Alfabeta - anno VIII - n. 85 - giugno 1986

minaccia esterna per controllare, reprimere o eliminare un conflitto interno o per costruire una efficace e ben alimentata minaccia versus antagonisti interni: dalla sacra difesa della patria contro il barbaro invasore (potenziale) alla caccia alle perfide «quinte colonne». Un altro errore- per non parlare delle sindromi nazionaliste (o particolariste di qualsivoglia tipo) à la Sansone o à la Rambo - è quello di pensare che si possa avere un'adeguata modellizzazione di ogni tipo di conflitto tramite quell'insieme di tecniche di soluzione che va sotto il nome di Teoria dei Giochi. Analizzeremo in seguito, in dettaglio, che cosa è un gioco (game) nel senso di Von Neumann; basti dire che un game presuppone che l'obietti- -vo di ciascun giocatore sia di massimizzare i propri guadagni razionalmente definibili (con Rapoport, · 1960, diremo «to outwit the opponent»). Ora, benché il compito che ci siamo assegnati possa avere questa caratteristica, la situazione reale assai spesso non la possiede e compito di una gestione razionale può essere considerato, tra l'altro, quello di introdurvela. Da sempre, ma forse sempre di più nel conflitto internazionale, è tutt'altro che inconsueto che almeno uno dei contendenti abbia come scopo principale di nuocere all'avversario, ad esempio perché individuato come altro, come male assoluto etc. (si tratta in tal caso di un fight, «to arm the opponent»); e in tal caso le tecniche opportune per averne ragione sono ovviamente diverse. Anche quando - come è nel caso di alcune religioni o ideologie politiche - lo scopo del conflitto è quello di convincere l'avversario dell'incontrovertibile verità delle nostre tesi (e cioè si tratta di un debate, «to convince the opponent»), l'articolaiione delle tecniche deve essere diversa, ancora una volta l'ipotesi dell'equilibrio raggiunto come risultato necessario di scelte razionali salta. S tiamo avvicinandoci a un primo risùltato di analisi. L'obiettivo finale di un protagonista può essere inequivocabilmente quello della conversione/convinzione; ma accanto alle prediche ed alle summae teologiche (debate) non escluderà l'uso di competizioni regolate (magari con una matrice tipo «scommessa di Pascal» vita eterna/dannazione: game) e/o l'intervento radicale del Grande Inquisitore per estirpare l'eresia (fight). Inversamente l'obiettivo finale potrebbe essere quello della distruzione dell'avversario, ma non si può escludere che accanto alla lotta senza quartiere, al terrorismo indiscriminato (fight) saranno utilizzati giornali e libri di economia (debate) e/o lotte sindacali e politiche rispettose delle regole - istituzionali, che, tra l'altro, garantiscono il diritto all'esistenza dell'avversario (game). È anche opportuno notare come non sia raro il caso che l'avversario vero in un conflitto non sia quello ufficialmente dichiarato come tale. Lo scontro tra il sindacato inglese dei minatori (Num) e l'Ente minerario (Ncb) nel lungo sciopero conclusosi lo scorso anno era solo apparentemente tra queste due associazioni e solo apparentemente l'oggetto del contendere era la chiusura di un certo numero di pozzi; in realtà si trattava di uno scon: tro tra le scelte politiche di lungo periodo del governo conservatore (cioè cancellare le Trade Unions dal panorama istituzionale britannico) e quelle dell'ala radical della sinistra (riconquistare un ruolo decisivo per il sindacato, battendo la politica di Margaret Thatcher). Si simulava un game per praticare un fight. E anche se volessimo mantenere il modello di un game: si trattava di un conflitto con una matrice di pay-off del tutto diversa da quella ragionevole per uno scontro sindacale e pertanto con diverse strategie ottimali, cioè un diverso punto di equilibrio. [... ] Fig. 1 game, una lotta, un dibattito o un insieme di vari game, lotte, dibattiti in successione lineare o ramificata, interagenti, retroattivi, nidificati, etc.; le fasi che compongono una partita le chiameremo mosse, gli obiettivi delle mosse li definireGame «polli», esperti, «bluffatori», avari, generosi, «chiusi», etc.; azione che richiede una raffinata arte della comunicazione (ricordiamo la tattica utilissima del «meta-bluff»). Non dimentichiamo il frequente uso, diretto o no, della minaccia (to outwit the opponent = Superare, Battere, Ottimizzare) anpersone * Game a informazione completa a2persone a informazione incompleta a sommanulla a sommanonnulla* stazionari finiti apay-off variabile per azionedei * protagonisti dinamici -· dall'esterno infiniti con regole e/o strategievariabili. in modo* incerto stocasticamente deterministicamente con incertezza * / games con asterisco ammettono e/o richiedono negoziato. Vediamo di schematizzare, considerando per semplicità il caso di due soli contendenti: 1. Esistono tre fondamentali modalità di conflitto che definiscono l'obiettivo strategico globale del giocatore: la lotta, il game, il dibatFig. 2 mo tattici. 4. È importante sapere se si sta giocando un game che è mossa di una partita che è anch'essa un game di una modalità pure game o se si tratta di un game mossa di una partita che è una lotta di una modaFight (lotta) («non te ne lascerò passare una», «ti frustrerò sistematicamente il gioco d'apertura ricorrendo sempre al buio», etc.) e del negoziato (taciti gentlemen's agreements per non nuocersi); b) Talvolta non intendere che la (to ann the opponent = Nuocere, Indebolire, Eliminare) a o persone Lotta all'ultimo sangue a unafase a informazione completa a informazione incompleta a2persone ali'evirazione a piùfasi al primo sangue Nella lotta non sono ammesse regole (benché l'esito dello scontro che doveva essere, per regolamento, all'ultimo sangue tra Mad Max e Bluster in MadMaxoltre la sferadel tuono possa suggerire più di un dubbio in proposito. Può esistere in alcuni tipi di lotta una matrice dei pay-offs. tito. 2. Esiste una classificazione sviluppata ed organica per il game; così non è per lotte e dibattiti. Le figg. 1/3 cercano di dare ragione della tassonomia del game e di proporne uno scheletro per le altre due forme di conflitto. Fig. 3 lità che invece è un dibattito; e così via. Facciamo due esempi chiarificatori: a) Il poker è un game come modalità, ma nella sua esecuzione concreta, nelle sue partite e mosse, ha un ampio ruolo la lotta (princiDebate (dibattito) modalità di conflitto è mutata determina la sistematica sconfitta di un giocatore, magari, per il resto, formidabile. Reagan e Thatcher hanno sconvolto lo schema classico. della politica di sistemi bipartitici, che imponeva di «occupare il centro», vincendo non solo perché (to -convince the opponent = Convincere, Far fare) Dibattito anpersone .. a2persone interattivo unidirezionale conarbitro senzaarbitro verbale misto nonverbale Nel dibattito sono ammesse, ma non necessarie, delle regole; può esserci negoziato, può esserci minaccia. 3. Ciascuna delle modalità di conflitto può comporsi di un insieme in generale finito di partite (elementi «atomici», con propri obiettivi, che definiremo grande-tattici), che anch'esse potranno essere lotte, game o dibattiti. Ciascuna partita può essere, a sua volta, un pio metodologico fondamentale è «bastonare il cane che affoga»), e il dibattito, se a tale termine non si dà il significato restrittivo di confronto verbale; infatti va messa in atto un'azione ripetuta di simulazione/dissimulazioni per convincere l'avversario che si è/non si è hanno colto. una - presunta - tendenza profonda delle loro società, ma soprattutto perché sono riusciti a sostanziarla, a renderla forte trasformando, senza dirlo, il game in lotta. I loro avversari non se ne son resi conto e hanno pensato soltanto a rendere più raffinata la strategia d'azione come si trattasse solo di una dinamizzazione del vecchio game cui adattarsi. È vero che si può combattere contro una clava usando il fioretto, ma non credendo che la clava dell'avversario sia anch'essa un fioretto! _ S iamo ora in grado di esaminare in dettaglio i diversi tipi di conflitto per capire quando in essi può insorgere il negoziato e a che scopo e con quale utilità si può utilizzare la minaccia. Non si può ignorare anzitutto ,lastretta parentela tra negoziato e negozio (necotium etimologicamente): il bargaining è tecnica fondativa di ogni tipo di commercio, almeno all'inizio (e ciò dovrebbe far riflettere i teorici dello scambio come game). Ma è nel campo dei rapporti internazionali che il concetto di negoziato ha acquistato consistenza e significato autonomo, tanto da essere assimilato al concetto di diplomazia; scrive Richelieu (1640): «J'ose dire hardiment que négocier sans cesse, ouvertement ou secrètement, en tous lieux, encore meme qu'on ne reçoive pas un fruit présent et que celui que l'on peut attenç_lrene soit pas apparent, est chose tout nécessaire au bien des Etats». Nei rapporti «interni» il negoziato è possibile laddove «un sistema sociale pone come base il principio della libertà individuale e nello stesso tempo impone il rispetto di un'autorità, che tuttavia non può codificare e normalizzare l'infinita varietà di relazioni, scambi, transazioni, diritti e doveri tra cittadini e tra essi e i detentori del potere; «politicamente il concetto di negoziazione permanente rinvia alla nozione di riformismo» (Bellenger 1984). Dunque quando ncmsi può risolvere una divergenza con it ricorso ad un'autorita superiore, né la si può risolvere con una lotta che elimini o pieghi definitivamente o faccia arretrare di molto l'avversario, quando non si può trovare un punto di equilibrio ottimale con una valutazione oggettiva (quantitativa) di una matrice di pay-off, allora la tecnica utilizzabile è il negoziato. A dire il vero (come sostiene anche il saggio di Francesco Indovina su «Conflitto senza negoziato») esiste anche un conflitto, classificabile all'inizio come game, in cui, pur non essendovi punti di equilibrio nella matrice, non si sceglie di negoziare, ma - come si diceva una volta - si pratica l'obiettivo (l'autoriduzione, l'occupazione di case, le pratiche illegali palesi etc.); questa azione produce una ridislocazione, una nuova matrice, può introdurre un punto di equilibrio. Tale conflitto trasforma il game in qualcos'altro, magari soltanto a livello tattico, ma forse non solo: se in un dibattito o in una lotta è questione opinabile, ma interessante. Il negoziato è dunque un palliativo dell'autorità e/o della forza e/o del diritto e/o delle «leggi oggettive» (in genere ottimizzanti qualcosa). Contrariamente a quanto è stato sostenuto (Anzieu 1971) il negoziato non è un fatto tipicamente umano e quindi non è necessariamente un fatto verbale e culturale; e tuttavia il negoziare è comunque legato alla possibilità di avere fiducia nel fatto di poter ridurre una divergenza tramite un dibattito: si tratta di uno scambio di informazioni in un incontro accettato ( bon gré, mal gré) da due o più protagonisti per migliorare il guadagno di almeno uno di essi. Obiettivo del negoziato è l'accordo (il compromesso, le concessioni, le contropartite, le «innovazioni»); il negoziato presuppone che tutti i protagonisti abbiano uno scopo ed un margine di manovra, e che i rap-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==