la loro pubblicazione sulla rivista venisse rifiutata dalla maggioranza. Da Tel Quel, a cui era legato fin dall'inizio del 1960, mi sono poi staccato nel 1971per ragioni personali e politiche strettamente le- .gate. Nel 1970 mi ero iscritto al Pcf (dal quale sono poi uscito nel '78 per le stesse ragioni per cui mi ero iscritto). Durante questi nove anni, anche per mancanza se si può dire così di una vita mia intima privata, per quanto riguarda il romanzo non ho fatto altro che terminare il terzo volume di Ouverture ( e rinunciare alla sua continuazione come avevo previsto di fare). Anche perché allora mi interessava molto di più scrivere pagine sciolte. Devo alla rivista Digraphe l'aver scritto nel '78n9 L'Amérique roman: dove passavo, ritornando di nuovo, dal «romanzo come autobiografia» all'«autobiografia come romanzo» e, se si vuole (anche se questi termini non sono i più giusti), da una letteratura «non figurativa» a una letteratura «figurativa». Attualmente lavoro proprio nell'intento di realizzare questa terza fase. Ho l'idea di scrivere due romanzi, il primo (che forse ho appena terminato) che riunisce o sovrappone circa una decina di storie, dove passo da un telefono a un sogno, da una fotografia a un romanzo poliziesco, da una morte a un suicidio, dalla piccola cronaca a una donna, e così via, in tutti i sensi, in modo da arrivare, spero, alla fine a una specie di figura unica e molto precisa, il risultato dell'insieme di tutto{,_, Il secondo, molto più ambizioso, dovrebbe raccontare del mio ritorno in America del Nord passando dallo stretto di Bering. Questo Retour riprenderebbe in modo particolare certi temi dell'Amérique roman e anche certi di un Journal (scritto nel '79 e pubblicato nell'84), ma già l'Amérique roman riprendeva (chiarendoli) alcuni scritti pubblicati precedentemente (comprese certe pagine dell'ultimo volume dell'Ouverture). E sia per l'uno che per l'altro (che inoltre in diversi modi e più volte s'incrociano) ho anche a disposizione parecchio materiale già più volte utilizzato sia su giornali o riviste, sia per interventi alla radio. Insomma, al contrario di ciò che mi capitava ai tempi della Cérémonie o delle Ouverture, -mi troverò davanti al problema non più della pagina bianca ma a quello della pagina scritta (e pubblicata). Non so se riuscirò a risolverlo. Questo programma è senza dubbio anche dovuto (oltre che alla mia attuale età) al fatto che l'avanguardia letteraria in Francia si è rotta (sciolta) all'inizio degli anni 70, e che il nostro orizzonte politico non è più quello che era negli anni della mia formazione. Ciò che scrivo adesso vorrebbe essere contemporaneamente un testo e il suo contesto. Questi libri sono, da soli, i loro propri «editori». Dico questo nel sens.<Y che non ho più l'opportunità /di scrivere, o di voler scrivere, al riparo, sotto la protezione di un qualsiasi movimento letterario, di un qualsiasi partito, su un tessuto culturale forte e solido che oggi non esiste più o che c'è, ma diversamente. Se riesco a finire questi due romanzi a cui sto lavorando, riuscirò forse ad avere chiuso per sempre con il romanzo: per scrivere per il teatro (come sto già facendo), e per terminare dei lavori di cui sarò il solo responsabile, partendo da altri lavori (già parzialmente pubblicati e usati, anch'essi) su Agatha Christie, su Alexandre Dumas, sulla Vandea (mio paese natale, nel senso proprio del termine) e su Gramsci. L'attività critica Maurice Nadeau D efinizione. Riflessione su un testo, uno scrittore, un'opera, un movimento, un'epoca che lascia una traccia scritta. Ciò che differenzia un critico da un lettore ordinario. Il critico è uno scrittore, lui stesso sottomesso alla critica. Diverse specie di critica: basata sulle epoche, sui generi, sulla scrittura stessa, sulla creazione: Auerbach (mimesi), Bachtin (Dostoevskij), Blanchot, Poulet, Genette, Todorov fondata su un sistema, o che dà origine a un sistema critico marxista (Lukacs, Benjamin) althusseriana (Macherey) sociologica (Bourdieu) strutturalista (Genette) psicanalitica varianti: Bachelard Sartre (Baudelaire, Genet, Flaubert, Situation) cosiddetta critica «d'umore» o impressionista (Léautaud) critici filosofi (Heidegger), universitari (critica erudita), giornalisti. La mia esperienza personale di critico giornalista. Benché abbia pubblitato opere su un movimento (il surrealismo), sull'evoluzione di un genere (il roRestando sempre la stessa persona, il critico giornalista si adatta e adatta i suoi strumenti. Esempi: è possibile rendersi conto delle opere di Miche! Butor dal punto di vista marxista, psicanalitico, strutturalista, ma l'approccio migliore è la comprensione della tecnica da lui usata. In altre parole, a me come giornalista e a me che non scrivo secondo uno schema o un sistema, è l'autore stesso a fornirmi il mezzo, il punto di vista per avvicinarlo. Posizione del critico giornalista. Parla a nome del pubblico. Sainte-Beuve: «Il critico è l'avvocato del pubblico». Parla a nome dell'autore. Perciò non è né l'autore né il pubblico. Sta su piani diversi tra l'autore e il pubblico. Più vicino all'autore quando lo commenta e vuole esporne le intenzioni, definire il progetto, più vicino al pubblico quando formula impressioni e giudizi. È un intermediario. E come ogni intermediario ha un ruolo utile nella comunicazione che facilita e un ruolo parassitario (nella misura in cui cerca di sostituirsi all'autore). Come giustifica il suo ruolo? Rifiutare i travestimenti: non è né giudice divino né predicatore né profeta, benché abbia la tentazione di essere tutt'e tre, e spesso conAl critico frenante opporre il critico propagandista. Ogni buona critica termina con un «devi (leggere)», «bisogna (leggere)». Questo scritto non è stato letto da Nadeau al Colloquio, pur accettando che esso fosse fotocopiato per la circolazione; c'è stata una discrezione di lui; abbiamo tradotto il testo breve. Per colpire un chiodo Maria Corti O ggi siamo in un'epoca in cui facilmente si giudicano i libri per il gran parlare che con vari mezzi si fa di loro e non per quello che sono. È molto importante non cadere anche qui in questo trabocchetto della cultura tecnologica. Detto questo, va aggiunto che parlare di un proprio libro è operazione che può dare disagio a qualcuno; a me, per esempio, lo dà. Cercherò quindi di offrire elementi di riflessione che possano risultare validi a un livello generale. La cosa dovrebbe riuscirmi in quanto la mia attività si è sempre svolta su due piani: narrativo e teorico-critico. Condizione che mi consente di mettere a confronto il fare scrittorio quale lo sente lo AJUH.lTJfE..A Tll V X. Id., Il Colosseo come ottava meraviglia, incisione, 1572 manzo francese nel dopoguerra), su uno scrittore (Flaubert), mi considero un giornalista. Cioè legato all'attualità quotidiana, e perciò tenuto a reagire ad essa all'istante stesso. Concernono questa mia attività~- critica: la direzione di una rivista letteraria l'attività di editore. Due criteri: la scelta la scoperta. La caratteristica dell'attualità è l'e,volversi. Dottrine e movimenti, scuole, gruppi, riviste. Esistenzialismo, letteratura militante, strutturalismo, Nouveau Roman, ritorno al soggetto ... Come può un critico, che fondamentalmente rimane la stessa persona, seguire l'attualità? Servendosi degli strumenti che gli vengono dati dai movimenti delle idee: interrogandosi sulla creazione politica e romanzesca (Heidegger, Blanchot) riservando maggior attenzione ai testi (strutturalismo) facendo considerazioni sulla tecnica (Nouveau Roman). temporaneamente stare il più vicino possibile all'autore, all'opera di cui segnala le vie d'accesso a un pubblico ostile o indifferente appoggiare e difendere quelle opere che rispondono alla propria jdea della letteratura, della leggibilità dell'opera. La mia concezione? Rigorosa. Esclude le opere di puro divertimento, anche se il divertimento può avere caratteri estetici, che le rendono perfettamente accettabili. Vorrebbe considerare le opere contemporaneamente nel loro impatto sul lettore e nel progetto dell'autore. Un'opera riuscita non è solo un progetto riuscito, ma una comunicazione riuscita. Questa comunicazione ha un fine: agire sul lettore, sulla sua sensibilità, sulla comprensione di se stesso e del mondo. Essa gli apre nuovi orizzonti, e al limite, pensa di arrivare a trasformarlo. Gide: ogni opera che vale non deve lasciare il lettore come l'ha trovato. Scoprire queste opere, farle conoscere, difenderle, creare per esse un più vasto pubblico capace di riceverle. scrittore e quale lo vede il critico. La differenza può essere, a seconda, minima o abissale. Un dato che si ricava in genere dal proprio concreto lavoro inventivo è questo: non si capirà mai bene il perché, ma è certo che, mentre nella fase avantestuale, di progettazione di un'opera narrativa è possibile, anche se non necessario, che la razionalità dell'autore sug-- gerisca elementi.strutturali o di impianto, nella fase vera della composizione è l'opera che detta a poco a poco e sempre più la sua volontà all'autore (l'immagine della volontà dell'opera risale a Wagner). Posso in questo senso utilizzare come exemplum la mia recente esperienza personale riferibile alla stesura di un libro creativo che è in corso di stampa da Bompiani. Si dice, in genere, che io sia abbastanza specialista di generi letterari, dei loro processi di creazione, sviluppo, recupero, simbiosi eccetera nel corso della storia letteraria. Ebbene, quando ho finito di scrivere questo libro narrativo e mi è venuto di domandarmi «ma a che genere letterario appartiene?», onestamente non sono stata in grado di rispondere. Nella fase avantestuale ero partita dall'idea di scrivere una sorta di taccuino americano di viaggio, genere dalla lunga tradizione, in cui trasferissi quanto di interessante o di conturbante mi era capitato di vedere, incontrare, sentire e capire in diversi mesi trascorsi nell'America di Nord Est, dal New England giù sino a Philadelphia. Come spesso accade in questi casi, ero profondamente incerta fra la prima e la terza persona. Una volta optato per la terza, si presentava ancora la scelta fra il punto di vista di una voce narrante o i punti di vista di più di un personaggio in simbiosi con quello della voce narrante, che creassero sguardi multipli sul reale, significazioneper così dire polifonica. Con tutte le conseguenze stilistiche della scelta. È chiaro che, una volta impostasi con prepotenza quest'ultima via, il genere letterario del taccuino o delle memorie di viaggio·andò completamente a fondo e io non seppi più che cosa ne sarebbe venuto fuori. Romanzo? Non propriamente. Insieme di racconti? Nemmeno. Mi resi conto che talora una realtà letteraria si spiega meglio con un modello analogico assunto da un'altra arte che con le codificazioni del sistema letterario. Nel mio caso, per esempio, funzionava il modello analogico della pittura: immaginiamo una galleria di quadri di un pittore, in cui ogni dipinto vorrebbe prenderti nella sua rete: una natura morta, un paesaggio, un ritratto di amanti, la prima sala, no, la penultima. Non si sa bene se è con gli occhi, con la ragione o con l'istinto che a un certo momento si coglie una sequenza generale in cui a un quadro segue l'altro e, mentre si cammina per la galleria, sembra necessario e inevitabile trovare quadri che si trovano. U na riflessione generale che ne ricaverei proprio in un periodo come il nostro di agguerrita teorizzazione critica e di straordinaria ricchezza metodologica, fenomeno ormai mondiale, è questa: il narrato, come del testo il vissuto, continua a costruirsi da sé, del tutto indifferente a quello che noi ne pensiamo. Il supremo orgoglio del vero critico dovrebbe essere, e lo è stato per grandi critici come Spitzer, Thibaudet o Wilson, quello di risvegliare nel lettori, al di là delle metodologie d'approccio usate, la nozione di estraneità del testo a qualsiasi scandaglio onnicomprensivo. Se la critica è una forma di amore per il testo, deve accettare dell'amore le caratteristiche fondamentali, che non si sviluppano certo sul versante della razionalità. La difficoltà cui sopra accennai di dare la marca di un genere letterario specifico al mio testo è fenomeno che si ripete per molti altri testi d'oggi, il che è riprova della difficoltà di collegarli e fare storia letteraria strettamente contemporanea coi criteri e le codificazioni del passato anche prossimo. Ogni cosa diversa ci limita al primo momento, perché non ci sentiamo all'altezza di decodificarla; il noto ci •lascia in pace invece. Sono queste due diverse ·realtà a farci cadere a volte in contraddizione, quasi non potessimo sfuggire a una lettura simile, per così dire, a un amore odio. Nella sua ultima intervista, rilasciata ad Autografo ( ottobre 1985) Calvino, nel fare il punto sulla letteratura italiana d'oggi, dopo aver giustamente riconosciuto una predominanza della poesia in versi sulla prosa, individua nella narrativa un predominio, a livello artistiGQ naturalmente, del racconto e di altri tipi di scrittura inventiva sul tradizionale romanzo, dominante quest'ultimo ancora a livellodi cultura di massa. Inoltre riconosce
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