siderato come equivalente dell'antica Heimat, la patria dell'uomo di cui parla Freud? L'interrogazione sulla donna ha sempre guidato i passi di Freud facendolo a volte incespicare e qualche altra avanzare, ma mantenendolo, nel complesso, piuttosto al buio. Egli stesso confessa di non aver sciolto l'enigma. Il corpo femminile, nel suo immaginario, costituisce un magico intero, un'antica custodia familiare, confortevole, calda. Ma questa forma da heimlich può trasformarsi nel suo contrario, unheimlich. Nel racconto di Marguerite Duras il rovesciamento avviene quando il corpo della donna, svelato nella sua nudità, improvvisamente si mette a guardare e costringe a farsi guardare, cioè a guardare uno sguardo. In quel momento si rivela, all'improvviso, come inquietante estraneità. Il corpo di Tatiana era heimlich prima che le parole sapienti di Lol lo segnalassero come unheimlich per J acques Old. Potremmo segnalare allora una convergenza fra Freud e Lacan, sia pure espressa in termini teorici diversi? Non esattamente. Suggeriamo piuttosto una doppia interpretazione. Il perturbante lacaniano, mi si · consenta la commistione, non è prodotto dal misconoscimento di un'antica unità perduta, come avviene per il soggetto nevrotico di Freud alla vista dei genitali femminili, ma dal rivelarsi del corpo nudo della donna in quanto fallo che fa mancanza, che manca. «L'oggetto a è qualcosa da cui il soggetto, per costituirsi, si è separato come organo. Ciò vale come simbolo della mancanza, cioè del fallo, non in quanto tale ma in quanto esso fa mancanza. Bisogna dunque che sia un oggetto - prima di tutto, separabile - secondariamente, che abbia un qualche rapporto con la mancanza» (J. Lacan, Il seminario, libro XI, «I quattro concetti fondamentali della psicanalisi», a cura di G. Contri, Einaudi 1979, p. 105). L'oggetto a, precisa Lacan nello stesso seminario, è il più evanescente nel simbolizzare «la mancanza centrale del desiderio» che ha «sempre indicato_in modo univoco con l'algoritmo (-cp)» (ibidem, pag. 107). (-cp) è l'oggettocorpo femminile nudo- che la finestra incornicia per la figura grigia distesa nella segale. ... La seconda interpretazione rintraccia il perturbante nell'assenza che il sesso rappresenta nel corpo fallicodella donna. La nudità svela «l'antica unità» come mancante, bucata, segnata da un indice negativo :- . Un «meno» che, .tnteposto al fallo, lo designa come oggetto mancante - portatore di mancanza - del desiderio; un fallo malato o «debole» proprio come si chiama «debole» uno dei due sessi. È difficile ascrivere il perturbante di M. Duras all'una o all'altra interpretazione perché sono ambedue legittime. Va invece precisato che questa estrapolazione della categoria freudiana di perturbante non è aderente all'ipotesi esplicita di Freud relativa alla visione del genitale femminile nel soggetto definito nevrotico, quanto piuttosto allo spirito complessivodello scritto del 1919. In questo senso è stato possibile accostarlo al Lacan del Seminario XI. L'oggetto a di Lacan e il perturbante di Freud, per una certa similarità (cui ho solo accennato in questa occasione) che li accomuna rinviano alla categoria del reale lacaniano. L'Unheimliche in quanto reale è ciò che mostra, costringe a farsi guardare nel momento in cui si squarcia la barriera dell'immaginario. L'attesa di Lol è per questo squarcio; il suo rapimento per questa visione. Questo scritto è stato letto in occasione del convegno «La Letteratura ed il cinema di Marguerite Duras» (Salerno, 14-18 aprile 1986) organizzato dall'università degli studi di Salerno, dall'Opera universitaria di Salerno e dall'Associazione universitaria Futura. Tipidi-razionalità 1cenza Le fluttuazioni della ragione e on il progressivo intrecciarsi di problematiche scientifiche ad altri campi del sapere, nasce la necessità teorica di definire nuove strategie della razionalità, e alle singole discipline spetta il compito di revisionare il proprio statuto, misurandosi con oggetti che fluttuano tra campi d'indagine spesso sovrapposti. A partire da questa ipotesi, il convegno « La ragione possibile», svoltosi a Vicenza, ha offerto una notevole panoramica su un dibattito esteso, in cui si confrontano discipline diverse. La socializzazione del pensiero scientifico, e il superamento di una concezione che proclamava l' esistenza di due culture (scientifica e umanistica) non risolve di per sé il problematico rapporto tra fisica e metafisica; il frantumarsi della polarizzazione tra humanities e scienza pone semmai nuovi quesiti: la filosofia, ad esempio, perduto il suo valore di verità, si trova a dover uscire dalle secche di un fastidioso complesso di inferiorità verso le scienze esatte. Queste, da parte loro ( e il convegno di Vicenza lo ha dimostrato abbastanza chiaramente) non hanno totalmente rinunciato ali'idea di una loro supren:,.azia.Esse sembrano quasi temere una tematizzazione strumentale ad opera delle humanities; e reagiscono come se nella svolta verso un tipo di razionalità più debole le scienze dello spirito non si aspettassero altro che la propria legittimazione minacciata proprio dal sospetto di una infondata scientificità. Come .ha spiegato nell'introduzione Aldo Gargani, la filosofia è «un genere che non pretende di fondare. altre pratiche discorsive», ma -ques'tonon dovrebbe risolversi in un ,d4interesse da parte della scienza, 'chenon può ignorarla. Da queste premesse sono scaturite visioni piuttosto diverse, riassumibili da una parte nella proposta di una «nuova alleanza» epistemologica, fondata su·modelli stocastici, e dall'altra dalla riaffermazione di una razionalità forte, in opposizione a un pensiero debole che viene letto come una sorta di luddismo concettuale o come un misticismo reazionario. Il matematico Jean Petitot (v. in Calabrese, Alfabeta n. 80) ha insistito sulla necessità, ripensando la differenza ontologica tra f enomeni e oggetti teorici, di recuperare su basi matematiche la concezione _husserliana·delle ontologie regionali. -Petiìot propone durzque -di collocare quell'analogia semantica, che dopo Kant viené chiamata- «schematismò», al centro dei rapporti possibili tra matematica e realtà. Lo schematismo andrebbe preferito alla modellizzazione matematica dei fenomeni, privilegiando così il rapporto tra la matematica e un'ontologia nel senso trascendentale. Kart Otto Ape/ ha discusso la critica della ragione operata dal postmodernismo (in un percorso che da Heidegger e Nietzsche si sviluppa, in direzioni diverse, nel pensiero di Foucault, Derrida, Gadamer, Rorty e Vattimo). Secondo Ape/, la critica della razionalità occidentale sopprime paradossalmente anche se stessa, e diventa così una provocazione interna alla filosofia. Richiamandosi alla tradizionale strategia di auto-differenziaz,ion·edelia ,ragione, Ape/ si propone di confutare la provocazione del postmoderno con una teoria filosofica della razionalità. Rivolgendosi invece ad un'affermazione positiva della crisi della ragione, Peter Allen (collaboratore di Prigogine) ha parlato di una ridefinizione stocastica del tempo, opponendo ai sistemi della fisica J. Cornei, Senza titolo, 1948 classica sistemi aperti, in . cui la fluttuazione non è più uno stato particolare della struttura ma viene analizzata come condizione paradigmatica. La fluttuazione è anche un concetto operativo, che Allen ha spiegato in rapporto ad alcune applicazioni pratiche. Questo· intervento è stato attaccato da molti; se si accettano le premesse di Allen sulla fluttuazione, bisogna infatti rimettere in discussione il concetto di fondamento, e questo si scontra con la preoccupazione generalizzata di non negare il Logos. Il matematico René Thom (v. Alfabeta, n. 78) ha descritto la spazializzazione dei campi ·semantici (strumento indispensabile alla teoria delle catastrofi da lui elaborata) e le zone a transizione «catastrofica», che caratterizzano gli spazi di intersoggettività nelle scienze umane. L'intervento di Salvatore Veca è parzialmente riassumibile nella proposta di «un'attività filosofica impegnata nella ricerca di un equilibrio riflessivo fra interpretazione e correzione delle .nostre credenze e descrizioni di noi e del mondo». Maurice Aymar (allievo di Braudel) ha analizzato il concetto di «campo della storia», mentre Franco Cardini ha guardato alla crisi della ragione storicistica in rapporto al «paradigma epocale». Carlo Ossola (ricordando lo scamparso Miche/ De Certeau) ha messo in rapporto i discorsi ~eoricisulla cultura dell'ordinario e il concetto di commemorazione (nel se~o heideggeriano di forma primaria del pensare). Razionalità e linguaggio erano invece al centro della riflessione di Paolo Fabbri, che ha criticato la distinzione tra discorso scientifico e discorso parabolico (o meta/orico), riportando così l'àccento sulla possibilità di una espistemologia anti-fondazionalista. Roberto Cagliero La ragione possibile Convegno organizzato dalla Associazione Culturale «Dora Markus» Sala Convegni della Banca Popolare di Vicenza 28 febbraio - 2 marzo 1986 La sfida della critica totale della ragione e il programma di una teoria fdosofica dei tipi di razionalità Karl Otto Apel I. Esposizione In apertura delle mie riflessioni non posso ancora caratterizzare sufficientemente quel complesso fenomeno - o sindrome - dell'attuale filosofia, che intendo cogliere con la parola chiave di «critica totale della ragione». Posso soltanto introdurlo nella forma di una tesi relativa alla sua esistenza ed alla sua significanza sintomatica. Potrei forse, provvisoriamente, evocare una rappresentazione approssimativa di ciò che intendo, col far riferimento al discorso, oggi di moda, della messa in questione - o trascendimento - del Moderno da parte del Postmoderno. ·Quali precursori del Postmoderno, in questo contesto, vengono abitualmente chiamati in causa i seguenti filosofi: Nietzsche, Heidegger e i post-strutturalisti francesi come Foucault e Derrida. Talvolta, tenendo conto dell'incidenza di Heidegger, ci si richiama anche ali'«ermeneutica filosofica» di Gadamer e, fra i seguaci di questa, alla «svoltapragmatico-ermeneutica» (hermeneutic pragmatic turn) della filosofia americana, COSÌ CO- .·me è rappresentata da Richard Rorty. Infine, si rinvengono affinità col postmodernismo anche nelle conseguenze profondamente pessimistiche che Adorno ed Horkheimer trassero dalla loro ricostruzio-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==