Alfabeta - anno VIII - n. 85 - giugno 1986

André Green Narcisismodi vita narcisismodi morte Roma, Boria, 1985 pp. 336, lire 30.000 Nicola Ciani (a cura di) Il narcisismo Roma, Boria, 1983 pp. 279, lire 20.000 Jean Louis David La dimensioneamorosa Napoli, Liguori, 1982 pp. 264, lire 14.500 Marisa Fiumanò «Edipoe Narciso in Usa» in Alfabeta, n. 30, 1981 Attilio Mangano «Narcisismoamericano» in Alfabeta, n. 79, 1985 I Segni ulteriori della complessità dei percorsi freu- • diani in tema di narcisismo giungono dal volume di André Green, recentemente tradotto, che raccoglie saggi sull'argomento scritti nel corso di un ventennio, nei quali lo studioso francese ripercorre le vie di uno dei più controversi concetti della psicanalisi e avanza una nuova singolare proposta teorica, sdoppiando, come indica il titolo stesso, questo particolare assetto della personalità nelle sue significazionipositive e negative, vitalistiche e autodistruttive. Non si tratta però di una ennesima revisione critica del narcisismo e neppure di un tentativo di fornire nuove chiarificazioni o soluzioni ai paradossi freudiani su questo discorso. Ci troviamo, invece, di fronte al proposito di guardare senza riserve la fluidità polisemica del narcisismoe di riesplorarne le radici in rapporto ad altri luoghi chiave dell'apparato teorico psicoanalitico come l'angoscia e la teoria delle pulsioni, in rapporto, quindi, al più ampio problema dei processi di costruzione del senso di identità. André Green, noto agli studiosi italiani per il suo bel lavoro Le discours vivant (tr. it. Astrolabio, 1974) e per il saggio Realtà psichica e realtà materiale (nel volume Livelli di realtà, Feltrinelli, 1984). sviluppando negli anni la sua riflessione sul narcisismo, sembra tessere un solido ordito sul quale suturare i legami lacerati tra i diversi punti del testo freudiano, situandosi, però, in posizione distante sia da quelli che hanno riproposto il narcisismosotto le vesti semplificate e riduttive di un nuovo individualismo (come ha rilevato Marisa Fiumanò nel n. 30 di Alfabeta, 1981), sia dagli esiti delle sue traslazioni improprie in altri ambiti disciplinari, dalle forti connotazioni moralistiche (di cui ha parlato Attilio Mangano, Alfabeta, n. 79, 1986), sia, ancora, dalle letture in chiave storico-dialettica come quella di Klaus Strzyz (Narcisismo e socializzazione, tr. it. Feltrinelli, 1981). ~ Ciò che muove l'esplorazione di ~ Green, e che rende la sua ricerca -~ particolarmente significativa, è ~ c::i.. l'intento di ripensare al narcisismo ~ a partire dal punto in cui Freud lo ...... aveva lasciato, di rileggerlo cioè al- ~ la luce della formulazione delle ~ due pulsioni di vita e di morte. .Òo ~ s:: 2 Si sa che con il saggio Introduzione a( narcisismo, -~ ~ e abbozzato durante il viag- g gioa Roma nel settembre del 1913, ~ e completato poi nella primavera Narcisismo successiva, Freud intese imprimere una svolta alla teoria delle pulsioni e rendere formale e definitiva la sua controversia con Jung sulla teoria della libido, esplosa pochi mesi prima nel congresso di Monaco. Certo, però, non sapeva di in~ trodurre un concetto così complesso e problematico, e al tempo stesso denso di ambiguità, da avviare un dibattito dalle sorti alterne e ancora oggi nel pieno del suo svolgimento, anche se aveva confidato ad Abraham la sua insoddisfazione per il modo in cui aveva espresso le sue intuizioni. In questo saggio, definito da Jones «un lavoro inquietante», Freud descrive una particolare organizzazione della struttura psichica le cui caratteristiche consistono nel fatto che l'individuo prende se stesso come oggetto d'amore e rivolge su di sé la libido destinata al mondo esterno e allo stabilirsi dei rapporti oggettuali. Legato all'analisi dello stato amoroso, e dei processi che orientano la scelta dell'oggetto d'amore, il narcisismo serve originariamente a Freud per spiegare alcuni fatti clinici_legati all'omosessualità e alla paranoia, ma anche per dare una ragione della resistenza di alcuni pazienti nevrotici al trattamento analitico. Per la prima volta nominato nel saggio Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci (1910), sul tema della predilezione amorosa nell'omosessualità, il mito di Narciso soccorre Freud che non trova spiegazione al desiderio dell'altro nell'amore omosessuale. Dal nuovo punto di vista l'altro non è se non il sostituto della propria persona infantile, oggetto d'amore della madre, cui si resta identificati. Ampliato ed esteso poi ai fatti generali della vita amorosa e del desiderio, il narcisismo descrive una organizzazione dell'affettività che se da un lato costituisce un passaggio obbligato e desiderabile per l'affermazione delle proprie pulsioni autoconservative, necessarie alla nascita e allo sviluppo dell'Io, dall'altra può configurarsi come una fissazione della libido su di sé~ come un perpetuarsi dello stato di indifferenziazione in cui soggetto e oggetto coincidono. In questo caso esso è responsabile, quindi, dell'incapacità di investire d'amore oggetti del mondo esterno, e della mancata dissoluzione della fusione onginana. In quanto arresto di un processo ritenuto auspicabile questo modo di intendere il narcisismo evoca l'immagine dell'appiattimento su di sé, dell'asfissia dell'Io. Ma in quanto investimento amoroso di sé, processo intermedio (tra l'autoerotismo e l'amore oggettuale) di un più lungo percorso che conduce alla differenziazione e allo sviluppo delle capacità di amare, rappresenta il fondamento indispensabile per rivolgersi agli oggetti esterni. E tuttavia le aporie nascono proprio da qui, dall'intreccio dei processi, dai limiti labili e fluidi delle distinzioni di stato, dalle dissolvenze mobili e indescrivibili, dalla trama dei percorsi simultanei tra l'investimento amoroso di sé e la nascita stessa dell'Io. Sono questi i punti sui quali Freud ha incontrato insormontabili difficoltà e sui quali si sono addensate riflessioni e dispute tra i suoi successori. Della complessità sostanzialmente irrisolta di questa tela intricata dà sicuramente indicazioni utili il voluFiorangela Di Lisa me, dai contributi eterogenei ma sostanzialmente efficaci, Il narcisismo, curato da Nicola Ciani per le edizioni Boria. Non c'è dubbio, tuttavia, che il ricorso al mito di Narciso· abbia rappresentato per Freud il tentativo di concettualizzare sul piano generale l'inizio della storia individuale inevitabilmente fondata sul processo traumatico della propria temporalizzazione, sulla revoca della onnipotenza magica originaria, sull'interruzione della fusione pnm1t1va. Percorrendo le vie esplorate da Green il narcisismo sembra allora legarsi alla concezione del dolore in psicoanalisi, testimonianza, cioè, dell'estremo tentativo dell'Io di evitare l'esperienza dolorosa della separazione, che sola, tuttavia, può liberare dalla tirannia del desiderio inappagabile di ricostruire l'unità originaria. Il narcisismo, dunque, come espediente dell'Io scarsamente strutturato per continuare a vedersi illusoriamente nel doppio senso di soggetto e oggetto. Che cosa è allora la nascita psi- -chica se non il superamento di que-_ sta insostenibile tensione, se non l'abbandono dell'idea di una totalità onnipotente, fusa e autosufficiente, se non l'accettazione dell'angoscia di separazione, la separazione dalla madre? Certo Freud non s'illudeva che dalla raffigurabilità in termini teorici di un così complicato processo si potesse passare alla comprensione delle ·sfumature notevolissime tà, di ingaggiare battaglia con la pulsione di morte. Uno strano destino attendeva comunque il narcisismo, coinvolto nella rivoluzione teorica avvenuta con la formulazione della dualità delle pulsioni. Green lo ripercorre con grande perizia nella prima parte del volume. Riformulato da Freud stesso in Al di là del principio del piacere (1920), e poi nell'Io e l'Es (1923) viene quasi abbandonato per difficoltà di integrazione teorica con l'intero apparato concettuale come si andava evolvendo, tant'è vero che se ne fa appena menzione nel Compendio (1938). Torna però alla ribalta, sotto vesti diverse, con la psicoanalisi statunitense del Self (Hartmann e Kohut). Ma qui non ha quasi più nulla della sofferta raffigurazione freudiana e ne risulta incautamente stemperato nelle sue estensioni psico-sociologiche. Sul tema si soffermano Lichtenstein e Balint. Tralasciato da Melanie Klein viene riproposto da Rosenfeld che lo inquadra più propriamente nell'istinto di morte. Per proseguire questa veloce ma utile ricognizione, sull'argomento Bion tace, Winnicott è incerto, Lacan, invece, è sicuro. Dallo stadio dello specchio alla centralità dello sguardo, dal luogo dell'Altro, i_lnarcisismo è il nucleo della concezione lacaniana. Più che mai il narcisismo per Lacan non è se non la storia dei tentativi mai riusciti di colmare la frattura originaria, lo stato di fusione fetale, una fusione ad ogni modo peMostra surrealista, 1936 di questi eventi, tant'è vero che allo studioso contemporaneo, che voglia tener conto di tutte le vie e di tutti i rivoli sorti dal controverso . concetto freudiano, di sicuro non appaiono chiari, e comunque risultano incontrollabili, i fattori che segnano i destini individuali della vita amorosa e del desiderio. Sono itinerari percorsi abilmente, tra gli altri, da J. Louis David nel suo volume La dimensione amorosa (tr. it. Liguori, 1982) nel quale descrive come il narcisismo entri sempre in causa nell'innamoramento, nelle vesti dell'ideale dell'Io che assorbe l'Io per interposta persona, in quanto l'Io proietta su un supporto oggettuale le qualità che desidererebbe per sé e consente di vedere l'oggetto amato unico e meraviglioso. Il desiderio dunque non ha vita facile nella visione freudiana. Molti fattori interverranno a contrastarne il cammino. Freud descrive le sorti della vita affettiva senza il minimo edulcoramento nel momento in cui introduce le pulsioni distruttive. Non c'è che da confidare nella forza dell'Io, nella sua consistenza, che si manifesta nella capacità di fronteggiare la distruttivi- . rennemente impedita dal riconoscimento della irrevocabile separazione dall'Altro, e tuttavia eterna- ·mente inseguito. L'amore, dice Lacan nel suo seminario Ancora (Libro XX, tr. it. Einaudi, 1983) ha un solo vero desiderio e ne è inconsapevole: far Uno, l'Uno impossibile della relazione. 3 In questa deriva concettuale si inserisce André e Green, interprete estremamente acuto del complicato intrigo di rapporti fra teoria della libido e teoria delle pulsioni, con la sua singolare proposta teorica sorretta da una lunga esperienza clinica. Certo, dice Green, l'Io aspira a recuperare l'indifferenziazione originaria, ma non si sa bene se per ritrovare un benessere o per fuggire un malessere. Sottile sfumatura, qui appena accennata, che apre però il discorso a luoghi ancora inesplorat_i,ma· certamente in bilico tra dimensione individuale e dimensione sociale. In Green, comunque, il narcisismo sembra acquistare una forte connotazione tragica: «I narcisisti sono soggetti feriti, in realtà carenti dal punto di vista del narcisismo; spesso le delusioni di cui portano le ferite a vivo non sono limitate ad uno solo dei genitori ma ad entrambi. Quale oggetto resta loro da amare se non se stessi?» (ivi, p. 22). Braccato dall'angoscia e teso alla conservazione della propria illusoria onnipotenza il narcisista compie lo sforzo di essere «non solamente Uno, ma Unico, senza antenati né successori» (ivi). Su questa connotazione dolorosa del narcisismo Green scrive un bellissimo saggio, «La madre morta», in cui esplora con estrema penetrazione l'esperienza inquietante non della perdita reale della madre, ma della sua assenza psichica, delle conseguenze sulla psiche del bambino della depressione della madre, che la rende atona e inanimata ai suoi occhi segnandone inesorabilmente il destino libidico. Se la perdita delle certezze, il senso della precarietà e dello sprofondamento della condizione contemporanea possono indurre a pensare alla regressione narcisistica come difesa vana dall'angoscia dell'annientamento, non c'è da stupirsi se con Green viene riproposta con forza all'interno del campo psicoanalitico la presenza scomoda della pulsione di morte proprio nel luogo dell'organizzazione narcisistica dell'Io. Succube all'ombra cupa delle pulsioni autodistruttive, il volto buio del narcisismo ben si collega al desiderio inconscio dell'immortalità (a cui Green dedica il saggio conclusivo del volume), in cui l'aspirazione a · contrapporsi all'idea dell'inevitabile finitezza trova nei meccanismi autodistruttivi l'ultimo appoggio alla strenua resistenza contro le pulsioni di vita. Sotto l'influsso delle pulsioni di morte il narcisismo negativo, doppio rovesciato del narcisismo positivo, tende ad abbassare la libido al grado zero aspirando alla morte psichica, invece di tendere all'unificazione dell'Io attraverso il desiderio e l'espressione delle pulsioni sessuali. Narciso, dunque, come Giano. Dopo l'introduzione della pulsione di morte il narcisismo, per Green, .non può non essere anche questo: «Ricerca del non desiderio dell'altro, dell'inesistente, del non essere, altra forma di accesso all'immortalità. L'Io non è mai tanto immortale come quando afferma di non avere più organi, di non avere più corpo» (ivi, p. 332). Nelle sue connotazioni estremistiche ed autodistruttive il narcisista tende al vuoto, all'inesistente, all'indifferenza degli affetti, alla neutralità del pensiero e della rappresentazione. Ed è qui, sullo sfondo triste di queste riflessioni, che Green avanza una seducente interpretazione del più tragico dei destini psichici, l'anoressia: «Rifiutando la dipendenza dai bisogni corporei e riducendo i suoi appetiti con una drastica inibizione l'anoressico si lascia morire» (ivi). Se sono queste le linee essenziali lungo le quali si muove Green non credo sia possibile interpretare questa proposta come una replica alle aporie del testo freudiano o come un mero completamento dei punti lasciati in sospeso. Occorre piuttosto riconoscerne, più opportunamente, l'intento di sollevare nuove, disagiose, ma sicuramente più produttive e moderne sollecitazioni.

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