Alfabeta - anno VIII - n. 84 - maggio 1986

S e uno dei problemi del romanzo moderno è di svegliare nel lettore il desiderio di continuare, di avanzare nella lettura, e di produrre con mezzi diversi da quelli dell'attesa narrativa gli effetti di trascinamento che spingono il lettore a voltare le pagine con entusiasmo, credo che le frasi-paesaggio indichino soluzioni. Il mito della chiarezza e della concisione francesi ha fatto dimenticare l'esistenza di questo fondo molto antico della nostra lingua che definisce ugualmente bene la sua genialità particolare e il rigore ordinato e immediatamente evidente a cui lo si riduce sovente. La frase-paesaggio mi pare che possa da sola attirare l'attenzione affascinata data di solito alle combinazioni dell'intreccio narrativo. E la meccanica dei suoi concatenamenti, la precisione degli incastri, la tensione delle attese che tiene in sospeso e la soddisfazione delle attese soddisfatte procurata al lettore camminatore che cerca e scopre il punto da cui la confusione diventa ordine, tutto questo non equivale esattamente alle qualità richieste al testo narrativo? • Appuntidi volo su appuntidi volo Biancamaria Frabotta S e non si soffre di mal d'aria in volo si può scrivere facilmente. Infatti l'apparente immobilità dell'aeromobile, dovuta alla sua grande velocità, consente di scrivere senza troppi inciampi meccanici. Bastano: un taccuino maneggevole e non troppo ingombrante (considerata la ristrettezza dello spazio utile di cui si dispone); una penna che non sbavi, non necessariamente indelebile; la disposizione a far collimare la tendenziale acronia del volo con la scorciatoia di un nuovo tipo di giornale di bordo: l'appunto di volo. Se si escludono gli sbalzi dovuti ai vuoti d'aria, psicologicamente addomesticabili, la sospensione «aerea» promette insieme leggerezza e implacabilità direzionale. La geometria del volo, a noi inafferrabile se non mentalmente, come grafico del nostro movimento, ci trasporta nell'astrazione di un percorso puramente bidimensionale: verticale e orizzontale. Ancora una volta si può usare il volo come metafora illecita così come nel 1982usai come metafora illecita: il rumore bianco o il random flight delle particelle liberamente fluttuanti in un elemento con un alto grado di entropia. La verticalità, qualità eminente della dimensione simbolica del volo, è in realtà confinata, come dismisura, eccesso, dislivello di qualità, solo aì due traumatici ma rapidi momenti del decollo e dell'atterraggio. L'altezza da raggiungere, apparente meta dell'ascensione, non è affatto una meta. Non è cioè un fine in sé, ma permette all'apparecchio di entrare nel regno più azzurro e pacato dalla pura orizzontalità e durarvi fino al momento senza pari più delicato e rischioso: il rientro a terra e approdo. È nella orizzontalità che avviene il viaggio e vero e proprio: l'apparente immobilità del movimento che, in una illusoria istantaneità (quella con la quale ogni avanguardia è da sempre in ingenua concorrenza e competizione) copre una «distanza reale» in un «tempo reale» che a noi appaiono, come la bidimensionalità del volo, puramente immaginari. Lo spostamento del nostro corpo, costretto sul sedile a una perenne smentita della sua corporeità, nella sua proiezione simbolica è più simile all'astrazione del percorso che al percorso stesso. Insomma il grafico del viaggio (una traiettoria di punti coperti in un dato tempo da un asterisco luminoso) è più reale del viaggio. Gli appunti di volo sono più reali del volo. Questa scoperta non potrà non essere appuntata .. Tutti in volo si adoperano ad attuare una strategia difensiva, o meglio evasiva da ciò che la struttura stessa dello strumento di volo (struttura chiusa quant'altro mai) implica con chiarezza: l'impossibilità di fuga nel caso di échec. Tutto: IT)angiare,bere, dormire, leggere, scrivere, nel caso flirtare (l'intera dinamica verbale che un tempo il laico viaggio di terra o di mare e il cristiano viaggio d'aria garantivano alla poesia epica) tutto ciò, oggi in aereo e domani nell'ancor più stretto abitacolo aerospaziale, è finalizzato a fingere una impossibile evasione dall'ossessivo, anche se subliminare, assillo «reale»: la catastrofe, la realizzazione di quel crollo di cui la verticalità del decollo e dell'atterraggio è solo l'icòna. Il timor panico può essere tenuto a bada solo con la simulazione di una calma che sarà il nostro unico sistema difensivo di fronte alle trasformazioni tutt'altro che rassicuranti :, •' ~:- • ·- - - del viaggio come itinerarium cordis. Nel volo che simula gli stadi del viaggiodella vita, nel volo che promette o morte certa o, in caso di fortunato esito, lo spostamento dell'attenzionedalfinealmezzo,la, probabilità sostituisce la prova, la resistenza alla claustrofobia la pau- • ra dell'ignoto, l'acroniaalla fantasia del tempo. Non è necessaria la • calma. Basta la sua simulazione. Questo è il senso degli appunti di volo: sostituire alla simulazione della distrazione la simulazione della calma ridando così senso alla strategia dell'appunto, prudente, provvisoria ma stoicamente determinata. Il random flight sembrava, nel corso degli anni Settanta, assicurare la nuova leggerezza del grado zero della scrittura. Una nuova innocenza, candidamente intrisa di ironica malizia, proveniva dal rumore di fondo che si levava a contestare, nel linguaggio coralmente spianato dei movimenti di massa, la necessità di dover a tutti i costi elevare alla ennesima potenza la scrittura artistica. Dall'inizio degli anni Ottanta il recupero dello stile, lasciato cadere spontaneamente dai nuovi scriventi e, provocatoriamente, dagli scrittori di sempre, sembra promettere una ipercompensazione nei confronti dei danni provocati dall'incremento selvaggio dell'entropia e un riflusso dell'ascolto sociale della poesia ancora più cocente dopo le illusioni di una . sperata nuova attenzione. Tanto più si irrobustiranqo lo stile e la sua retorica quanto più le condizioni di volo assomiglieranno a quelle descritte. Meglio, credo, la simulata calma di una sintassi che ricominci a compitare l'allegoria del volo piuttosto che subirne il.ferreo «realistico» ricatto. Il problemadel controllo Lucette Finas R icorrere alla nozione di ostinazione dice già abbastanza chiaramente che dall'inizio il nostro sistema di lettura ha come fondamento il lavoro: al punto che ]}.A»YLON:IS' xv Jl:t. stare l'attenzione su tutta la superficie dello scritto. Uno dei postulati di questo modo di fare consiste nell'affermare che i rapporti di un testo non operano soltanto all'interno. di una categoria riconosciuta (sintattica, semantica, grafico-fonica) ma trascendono le categorie istituite. Per esempio: una certa unità fonetica riceve dalla sintassi all'interno della quale sta una valore tematico di riflesso di cui sarebbe sprovvista in un'altra struttura sintattica, e che, d'altra parte, non esiste di per sé. Reciprocamente il valore acquistato in quel modo può avere un effetto sull'elaborazione del senso. Si tratta in questo caso di un'influenza, nell'accezione quasi etimologica del termine, del testo su se stesso, tramite se stesso, in se stesso. Come effetto della maggior attenzione per arrivare ad un avvicinamento sistematico del testo, anche la sequenza a prima vista più trasparente, quella facilmente riconducibile ad un unico senso, può rivelarsi invece la più incerta. È il caso, uno tra altri cento in Madame Edwarda, della frase: «Seul des Id., Le mura di Babilonia ·e i giardini di Semiramide, incisione, 1572 il lavoro non è solo ·richiesto per applicare il metodo ed esteriormente ad esso, ma è addirittura nella sua stessa costituzione. Il carattere immediatamente soggettivo della nozione di accanimento suggerisce, in secondo luogo, che non viene trascurato il problema, -èosì importante e ·delicato, della •partecipazione del soggetto lettore alla lettura, •e delle modalità di, questa partecipazione. • • È possibile concepire un metodo che viene deciso a partire da un accanimento, e su cosa è diretto allora l'accanimento? Sul testo come tale. S'intende cioè: sul testo una volta che c'è, e considerato indipendentemente dalle condizioni storiche (biografiche, sociali, economiche, politiche, ecc.) alle quali altri tipi di analisi potrebbero collegarlo. Nel nostro caso, prendendo in considerazione il testo per ciò che è come tale, invece di provocare lo stupore del lettore o confinarlo in uno stato di godimento passivo, l'accanimento lo porta a spohommes à passer le néant de cette arche!» (il solo tra gli uomini a passare il nulla di quest'arca) dove la polisemia· della parola «arche», con i suoi numerosi substrati lessi~ cali e culturali, o si annulla con «néant» (il nulla) oppure l'annulla. Dove· per <<passerle néant» si intende passarlo, evitarlo, od oltrepassarlo. Dove «seul des hommes» lascia da parte, con la sua subdola imprecisione, il narratore che invece dovrebbe indicare. Per capire questi effetti bisogna soffermarsi. E allora la lettura considerata da tutti i punti di vista, la presenza del lettore - e della sua lettura - in ogni momento, la più mobile vigilanza, sono dunque accompagnati da un ritardo, da una lentezza, che confinano con la fissazione. Ogni cosa diventa un ostacolo al passaggio scorrevole del senso, e non c'è più nulla che funzioni da sé. Questa generalizzazione dell'interdipendenza delle funzioni e delle categorie dello scritto, e la dilatazione della lettura che ne consegue, è stata chiamata eccesso. L'analisi porta a una sensibilizzazione del testo considerato, messo così in risonanza (sia in senso proprio che· figurato) non soltanto con se stesso, all'interno dei suoi limiti ufficiali, ma a poco a poco con il corpus, la materia dalla quale è preso, e con gli insieme che esorbitano dal corpus stesso. Analisi teoricamente senza fine. Con ripercussioni là dove si riflette il gioco della lingua, e anche, se ne è il caso, delle lingue-del testo. Un verso e un frammento di verso di Mallarmé possono servire per spiegare il principio di questa lettura: «Tel qu'en lui-meme enfin l'eternité le change» dove è possibile leggere il ritorno a sé violento del testo nei suoi spostamenti e nel suo accumularsi, e «Telle loin» dove i termini dell'analogia più spinta, più lontana sono gli stessi, dove il testo progredisce in modo indefinito verso un altro sé. Una simile dilatazione della lettura comporta, con tutta la propria forza, -il problema del controllo. Anzitutto questo controllo non può essere-esterno all'opera, sem- :-~-~~~-. .. - ' ì - . -_ - a - •_:.. 2$ç:;. ~~ •• - l-~--- __ -~,~ - ~ .... , - ~,=,· pre che il metodo usato per decifrarla non intervenga, non abbia inizio da un'altra riva, luogo, frontiera, terra, diversi da quelli considerati nell'opera. In particolare, nessuna disciplina, scienza o parascienza quali la filosofia, la linguistica, la psicanalisi, la cui vicinanza al testo letterario è evidente, è chiamata direttamente in aiuto. Il nostro modo di procedere non considera i concetti filosoficilinguistici psicanalitici come istanze di decisione, legiferanti. Al contrario, tende a sottolineare la specificità del testo letterario e, cosa capitale secondo noi, la possibilità, nel caso di uno scritto abbastanza studiato e che lavori esso stesso di per sé, di far nascere questi concetti. Avviene in questi casi proprio un'inversione di capacità dove non è - come nel caso della psicocritica e in altre applicazioni più o meno problematiche della psicanalisi - questa parascienza a chiarire il testo letterario, ma, al contrario, è il testo letterario, se sufficientemen-

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