Alfabeta - anno VIII - n. 85 - giugno 1986

Il diavoloe,la Corte Beatrice Andreose Il diavoloe la Corte introd. di Giovanni Palombarini Palermo, Sao Paolo. Il~ Palma, 1985 pp. 133, lire 13.~ S e si volesse fare uri raffronto di natura metodologica tra i modi e le procedure usati per la ricostruzione dei fatti in sede processuale con le più moderne tecniche di accertamento e di indagine sviluppate in vari ambiti di ricerca (storiografica, epistemologica, etno-antropologica, ecc. ecc.) non si potrebbe non riportare una sensazione di estraneità e di strana «arretratezza» della cultura giuridica. Sensazione che si accentua qualora si consideri come col diffondersi del diritto emergenziale il ruolo del giudice ha finito spesso col ridursi a quello di una semplice «trascrizione» del racconto del pentito in fatti «discreti» che avessero valore di fattispecie dotate di rilevanza processuale. Senza addentrarci oltre, basterà ricordare come in fondo ciò che è sempre stato richiesto nell'indagine giudiziaria è esattamente l'apporto di quello che gli etnologi hanno chiamato «osservazione partecipante». I fatti da accertare sono sempre considerati come «deterritorializzati», «decontestualizzati» dagli spazi e dai tempi sociali che li hanno prodotti; fatti senza storia, senza più motivazioni culturali che stiano alla loro base, e per ciò stesso, fatti addomensticati che .. docilmente possono essere ricondotti alle fattispecie previste dalla normativa giuridica che per questa via diviene espressione della cultura dominante che deve ricondurre a sé, subordinare ed azzerare gli ambiti di vita prodotti dalle culture «altre». Dice a questo proposito Luhmann: «Grazie alle proprie regole, il sistema giuridico può attribuire ad una questione giuridica un inizio arbitrario, anche se nella realtà sociale non vi è alcun inizio arbitrario e può quindi ritagliare dalta realtà dei "casi" per deciderli». Per questa via lo stesso cittadino imputato privato del suo retroterra culturale viene sottoposto alla più crudele delle violenze: la perdita della propria identità sociale; ed è a questo punto che il cerchio si chiude perché, essendo il cittadino da giudicare privato in questo modo della propria personalità, ormai annullata entro l'astratta costruzione giuridica della figura dell'imputato, egli può ora essere facilmente classificato entro precostituite tipologie criminali, che paradossalmente rendono superfluo, o comunque secondario, lo stesso momento dell'accertamento dei fatti essendo la «criminalità» elemento connaturato al «tipo d'autore» (eretico e strega, ieri; terròrista, drogato od altro, oggi). Come si vede a questo punto la r--.. separatezza della cultura giuridica ('\I ha una sua ragione più profonda nella «separatezza» che caratterizza l'intero «sistema giuridico». È questo un aspetto che Luhmann coglie molto bene: il «giuridico» non è che uno dei tanti sistemi che sempre più devono autonomizzarsi in ragione di un irreversibile processo di differenziazione di un soE:: ciale sempre più complesso, con la ~ conseguenza che l'insieme delle ;g_ procedure e delle decisioni giuridi- ~ che devono sempre più essere funzionali a se stesse ed indifferenti alle loro conseguenze sociali. Al limite la «verità» delle prestazioni del sistema giuridico (la verità che distingue il lecito dall'illecito) può risultare del tutto estranea alle verità di altri sistemi sociali. È interessante notare come, a ben guardare, la stessa esistenza dello stato di diritto sarebbe del tutto impensabile se non si fosse prodotta questa separatezza. Infatti, limitando al massimo la libertà nell'ambito di procedure e di decisioni che vengono ancorate a regole del gioco rigide e predeterminate, lo stato di diritto non fa che ribadire il solco che divide il sistema giuridico dal cittadino chiarificandone i reciproci rapporti. Se per un verso il cittadino viene così garantito dall'arbitrio della legge, per altro verso il sistema giuridico dovendosi limitare ad applicare la legge in modi e forme che sono prestabiliti, vede ancorate le proprie prestazioni a criteri di semplice «giustizia formale» evitando così che si creino intorno ad essa delle aspettative di equità materiale che non sarebbe mai in grado di soddisfare. In termini di valori ciò che si afAntonio Mina/di bili sono infatti quelli che vivono nell'astrattezza della legge e che mai possono essere rimessi in discussione, poiché la normativa vigente e le regole procedurali prestabilite sono le precondizioni che rendono possibile l'agire giuridico nel suo contenuto di certezza, e per ciò stesso di giustizia, dunqù'e sono caratteri per principio non negoziabili. M algrado tutto questo, l'ambito di discrezionalità che viene lasciato al giudice resta ampissimo, e di grande rilevanza, specialmente rispetto all'azione penale ed alla decisione sanzionatoria che ne è parte costitutiva. Ciò che è decisivo, tuttavia, è il fatto Diavolo nel vetro, sec. XVII che il giudice è posto al riparo da qualsiasi responsabilità nei confronti dei valori (politici, culturali, ideologici ecc. ecc.) che promanano dal diritto e che sono insiti nellà. sua azione repressiva. Egli è apparentemente un semplice «esecutore». Per questa via la repressione giudiziaria si presenta al limite come una semplice «tecnica» del tutto indifferente ai suoi esiti sociali e costantemente in grado di dissimulare. i suoi. contenuti di dominaferma attraverso lo stato didiritto è · zione. il principio della «sicurezza» fon- Particolarmente istruttive sono dato su quella certezza del diritto su questo argomento alcune intuidi fronte alla quale il cittadino non zioni di M. Weber, laddove il propuò più essere portatore di valori blema della nascita del moderno autonomi, individuali e sociali, che sistema giuridico, e della prospettipossano essere fatti legittimamen- va rigorosamente normativa che lo te valere. Gli unici valori ammissi- accompagna, viene legato al passaggio da una razionalità giuridica centrata sullo scopo e quindi sugli effetti reali prodotti nel campo sociale dall'applicazione delle norme ad una razionalità di tipo puramente formale o «legalistica» fondata sull'astratta uguaglianza della legge. Questo passaggio, poi, viene ancorato alla concreta materialità di alcune condizioni storiche favorevoli riconducibili alla nascita della società moderna. I caratteri della «modernità» che qui ci interessano sono i due fondamentali: la nascita di uno stato burocratico accentratore di potere fondato sul monopolio della produzione e dell'applicazione coercitiva dei diritto e che per questa via trova nella generalità ed astrattèzinteressi opposti dei cittadini-utenti, fino al punto che alcune fondamentali garanzie di libertà e di legalità devono essere ormai considerate; come acquisizioni non più discutibili, veri e propri punti di non ritorno. Il problema diventa allora come conciliare. certi principi garantisti, anche di natura «formale», con la questione determinante del riconoscimento della valenza sociale (e dell'eventuale ribaltamento) dei «valori» e dei contenuti materiali che vengono privilegiati dalle prestazioni del sistema giuridico. E legato a questo il problema squisitamente politico della responsabilità del giudice pur nel riconoscimento della necessaria autonomia. U n esempio di come si possa avviare la riflessione su questi temi ce lo offre la Andreose attraverso l'esame di un aspetto particolare del funzionamento del sistema giuridico: quello che inerisce alla figura ed alle funzioni del Pubblico Ministero. Le questioni poste sul tappeto possono risolversi in una serie di alternative di grande valore politico: indipendenza dall'esecutivo o controllo politico di quest'ultimo sulle attività del Pm; principio della obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale .o all'opposto discrezionalità dello stesso; pubblica accusa intesa rigorosamente come parte oppure come organo giurisdizionale con poteri di formazione della prova e di disposizione della libertà personale dell'imputato. Ognuna di queste alternative non fa che rimandare a due modelli estremi ed «ideali»: da una parte pubblica accusa come «braccio» dell'esecutivo ed al polo opposto la cosiddetta accusa popolare, il che, poi, più in generale, rimanda, a sua volta, a due concezioni contrapposte dell'intero sistema giuridico: da una parte esercizio della giustizia penale come strumento repressivo di un potere politico, espressione della classe dominante; dall'altra giustizia come funzione controllata dell'intera comunità e come espressione caratteristica di una sovranità popolare pienamente realizzata .. Per questa via è possibile (di contro ad una concezione della giustizia che vede la misura penale strumento fondamentale di controllo autoritario delle contraddizioni e dei conflitti della società) spingere il discorso fino ad ipotizzare che il controllo politico possa essere effettuato non da un vertice ma dall'insieme del corpo sociale, azzardando aru;he la possibilità di un Pm eletto e revocabile da parte za della legge la figura adeguata al- della collettività e sottratto quindi le sue esigenze di controllo sociale; al controllo da parte del sistema la nascita del moderno capitali- politico in un quadro generale in smo, che permette lo sviluppo del cui le componenti di natura sociadiritto come prevedibilità di una le, politica ed economica devono misura universalmente valida del sempre avere la preminenza su lecito e del giusto nella stessa misu- quelle logico-formali dell'ordinara in cui crescono le esigenze di pia- mento. nificazione e prevedibilità econo- • Forse alcune di queste soluzioni mica e di semplificazione del calco- possono apparire frutto di eccessilo della ricchezza legata· alla uni- va semplificazione; tuttavia, sebversalità del dominio del denaro. bene permanga il dubbio sulla efSe per queste vie è possibile la fettiva.realizzabiljtà pratica di cerdemistificazione, ben più difficile: ·· ie ipÒtesi, nòn è detto che la·semsi presenta la ricerca delle alterna- plificazione rion possa essere aptive, soprattutto perché al di là del- portatrice di una maggiore chiarezla funzionalità alla dominazione za, almeno rispetto all'essenzialità politica della logica separatista e dei temi di fondo. formalista del diritto, alcuni caratteri costitutivi dello stato di diritto hanno finito per corrispondere agli

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