questo fatto non si dà nessun tipo di valutazione che non sia quello riferito alla «tecnica» della contrattazione. La questione si complica, ovviamente, ogniqualvolta gli obiettivi, come è nel caso dell'esperienza italiana, tendono a dilatarsi, per esempio, verso il campo della politica economica o di quella aziendale. In questo caso il problema non sta tanto nella valutazione degli obiettivi e quindi della mediazioµe, difficilecerto, ma che può assumersi possa essere resa sia intelligibile che trasparente, quanto nel fatto che alcuni obiettivi sono immediatamente operativi (aumento salariale, diminuzione di orario, ecc.) e altri saranno operativi in un periodo più lungo (nuovi posti di lavoro, investimenti in determinate aree, ecc.) e altri saranno operativi in un periodo più lungo (nuovi posti di lavoro, investimenti in determinate aree, .ecc.). Ora tale «periodo successivo»rende l'obiettivo stesso «incerto» (e spesso indeterminato), possono infatti cambiare le condizioni al contorno, possono accadere avvenimenti che rendono più difficile la realizzazione dell'obiettivo «promesso», ecc.; ma soprattutto possono modificarsi i ·rapporti di forza. Questo è un punto che merita attenzione particolare. Il «rapporto di forza» è elemento incerto, non solo, ma vi è una componente di giudizio soggettivo che incide nella stessa determinazione. di tale rapporto di forza. Ma andiamo per o"rdine.Esso dipende dalla partecipazione espressa dai soggetti implicabili; tale partecipazione è quindi misurabile sulla base del rapporto tra soggetti implicabili e soggetti implicati, ma anche sulla base della disponibilità alla durata e dell'adesione alle modalità di conflitto stabilito. .Da che cosa dipende tale disponibilità alla partecipazione? Si potrebbe sostenere che essa possa di~ pendere da una valutzione di costi e benefici (quanto si «prevede» di scioperare rispetto a quanto si «prevede» di ottenere), ma non è così. Il meccanismo è insieme più complesso e più semplice. La partecipazione è il frutto di un meccanismo di interazione collettiva: essa dipende sia dall'adesione agli obiettivi esplicitati (e qui fa gioco la modalità attraverso cui si giunge a fissare tali obiettivi), sia dall'adesione agliobiettivi impliciti di ordine generale (solidarietà, affermazione del ruolo del sindacato, ecc.) sia, ancora, dalla valutazione che si dà dei rapporti di forza generali (così una valutazione soggettiva diventa elemento determinante e circolare). È chiaro che una valutazione ex-ante (rispetto al manifestarsi del conflitto) dei rapporti di forza si può dare; tale valutazione sarà tanto più precisa e puntuale quanto più la struttura e il meccanismo decisionale sono democratici e partecipatr(da questo punto di vista, sembrerebbe che democrazi_ae partecipazione siano elementi fondativi della «forza» sindacale). Ovviamente tale valutazione ex-ante sarà sottoposta alla verifica fattuale, ma non è questo il punto. Vale la pena di sottolineare che esistono elementi «esterni», per così dire, che influenzano la partecipazione/adesione e che tali elementi in una certa misura possono anche essere «artificiali». Intendo dire che se una certa situazione non può essere capovolta, tuttavia su di essa è possibile influire. Se ci si rifà allo schema delle re-. gole del gioco (obiettivi - scontro sugli obiettivi - conflitto - trattativa - accordo) è chiaro che i rapporti di forza influenzano tutte le fasi, ma anche che ogni fase ha riflessi sui rapporti di forza. Così - «le tecniche» adottate dalle due parti nello «scontro sugli obiettivi» possono deprimere o esaltare i rapporti di forza (ovviamente si può assumere che vantaggi e svantaggi nei rapporti di forza siano a somma zero, anche se in realtà non è così). - la fase di conflitto mette in moto processi circolari di depressione o esaltazione dei rapporti di forza. · - la fissazione degli obiettivi è fortemente influenzata da tali rapporti di forza. Ma, paradossalmente, il rapporto obiettivi/accordo, quindi il «successo» non dovrebbe essere influenzato dai rapporti di forza, se questi fossero stati attentamente valutati prima. In sostanza, sia per il successo· della trattativa che per la determinazione delle «conquiste» quello che vale di più non è tanto il rapporto di forze «reale» che si manifesterà nella. fase del conflitto quanto la.valutazione che se ne dà ex-ante, è tale valutazione, infatti, che influenza la fissazione degli obiettivi e·quindi permette di predeterminare la distanza obiettivi/accordo (nessun contendente «bastona il cane che affoga»). Pare di poter dire che, rispetto alla problematica conflitto/negoziato come si presenta in altre circostanze, nel caso che qui si esamina (conflitti sindacali e sociali), si deve rilevare che la caratterizzazione dei <~contendenti»è particolare o magari specifica: - si tratta di soggetti collettivi e non di singoli; - si tratta di soggetti governati dal principio di adesione volontaria e non dal principio di autorità (tipo esercito); - si tratta di individui la èui molla di adesione scatta per sollecitazioni complesse, non solo in ordine ai vantaggi, ma anche per valutazioni di natura diversa e di tipo generale. T ali carattèrizzazioni ripropongono il problema sia della «costruzione» dell'adesione sia della valutazione dei rapporti di forza. Per esempio riveste grande rilievo la possibilità di «controllo» che può essere espressa dai soggetti sia sulla fissazione degli obiettivi che sulla forma di conflitto, che sui risultati raggiunti. . Da questo punto di vista la «distanza» (che può essere fattuale, logica, o anche psicologica) tra il singolo soggetto e l'«oggetto» e l' «antagonista» del conflitto diventa determinante. Il meccanismo fin qui esposto indica ancora chiaramente che si è di · fronte a un meccanismo di conflitto · con negoziato. E ciò vale, anche se con qualçhe differenza, sia per il conflitto sindacale che per quello sociale, sia per il conflitto generale (nazionale) che per quello particolare (aziendale), sia per quello con° trattuale che per quello su singoli obiettivi. L'esperienza più recente, non solo nel nostro paese, ha conosciuto in questo campo una fenomenologia diversa, non solo di modifica delle regole del gioco, ma di messa in discussione delle stesse regole del gioco: forme, cioè, di conflitto senza negoziato. A prima vista un tale conflitto può apparire o facen-. te parte della categoria del conflitto «gratuito», o di quella del «conflitto senza quartierè>>, per l'an~ nientamento dell'avversario. In realtà siamo di fronte a conflitti che pur incidendo sulle regole del gioco non sono né gratuiti, né-senza quartiere. Rispetto alle fasi precedentemente schematizzate (obiettivi· - · scontro sugli obiettivi - conflitto - trattativa - accordo) nella fenomenologia in esame vengono eliminate le fasi: scontro sugli obiettivi, trattativa e accordo; mentre le fasi obiettivo e conflitto. vengono concentrate in una sola fase. Tale fenomenologia ha preso varii nomi ma il più espressivo-descrittivo appare quello di pratica dell'obiettivo. Così una rivendicazione di riduzione 9el ritmo di lavoro non veniva fissata come obiet- . .;-;t, Tony Cragg, VoltAmpOhm, 1985 tivo, non si arrivava ad uno scontro, non si sviluppava un conflitto, né si trattava per definire un accordo; ma, piuttosto, la riduzione del ritmo di lavoro era praticata direttamente dagli operai alla catena (lo stesso per l'occupazione di case vuote, per l'autoriduzione, ecc.). Spesso tali fenomeni sono stati descritti con la locuzione di «nuove forme di lotte», una dizione che va bene a patto che non si fissi troppo l'attenzione sulla «forma», si tratta, infatti, sicuramente di nuove forme di lotta, ma anche di una trasformazione della modalità conflittuale, e non solo. Può essere utile analizzare alcuni aspetti che caratterizzano tale nuova fenomenologia di conflitto. La ptù ovvia considerazione è che si è in presenza di obiettivi il cui dominio rientra nella possibilità dei soggetti operanti. Così è possibile un'autoriduzione delle tariffe di trasporto, ma non un aumento nel numero delle corse giornaliero; si può autoridurre il ritmo di lavoro, ma non ci si può ·dare un aumento di salario. Non solo, ma si tratta sempre di obiettivi locali, nel senso prima indicato. La cosa più importante è, tuttavia, che tale fenomenologia discende direttamente da una valutazione dei rapporti di forza. I soggetti che attivano tale pratica dell'obiettivo valutano, cioè, che i rapporti di forza siano a loro favorevoli. Tale valutazione, tuttavia, riguarda sia i rapporti locali che quelli generali ed essa si fonda su una partecipazione pressoché totale dei soggetti implicabili a livello locale. In sostanza si tratta di una trasformazione che, più di ogni «forma» precedente, vuole una precisa definizione locale degli obiettivi; una partecipazione unanime dei soggetti; una solidarietà generale. In questo caso è molto più semplice la valutazione dei rapporti di forza: proprio la grande partecipazione attiva richiesta per tale pratica dell'obiettivo ne fa una fenomenologia coqflittuale figlia di un giudizio favorevole circa i rapporti di forza. Ma che ruolo gioca, in questo caso, il soggettivismo? In sostanza, come mai non sempre una valutazione favorevole dei rapporti di forza dà luogo a fenomeni di pratica dell'obiettivo (o similari)? Qui entra in gioco un fenomeno di soggettività creativa basato su un'auto-valutazione del ruolo del soggetto collettivo. Questo perché il fenomeno della pratica dell'obiettivo non è solo la messa in crisi del- · le regole del gioco in qualche modo consolidate, ma perché attraverso questa fenomenologia di lotta si sposta l'asse decisionale della società. I soggetti implicati non sono }i\:_ ' : ~l ~~. _,. ·-q e ;:.! ~ J ·f: -- . "'. ;I,' . ·-~~ ~ ------ ...... '\ ~ . ~ \ . ______ _,,..,,,_~~~-.-- .... --. ........ - - più solo soggetti-conflittuali che tendono a modificare le decisioni altrui, ma diventano soggetti-decisionali in proprio. Tale trasformazione, però, appare possibile soltanto a partire da una forte valutazione del proprio (del soggetto collettivo) ruolo sociale, che in sostanza si autoassume un ruolo centrale (di centro) nell'organizzazione della società: i propri bisogni, definiti attraverso un'autovalutazione (si pensi alla trasformazione, operata in questo senso, nella valutazione delle condizioni di salute in fabbrica, con esperienze fortemente avanzate e innovative anche sul piano scientifico-disciplinare) diventano l'elemento di riorganizzazione della società. Da questo punto di vista tale pratica va valutata sia con con riferimento alle singole conquiste locali, sia relativamente al modello che proiettano. Così una pratica che trova forte limit~ione a gene~ ralizzarsi (molto «locale» per i nessi tra obiettivo e soggetti) può diventare un modello. Del resto storicamente sono stati evidenti gli elementi di infezione (epidemia) che tale pratica ha generato. Tale «allargamento» si è avuto da una parte con un continuo travaso di esperienze dal conflitto nei luoghi di lavoro al conflitto sociale e viceversa, dall'altra per il coinvolgimento di soggetti sociali che generalmente erano esclusi dalle forme tradizionali di conflitto, anche perché la pratica dell'obiettivo ha definito come «questioni conflittuali» aspetti della vita sociale precedentemente regolati da meccanismi non-conflittuali. Vanno citate altre due questioni (il loro sviluppo non è qui possibile): tali pratiche «cancellano», ovviamente·, il soggetto trattante, tuttavia dato che non tutta la cqnflittualità sindacàle e sociale può risolversi in tali pratiche, queste hanno effetto sui segmenti di negoziazione tradizionali, sia ampliando che riducendo la forza del soggetto che tratta. La seconda questione riguarda la connessione che esiste · tra l'«organizzazione» e tali pratiche: se da una parte è evidente che quella che viene messa in crisi è la delega, dall'altra appare necessario un livello molto alto di organizzazione (legame operativo) tra i soggetti.partecipanti: un livello di organizzazione realizzabile solo a livello locale (il che non esclude collegamenti tra diversi livelli locali). La pratica dell'obiettivo impone che l' «avversario» accetti l'obiettivo: egli in sostanza non ha forza per rifiutarlo. È certo tuttavia che l'obiettivo praticato per consolidarsi ,deve essere istituzionalizzato (cosa diversa da una trattativa). Può tuttavia succedere anche che resti solo «praticato», nel qual caso molto spesso è probabile che l'avversario sia in «attesa» di tempi migliori per capovolgere o almeno ~orreggere la situazione. Va detto a questo punto che l'esperienza alla quale si fa riferimento presenta, in un certo senso, pratiche dell'obiettivo da parte di ambedue i protagoqisti; se le pratiche prima citate si riferiscono,-tutte ad un determinato contendente, si può far riferimento, per esempio, al non pagamento dei decimali della contingenza, come ad una pratica dell'o- . biettivo da parte dell'altro soggetto sociale. Lf ultima osservazione che vorrei avanzare riguarda la questione delicata della fissazione dell'obiettivo. Si potrebbe sospettare che il meccanismo attraverso il quale si giunge alla pratica dell'obiettivo possa ·determinare una sorta di sindrome di potenza: come si definisce il limite o il confine della pratica dell'obiettivo? La valutazione dei rapporti di forza o anche una soggettiva supervalutazione non può comportare la cancellazione della forza dell'antagonista? È proprio il meccanismo di adesione che permette una decisione collegiale e partecipata in grado di trovare il punto di «equilibrio» (brutto termine, ma è indicativo e permette una facile comprensione). In sostanza, si potrebbe sostenere che in una società determinata dal conflitto la pratica dell' obiettivo interviene (o può intervenire) ogniqualvolta i rapporti di forza siano chiari e netti, mentre il procedimento conflitto-negoziato interviene ogniqualvolta gli stessi contendenti non sono sicuri della reciproca forza. Il meccanismo di determinazione della pratica dell'obiettivo è, in certo senso, garanzia di scelta equilibrata e razionale. ~ rispetto ai rapporti di forza esistenti. Ovviamente con queste note, troppo siQtetiche, ho solo sfiorato alcune questioni; spero, tuttavia, di non aver dato la sensazione di proporre una «meccanica»del conflitto; era mia intenzione soltanto mettere in luce, rispetto ad una discussione in corso relativa al rapporto conflitto/negoziato, alcuni elementi in un campo, quello sindacale e sociale, di rilevante interesse: alcuni soltanto degli elementi, fermo restando che ben più ricche sono le determinanti di tali conflitti.
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