Mensile di informazione culturale Giugno 1986 Numero 85 / Anno 8 Lire 5.000 •"' I 'I , . Edizioni Cooperativa Intrapresa ~U//////U//////////////////////U//U///////U/UU////t Via Caposile, 2 • 20137 Milano i I Spedizione in abbonamento postale ~ M 11 ~ gruppo 111/70• Printed in Italy ~ A • a~aan ~ ~ s1arriva ~ ~ d. i ~ pergra 1. ~- ~ . ~ ~ ~ ~ 3k ~ ~-~· ~ . Y~k~.La& ~ ~ ~w~ i i/////////..W//////////////////////////////..W////////////l Arga11cla miavita (Lea Vergine) llpens1erodiPareyson (Givone) ···.· Umaniealieni(Faboni,Mammoliti) Perniola/RovaHi/Lorenzini/Porta .. - Vasio/Ferraris/Taviani/Branzi . · Chernobyl:Scienzaepubblico (lndex) · ·. lmmagl.ni: · Wunderkammern Supplemento.CentrideldibaHito-2 · Sulconflitto/Venezia Duraselacan/Salerno ff pidirazionalità/Vicenza ., ........ • .. -·~;:,, .. .I ~~ .:·_' . •' . ;:;.. . · •... _;. - •• :_. -· -~ -· .I. • • .··-- - '•.-·' ~-~..-'· - . ,; --:~ .. ,:,, .... ·-: : _:_~ ::.;:- . .,. .
Comune di Firenze Organizzazione Mondiale dei Poeti IX Congresso mondiale . de~poeti Firenze, 27 gmgno-3 luglio 1986 Abbazia di S. Miniato al Monte Convento di S. Salvatore al Monte Palazzo Vecchio Lingue ed esperienze poetiche a confronto nell'anno di Firenze «capitale europea della cultura». Temi del Congresso: «L'invenzione dell'umano. La poesia nel Rinascimento» «Eva, Lilith. La donna e la creazione poetica» «Poesia, ragione e mistero» Introduzioni di Carlo Bo, Mario Luzi, Òsten Sjostrand Relazioni e interventi, · tra gli altri, di: John Ashbery, Carlos Gerrnan Belli, Yves Bonnefoy, Jorge Luis Borges, Josif Brodskij, Giorgio Caproni, Margherita Dalmati, Humberto Diaz-Casanueva, Odisseo Elitis, Ted Hughes, Edmond Jabès, Gérard Macé, Christoph Meckel, Czeslaw Milosz, Antonio Porta, Ghiannis Ritsos, Jon Silkin, Maria Luisa Spaziani, Ida Vitale, Andrea Zanzotto Presidente: Leopold Sedar Senghor Segretario Generale: Mimmo Morina Per informazioni rivolgersi a: Segreteria scientifica assessorato alla cultura del comune di Firenze Via Sant'Egidio 21, 50122Firenze Tel. (055) 211181 Segreteria organizzativa Studio Pubbliche Relazioni Via S. Reparata 40 50129 Firenze Tel. (055) 472806/472585 Telex 571466 REDCO I le immaginidiquestonumero Visibile e invisibile A [l'imminente Biennale di Venezia vi sarà anche una mostra dedicata alle Wunderkammern, parte della grande manifestazione sul tema Arte e scienza diretta da Maurizio Calvesi. La mostra di. Wunderkammern è curata da Adalgisa Lugli, autrice del primo libro uscito in Italia sull' argomento, intitolato Naturalia et Mirabilia. Il collezionismo enciclopedico nelle Wunderkammern d'Europa (Mazzotta Editore, Milano, 1983). Alfabeta, con le immagini che pubblica in questo numero, dà un'anticipazione del percorso della mostra che presenta «meraviglie» dall'antico, immagini di Wunderkammern, oggetti dadaisti e surrealisti, opere di artisti contemporanei. In un'intervista al Giornale dell'Arte (giugno 1986) Adalgisa Lugli ha detto che l'idea della mostra è venuta considerando che la Wunderkammer (stanza della meraviglia) è un momento centrale del rapporto Arte e scienza dal Cinquecento al Settecento. «È uno dei rarissimi episodi di storia della scienza e di storia dell'arte» ha aggiunto, «in cui arte e scienza riescono a convivere perfettamente nella collezione come due facce della stessa medaglia. Il collezionista, molto spesso uno scienziato o un principe praticante di scienza, non trovava affatto strano mettere · tuno accanto all'altro reperti di natura e oggetti d'arte». Diverso, naturalmente, il discorso dell'uso delle Wunderkammern Sommario MarioPerniola L'intermedio è sospetto (Prima delle cose ultime, di S. Kracauer; La pensée indeterminée. De la Renaissance au Romantisme, di G. Poulet; La cultura del Barocco. Analisi di una struttura storica, di J. Maravall) pagina 3 Pier Aldo Rovatti I soccombenti (Modi di pensare/4) pagina 3 RobertoBugliani L'incendiario ., (Pifetti' 1905, di A. Palazzeschi; Sulle varianti delle poesie dél primo Palazzeschi, in «Studi di filologia e letteratura» VI, 1984, di M. Carpaneto; «L'immaginazione» n. 1-2, 1985; Bibliografia degli scritti di Aldo Palazzeschi, a c. di A.G. D'Oria) pagina 4 RobertoRizzini Il nodo Vittorini (Il presente vince sempre, di R. Rodondi) pagina 5 FredianoSessi Fedeltà al fantastico (Ascensori invisibili; La nostalgia del mare; Cronache vicine e lontane; La caricatura; I giganti marini, di E. Morovich) pagine 6-7 Antonio Porta Il racconto della bellezza (Merisi, di C. Viviani) pagina 6 Niva Lorenzini Poesia e tempo (Faust. Un travestimento; Novissimum testamentum, di E. Sanguineti; li collettame, di J. Insana; La tentazione, di · P. Valduga) pagina 8 Comunicazione ai collaboratori di «Alfabeta» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) ogni articolo non dovrà superare le 6 cartelle di 2000 battute; ogni eccezione dovrà essere concordata con la direzione del giornale; in caso contrario saremo costretti a procedere a tagli; b) tutti gli arrticoli devono essere corredati da precisi e dettagliati riferimenti ai libri e/o agli eventi recensiti; nel caso dei libri occorre indicare: autore, titoda parte di artisti delle avanguardie europee di questo secolo: ha · prevalso nettamente il punto di vi-• sta delt arte e la scienza è diventata citazione del passato o è stata spostata nei domini della psicoanalisi (cfr. i surrealisti). Ma crediamo che ci sia un motivo più profondo nella trasformache ciò che veniva immaginato do-. veva essere trasformato in una realtà osservabile oppure veniva relegato nel regno delle superstizioni che le epoche prescientifiche avevano raccolto (penso al Liber mostrorum del medioevo). L'apparente divaricazione tra scienza e arte nel nostro secolo diM. Pistoletto, Specchi, 1976-78 zione delle Wunderkammern in oggetti estetici, cioè il passaggio dalla scienza del visibile a quella dell'invisibile. La scienza antica era strettamente legata ali'occhio, e il cannocchiale di Galileo ne era la protesi scientifica, appunto. AnProve d'artista Emilio Villa pagina 9 Carla Vasio pagina 10 Alberto Folin Storia minore (Storia minore, di S. Guarnieri) pagina 11 Da New York pagina 13 Letteraturedal Commonwealth pagina 13 Cfr. pagine 14-17 Testo: Argan, la mia vita Conversazione di Lea Vergine con Giulio Carlo Argan pagine 18-19 SergioGivone Pareyson, ermeneutica e tragico (Esistenza e persona; Filosofia ed esperienza religiosa in «Annuario filosofico»; La sofferenza inutile in Dostoevskij in «Giornale di metafisica»; Lo stupore della ragione in Schelling in «Romanticismo. Esistenzialismo. Antologia della libertà», di L. Pareyson) pagina 20 MaurizioFerraris Perniola in situazione (Transiti. Come si va dallo stesso allo stesso; Presa diretta. Estetica e politica, di M. Pernio/a) GianfrancoDalmasso L'etica vecchissima (De l'evasion; Dal!'esistenza ali'esistente; Totalità e infinito. Saggio sull'este{iorità; Altrimenti che essere o al di là dell'essenza, di E. Lévinas; «aut aut» n. 209-210, 1985) pagine 22-24 Fabio Polidori Che viene all'idea (Umanesimo dell'altro uomo; De Dieu qui vient à l'idée, di E. Lévinas) pagine 23-24 lo, editore (con città e data), numero di pagine e prezzo; c) gli arrticoli devono essere inviati in triplice copia; il domicilio e il codice fiscale sono indispensabili per i pezzi commissionati e per quelli dei collaboratori regolari. La maggiore ampiezza degli arrticoli o il loro carattere non recensivo sono proposti dalla direzione per scelte di lavoro e non per motivi preferenziali o 'personali. Tutti gli articoli inviati alla redazione vengono esaminati, ma laripende dal passaggio dal visibile all'invisibile, dallo sperimentabile al simulabile. Si pensi al Laser (Light amplification by simulated emission of radiations: amplificazione della luce per mezzo del/'emissione simulata di rad,iazioni) o alle FiorangelaDi Lisa Narcisismo (Narcisismo di vita, narcisismo di morte, di A. Green; li narcisismo, di N. Ciani; La dimensione amorosa, di J. L. David; Edipo e Narciso in Usa, in «Alfabeta» n. 30, 1981, di M. Fiumanò; Narcisismo americano, in «Alfaabeta>> n. 79, 1985, di A. Mangano) pagina 25 GiovanniPampanini Storiografia della Sicilia (Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, di F. Renda; Controllo sociale e criminalità, di D. Pompejano, I. Fazio, G. Raffaele) pagina 26 AntonioMinaldi Il diavolo e la Corte (li diavolo e la Corte, di B. Andreose) pagina 27 AntonioFabozzi, GianniMammoliti Transmutazione (Le metamorfosi della fantascienza, di D. Suvin; La nuova pornografia? li cinema dell'effetto make-up, in «Segnocinema» n. 21, 1986, di S. Martina! e P. Balla; Progetto Proteo, di C. Sheffield; Bloodchild, in «li meglio della fantascienza 1985», di O. Butler) pagina 28 FerdinandoTaviani La danza a Giava e a Bali (Giava-Bali. Rito e spettacolo, a c. di V. Di Bernardi e A.M. Luijdjens) pagina 29 Un professorea Hollywood Intervista di Claudio Castellacci a Stuart Kaminsky pagine 30-31 FerdinandoTaviani Critica teatrale militante pagina 30 PatriziaVicinelli Salso video film festival pagina 32 AndreaBranzi L'internazionale delle fioriere (Milano arredo!]) pagina 33 vista si compone prevalentemente di collaborazioni su commissione. Occorre in fine tenere conto che il criterio indispensabile del lavoro intellettuale per Alfabeta è l'esposizione degli argomenti-e, negli scritti recensivi, dei temi dei libri - in termini utili e evidenti per il lettore git>vaneo di livello universitario iniziale, di preparazione culturale media e non specialista. Manoscritti, disegni e fotografie non si restituiscono. Il Comitato direttivo proiezioni dei computers che rielaborano i dati inviati dall'occhio della sonda spaziale e ci mostrano · lo pseudo-oggetto che si va esplorando. Da questo punto di vista le Wunderkammern sembrano oggi relegate nella stanza dei giochi infantili e resistono soltanto come oggetti di (lttrazione. L'invisibile che mostrano può esseresolo legato all'inconscio e i surrealisti si sono dimostrati ancora una volta puntuali con le trasformazioni essenziali della nostra cultura. È solo attraverso simulazioni dell'inconscio che le nostre ansie e paure possono oggi venire rappresentate, così come il timore dello sconosciuto stimolava la creazione delle Wunderkammern degli scienziati dal cinque al settecento; era un mezzo per esorcizzare l'ignoto che si andava esplorando con· una rappresentazione anche estetica della conoscenza acquisì-· ta. Tanto è vero che uno degli animali preferiti era il coccodrillo, divenuto il più inquietante tra i simboli del Male. Nei giorni che stiamo attraversando l'invisibile ha un netto sopravvento e non sembra che riusciamo a rappresentarlo: è la nube di Chernobyl, e la Wunderkammer è diventato l'intero pianeta. E qui scatta la necessità di tornare al microcosmo dell'arte, a una Wunderkammer inedita. Una ragione di più per sottolineare l'attualità della mostra veneziana. Antonio Porta Indicedella comunicazione Appunti su Chernobyl pagine 34-35 Supplemento.Centridel dibattito 2 Venezia. Salerno. Vicenza Le immagini Visibile e invisibile di Antonio Porta In copertina: P. Picasso, Toreau, 1942 Errata corrige Nel sommario dello scorso numero (84, maggio 1986) è stata erroneamente annunciata una «Prova d'artista» di Emilio Villa a p. 9, dove invece erariprodotta un'opera di Pietro Coletta. Ci scusiamo vivamente dell'errore con i due artisti. mensile di informazione culturale della cooperativa Alfabeta · Direzione e redazione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Art director: Gianni Sassi Editing: Floriana Lipparini Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione: via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinatore tecnico: Luigi Ferran Pubblìèhe relazioni: Monica Palla Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 - Direttore responsabile: Leo Paolazzi Composizione: GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, 20139 Milano Telefono (02) 5392546 Stampa: Rotografica, viale Monte Grappa 2, Milano Distribuzione: Messaggerie Periodici ,Abbonamento annuo Lire 50.000 estero Lire 65.000 (posta ordinaria) Lire 80.000 (posta aerea) Numeri arretrati Lire 8.000 Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Conto Corrente Pmtale 15431208 Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati
Siegfried Kracauer Prima delle cose ultime prefazione di Paul Oskar Kristeller Casale Monferrato, Marietti, 1985 pp. 202 + XIV, lire 22.000 Georges Poulet La pensée indéterminée. De la Renaissance au Romantisme Paris, Puf, 1985 pp. 304, ff 145 José Antonio Maravall La cultura del Barocco. Analisi di una struttura storica introduzione di Andrea Battistini Bologna, Il Mulino, 1985 pp. 436 + XVIII, lire 36.000 lf intermedio è sospetto tanto dal punto di vista teorico quanto da quello pratico: da un lato si vede in esso il luogo deputato di una medietà tra gli opposti che la dialettica hegeliana e post-hegeliana ha completamente screditato, dall'altro esso appare come una giustificazione dell'opportunismo, del trasformismo, del filisteismo piccolo-borghese. Due secoli di filosofie radicali, che hanno, visto il motore del pensiero e dell'azione nel supe'ramento e nell'oltrepassamento, hanno creato intorno allo spazio intermedio un alone di diffidenza e di vergogna. Non si riesce più a capire che l'intermedio è stato proprio al contrario il luogo di esperienze d'eccezione, che nulla hanno avuto a che fare col senso comune e che sono state dirette spesso non all'annullamento, ma al mantenimento delle opposizioni. Dalla definizione platonica dell'Eros come intermediario tra l'umano e il divino all'entredeux di Fénelon, dalla indeterminazione di Erasmo e dalla suspension barocca dell'animo allo Zwischen holderliniano e heideggeriano, corre un cammino sotterraneo che è ancora da scoprire. Un contributo importante al pensiero dell'intermedio recano opere a prima vista lontane tra loro come l'ultimo libro di Kracauer, dedicato ad una riflessione sulla storiografia e pubblicato dopo la sua morte avvenuta nel 1966, l'ampio studio di Maravall sulla cultura barocca e la finissima antologia di Georges Poulet sul pensiero indeterminato poetico e religioso dal Rinascimento al Romanticismo. Ciò che accomuna questi testi è la considerazione dell'esperienza del disinganno come il punto di partenza di ogni meditazione sul mondo. Fintanto che considero le cose come dotate di una identità stabile resto vittima di una illusione e sono disarmato dinanzi al loro mutamento, alla loro enantiodromia, alla loro peripezia: solo quando scopro che tutto si capovolge in tutto, trovo un punto intermedio in cui posso farle tanto incontrare quanto scontrare, scorgo il luogo del loro transito. .. Scarabattolo,trompe-/'oeil, sec. XV/I La metafisica è il pensiero delle cose ultime, degli estremi; viceversa l'esperienza storica, poetica, religiosa è sempre stata attenta alle «ultime cose» trascurate da tutti. «A causa della loro generalità - scrive Kracauer - le verità filosofiche tendono ad assumere un carattere tadicale, incoraggiano le decisioni tra due alternative, sviluppano un<lpropensione all'esclusività, e si cristallizzano facilmente in dogmi» (p. 170). Sembra così che nulla di importante sia rimasto negli interstizi: oppure «tutto ciò che vi è rimasto è sminuito subito come un sincretismo eclettico, come una forma qualsiasi di compromesso». Viceversa lo storico dovrebbe sapere bene che le «ultime cose» vengono prima e sono più interessanti delle cose ultime: il suo sapere nasce dall'attenzione alla loro differenza e alla loro ripetizione. L' «aut-aut» deve essere sostituito per Kracauer da un «fianco a fiana co»: i princìpi, le dottrine, i fondamenti dal «senza nome». N on diversamente per Georges Poulet la storia della filosofia, la storia letteraria e la storia delle idee occupandosi di pensieri e di opere determinate hanno ignorato e cancellato quanto precede la determinazione, cioè il silenzio interiore che accumula in sé una potenza illimitata, tenuta in sospeso nell'attesa che qualcosa spinga in una o nell'altra direzione. Qui l'intermedio è volontà senza oggetto, indifferenza nei confronti dei contenuti concreti, perfetto equilibrio di una bilancia che può pendere ·con la stessa serenità da una parte o dall'altra, a seconda dove vorrà la volontà di Dio. «Sapete che l'acqua - scrive madame Guyon a Fénelon - prende tutti i colori, tutte le forme, tutti i gusti, perché essa non ha colore, né forma, né gusto. Soyons de méme». In queste righe si manifesta una visione tipicamente barocca del mondo. Contrariamente a quanti considerano la cultura barocca come meramente decorativa, le pagine più originali di Maravall sono appunto dedicate a spiegare come questo quietismo costituisca la premessa di una «cultura diretta», operativa, pragmatica, orientata verso l'azione. «Più che la virtù di fare il bene interessa l'arte di fare bene qualcosa» (p. 109): poco importa cosa. L'uomo barocco sarebbe dunque un «uomo del fattibile», il contrario dell'utopista e del radicale, colui che si fa nulla e nessuno per poter riuscire in qualsiasi situazione, il portatore di un sapere strategico che non può essere formulato in princìpi perché è determinato dalle circostanze specifiche, dall'occasione: «La diversità dei tempi e delle circostanze variano gli effetti delle cose uguali». Ciò PAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIP 4. I soccombenti Il All'aereoporto di Ronchi '' presso Trieste scendevano per un normale avvicendamento lavoratori italiani con un'aria normale, neanche stanca, avevano fretta di arrivare a casa e cercavano di scansare il microfono che il giornalista della televisione allungava verso di loro, mi semb;avano sinceramente stupiti, a poco più di cento chilometri dal disastro, dove lavoravano tutto normale per' loro, niente allarme o precauzioni, neanche lavare la frutta, e poi di frutta fresca lì non se ne trova, solo conservata; sì, avevano saputo al telefono, qualche giorno prima (qualche?), dai familiari in Italia, la storia dell'insalata e del latte, nessun commento, nessun segno di turbamento sulla faccia, solo voglia di tornarsene 1:1 a casa, come il solito, città o più .s g:, probabilmente paese del Friuli, il ~ bar, le famiglie, giorni di riposo, ~ senza storie, perché dopo dovran- -. no ripartire e riprendere il .lavoro, g e anche là è meglio che non ci siano -~ storie, avevano l'aria di dire, e O() scansavano il microfono, neanche ~ incuriositi; no smoke, l'incendio è spento, l'incendio forse è quasi spento, non ancora del tutto, un . . Mo~ll~!,ipensare satellite commerciale francese ha preso una foto dove non si vede fumo (però, attenzione, la grafite quando brucia non manda fumo) ma poi un altro satellite ha visto ancora del fumo, e ora sono i sovietici a dire che è sotto controllo ma non proprio domato, e se il nocciolo avesse sfondato verso il basso e il Dniepr si fosse inquinato? intanto, pensai, il pomodoro è fuori dal 'elenco, bisogna lavarlo bene, strofinandolo (con le mani? e con l'acqua?), forse bisognerebbe togliere la buccia, una fatica che non ho voglia di fare, o di concedere, se infatti si comincia anche la cosa più piccola diventerà difficilissima, e vivere un disastro, non ne ho voglia, avevo deciso; a scuola ne hanno parlato e mia figlia, quinta elementare, e di ritorno, ha voluto subito cambiarsi gli abiti e fare il bagno, meglio così, avevo pensato guardandola ma con poca convinzione, non sono poi così diverso da quelli che ho visto alla televisione, e vedendoli ho subito ironizzato che la precauzione era già stata presa sul loro cervello; stiamo imparando almeno qualche nuova parola, ora riflettevo, e almeno adesso mi immagino un picocurie o un nanocurie e mi indigno se qualcuno colpevolmente li ha confusi, e seguo le cifre, le commento con qualche amico permettendomi l'ipotesi che le cifre siano imprecise e le soglie forse stabilite in modo dubbio, e per una sola sostanza, mentre le altre sfuggite alle cifre si sono già attaccate a noi, si sa che ci vogliono anni perché si dimezzino (?), si sa anche, perché lo dicono, che i tumori si moltiplicheranno e magari si potrebbe anche sapere precisamente di quanto, ma poi si sa che tra poco, finita l'emergenza, come la Libia e il resto, non sapremo più niente o quasi, l'interesse scenderà sotto la soglia mentre le radiazioni lavoreranno in silenzio, noi vorremo stare tranquilli, senza paure, come l'aria di quei lavoratori arrivati dall'Urss, pensai attraversando la strada: eppure quando ho saputo da un amico che ha portato il figlio in campagna, presso amici, vicino a Milano, proprio adesso, mi sono indignato e l'ho detto, ma poi al bar quando ho sentito uno chiedere se il latte che veniva messo nel cappuccio era a lunga conservazione, e quando la proprietaria del bar gli ha chiesto se non aveva letto i giornali, quella mattina, che dicevano che tutto era tornato normale e che poi nessuno aveva mai proibito il lattefresco, ma lui ha insistito e allora gli hanno aggiunto il latte a lunga conservazione, e quelli che erano lì attorno avevano l'aria di dire che esagerava e facevano segni di complicità rivolti alla proprietaria (e a se stessi) e insom-" - ma avevano l'aria giusta di chi non si allarma troppo ed è furbo al punto da non lasciarsiprendere troppo dalle cose, io in definitiva ero abbastanza dalla loro parte, senza molto rifletterci su, pensai guardando le gocce di pioggia sull'impermeabile; anche se. poi, ripensandoci, quel tipo del bar aveva ragione, anch'io dovrei chiedere spiegazioni nei bar quando bevo un cappuccio, ma, adesso pensai anche, come posso fidarmi del latte a lunga conservazione se non ha scritto sopra la data di confezione, anche se assicurano che lo conf ezionano quattro mesi prima della scadenza, che invece è scritta; e fra tre, quattro mesi, calcolai, nessuno si ricorderà e_andrà a controllare, io di certo no, perché non ci fermeremmo più e ci sarebbe da controllare non solo il latte ma tutto, anche le scatole e i surgelati, e siccome il controllo non è possibile, allora bisognerebbe privarsi di tutto, o quasi, ma poi, riflettevo, non sarebbe possibile evitare l'acqua, e mi veniva in mente la notizia appena letta che anche la neve e i ghiacciai sono radioattivi, non ricordo i valori ma alti, e questa notizia mi aveva impressionato, chissà perché, più delle altre; in ogni caso, pensai accelerando un poco il passo, questo non mi aveva trattenuto dall'uscire proprio oggi, come il solito, anche se piove e la televisione dice che i venti arriveranno solo domani e dopodomani a portar via la nube che però oggi è qui sul nord del 'Italia, e la pioggia è proprio il modo migliore per aumentarne il pericolo, invisibile come la nube, e chissà poi se c'è davvero qualcosa che possa assomigliare a una nube, continuavo mentre sotto la pioggia ero quasi arrivato al tabaccaio di via Foppa, dovevano essere le dieci e mezza di domenica mattina quattro maggio, e sentivo . distintamente una strana sensazione fisica e mi sembrava fosse proprio il contatto con la pioggia, che poi era una pioggerella a gocce rade che mi dava una specie di pizzicore sulla faccia e soprattutto agli occhi». PAGIBM•AGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPAGINEDIPA
che invece continua sempre è la condizione della possibilità di ogni successo: la ricerca di una perfezione interiore intesa come «ambito incomprensibile tra l'essere e il nulla». Andrea Battistini nella sua lucida introduzione al libro di Maravali giustamente rileva che i teorici secenteschi della ragion di stato e della dissimulazione onesta sono abituati a riflettere «negli interstizi che si aprono tra accidente e sostanza, finzione e verità, fugacità illusoria dell'esistere e stabilità di · un sistema che si rafforza proprio assecondando il senso di caducità» e che essi sono estranei alla pretesa di cogliere la nuda verità, comune al Machiavelli e ali'Alfieri. Un aspetto che accomuna questi tre libri è il rifiuto della concezione prometeica dell'uomo visto come padrone e signore del mondo. Per Kracauer, l'attività storiografica richiede un «autoannullamento>>, un porsi in ascolto, una specie di «passività attiva»: lo storico è paragonabile ad uno straniero che deve Aldo Palazzeschi Difetti 1905 a c. di Fabrizio Bagatti · Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1985 pp. 124, lire 15.000 Miria Carpaneto «Sulle varianti delle poesie del primo Palazzeschi» in Studi di filologia e letteratura, VI, 1984 Università degli studi di Genova Istituto di letteratura italiana pp. 343-359 L'immaginazione, n.s., n. 1-21 gennaio-febbraio 1985 Lecce, P. Manni editore pp. 16, lire 3.000 Bibliografia degli scritti di Aldo Palazzeschi a c. di Anna Grazia D'Oria Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1982 pp. IX+113 Il Bisogna pubblicare tutto», '' soleva dire Apollinaire. E Mallarmé aveva raccomandato riguardo alle sue carte: «Bruciate tutto». Tra questi due poli sembra svolgersi il destino delle opere letterarie che nel moderno trova dimensione e ambientamento nuovi, ma le cui radici affondano in epoche remote. La Vita di Elio Donato, che dalla biografia di Svetonio. su Virgilio riprende ampiamente materiali e notizie, riporta che il poeta in punto.di morte intendesse bruciare l'Eneide, però nessuno acconsentì a dargli le cassette che custodivano il-manoscrit: to. Virgilio fu allora costretto a desistere dal suo proposito, non senza aver prima strappato a Vario e a Tucca, ai quali affidò tutte le sue carte, la promessa di non pubblicare niente che non fosse stato già pubblicato con il suo consenso. . Ciò che importa sot!glineare di questo episodio, non e tanto la disobbedienza di Vario, perpetrata del resto dietro le pressioni politiche dell'imperatore Ottaviano, quanto piuttosto la «clausola» del fuoco insita nel testamento morale di Virgilio. Ogni epoca letteraria si troya inevitabilmente a fare i conti con questo elemento primordiale" dove in gioco è una «morte cosmi- .ca»., per dire col Bachelard della lasciarsi trasportare ed accogliere dalle situazioni in cui si imbatte: «La saggezza spesso- dice un verso di Wordsworth-è più vicina quando ci abbassiamo che quando ci libriamo in volo». L'antologia di Poulet offre un'amplissima fenomenologia di questo stato di spossessamento. Ma l'esito di tali processi spirituali non è l'abbandono: al contrario - dice Maravall- il Barocco in tanto è una cultura diretta ·· in quanto è una cultura di alienazione e di possessione (p. 354). Ciò che desta sorpresa è il fatto che in questo modo di essere intermedio e indeterminato si combinano la più sottile abilità pratica in presa diretta col mondo e la familiarità con gli stati di transe e di delirio, l'esprit de finesse di un saperfare astuto che scivola tra gli impicci e le difficoltà e l'esercizio delle più complesse avventure spirituali. Si diceva a proposito di Erasmo da Rotterdam: «Nessuno ha avuto il privilegio di vedere nel suo cuore, e tuttavia esso è pieno di un contenuto eloquente». Non c'è da meravigliarsi - commenta Kracauer - che un simile uomo insieme invisibile e visibilissimo, marginale e centralissimo, venisse attaccato da tutte le parti e risultasse ambiguo e sospetto tanto ai cattolici quanto ai protestanti. E ppure la nostra età ha bisogno proprio di questi uomini interstiziali e indefinibili, perché essi sono coloro che stendono le reti, i networks attraverso cui. scorre, transita il sapere. Kracauer paragona il loro lavoro alla fotografia e al cinema: essi· aiutano a pensare attraverso le cose e non al di sopra di esse.Come la fotografia e il cinema sottopongono il reale ad un processo di trasformazione che va dallo stesso allo stesso. Perciò hanno, come il Socrate platonico, qualcosa di demonico: i demoni infatti stanno tra gli uomini e gli dei e garantiscono i loro rapporti. Ma tutelano altresì la loro differenza, impedendo che gli uomini si mescolino con gli dei. L'ostilità che suscitano è dunque a sua volta complessa: apertamente si rimprovera loro di non schierarsi, di non prendere posizione, ma occultamente sono detestati proprio perché impediscono che tutto si mescoli con tutto, proprio perché ricordano che esistono differenze incolmabili, opposizioni insormontabili, che «una cosa è la schiatta degli uomini, un'altra quella degli dei», proprio perché mostram> che ciò che viene spacciato per armonia è spesso «un concerto di sconcerti» (Gracian) e viceversa ciò che viene spacciato per opposizione è una discordia segretamente concors. «Tutto è novità in questo mondo; solo è vecchio averle»: così dice uno scrittore barocco citato da Maravall. Che l'unica novità consista ormai paradossalmente nel pre- • scindere dalla categoria del novum, sembra anche l'opinione d~ Kracauer, il quale polemizza con Croce e con Collingwood per il primato da loro attribuito al punto di vista dello s'torico rispetto alla cosa stessa, all'oscura ed opaca realtà L'incendiario Psicoanalisi del fuoco, che annulla «un intero universo» testuale (non a caso Pascoli nel suo stupendo poemetto Il ciocco paragona la scomparsa della vita sulla Terra divorata dal fuoco all'ardere e scomparire della «carta scritta con le sue parole»), mentre dall'opzione radicale tra il piombo tipografico e il rogo distruttivo che l'autore è chiamato a compiere (e sottrarre l'opera allo splendore della fiamma per consegnarla al consumo della storia e della conoscenza non è operazione che si possa compiere a cuor leggero) dipende la sorte, sempre incerta, del testo. Ma, nonostante il convincimento dell'autore sull'impubblicabilità della sua opera, spesso le sue idee si dimostrano infondate e le incompiutezze o i difetti formali, «fatte le somme», rappresentano «non più di un neo in un viso perfetto, esaltazione anziché difetto della bellezza», come scrive Rosa Calzecchi Onesti riferendosi all'incompiutezza dell'Eneide. Così se_mbra pensarla anche Genette allorché, a proposito di Flaubert, sostiene (ne,Il'articolo «Silenzi di Flaubert» compreso in Figure): «Egli stesso trovava L'éducation sentimentale esteticamente mancata, per difetto d'azione, di prospettiva, di costruzione [... ] egli sentiva come difetto Roberto Bugliani quella che è per noi la qualità maggiore». Non sappiamo se qualcosa del genere sospettasse Palazzeschi quando, cedendo all'esortazione «apollinairiana» dell'amico Falqui che lo invitava a riunire in volume le liriche «difettose» rimaste escluse dalle raccolte palazzeschiane delle Poesie per «ripubblicarle tali e quali furono scritte», diede alle stampe nel 1947 i Difetti 1905 nei quali egli ha incluso quel capolavoro che è il poemetto L'incendiario che fu da lui fortemente purgato in occasione della seconda edizione (1913) del libro omonimo lasciandone solo 36 versi «a mo' di epigrafe», come ha scritto Sanguineti. «Pubblicare tutto»: e da maestro dell'ironia qual è, Palazzeschi avverte nella nota all'edizione garzantiana dei Difetti datata luglio 1947 (e integralmente riportata nell'edizione curata da Fabrizio Bagatti) che sua prima preoccupazione nel rileggere le bozze di stampa fu di prestare la massima attenzione a che il caso non avesse fatto sparire o mutato alcun difetto, così che il lettore non ne venisse defraudato, né l'autore cedette per contro alla «satanica» tentazione di aggiungervene dei nuovi, di modo che «quelli che vi si trovano sono genuini, autentici, di assoluta sincerità», anche se, fa notare Bagatti nell' «Introduzione», egli corresse, «seppure minimamente», le poesie del libretto confondendo il lettore «con una pioggia di "difetti al quadrato"». O ra, la scelta «apollinairiana» non annulla o nega quella, opposta ma complementa- ' re, «mallarméana», giacché l'istanza del fuoco si trova nel cuore stesso dell'Incendiario e «del poeta che (gli] rende omaggio», portata da versi come questi: «Là sopra il mio banco ove nacque, / il mio libro, come per benedizione I io brucio il primo esemplare, / e guardo avido quella fiamma,/ e godo, e mi ravvivo, / e sento salirmi il calore alla testa/ come se bruciasse il mio cervello». Il fuoco brucia il libro (magari il libro come mondo, impedendone la leggibilità), il desiderio di scrivere brucia la scrittura (la quale sconta, per riprendere Bachelard, il carattere sessuale delle tendenze di quell'incendiario particolare che è il poeta), il poeta brucia l'io narrante e sfugge al rogo distruttore perché è anche qualcun altro: è lo spettatore che assiste, compromesso, allo spettacolo dell'incendio. «Vorrei scrivere soltanto per bruciare»: con questa suprema dichiarazione d'amore si conclude la strofa palazzeschiana nella quale il «contagio» della fiamma raggiunge . i suoi massimi livelli. Allora può capitare che l'ultimo desiderio dello scrittore sia appunto quello di raddoppiare la morte del proprio corpo con la morte della scrittura, disponendo che tutti i suoi manoscritti vadano in pasto alla fiamma perché la scrittura è denso alimento. Ma può anche succedere che la vita del verso non abbia termine con le sue ceneri (né, per contro, la cenere è «ciò che resta del fuoco» come crede Derrida, perlomeno del fuoco di un verso): è quanto dice Valéry attraverso questa metafora «mediatrice» densa di implicazioni concettuali: «Un bel verso rinasce indefinitamente dalle sue ceneri». E parallela all'identificazione poeta=incendiario è l'impotenza del primo («incendiario mancato», «da poesia» appunto, lo definisce Palazzeschi) rispetto al secondo, quantunque la sua azione, !'.incendio «non vero» che scrive, non sia meno «dolosa»; questione che tuttavia lasciamo nel luogo del passato: «Il futuro è il futuro del passato: la storia» (p. 5). Il passato è portatore di un messaggio importante ed elusivo che è nascosto negli interstizi, nelle pieghe di quella che passa come la strada maestra della cultura occidentale (metafisica, umanismo e scienza). L'interrogazione sul non-pensato dell'Occidente diventa così imprescindibile: questo non pensato è certo annidato nell'esperienza poetica, nella religione, nel sogno, come dice Georges Poulet. Ma forse in una misura ancor più essenziale è annidato nella quotidianità, nel saper fare, dalla sapienza pratica di decine di generazioni che si sono formate sui libri sapienziali della Bibbia e sullo stoicismo assai più che sul profetismo utopistico e sulla metafisica, che hanno considerato la prudenza come una virtù primaria, che hanno avuto più dimestichezza con le tecniche che con le astratte costruzioni scientifiche. preciso dove sorge: la poetica di un'epoca o di un autore. Al lettore che dopo aver visto «l'illecito» (Bagatti), vale a dire i difetti della sua poesia messi in piazza da Palazzeschi con sincerità e generosità, voglia conoscere quell'altro aspetto dei «difetti» celato dagli interventi correttori delle varianti, segnaliamo tra i più recenti l'interessante studio dì Miria Carpaneto che ha per oggetto il lavoro correttorio apportato dall'autore sulle poesie del primo periodo raccolte in / cavalli bianchi (1905) e Lanterna (1907). Nota la Carpaneto che l'intervento correttorio più frequente in Palazzeschi è costituito dalla «frantumazione del verso in unità di minore estensione», cosa che risponde all'esigenza, per dire con Mengaldo che ha studiato anni fa il fenomeno in un importante saggio, di introdurre misure metriche «diverse rispetto alla seriazione di misure uguali». Ma tale ridistribuzione metrica comporta «ulteriori e molteplici implicazioni» individuate dalla Carpaneto come l'isolamento di parole tematiche, di forme verbali o delle determinazioni spazio-temporali evidenziando nel contempo procedimenti allitterativi che intensificano o instaurano nel testo una trama di relazioni simmetriche, e ciò in specie nelle poesie dei Cavalli bianchi la cui struttura compositiva (la «sintassi a blocchi contrapposti») contraddistingue anche le poesie «rifiutate» e non soggette a correzione dei Difetti, caratterizzando dunque il primo · Palazzeschi. Per quanto attiene alle poesie di Lanterna il processo di revisione testuale risulta invece «meno lineare», soprattutto per la «maggiore eterogeneità della silloge»; tuttavia, le linee portanti di questa «seconda» serie di interventi testuali che interessano «in modo esclusi- ""'° vo» la sfera del significante si pos- c::s sono riassumere da un lato nell'ac- -5 ~ centuazione del clima liberty del Cl.. periodo e dall'altro nella pròduzio- 'O ~ ne, talvolta già presente nel primo -. stadio evolutivo, di «una vera e ~ propria intensificazione tonale di .?f soluzioni consapevolmente adotta- oo te in origine», mentre opera una :Q tendenza ad «allentare le maglie i.: chiuse della sintassi a blocchi giu- ~ stapposti in una struttura quasi pa- ;g_ ratattica». E, volendo dare una di- ~
rezione «storica» a tutta la revisione testuale palazzeschiana, essa converge, scrive la Carpaneto, verso l'obiettivo della caricatura, unica via possibile che consente a Palazzeschi, in quel dato clima culturale, di produrre ancora poesia. . D i Palazzeschi non si parla poi molto, almeno in relazione all'importanza che la sua opera riveste nel panorama letterario novecentesco da lui attraversato in entrambi i versanti. Ma ultimamente, grazie anche al centenario della nascita, sono incrementati Raffaella Rodondi Il presentevince sempre (Tre studi su Vittorini) Palermo, Sellerio, 1985 pp. 375, lire 30.000 D ue convegni in questa primavera, uno a Siracusa, l'altro a Milano, pongono al centro del dibattito letterario la figura e l'opera di Elio Vittorini. I vent'anni dalla morte non hanno ancora sciolto il nodo Vittorini, e si capisce. Un uomo come lui, sempre dentro gli avvenimenti, può risolversi soltanto con essi; e lo spazio è poco ancora, ancora chiusa la materia. Discutere di lui, della sua opera (non è possibile separazione), è segno che il problema è ancora vivo e stimolante ma significa anche che occorre fare i conti con la cultura del suo tempo, sollevare una serie di altri problemi che sono intricati, al fondo, con la sua produzione. Perché, scrittore e intellettuale, meglio organizzatore e inventore di iniziative culturali, Vittorini ha chiuso in sé, e strettamente compene~rate queste due figure, fondendole in misura tale da non poterle noi distinguere separatamente. Chi lo conobbe testimonia di questa impossibilità, chi lo studia attraverso le sue opere e le analisi critiche più attente non può non rendersene conto. C'è anche un altro ostacolo da superare per definire Vittorini: il suo mito. Un'analisi seria deve .isolare la figura dello scrittore al di fuori dell'alone mitico in cui spesso è stata avvolta, o si corre il rischio di non valutarne esattamente i contorni. E, d'altro canto, Vittorini è anche il suo mito. Fra i numerosi saggi dedicati all'opera dello scrittore siciliano occorre segnalare quello di Raffaella Rodondi, Il presente vince sempre, tre studi su Vittorini (Palermo, Sellerio, 1985);un libro lucido e documentato che obbliga alla rilettura dello scrittore tenendo conto delle ipotesi avanzate e delle notizie che vi sono raccolte. «Gli sforzi che vengono fatti per datare e localizzare i testi e per conoscere qualcostudi e pubblicazioni che hanno consentito una ripresa del discorso su di lui. E tra gli «omaggi» tributati alla sua figura e alla sua opera si situa anche un numero della rivista L'immaginazione che, per bocca di uno dei suoi redattori, Marcello Strazzeri, dichiara la «sotterranea affinità» tra la ricerca poetica e letteraria di Palazzeschi e quella che muove i componenti la redazione. La rivista contiene un grappolo di prose e di poesie dello scrittore nonché lettere di Ungaretti e Moretti, testimonianze di M.L. Belleli e G. Spagnoletti, interventi di L. Baldacci («Palazzeschi ·vivo») e C.A. Madrignani («Il cinema di Aldo Palazzeschi»), note ai testi palazzeschiani di F. Bagatti e L. Giannone e infine le «Aggiunte.>>di Giannone alla Bibliografia d~li scritti di Aldo Palazzeschi curata da Anna Grazia D'Oria, consistenti nella nota relativa al ritrovamento di undici scritti e due lettere compresi tra il '29 e il '66 che non figurano nel libro della D'Oria. Prefata da Mario Picchi, la Bibliografia di A. G. D'Oria costituisce uno «strumento indispensabile» (Giannone) per coloro che, studiosi o studenti, si occupano dell'opera complessiva di questo scrittore o ne intendono approfondire particolari aspetti. Sono_elencate 476 voci tra volumi, poesie, racconti, prefazioni, interviste, recensioni e prose di varia. natura che scandiscono «gli anni della sua laboriosa esistenza» (D'Oria), dal suo esordio poetico nel 1905all'anno della sua scomparsa nell'agosto 1974. Ciascuna voce è fatta seguire da una nota che ragguaglia il lettore sulla natura, l'occasione e il contenuto dello scritto o sulla composizione del libro al quale la voce si Il nodoVittorini sa dei loro autori vanno molto al di là della mera erudizione» - ha scritto Cesare Segre. «È che ci rendiamo conto che il significato dell'opera diventa più comprensibile ed eloquente se inserito nel suo contesto». La Rodondi si è posta questo compito e lo ha svolto benissimo. I tre studi di cui si compone il volume forniscono una documentazione ricca di dati su alcuni momenti fondamentali dell'esperienza letteraria e di vita dello scrittore, che ci permettono da un lato di metterne a fuoco il percorso ideologico, dalle prime giovanili esperienze alla maturità, dall'altro forniscono indicazioni precise su fatti molto spesso definiti con approssimazione o mitizzati, consentendoci una valutazione equilibrata. La Rodondi, dimostrando una sicura e ampia conoscenza della materia, e sostenendo le proprie tesi con un numero notevole di elementi probanti, ci fornisce una serie di informazioni documentarie dalle quali non sarà più possibile prescindere volendo analizzare obiettivamente l'opera di Vittorini. Il primo studio riguarda il Garofano rosso, il romanzo che ebbe più di tutti una stesura travagliata. Apparso a puntate su So/aria, la rivista soppressa manu militari dal regime, subì tagli e censure. Si disse che il regime avvertiva in quel libro, decisamente in fieri, i germi dell'opposizione politica del suo autore. Il romanzo uscì nel dopoguerra profondamente revisionato, in molte parti riscritto, e corredato da una famosissima prefazione, sorta di manifesto programmatico letterario e culturale, che alimentava la versione della contrapposizione ideologica quale causa della censura e del sequestro. La Rodondi, nel suo studio, raggiunge alla fine di un'indagine precisa e documentatissima alcuni risultati che le consentono di affermare: 1) che è destituita da ogni · fondamento la pista politica per il sequestro del romanzo, l'intervento censorio essendo dovuto a ragioni esclusivamente moralistiche; '2) Roberto Rizzini il distacco tra le due edizioni (quella di So/aria e quella di Mondadori), con le correzioni e le riscritture, definisce la maturazione e il passaggio di Vittorini attraverso il fascismo, da una prima accettazione al rifiuto; 3) sulla base dei punti 1 e 2 non è più la prefazione che funge da guida al romanzo ma è quest'ultimo (nella comparazione delle due stesure) che consente di cogliere a pieno il significato della prefazione: il Garofano rosso finisce con l'essere il «pretesto», la prefazion_e è il testo. P er quale motivo, allora, sarebbe stata avanzata da Vittorini la tesi della censura politica? Tutto fa credere, rileva la Rodondi, ·che lo scrittore volesse cancellare, anche se per un periodo non sospetto (erano quelli che De Felice ha definito «gli anni del consenso»), la militanza «fascista» che si evidenzia nella collaborazione al Bargello, settimanale del fascismo fiorentino cui Vittorini collaborò dal '31 al '36 ufficialmente e poi fino al maggio del '37 anonimamente. (È inutile dire che Vittorini avvertì sempre questo disagio. Nel 1955 firmò con Sergio Antonielli, che lo aveva materialmente scritto, i.m articolo pubblicato con titolo «Contemporary ltalian Literature» in Books Abroad. Il testo apparve su Belfagor con titolo «Schizzo del nostro '900 letterario», nel numero di novembre del 1979. In esso troviamo scritto tra l'altro: «Non si può dire che il fascismo abbia avuto sulla letteratura una influenza diretta e un effetto preciso. Tutti i migliori scrittori, non esclusi quelli che fecero formale o ufficiale atto di ossequio al regime, si mantennero poi intimamente estranei ai grossolani miti con cui il fascismo alimentò la sua propaganda». Vittorini dichi;uava dunque, non considerandosi scrittore di dubbia fede letteraria, di essere impermeabile alle influenze fasciste. L'articolo terminava proponendo alcune fra le principali A. Giacometti, Oggettospiacevole, 1929 opere degli autori citati. Per Vittorini sono segnate Conversazione in Sicilia, Uomini e no, Il Sempione: l'autore aveva cancellato la sua opera prima. A sostegno delle proprie considerazioni la Rodondi, nel terzo studio del volume che riguarda Diario in pubblico, effettua uno spoglio, come sempre accuratissimo, dei brani scelti per alcuni dei_ quali, fa notare, vengono fornite da Vittorini indicazioni bibliografich~ inesatte: e sono, quasi tutte, relative a scritti apparsi sul Bargello. Riflettendo un momento su quanto ci viene fornito dobbiamo concludere che, effettivamente, Vittorini pare animato da volontà di depistare il lettore: ma in modo abbastanza ingenuo se fornisce indicazioni che «saltano» ad una prima verifica. Quel che risulta, allo- .ra, è la volontà dello scrittore di proporre, anche negli scritti in cui si riconosce solo parzialmente, il filo di una tensione positiva. E di cancellare il resto, di metterlo nel1'ombra. Vittorini sentì sempre l'esperienza fascista come qualcosa di cui vergognarsi, di qui il suo «rimorso» per non essere stato sempre come avrebbe voluto, l'esigenza di fornire, di una parte della sua vita, un'immagine corretta, riscritta. Le cifre più evidenti in Vittorini sono l'inquietudine e la tensione, che si manifestano in un bipolarismo caratteristico che può apparire, ma non è mai, manicheo: è progressione, dialettica in movimento alla ricerca di «una» verità, intuita . ma da verificare: «Questo esattamente è cultura: la linea avanzata raggiunta nella ricerca della verità ai fini della liberazione umana». Una linea che continuamente si sposta e che impone nuove prospettive, ricerche, inquietudini. E le sue opere, quasi mai concluse, riflettono il senso del confronto continuo con le cose, la verifica tra un paradigma presentito (la sua conoscenza «mitica» dei fatti) e il reale mutevole con cui è costretto a misurarsi. riferisce, mentre tre appendici danno notizia delle opere inedite _' giacenti nel «fondo Palazzeschi» dell'Università di Firenze, delle opere tradotte in altre lingue e delle lettere sia pubblicate in carteggi sia sparse in riviste e volumi. Insomma, ciò che emerge da queste letture sul primo Palazzeschi, sui suoi «difetti» poetici e sui suoi versi riusciti, è la rara sua dote di coniugare la comicità del saltimbanco con la tragica sorte dell'incendiario, avventura estrema che la gabbia conclude o inizia. e al~i.no, con fel~ce i_ntuiz~one cntica, constato nei suoi romanzi la presenza costante di. tre categorie: «Ogni romanzo di Vittorini ha come forma mitica quella del viaggio, come formastilistica quella del dialogo, come forma concettuale quella dell'utopia», che sono anche il suo modo di essere (in movimento, in confronto, in tensione) un viaggiatore alla ricerca di «una» verità. Essere depositario di una tradizione non gli basta se non riesce a verificarla e renderla viva. Credo che Vittorini, che piegava i testi degli altri alle proprie esigenze, senza sforzo si sia ritrovato nell'affermazione di Pavese: «Avere unà tradizione è meno che nulla, è solo cercandola che si può viverla». L'inquietudine di .Vittorini è davvero la molla che lo spinge a muoversi, a cercare, a scrivere (impiegando anche materiali linguistici diversi nel tentativo di trovare lo strumento più affilato, più idoneo a testimoniare la sua presenza): a identificare furori concreti che possano allontanare quelli astratti. Anche il più sprovveduto lettore vittoriniano identifica lo scrittore con quel suo sintagma caratteristico, «gli astratti furori». La Rodondi, nel saggiocentrale del suo volume, forse il più interessante, ne cerca una definizione attraverso un originale percorso d'indagine. Scopre, frugando nel Bargello, «i lacerti di un libro di cultura vichiana», Del progresso civile come religione; il testo è siglato Omicron. Un'analisi tematica e stilistica la porta ragionevolmente a concludere che si tratta di un testo di Vittorini (e che sono da attribuire a lui gli altri scritti a stessa firma): ipotesi suffragata, poi, da una verifica testuale da Diario in pubblico. Una lettera di Vittorini a Silvio Guarnieri conferma inoltre che non si tratta di un progetto ma di un testo realmente scritto e concluso, anche se l'autore avverte l'amico che intende revisionarlo. Il testo preso in esame e quelli, sul medesimo tema, che lo seguono nei nume-
ri successividel Bargello segnano il passaggio, secondo la Rodondi, «tra l 'engagement corporativo e il futuro impegno democratico». Tutti questi testi, sicuramente dello scrittore, non sono firmati, per esteso o in sigla, da Vittorini, ma sono contrassegnati da pseudonimi: Omicron, Abulfeda, Bellarmino; e, nota la Rodondi, non è detto che un'ulteriore indagine non ne possa individuare altri con diverso pseudonimo. La fase della collaborazione con pseudonimi è quella successiva all'allontanamento dal Pnf (secondo Vittorini) o alle sue dimissioni (secondo Bilenchi. Al quale si deve il più felice ritratto umano di Vittorini, apparso prima sulle pagine de Il Ponte, nn. 7-8 del 1973, poi in Amici, Einaudi) .. L'analisi della Rodondi sposta gli «astratti furori» dal piano esclusivamente esistenziale a quello letterario (finendo quindi, in certo senso, col saldare strettamente l'uomo e lo scrittore), identificandoli nel manipolo di scritti che separano il Garofano rosso da Conversazione in Sicilia. Storicizza un sintagma famoso ma ambiguamente interpretato, «per ridare una valenza anche specifica (e interna sia alla riflessione di Vittorini sul mestiere di scrittore sia al suo laboratorio creativo) a una locuzione per lo più interpretata in modo univoco come geniale metafora di una condizione psicologico-esistenziale». La Rodondi identifica nella modalità di espressione la vera valenza degli «astratti furori» (con un esplicito riferimento ad alcuni passi delle pagine di Americana), nello «stile». Secondo il critico a Vittorini non bastano i contenuti o la tensione che li sottende: «È dunque la codificazione formale, l'organizzazione stilistica che decide della vitalità o meno di una proposta culturale, che ne determina l'incidenza pragmatica». L'inizio di Conversazione in Sicilia («Io ero, quell'inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch'erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto») diviene al- !ora, per la Rodondi, un manifèsto programmatico nel quale Vittorini nega l'esperienza anche letteraria degli anni '36-'37; il romanzo è il segno dichiarato di una scelta letteraria ed esistenziale. Difficile catturare Vittorini. Un'opera diseguale per risultati non gli può certo rendere pienamente giustizia, ed una critica solo su di essa finisce con l'essere parziale, ingenerosa: perché Vittorini non si esaurisce solo nella sua opera letteraria ma vale anche in ciò che ha dato come inventore di cultura, come presenza, segno di contraddizione e di impegno. Quando ha sbagliato era in prima linea, non si negava mai: l'unico appunto che si può muovere al bel libro della Rodondi riguarda la severità con cui sembra bollare certi sotterfugi dello scrittore, che sono, tutto sommato, peccati veniali. Vittorini è un uomo, per fortuna, non un monumento. Il libro della Rodondi è un testo serio, per un'analisi specifica, specialistica. Per il lettore comune resta ancora il Vittorini mitico: gli «astratti furori», per un lettort; giovane, si caricano sempre ancora della valenza mitico-esistenziale che Vittorini è riuscito ad infondervi. Tolto dalla storia, nella quale è doveroso e onesto, per lo studioso, collocarlo, il sintagma mantiene intatta la carica emotiva che anticipa e prepara la ricerca, il viaggio, il mito e l'utopia. Fedeltàal fantastico Enrico Morovich Ascensori invisibili Genova, Unimedia, 1980 pp. 59, lire 10.000 La nostalgia del mare Genova, Unimedia, 1981 pp. 89, lire 10.000 Cronache vicine e lontane Genova, San Marco dei Giustiniani, 1981 pp. 60, lire 4.000 La caricatura Genova, Lanterna Prismatica, 1983 pp. 95, lire 8.000 I giganti marini Genova, Unimedia, 1984 pp. 110, lire 10.000 V i sono molti mondi possibili: di questo Enrico Morovich pare essere convinto. E solo una sottile, quasi impercettibile faglia trasparente, divide ancora il nostro mondo quotidiano da tutti gli altri universi. Ma l'altro mondo, gli altri luoghi di vivenza, per Morovich, non sono certo surrogati, proiezioni o protesi religiose del nostro pianeta; non c'è in questa convinzione presente, forse, da sempre nello scrittore fiumano, un desiderio di allontanare da sé la sofferenza della morte, con la certezza che l'altra vita pur esiste. Non si tratta, dunque, di rintracciare in questa idea un'antica credenza animistica o un'attuale, anche se soggettiva, fede etico-morale; tra un mondo e l'altro, infatti, c'è immediata intercomunicabilità, Frediano Sessi non si prevede la necessità del trapasso. Semmai, come l'astrologo e l'alchimista, convinti dell'esistenza di altre vite, di altre potenze sempre invocate e cercate, Morovich prova una sorta di nostalgia; nostalgia che si tramuta spesso in un senso, quasi incalzante, di essere qui ed ora sempre provvisori, in terra d'esilio, impossibilitati e incapaci di far attecchire le proprie radici al suolo, alla solidità della terra, alle certezze dell'esistenza. L'altro mondo, gli altri universi sono già qui, accanto a questo che noi chiamiamo reale; pronti a se- .gnalarci, se fosse necessario, la provvisorietà della nostra condizione, la precarietà dei luoghi d'esistenza. Forse, sono solo l'immagine speculare, il riflesso, non sempre rovesciato, della terra; ma è certo che essi vivono di vita autonoma e come l'Ade dei nostri antichi avi, sono regolati da leggi proprie. Così che tra la terra, che a volte ci àncora a sé come prigione, terra d'esilio, e gli altri mondi esiste solo una vicinanza senza confini, ben definiti. Nessun rapporto di superiorità o di inferiorità dei terrestri rispetto alle ombre, agli animali parlanti, ai giganti e agli esseri che abitano !'altrove; da questa vicinanza-lontananza non deriverà alcun cambiamento, alcuna trasformazione radicale della vita sulla terra. Semmai, all'inizio, quando l'idea di questa presenza si fa scrittura, linguaggio (cfr. per esempio Racconti a righe corte, Genova 1977), traspare un lieve senso di solitudine, perché la fessu11· raccontdoellabellezza Antonio Porta ra che pur separa i mondi sembrerebbe indicare la necessità di una partenza, e per legame quasi logico di una .lontananza: «Se un giorno lo incontrerò nel mondo I a lui già noto ed a me ancora ignoto/ lo abbraccerò e spero sarò perdonato». Una lontananza sottolineata dal senso del non-conosciuto, dell'ignoto, che pur non spaventa; la vertigine del buio, del fondo, della caduta vorticosa verso il basso (verso l'alto?) di nicciana memoria, pare essere per il Morovich di questi racconti unico strumento di conoscenza. In fondo, anche in «un .mondo che non si sa» si possono riconoscere volti amici, vecchi insegnanti maltrattati in gioventù. E a noi pare che proprio questo mondo «che non si sa», ancora ignoto e, forse, sempre inconoscibile, sia anEl il momento di rovesciare brerà troppo irresponsabile dire Se dunque la poesia è linguaggio santi / ai donatori e Jacopo ha la- abbandono ali' Amore vittorioso· un luogo comune. Non è che il destino della psicoanalisi è polisegnico per eccellenza e agisce sciato / questa predella tanto che del Caravaggio, o cambio nome ai più la psicoanalisi che ana- legato strettamente a quello dell'ar- quale moltiplicatore delle «ambi- portasse I nei secoli dei secoli l'or- meriggi, o attraverso di Narciso i lizza la letteratura, da cui anche ha te, cioè allaforma dei propri enun- guità» che si celano nel linguaggio nato / del busto e della chioma co- sorrisi, o dico sì alle rime? Per preso origine, come è noto, ma è la ciati, non allo svelamento del sen- quotidiano della comunicazione me allora / la ricca gioventù si •è questa via si riallacciano i fili che letteratura che si impegna in una so definitivo. Il racconto resta po- semplice, la sua forma non può es- messa in posa/ segno della virtù, tu collegano questo libro a Piumana, rilettura della psicoanalisi a parti- lisenso come quello dell'arte e le sere determinata dal criterio dello l'hai abbracciata/ nel sogno dei co- altro vocabolo «onnisignificante»; re da una convinzione che diventa ragioni di una scelta in una dire- svelamento ma da quello che il rac- lori d'ogni cosa»; e laseconda: «da- ma per la stessa via l'autore di Mesempre più forte: che il racconto zione interpretativa anziché in conto esigeper trovare, e stabilire, me e damine luci e villanelle / si risi mostra come si possa raggiunfreudiano sia orientato non solo o un'altra non sono legate alla cer- le proprie leggi. Il racconto della fanno intorno a lei lungo la siepe/ e gere l'equilibrio tra seduzione e non tanto da criteri di verità in sen- tezza del vero ma a quella molto poesia insegue la forma che intrav- siede l'agghindata e quando s'alza/ senso e come questo equilibrio so scientista (e/o positivista) ma più personale e «privata» del gu- vede come compiuta, godibile, se- sorprende le fedeli e segue un lam- prefigura una salvezza possibile, piuttosto dal principio della sedu- sto, a un'immagine di bellezza in- ducente: se dice la verità vi riesce po; I mentre si fa il bagliore c'in- al di là degli usuali annunci di morzione. La bellezza, come fine del seguita. solo in virtù di se stessa, della rag- contrammo / oscuri portantini». te (morte del secolo, morte del seracconto analitico, è un filtro po- Ho avuto già modo di ricordare, giunta bellezza. Il lettore attento avrà subito no- condo millennio, morte dell'Occitente, e decide che cosa giova o in altra sede, che in poesia non esi- Già nell'Amore delle parti, /' o- tato la rima gioventù/virtù e anche dente, morte, morte... ecc., ecc... ). nuoce al racconto stesso. ste significato che non sia separa- pera che precede direttamente Me- l'aggettivo «ricca» riferito appunto Se la poesia è stata e può ancora In uno dei resoconti delle ormai bile dalla sua forma, e allora deb- risi, Cesare Viviani aveva mostra- a gioventù. E nella seconda un'ac- essere coscienza critica del presenfamose riunioni del mercoledì bo trarne la conseguenza che non to chiaramente che la sua scelta è centuazione alla Watteau della sce- te, presagio della fine, nostalgia (Nunberg e Federn, Dibattiti della esiste significato che non abbia le raccontare senza svelare, senza fis- · na, da cui il poeta (uno degli oscuri delle origini, e molte altre cose, a società psicoanalitica di Vienna, sue radici nella forma. La forma è sare univocamente l'esperienza del portantini) resta fuori, abbagliato, me par certo, adesso, che il lin1906-1908, Boringhieri, Torino per l'appunto una scelta, una ri- racconto. Il racconto di Viviani ma anche abbagliatore (nei con- guaggio poetico debba prefigurare 1973) che Mario Lavagetto ha avu- sposta a un progetto, la conclusio- non è un frutto diretto della perce- fronti del lettore). Ci si rende an- il futuro, debba disegnarne il moto il merito di sondare con gli stru- ne di un disegno che prima di esse- zione del vissuto ma il racconto di che conto del perché di certi sospet- dello di bellezza, ascoltando le simenti della critica letteraria (Freud re portato a termine non aveva un un racconto che è frutto dell'analisi ti di «neo-classicismo», avanzati rene della seduzione. Si corre il pela letteratura e altro, Einaudi, To- senso. Così l'analisi psicoanaliti- psicoanalitica e di quel «buco ne- da qualcuno, per la più recente ricalo di essere annullati dal sisterino 1985), possiamo leggere di ca, che se venisse letta al livello di ro» della narrazione che è il sogno. poesia di Viviani. ma dei consumi? Sì, è evidente. Adler che afferma: «Lo spirito resoconto stenografico o di regi- Ora la poesia di Viviani non è Inutile nasconderselo: il perico- Ma la poesia non è un'assicuraziocreatore sarebbe inibito se troppe strazione «fedele» resterebbe palu- più diretta a mettere in luce le frat- lo insito in quello che mi piace ne contro i rischi e gli infortuni. "° cose divenissero coscienti»; e Hel- de informale-infernale senza signi-· ture del linguaggio, a sottolineare i chiamare «progetto di bellezza» è Mille dubbi, mille incertezze, ma .s ler: «Lo scrittore non potrà più ser- ficato, come l'infinita orizzontali- vuoti e le afasie dell'analisi, come proprio questo, di rinunciare a lo sguardo non può essereperenne- ~ virsi dell'incesto, quando le nozio- tà dell'esistenza, dove il senso vie- accadeva in L'ostrabismo cara o in qualsiasi lama critica in favore del- mente volto a quel pieno illusorio c:i.. ni inconsce saranno portate in pie- ne pute trovato dallo stile capace Piumana, ma a individuare e a far la seduzione dell'estetica. Il puro che chiamiamo passato per paura ~ na luce e quando, di conseguenza, di esprimerne i valori identificati. interagire gli elementi linguistici suono al posto del puro senso. Ma di quel vuoto reale che diciamo ~ la colpa tragica verrà dissipata»; e «Ma non si doveva discorrere di che possano ricomporsi in un qua- va detto che se la scommessa è no- «futuro». i:: ~ Otto Rank: «L'arte morirebbe se poesia?», <chiederàa questo punto dro che obbedisce non alla logica tevole e irta di difficoltà, la posta .biJ l'inconscio divenisse conscio». il lettore, forse sorpreso dal pream- di un significato restrittivo ma a in gioco è straordinariamente al- Cfr. ~ Ora, se ci azzardiamo in un salto bolo. Chiedo venia, ma il pream- quella della seduzione, cioè della lettante: far coincidere puro suono Cesare Viviani ~ un po' acrobatico e raggiungiamo bolo mi è stato suggerito proprio bellezza. e puro senso. Come nel titolo del Merisi S la convinzione ultima di Freud sul- dall'opera di poesia di cui desidero Leggiamo due poesie di Merisi: libro, appunto: Merisi. Milano, Mondadori, 1986 i l'infinibilità dell'analisi, non sem- parlare, Merisi, di Cesare Viviani, «che corre dal suo viso la fede ai Merisi: ho forse riso di me, o mi pp. 128, lire 20.000 ~ L-----------------------------------------------------------------------------1<::S
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