbe aver luogo. Presupponendo le dette condizioni pragmatico-trascendentali della possibilità di una costituzione proto-fisica del mondo, diviene ora a mio avviso comprensibile la connessione interna - vale a.dire non contingente- tra l'analisi casuale e sperimentale propria delle scienze della natura e l'agire strumentale della tecnica. Presupponendo questa connessione interna si ha un'idea più chiara del tipo di razionalità che - nel presupposto del tipo logico-matematico, e tuttavia anche nel senso di presupposizioni che lo eccedono - sta alla base di ciò che Heidegger ha definito il logos del «com-posto»: si tratta a mio parere, in questo caso, di un tipo di razionalità basantesi sull'interdipendenza - valida a priori (da comprendersi in senso pragmatico-trascendentale) - tra la capacità di un efficace agire strumentale e la capacità di spiegazione o prognosi analitico-oasuale ( o statistica) di avvenimenti. È possibile definire complessivamente come logos tecnico-scientifico questa capacità di controllo pratico e cognitivo del mondo; ovviamente è però anche possibile- a seconda se domina l'interesse pratico o cognitivo nel determinare la problematica- distinguere tra il logos della scienza della natura che spiega in modo nomologico e quello della tecnica strumentale. Proprio nella differenza qui evidenziata di «teoria» e «prassi» si dovrebbe però tener d'occhio il rapporto interno - vigente a priori - tra la possibile costituzione di senso del mondo (la «liberazione», o lo «svelamento» del senso dell'essere), e il relativo interesse conoscitivo tecnico-pratico. Il' moderno rapporto disincantato tra l'aspetto «teorico» e quello «pratico» del «com-posto», infatti, consiste evidentemente nel fatto che l'interesse tecnico-pratico si sottomette, struzione, si tratta ora di stabilire il nesso storico tra la razionalità, scoperta già nell'antica Grecia, del dialogo umano, e il logos delle scienze della comunicazione o ermeneutiche nel senso più ampio. Nella tradizione occidentale il ponte tr~ antichità e presente è rappresentato dal sistema delle technai logikai (artes sermocinales), sistema del quale, già nell'antichità, facevano parte, oltre alla logica (e quindi la dialettica) anche la grammatica e la retorica - e in senso lato pure la poetica e l' ermeneutica. Tale sistema ha continuato a vivere in quel canale della tradizione - decisivo da un punto di vista pedagogico - costituito dalle artes libera/es dal quale è nato, nel Rinascimento, il nuovo logos degli studia humanitatis che dal canto suo - affiancato dal logos ermeneutico della teologia e della giurisprudenza - costruì invece il primo stadio delle scienze dello spirito ermeneuticamente comprendenti nel. senso più ampio. E tuttavia, in cosa consiste il loNautilus, 1724 apparentemente senza riserve, all'interesse avalutativo della descrizione e della spiegazione, per aver modo, proprio per tale via traversa, di trionfare in quanto interesse prioritario al controllo tecnico del mondo: «Natura non nisi parendo vincitur» (Fr. Bacone). Anche dopo questa integrazione della nostra ricostruzione dei tipi di razionalità nel senso della differenziazione tra il tipo logico-matematico e quello tecnico-scientifico, tale ricostruzione si lascia manifestamente comprendere quale conferma esplicativa del discorso·heideggeriano relativo al «com-posto» in quanto logos della scienza naturale e della tecnica occidentali. A mio parere, tuttavia, con questa ricostruzione la potenza del logos in generale nel senso del «processo di razionalizzazione occidentale» non è per nulla colta fino in fondo. Alla foce della razionalità discorsiva da recuperarsi per ricogos delle scienze ermeneutiche della comunicazione, nella misura in cui dovrebbe risultare diverso dal logos tecnico-scientifico? Tale diversità è stata significativamente spesso contestata - e precisamente tanto dalla prospettiva scientistica del programma di una scienza nomolegica unitaria, quanto, inversamente, dalla prospettiva heideggeriana di una riduzione critica globale del logos della scienza occidentale in toto al logos del «composto». Rispetto a ciò, desidero rendere comprensibile la peculiarità e l'autonomia normativo-vincolante del logos ermeneutico quale presupposto e integrazior,.edel logos tecnico-scientifico della relazione soggetto-oggetto, nel senso dell'intesa comunicativa inter-soggettiva relativa ai fondamenti e alle pretese di validità. Nel senso di una tesi di complementarità, posso io questo caso riallacciarmi tanto all'abbozzato restringimento del concetto di logos nella tradizione della semantica logica, quanto alla corrispondente unilateralità della relazione tecnico-scientifica fra soggetto e oggetto. In entrambi i casi il fondamento della critica non giace per nulla nel fatto che, nell'interesse della rappresentazione logico-semantica - vale a dire del controllo nomologico e tecnologico di ciò che accade o che, presumibilmente, accadrà - si astraeva sempre più coerentemente dalle dimensioni soggettive-intersoggettive del mondo e del dialogo; la ragione della critica giace piuttosto nel fatto che non si riflettè nel senso di una filosofia radicale sulla particolarità e sulla portata di tale astrazione, ma invece, al contrario, o si dimenticarono quelle dimensioni dopo averle rimosse, oppure le si comprese soltanto come non ancora obbiettivate, e cioè in quanto tema potenziale di un'oggettivazione ancora da fare e del corrispondente controllo tecnico-scientifico. In questo senso, per esempio, lo scientismo post-cartesiano poteva partire subito dal fatto che, in una riflessione radicale, in linea di principio non solo si potrebbe distanziare avalutativamente - come oggetto della coscienza - ciò che finora è controllabile e rappresentato, ma invece il mondo tout court, e cioè se stes~i e gli altri. In questo caso .non ci si accorse affatto che anche il più radicale distanziamento cognitivo del mondo nel senso della relazione soggetto-oggetto, deve ancor sempre presupporre una comprensione linguistica di sè e del mondo, e quindi anche la relazione complementare a quella soggetto-oggetto - fra soggetto e Co-soggetto dell'intesa comunicativa; anche nel presupposto della totale oggettivazione del mondo, ogni singolo poteva invece credere - in quanto solus ipse - di essere pur $empre nella condizione di una conoscenza di qualcosa in quanto qualcosa. A mio avviso, proprio questo assunto metodico-solipsistico del soggetto conoscente cartesiano è il fondamento dell'incapacità scientistica di riconoscere i presupposti ermeneutici delle scienze naturali e della tecnica, e, in tal senso, la fun- ' zione complementare e la disposizione metodica delle scienze ermeneutiche della comunicazione. Essa rappresenta però, inoltre, anche il fondamento dell'idea post-humeana che il soggetto conoscente debba - dopo un compiuto distanziamento del mondo - dedurre dai fatti avalutativamente obbiettivati le norme dell'etica, sempre che, in generale, si dia qualcosa di simile. Rispetto a ciò la tesi della complementarità può far presente la se- . guente circostanza: anche lo scienziato della natura il quale, nel quadro del proprio logos, trasforma il mondo in oggetto di una spiegazione fattuale neutrale rispetto ai valori, dev'essere nello stesso tempo non soltanto membro di una comunità della comunicazione, mantenendo quindi una relazione non obbiettivante col mondo degli altri: in questa dimensione della·comunità della comunicazione, egli deve già sempre aver riconosciuto determinate norme morali - come quella della formazione non violenta del consenso fra aventi gli stessi diritti. In altre parole: il logos della tecnica e della scienza delle natura neutrali rispetto ai valori presuppone il logos ermeneuti~ co della comunicazione intersoggettiva e, contempora_neamente ad esso, anche il logos di un'etica della comunità di colo_roche cercano la verità. La complementarità delle forme di logos consiste nel fatto che esse si differenziano e si integrano in maniera da non risultare - nemme~ no in un possibile futuro- riducibili l'una all'altra, ma dipendono l'una dall'altra. 0.2.3. Già mediante tale tesi di complementarità riferita al logos della scienza, viene a mio parere reso evidente che l'equiparazionesuggerita da Hèidegger e in forma diversa da Max Weber - del logos decisivo per il processo di razionalizzazione occidentale con la razionalità tecnico-scientifica e· strumentale, debba rappresentare una grande semplificazione, e quindi una falsificazione, della situazione. La nostra ricostruzione dello sviluppo occidentale, certamente, in tanto concorda con quella heideg- .geriana in quanto essa conferma la rimozione astraente dei riferimenti al mondo del logos dialogico che, nel «com-posto» dell'obbiettivazione del mondo, non sono più integrali attraverso il soggetto ; possiamo facilmente completare quest'esito nel senso di una parziale conferma anche della ricostruzione weberiana del processo di disincantamento e di razionalizzazione occidentali: non si può ragionevolmente dubitare del fatto che, dall'inizio della modernità, nella differenziazione del sisstema politico della «ragion di Stato» e del sistema economico capitalistico dal1'«order» orientato in senso teologico e metafisico della società medioevale, non soltanto le forme della razionalità_ tecnico-scientifiche, ma anche quelle stratègico-strumentali si siano emancipate in modo astraente dalle esigenze politico-morali dell'immagine del mondo metafisica e teologica, ed abbiano sospinto in secondo piano ciò che appare razionalmente problematico se non addirittura obsoleto. In questo senso sembra delinearsi un'immagine unitaria nel senso della monopolizzazione da parte del «com-posto» ovvero della razionalità relativa allo scopo (e al mezzo). Eppure, ad un più attento esame, si mostra come anche i tipi di razionalità presupposti in modo complementare nel «com-posto» - e nell'agire razionale conforme allo scopo! - abbiano contribuito senz'altro a determinare il processo di razionalizzazione occidentale nel suo complesso, anche se bisogna ammettere che essi abbiano assai spesso frainteso la loro propria essenza partendo dal punto di vista del «com-posto», ovvero della «razionalità relativa allo scopo». Così, fino ad oggi, di fatto non è mai stato possibile comprendere la trasmissione ermeneutica della tradizione teologica, giuridica e umanistico-letteraria nelle categorie della razionalità scientifica o tecnico-strumentale (quantunque Max Weber cercasse addirittura di comprendere la razionalità della «comprensione del senso» a partire primariamente dal paradigma della comprensione a posteriori dell'agire razionale relativo allo scopo). Weber, sul piano della sua «sociologia comprendente» - seppure già nella riduzione dell'impiego avalutativo - ha dovuto ricorrere pur sempre alla categoria della «razionalità relativa al valore». Ancor più importante risulta essere la dimostrazione che, per esempio, il processo di ·-razionalizzazione del diritto nei moderni stati di diritto europei in linea di principio non si lascia rendere comprensibile soltanto attraverso il ricorso ad una sistematizzazione logica, ad una razionalità dello scopo e ad una del valore nel senso della relazione, plausibile in senso puramente soggettivo, ad immagini del mondo ~ religiose e metafisiche. i Non è che nel moderno avrebbe · ~ avuto luogo una genuina razionalizzazione del diritto soltanto nella dimensione della razionalità logica e strategico-strumentale, mentre ~ ~ E ~ ~ "'
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