Alfabeta - anno VIII - n. 85 - giugno 1986

Supplemento ad Alfabeta n. 85 • Giugno 1986 Venezia: ArnaldoCecchini FrancescoIndovina Sul conflitto pagine I-IV Salerno: MarisaFiumanò Duras e Lacan pagine V-VII Vicenza: K.O. Apel, RobertoCagliero Tipi di razionalità pagine VII-XI Sulconflitto Minaccia e trattativa L a tematica del complesso rapporto tra minaccia e trattativa è stata affrontata in un seminario organizzato in gennaio, in tempi solo appena meno calamitosi degli attuali, a Venezia, Ca' Tron. Il seminario dal titolo «Minaccia e negoziato: tattica e strategia per "aver ragione" di situazioni di conflitto», è stato organizzato dall'Istituto Gramsci Veneto, nel quadro di una ricerca che ormai dura da anni (ricordiamo il convegno « La Politica oltre lo Stato» del 1981 e quello «Della Guerra» del 1982) e dal Dipartimento di analisi economica e sociale del territorio (Daest). Gramsci Veneto e Daest collaborano da tempo ad iniziative di riflessione e di studio sui « Linguaggi del Mutamento» (dalla Teoria delle Catastrofi alle prospettive dell'J.A.) ed il seminario sulla minaccia ha costituito una fase intermedia di un processo orientato alla verifica dell'applicabilità di metodi e tecniche di nuova concezione o recentemente riscoperti a contes!i sociali ed economici complessi. Dopo la presentazione di Umberto Curi che ha collocato il seminario nell'itinerario di ricerca di Gramsci e Daest, è intervenuta Bruna Giacomini («Deterrenza e contrattazione: la deregolamentazione del conflitto») che ha inquadrato il problema del contesto teorico della Teoria dei Giochi, in cui il conflitto compare come condizione imprescindibile di ogni comportamento sociale, non stato patologico o indizio di una disfunzione, ma fattore costitutivo e forma generale di funzionamento del sistema in condizione di normalità. Poiché si tratta di un aspetto fisiologico del sistema, il conflitto non potrà essere gerarchicamente controllato e neppure, ovviamente, eliminato; si dovrà invece esaminarlo nelle sue forme particolari, per individuare, di volta in volta, gli strumenti che consenlano una gestione razionale dello scontro. Diversamente dall'assetto originario (teso alla sconfitta del/'avversario) i recenti sviluppi della teoria puntano alla deterrenza, a/- /' esercitare potere sull'antagonista. Ad un caso storico specifico si è ricollegato l'intervento di Gian Enrico Rusconi («La manipolazione del rischio di guerra: il caso del 1914»), che ha analizzato, ricollegandosi al quadro epistemologico tracciato da Giacomini, la situazione che precedette lo scoppio della prima guerra mondiale, in cui la gestione politica dello scontro ha avuto un'importanza determinante nella rideterminazione dei rapporti di forza tra gli schieramenti effettivamente in conflitto. A un'altra tecnica d'analisi, la Teoria delle Catastrofi, o più precisamente all'intreccio tra tale tecnica, la Teoria dei Giochi e quella delle Decisioni, ha fatto ricorso Christopher Eric Zeeman («Psicologia del dirottatore: la trattativa sotto pressione»), per modellizzare una situazione in cui cambiamenti anche molto piccoli in uno dei fattori possono determinare esiti diversissimi di una situazione conflittuale (si tratta di una rielaborazione e generalizzazione del contributo di Zeeman al Sigis, di cui una sintesi è statapubblicata da Alfabeta sul numero 30, dicembre 1985). Enzo Spaltro («Psicologia del negoziatore: caratteristiche di personalità e comportamenti») ha mostrato, dal punto di vista della psicologia sociale, che conflitto e negoziato devono sciogliersi in un processo che non ammette contenuti distinti; la complessità va riconosciuta come stato fisiologico nei rapporti e in essa il processo negoziale segue lefasi della reificazione, del bisogno e desiderio, del controllo del desiderio, della cooperazione. Marisa Cengarle («Negoziato senza minaccia: la negoziazione come tecnologia dello scambio») ha mostrato come in concreto si svolga la pratica del negoziato: i trucchi e i segreti, le cadute psicologiche, le simulazioni, le tecniche, i rischi di quella complessa operazione di ·scambio che si realizza in ogni negoziato: dal bargaining al mercato alla trattativa svolta nei vertici tra i Grandi. Le relazioni di Arnaldo Cecchini («Minaccia e trattativa tra simulazione e gioco») e Francesco InJ' - ,, Con questo supplemento prosegue la serie iniziata nel n. 80 di Alfabeta (gennaio '86) che si propone di ospitare relazioni e interventi presentati nei dibattiti culturali e critici più vivi, allo scopo di documentare il lavoro di ricerca proveniente dalle università e da altri centri. Rinnoviamo quindi l'invito a enti e gruppi di organizzazione di convegni ed incontri ad informarci della possibilità di uso dei testi come anticipo rispetto agli eventuali «atti» del convegno da parte nostra, con un impegno di tempestività che è ovviamente relativo alla situazione del lavoro del giornale. enez1a dovina («Conflitto senza negoziato») vengono riportate qui di seguito. Arnaldo Cecchini Minaccia e negoziato tra simulazione e gioco Arnaldo Cecchini L e situazioni di conflitto sono tra le attività umane più interessanti da modellizzare; e tra le più difficili. Noi vogliamo occuparci degli aspetti fenomenologici del conflitto senza analizzare le cause che l'hanno determinato, né individuare le azioni che, rimuovendole, ne eliminerebbero la ragion d'essere. Aver ragione di situazioni di conflitto vuol dire dunque - in tal caso-ottenere, né più né meno, un esito, un punto di equilibrio in una situazione già data. Tale equilibrio è il valore che rende minima per tutti i protagonisti la perdita in quella situazione, o in generale che ottimizza una funzione di utilità. Ma ci occuperemo soprattutto di come trattare in situazioni di conflitto acuto, di emergenza; magari ci renderemo conto che intervenire · in tali situazioni con logiche e comportamenti eccezionali (emergenziali appunto) rispetto alle fasi di normalità, di conflitto fisiologico è - sovente - una strategia inefficiente anche nell'immediato (localmente). Nell'analizzare le fasi di conflitto acuto un primo errore che andrebbe evitato è dimenticare che fasi di conflitto acuto locale non sempre implicano un rincrudimento del conflitto globale: una serie anche violenta di attentati o di attacchi militari o di aggressioni verbali può essere non il preludio di un'escalation del conflitto, ma uno strumento di pressione per massirnizzare i vantaggi nella trattativa: si simula la guerra, si minaccia un uso indiscriminato della violenza, si mette in movimento l'intero scacchiere di gioco, per sedersi con più forza, più credibilità, più pressione del tempo sull'avversario, al tavolo del negoziato. Per quanto cinico possa sembrare è sbagliato dimenticare che una bomba in un albergo può essere un messaggio che chiede un armistizio, un accordo, la pace. Un altro errore antico è l'applicazione in tali contesti del poco affilato rasoio dicotomico della domanda «cui prodest?»; non solo per i fastidiosi esercizi di dietrologia che consente a chiunque abbia un po' di fantasia o una tesi precostituita da dimostrare, ma soprattutto perché la risposta a tale questione è indecidibile per la non quantificabilità della scala temporale, per la presenza di errori umani, per l'elidentesi somma vettoriale delle azioni dei servizi segreti (i recenti casi di cross-ove, e di pentimenti di spie sono divertenti e istruttivi in proposito). Un terzo aspetto cui far attenzione è la frequente operazione di scambio operata ampliando, dilatando o addirittura inveptando una

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