Alfabeta - anno VIII - n. 85 - giugno 1986

ne della «Dialettica dell'Illuminismo». Nei citati precursori.del Postmoderno si trova in effetti una critica della ragione che olt;epassa di gran lunga il paradigma, inaugurato da Kant, dell'auto-chiarimento critico e dell'auto-delimitazione della ragione - fino al punto in cui la critica sopprime anticipatamente la sua stessa pretesa di validità. Ed esattamente in ciò - ossia nel paradossale auto-toglimento della razionalità occidentale- sembra consistere il pensiero che precorre il Postmoderno: si ricava quest'impressione in particolare nell'ultimo Heidegger e in Derrida. Così ad esempio, nell'ultimo Heidegger si dice che le «ragioni» [Griinde] (nel senso del «logon didonai» platonico e in quello del «principio di ragion sufficiente»- leibniziano) possono avere in genere una funzione soltanto nell'ambito di quel «composto» [Ge-stell] della metafisica occidentale che va «superata». Derrida si è associato a quest'ultimo proposito, pretendendo un oltrepassamento del «logocentrismo» della filosofia occidentale. Ora, in tale critica della ragione - o del logos - che toglie se stessa, io vedrei una provocazione interna all'attuale filosofia, che ha da un lato un carattere sintomatico e deve venir compresa nei suoi motivi esterni ed interni, ma che, dall'altro, dovrebbe subire una confutazione quasi pedantesca. Mi sembra che già il fatto che i tipi di critica totale della ragione finora apparsi abbiano fatto oggetto di critica plausibile aspetti della ragione, della razionalità o del logos assai differenti fra lorò, indichi formalmente la possibile impostazione di una critica autoconsistente della ragione: evidentemente essa non può essere totale. Indicazione che viene rafforzata attraverso la circostanza secondo la quale la tradizione filosofica laséia riconoscere anche di per se stessa già sempre una strategia argomentativa per mezzo · della quale essa ha per così dire inglobato la critica esterna della ragione: la strategia dell' auto-differenziazione riflessiva della ragione. Nelle _riflessioni seguenti vorrei tentare di abbozzare, riallacciandomi all-a.-tradizionale strategia di auto-differenziazione della ragione filosofica - e contemporaneamente in relazione euristica coi motivi, oggi attuali, della critica totale della ragione - il programma di una teoria filosofica della razionalità. letteraria; più precisamente: con una comprensione che non pone alcuna differenza fra discorso fittizio e discorso pretendente alla ve-. rità, fra persuasione per suggestione e convincimento tramite argomenti, e addirittura, forse, non distingue fra trattativa e discorso argomentativo. E purtuttavia non si tratta di evitare totalmente le forme linguistiche r.etorico-letterarie, per rinnovare l'eroico tentativo del tempo di Carnap e ·Tarski, consistente nel ridurre il linguaggio della filosofia ad una lingua artificiale e formalizzata che astrae dalla dimensione pragmatico-soggettiva del discorso relativo ad un contesto. Ciò risulta impossibile già per il fatto che il tentativo di un'auto-differenziazione riflessiva della ragione deve richiedere proprio quella dimensione del linguaggio naturale che, nella semantica logica dei linguaggi formalizzati, era proibita in quanto origine delle antinomie semantiche: la dimensione pragmatico-trascendentale dell'auto-referenza degli atti linguistici relativi ad una situazione. Tale dimensione riflessiva del discorso - che non è, a priori, immune da antinomie - fa del linguaggio ·, traddizione performativa non viene introdotta nemmeno, come il divieto della contraddizione proposizionale «a e non-a», quale assioma di una teoria logica, ma emerge piuttosto da un'intuizione riflessiva: intuizione secondo la quale nell'introduzione di ogni teoria pensabile - vale a dire di ogni assioma pensabile - /' autoconsistenza performativa del discorso risulta già presupposta. L'esigenza di autoconsistenza, conseguentemente, non si basa su una posizione o una decisione -, m_arappresenta piuttosto una condizione della possibilità di ogni posizione o decisione comprensibile come sensata; così concepita essa risulta ineludibile per il pensiero in quanto argomentare. Evidentemente non si può conseguentemente nemmeno fondare il .divieto dell'auto-contraddizione p·erformativa, -secon ciò si intende - com'è consuetudine nella tradizione logica -· la derivazione di qualcosa da qualcos'altro (per esempio deduzione o induzione). Ogni fondazione di tal fatta dovrebbe, ovviamente, già presupporre ciò che si propone di fondare, commettendo quindi una petitio principii. L'aggancio euri st ico alle motiva- MarisaMerz, A occhi chiusi gli occhi sono straordinariamente aperti, 1965 zioni esterne dell'attuale critica . .,..,,..,,,.....,.,._ della ragione dovrebbe inoltre}is-'.· .:_;:11~-i#t~lé_. 'il metalinguaggio prasolvere una funzione correttiya ne!. gtnatico. 'ultimo di ogni costruzioriguardi dell'auto-differenziazione · ne linguistica, e quindi anche de/- riflessiva della ragione. In rappor- l'obbiettivazione e formalizzazioto à tale funzione corréttiva del- ne logica di argomentazioni. A tal'euristica esterna - vale a dire sol- le riguardo il linguaggio naturale, tanto in un senso provvisorio e fai- con la sua dimensione metaforica libile - l'auto-differenziazione ri- ed i suoi elementi costitutivi dipenflessiva della ragione dovrebbe as- denti dal contesto, si dimostra essumere la forma di una teoria dei sere il linguaggio indispensabile tipi di razionalità. della filosofia. Il. Programmadi una teoriamosofica dei tipi di razionalità Il.I. Riflessioni preliminari:l'idea di una fondazione pragmatico-trascendentaleultimadellarazionalità rdosofica Il programma di una teoria dei tipi di razionalità, da me prospettato, si comprende dunque come possibile risposta della ragione alla sfida dell'attuale critica totale della ragione. Un simile tentativo, a mio avviso, presuppone un'auto-comprensione metodologica della filosofia che da più di un lato si contrappone a quella propagandata dal Postmodernismo. Ad esempio, risulta inconciliabile con una comprensione del discorso filosofico del tutto indifferenziata e retoricoPoiché, però, una teoria filosofica della razionalità - molto più di ogni altra formazione filosofica di teorie - dipende da una dimensione riflessiva del linguaggio, deve dunque essere nel suo interesse evitare ad ogni costo l'auto-contraddizione performativa. Essa prende le mosse dal fatto che, per esempio, il paradosso del mentitore nasce non già perché, attraverso asserzioni del tipo «Tutti gli uomini mentono» o «lo mento sempre» oppure «Adesso sto mentendo», il linguaggio viene usato in modo auto-referenziale, ma per il fatto che attraverso tali asserzioni il parlante contemporaneamente nega, e dunque sopprime, la sua attuale pretesa di verip.icità, e con ciò anche la sua pretesa di verità. La proibizione dell'auto-conMa rendendosi conto di ciò, si riconosce nello stesso tempo come nel nostro principio, che già è presupposto per qualsiasi fondazione logico-obbiettiva, proprio attraverso la concezione riflessiva già si sia prodotta una fondazione filosoficamente sufficiente: lo l'ho definita fondazione ultima pragmatico-trascendentale della filosofia; inoltre, prendendo le mosse dall'i.- neludibile presupposto della necessità di evitare l'auto-contraddizione performativa o pragmatica, ho proposto- il seguente criterio di una fondazione filosofica ultima - pragmatico-trascendentale - dei principi della filosofia teoretica ·e pratica: possono venir considerati come principi fondati in senso ultimo quei presupposti del/'argomentare che non possono venir messi in discussione senza auto-contraddizione performativa, e che proprio per questo non possono nemmeno venir fon dati logicamente senza un circolo vizioso (petitio principii). Chiamo presupposti dell'argomentazione fondabili in senso ultimo i principi della razionalità discorsiva filosofica, e cioè, in breve, i principi della ragione o del logos; e posso a questo punto affermare soltanto che si tratta dei principi sufficienti tanto della ragione teoretica che di quella pratica, e cioè dell'etica. Con ciò abbiamo-a. mio avviso già caratterizzato anticipatamente il tipo della razionalità filosofica - e precisamente non tanto attraverso il risultato delle nostre riflessioni, quanto attraverso il metodo che abbiamo applicato nel provvisorio rinnovamento dei principi della razionalità discorsiva: non abbiamo introdotto il primo e fondamentale tipo della teoria filosofica dei tipi di razionalità in forma assiomatica, ma piuttosto ponendo la domanda relativa a quella razionalità che deve venir presupposta da una teoria della razionalità. Esattamente questa è la razionalità del discorso argomentativo. Ora, in quale rapporto sta questo tipo di razionalità - questo lo:.. gos - col concetto di razionalità, logos o ragione che viene presupposto nella critica totale della ragione oggi in voga? 11.2.Discussionedelleprincipalitesi della critica totale della ragione del Postmodernismo Nel rispondere a questa domanda posso procedere solo nel seguente modo: mettendo singoli tratti pregnanti - topoi argomentativi - della critica post-modernistica al logos, in relazione con il principio or ora esposto di una teoria della razionalità pragmatico-trascendentale. Vorrei inoltre includere nella mia riflessione la tesi di Max Weber, ancora estremamente forte, relativa al processo occidentale di razionalizzazione e di disincantamento. Nelle considerazioni che seguono vorrei discutere in tal senso le seguenti tesi (o proposte): l. Tesi globale del Postmodernismo (nel senso di Heidegger): il «logos» (vale a dire la ragione) è soltanto il corrispettivo, relativo al soggetto, di uno svelamento [Entbergung] epocale e contingente del senso dell'essere nel quadro della «storia dell'essere». L'epoca connotata dal logos (la metafisica) va «superata», per aprirsi ad un altro ancora nascosto che in linea di principio si sottrae al logos. (Nel senso di Derrida la tesi globale potrebbe suonare: è necessario andare oltre il «logocentrismo» che occulta l'accadere costitutivo di senso della «différence» ). 2. Tesi specifica riguardante il· logos della metafisica (nel senso di Heidegger): dal tempo di Platone e Aristotele, il «1ogos»viene pensato come asserzione «apofantica» riguardante l'essente nella sua presenzialità, e quindi nella sua enticità [Seiendheit]oppure nella sua essenza (essentia). In questo senso l'essere temporale, nella sua differenza dall'essente di volta in volta presente - nonché dall' enticità rap- .presentata in modo corrispondente - si sottrae al logos della metafisica. 3. Tesi specifica riguardante il logos della scienza - e quindi della tecnica- (nel senso di Heidegger): nel logos apofantico della metafisica classica è già pensata la relazione soggetto-oggetto della scienza moderna: l'oggettivazione e la messa a disposizione del mondo e dell'uomo per la coscienza (trascendentale), la quale subisce nel presente - per esempio nella microfisica non intuitiva - la sua estrema trasformazione: il passaggio dal «rappresentare» degli «oggetti» [Gegenstiinde] al mero «calcolare» e «dis-porre» dei «fondi» [Bestellen der Bestande]. In breve: nel «logos» della filosofia e della scienza occidentale è contenuto il «com-posto» [Ge-stell] della tecnica moderna, la sua «devastazione del mondo» e l'automanipolazione dell'uomo. 4. Tesi specifica riguardante il . processo occidentale di razionalizzazione (nel senso di Max Weber): la forma suprema della razionalità moderna consiste nella razionalità relativa allo scopo (al mezzo), la quale, in quanto «razionalità obbiettiva relativa allo scopo», si appoggia alla razionalità analitico-causale - e quindi anche prognostica - della moderna scienza della natura. D'altra parteJa pw ra razionalità relativa al valore ( orientamento della modalità di azione relativo al valor_-e,senza tener conto delle conseguenze prevedibili) è in linea di principio· meno razionale, dal momento che deve far ricorso a decisioni soggettive ultime sugli assiomi della valutazione. In ciò consiste il risultato del processo occidentale di razionalizzazione e disincantamento. 5. Tesi specifica semiotica (nel senso di Derrida): il «logocentrismo» della filosofia occidentale implica, nel senso del «fonocentrismo», che l'essere in linea di principio vincolata al segno della costituzione di senso - e perciò l'accadere temporale della «différence» costitutiva di senso - viene trascurato (si nasconde) a favore di una presenza del senso per il soggettocosciente supposta come evidente. 11.2.1. Per quanto riguarda la tesi globale del Postmodernismo vorrei anzitutto prendere in considerazione la seguente .t'isposta: il logos come qui lo si intende, e cioè la ragione cui qui ci si riferisce - sotto pena dell'auto-contraddizione performativa - non può essere identico con quel logos (con quella ragione) che risulta presupposto nella pretesa di validità della tesi globale. Quale oggetto della relativizzazione entro la storia dell'essere.può in ogni caso, e in modo pienamente sensato, essere pensato un concetto di ragione limitato- un tipo di razionalità astraente. Il logos della filosofia di fatto presupposto nella pretesa di validità di quella tesi, al contrario, è già stato individuato, in linea di principio, nel tipo da me illustrato della razionalità discorsiva auto-riflessiva. Ciò si mostra soprattutto attraverso la riflessione seguente: la «differenza ontico-ontologica», e con ciò l'essere temporale, a differenza dell'essente (e dell'enti- . cità), può venir posta in discussione soltanto nella misura in cui, evidentemente, la differenza può venir tematizzata nel linguaggio e, in quanto tale, può quindi essere fatta «oggetto» di asserzioni vere o false. Ciò non vuol dire che noi non dobbiamo tener conto di aperture di senso del mondo «che diradano e occultano» [lichterid:.,~èrbergend], di tipo prim~riamente linguistico, e del cui contenuto noi non possiamo disporre in quanto esse sono «eventi» storici. Per questo la possibilità di giudizi veri o falsi, riferiti a fenomeni interni al mondo, dipende in effetti da un precedente svelamento di senso («a-letheia»). E tuttavia quest'ultimo, in quanto «evento» appartenente alla storia dell'essere, non può costituire in tutto e per tutto il logos della filosofia; piuttosto, la potenza di autotrascendimento riflessivo d<rllogos deve in linea di principio corrispondere alla potenza di differenziazione del senso relativa alla storia dell'essere; per di più bisogna supporre che la potenza dell'intesa comunicativa e linguistica relativa al senso, mobilitata ermeneuticamente nel discorso argomentativo, è in linea di massima pari anche all'indisponibile ricchezza di contenuti dello svelamento di senso del mondo. Non ostante quest'assicurazione della potenza complementare ed in certo qual modo coestensiva e cointensiva di differenziazione temporale del senso e logos discorsivoautoriflessivo,rimanetuttavia

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