L'amnistiadel1986 11 tabù amnistia politica è infranto per merito del presidente della Repubblica, Francesco Cossiga (democristiano e firmatario di una delle leggi che più hanno caratterizzato la c.d. emergenza, il d.l. n. 625 del 1979). La qµestione è di grande importanza. Su di essa, però, dato anche il silenzio che l'ha circondata negli anni scorsi, è riscontrabile una scarsa informazione, quanto a caratteristiche tecniche ed a condizioni politiche nelle quali è possibile. Pare perciò opportuno tornare sulla questione (dopo il mio «Prima o poi (o mai)», in Alfabeta del marzo 1984). Qualche precisazione L'amnistia è argomento troppo tecnico giuridico per i politici e troppo politico per i giuristi, con le çonseguenze che sono immaginabili. Al suo interno, poi, vi sono una serie di distinzioni che lo rendono ancora più complesso. Per cominciare si può ricordare che l'amnistia è di solito accompagnata da un indulto, che è· uno sconto· o una commutazione della pena (per esempio dall'ergastolo alla pena di trenta anni di reclusione o meno), mentre l'amnistia è una causa di estinzione del reato o di cessazione della condanna. L'indulto ha minori implicazioni di principio, ma è di grande efficacia pratica. Nel '53, per esempio, i partiti, divisi sull'amnistia politica, raggiunsero un accordo su un sostanzioso indulto che portò alla scarcerazione di circa dodicimila detenuti politici nei soli primi quattro mesi di applicazione. Le amnistie e gli indulti possono avere vari oggetti. Possono infatti essere concessi per reati politici o per reati comuni. L'unico tipo che ha applicazione generalizzata nella quasi totalità degli ordinamenti giuridici occidentali è l'amnistia politica o per fatti in vario modo politici. Quella per reati comuni (genere nel quale l'Italia eccelle) è un rimedio considerato arretrato e tipico di sistemi giuridici caratterizzati da una eccessiva rigidità nella determinazione e nella esecuzione della pena. In passato con le amnistie routinarie si evitava infatti di far scontare il residuo di pene carcerarie senza alternative possibili oppure si evitava l'esecuzione di pene che, causa le lungaggini del processo, non erano ancora diventate definitive. Ma la pena ed ii' carcere hanno perso parte della loro rigidità, per effetto della riforma carceraria e delle possibili alternative alla carcerazione cautelare (arresti domiciliari ecc.), mentre il processo per i reati pretorili, che poi sono la maggior parte di quelli amnistiati, è diventato più celebre per effetto della riforma del 1984(tanto che in alcuni casi, se non viene concessa la libertà provvisoria, la stessa possibilità di proporre appello risulta vanificata dal fatto che la pena è già stata scontata). È per questi motivi che i provvedimenti di amnistia per i reati comuni, dei quali l'ultimo è del 1981, hanno effetti sempre più ridotti sul carcere. Ed è per questi motivi che gli interventi per una effettiva riduzione dell'intervento penai~ in questa fascia di reati dovrebbero essere di tipo diverso (depenalizzazioni, riduzioni di pene ecc.). Al contrario, sul fatto che le amnistie politiche siano mezzo appropriato per risolvere situazioni di passata conflittualità politica e sociale sono un po' tutti e da per tutto d'accordo. La discussione si svolge invece sui criteri, di maggiore o minore larghezza, per individuare i presupposti della sua concessione: è necessario che vi sia stata guerra civile? e che cosa è «guerra civile»? o è sufficiente che si sia trattato di forme «non comuni» di conflittualità sociale? Trattandosi di un giudizio di stretta opportunità politica le circostanze e le valutazioni possono essere le più varie. In generale si può comunque dire che sono contrari all'amnistia politica coloro i quali considerano l'ordinamento giuridico come un sistema chiuso. ed autosufficiente oppure, tra gli opposti al potere, quelli che ritengono a portata di mano radicali sovvertimenti degli assetti giuridici e sociali oppure coloro che da un certo sistema politico non accettano benefici (per motivi etico-politiAmedeo Santosuosso ci o perché prevedono che si verificheranno quei sovvertimenti visti sopra). Sono inoltre di solito contrari i magistrati, i quali vedono nelle amnistie (anche politiche) una vanificazione delle inchieste condotte. ... L'amnistia nel 1986 L'esperienza storica mostra comunque che ogni amnistia costituisca il frutto di un peculiare intreccio tra elementi politici e giuridici, di continuità e di rottura ecc., che è necessario valutare caso per caso. Tanto per cominciare l'amnistia dell'86 avrebbe la particolarità di essere stata di fatto promossa e sollecitata dal presidente della Repubblica, fatto mai accaduto nella esperienza precedente. È infatti dell'estate 1985 la prima notizia di un'attenzione e disponibilità presidenziale sull'argomento. La notizia fu subito smentita, ma è da ritenere che avesse qualche fondamento, a giudicare dagli sviluppi che vi sono stati. Il passo successivo è costituito dalla dichiarazione di febbraio: «Come cittadino e come capo dello Stato comprendo bene che, avvicinandosi il 40' anniversario della Repubblica, si pensi da parte delle forze politiche e culturali all'adozione dell'amnistia e dell'indulto come strumenti per registrare, pur senza abbassare la guardia, la sconfitta polica, anche se purtroppo non militare, del terrorismo; si cerchi, insomma, con grande prudenza, di uscire moralmente e politicamente dal concetto di emergenza» (vedi i quotidiani del 21/2/86). Si tratta di un «intervento politico» di grande rilevanza, tanto che lo stesso Cossiga deve successivamente precisare come il potere di concessione dell'amnistia e dell'indulto sia, in prima battuta, di competenza del Parlamento che approva una legge di delega al presidente della Repubblica. Il contenuto della dichiarazione è calibratissimo. In primo luogo Cossiga dichiara (primo politico di alto livello a farlo) finita «moralmente e politicamente» l'emergenza. Come capo dello Stato riafferma così la continuità dell'apparato statale e richiama gli altri organi e poteri dello Stato al rispetto della costituzione (che, sia detto per inciso, non prevede sospensioni dei diritti fondamentali per effetto di situazioni di emergenza). Nell'uso recente i discorsi sull'emergenza sono in bilico tra realtà (la indiscutibile fine di una certa fase della violenza politica in Italia) e simulazione ( rimettere al «suo» posto chi - magistratura, Partito comunista ecc. - invocando l'emergenza aveva sconfinato rispetto all'assetto politico ed istituzionale precedente). Il presidente si avvale di entrambe le sfumature. Così se gli interventi sul Consiglio superiore della magistratura si muovono più nel campo che, per brevità, si può definire simulatorio, le iniziative sull'amnistia hanno un'impronta realistica. In secondo luogo Cossiga, dichiarata finita l'emergenza, afferma l'opportunità di provvedimenti che riguardino i detenuti ed i reati politici (sulla scia di alcune elaborazioni della Corte costituzionale) e indica come mezzi idonei quelli tradizionali, ed unici legittimi costituzionalmente, dell'amnistia e dell'indulto. In questo modo richiama anche la procedura costituzionale per la concessione dell'indulto (art. 73), procedura che non può essere «di fatto» elusa attraverso il ricorso ad una legge ordinaria, che sarebbe perciò incostituzionale (come sembra essere nel testo di legge sulla dissociazione così come approvato dalla commissione giustizia del Senato il 3 aprile: vedi il manifesto del 4/4/86). In terzo luogo esclude ogni riferimento alla necessità di atteggiamenti soggettivi autocritici o di dissociazione dei singoli destinatari del provvedimento. Sulla base delle indicazioni del presidente della Repubblica il discorso sembrerebbe incanalato su binari corretti, ma non è così. Il dibattito successivo infatti, riprendendo orientamenti maturati già dopo l'estate '85 in ambienti politici romani, si sposta immedi_ata-. mente su un'amnistia generale, per comuni e per politici (in tal senso si muoveva tra l'altro anche la proposta di legge n. 3294 presentata il 20/11/85alla Camera da Democrazia proletaria). Tutti sanno quanto sia poco efficace l'amnistia per i reati comuni (per i motivi che abbiamo visto sopra), ma, non di meno, i commenti e le prese di posizione ricalcano i vecchi temi. Parlano spesso di carceri che scoppiano, di carichi di lavoro della magistratura ecc. Tanto che, in qualche caso, ro- •vesciando completamente i termini del discorso, ci si chiede se è il caso di estendere l'amnistia anche ai politici e si arriva a leggere su qualche giornale di quel «monstrum» giuridico e politico che sarebbe «l'amnistia per i soli dissociati» (cosa che • non è arrivata a fare nemmeno la Polonia di Jaruzelski, anche per l'intervento del papa).· È a questo punto che, persi o quasi per la strada i politici-sovversivi, di cui aveva parlato Cossiga, spuntano fuori i politici-politici. Tra espressioni di sdegno («vergogna») e di cauta disponibilità (alcuni reati sì, altri no) si fa strada la considerazione «realistica» sencondo la quale è necessario far qualcosa per quel 60% di amministratori pubblici sotto processo penale o che ha ricevuto almeno una comunicazione giudiziaria. Evidentemente, anche se in diversa misura, tutti i partiti sono coinvolti e sono quindi interessati a che qualsiasi amnistia, di riconciliazione per il quarantennale o meno, abbia comunque tra i destinatari il numero più alto possibile di questi «politici». La questione si pone nell'86 con modalità particolari. Non era stato così nel '68, quando furono amnistiati i soli reati politico-sindacali. Nè era stato così nel '70 , quando nell'amnistia sollecitata dal Psi per i soli incriminati per i fatti del '69 la proposta di introdurre i corrotti fu avanzata e posta come pregiudiziale dalla sola Dc .. L'amnistia dell'86 invece parte dai politici-sovversivi e ritorna rapidamente ai politici-politici. Certo per i primi vi potranno essere delle disposizioni che, oltre a cancellare le pendenze minori e/o per soli fatti associativi, abbiano un significato ed un'efficacia politica di rilievo, come sarebbe, per esemMAI E~T/\'.ITCl mt3Tli\Nl.:ìS1M.t. L\' 1)0\'IC i Xliii Vt:IU Bu.ti l>\'(,NJ'i. l_,\l,\f,INt: l'f.TRO l.rnun COM' t:T [Q:J>tc_TORE ...-... ~ " -...~, .;.lli,·;-..,,~il:.11~-Q_;.._ IIAS J>RIMl'l'I.\.)' S\U J\'OICRJ'i. CU,t:lH'lUI.JMO 1lt:1 l:\'.L\'1TC ~)l\SEQVt:.._TI.\Sll-11; l)IC.\I" ,,_. _.,.,._. ~ ._ .. #o> • IV '-' Pietro Liberi e Domenico Rossetti, Ponte dei pugni «Venetiarum pugillatus», incisione 1676. Venezia, Museo Civico Correr
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