Conversazion1e967 conDuchamp Amico di Duchamp, Man Ray, Max Emst, nato nel 1901, Robert Lebel è morto il 28febbraio di quest'anno. Critico e storico dell'arte (era in particolare un conoscitore dell'arte italiana, olandese e francese tra il Cinquecento .e il Novecento), poeta e romanziere (tra i suoi romanzi, Chantagede la beauté, con una prefazione di André Breton), aveva dedicato numerose monografie a autori come Leonardo da Vinci, René Magritte, Marcel Duchamp, e proprio dal suo secondo studio su Duchamp, (Marce/ Duchamp, Paris, ·Belfond, 1985) è tratta l'intervista che qui pubblichiamo. Robert Lebel. Mio caro Marce/, la cosa più preziosa che ci avete trasmesso è la vostra libertà. Sapete e fate sapere di non dover spiegazioni a nessuno. Non ve ne chiederò ma la curiosità che mi ispirate è così forte chef orse mi perdonerete se cerco di capire perché, dopo esser stato un «rifiutato» poi, per lungo tempo, un «rifiutatore», siete oggi piuttosto propenso ad «accettare». In voi, inutile dirlo, non si coglie traccia di rassegnazione, di lassismi o di compiacimento. Ma non credo che vi si possa definire «saggio» visto che non avete certo rinunciato al cinismo e che il desiderio di autopunizione è ancora ben presente in voi. Non finite mai di stuapire i vostri amici smentendo continuamente il vostro passato artistico. L'ultima sorpresa viene dagli Entretiens, appena pubblicati da Pierre Cabanne, in cui parete persona semplice, trasparente, costantemente divertita e sognante, «burlona» e alla mano, in perfetta sintonia con gli abituali frequentatori dei teatri o delle gallerie di Parigi. Nessun problema, nessuna ombra, nessuna segreta intenzione. Gianfranco Baruchello, il nipote di New York e di Roma, in un articolo apparso su La ' Quinzaine littéraire, ha definito gli Entretiens «sullo stesso tono di un'intervista a Jacques Anquetil, tra i trofei e le maglie gialle che ornano il suo castello». Cosapotete dire in proposito? Marce[Duchamp. Le conversazioni di questo tipo sono, per definizione, disimpegnate. Sono destinate a un pubblico che le legge come si «scorre» Match. Tuttavia, alle volte, vi si possono trovare ricordi o repliche di una certa importanza. Per questo ho tentato l'esperimento. Lebel. Ciò che più colpisce negli Entretiens è l'insofferenza che dimostrate verso le interpretazioni etiche, intellettuali'o trascendentali della vostriropera e della vostra persona. Di Apollinaire, che vi indicò come il possibile conciliatore «traArte e Popolo» dite sdegnosamente: «Ne ha dette tante». E non siete certo più tenero con André Breton che tanto si impegnò per consolidare il vostro «mito». Qualche critica a lui andrebbe eliminata, con profitto, dagli Entretiens, e qualcuna vi è certo sfuggita visto che, di solito, la vostra regola è di non rileggere e di dimenticare rapidamente i testi che vi riguardano. Vi ricorderò io una frase di Breton tratta dal Phare de la Mariée, pubblicato nel 1935: «L'originalità è oggi strettamente leg~taalla rarità. Sotto questo aspetto l'atteggiamento di Duchamp, il solo completamente intransigente, nonostante le sue ovvie precauzioni umane, resta, per i poeti e pittori più consapevoli che l'avvicinano, oggetto di confusione e di invidia». Approvate sempre questa definizione o siete pronto a ripudiarla? Credete che sia il risultato di un malinteso? Pensate ancora che André Breton, innalzandovi sugli scudi surrealisti, abbia attentato alla vostra libertà di «respiratore»? È per smentire i vostri biografi troppo esaltati o troppo «rispettosi» che avete iniziato questa disoccultazione sarcastica di cui volete fare il vostro ultimo capolavoro? 1K t .t ~ J t J. ~ 1 i p 38 ~----- t • «Non penso che il mio lavoro abbia importanza» e infine dichiarate di non credere in nulla e tantomeno in voi. Si sta intanto pubblicando, in edizione di gran lusso a New York, la Boite bianche intitolata: A l'infinitif e composta di facsimili di note manoscritte che risalgono al 1910-1920: è un supplemento della vostra Boite verte del 1934 che conferma l'estrema complessità del vostro pensiero a quel tempo. Se aveste perso ogni interesse per quelle idee avreste certo distrutto queste note invece di conservarle per trenta o quarant'anni, o avreste rifiutato la pubblicazione anziché seguirla, come avete fatto, personalmente. Ammettete nono- ,. --- L' I I i I Tt ·11 I I I I \ i ---------- I. spiegazione esclusivamente umoristica possa ricordare Lautréamont quando dai Chants de Maldoror, rifiutati dall'editore, passò alle Poésies dove si corresse «aggiungendovi un po' di speranza»? Non era forse, per Lautréamont come per voi, urgente nascondere, col ricorso sistematico al sarcasmo, la pesante umiliazione subita dall'artista? Non c'era forse, in questo breve momento di smarrimento del Jeune homme triste, la chiave del vostro ulteriore distacco, della vostra «ironia affermativa» e pure, eventualmente, della buffonata degli Entretiens che coincidono, non dimentichiamolo, con le vostre prime esposizioni nei musei di Rouen e Parigi, tardiva riparazione, alla vigilia del vostro ottantesimo compleanno, del- /' affronto del 1912? Duchamp. In realtà il bordo nero del Jeune homme triste mi è servito soprattutto per inquadrare la tela e per darle proporzione, ma riconosco che l'incidente del Nu descendant un escalier agli Indépendants mi ha portato, senza cheme ne rendessi immediatamente conto, a una revisione completa dei mieivalori. Il suo parallelo tra il mio caso e quello di Lautréamont, malgrado inevitabili differenze, mi pare sostenibile, anche se non ci avevo mai pens~to. N R. V Lebel. Può sembrare assurdo che, dopo av.ervi dedicato un volumi- ------r• noso saggio nel 1959, io sia ancora · · · I· qui a farmi tante domande su di ., voi ma doipo il 1960 c'è stata un'e- . r _,, voluzione nel vostro atteggiamen- ~,ipA',(fflJJ$1?4:AW1;,'//Al~~Oii to. Nel maggio del 1960, in occaPantografo«epipedografico», incisione.In Scheiner, Pantographice sione di una piccola mostra in una libreria di Stoccolma, Ulf Linde e P.O. Ultved eseguirono, di propria iniziativa, delle repliche della Roue de Bicyclette e di Fresh Widow. L'anno seguente, alla mostra del «Movimento» a Amsterdam, fu esposta una copia della Rotative plaque-verre eseguita da Magnus Wibom, P. O. Ultvedt e K. G. Hultèn e una ricostruzione della Porte du 11, rue Larrey di K.G. Hultèn e Daniel Spoerri. Avreste potuto accogliere questi omaggi senza eccessivi entusiasmi, come già era avvenuto per la Rrose Sélavy di Robert Desnos che affermava di essere in comunicazione telepatica con voi attraverso l'oceano, ma, al contrario, vi siete precipitato a Stoccolma per aiutare Ulf Linde a terminare la copia del Grand Verre eper firmarla. Avete considerato questi gesti dei vostri ammiratori delle «gradite richieste»? Lo giureremmo, e forse vi hanno come sollevato dal compito di «produrre». Sorprendete ancoraper le vostre capacità creative ma, a poco a poco, vi limiterete certamente a «lasciarfare». Ciò che in un altro sembrerebbe una rinuncia è per voi una liberazione. È esatto? Se così fosse, il vostro ritratto «clownesco» che appare sulla copertina degli Entretiens, a condizione che·l'abbiate scelto voi, assumerebbe pieno significato «istrionico». Duchamp. Vi dirò subito che non mi hanno consultato prima di mettere sulla copertina degli Entretiens un mio ritratto così «Footit». Gli Entretiens sono stati scritti molto prima della morte di Breton e oggi, se mi avessero consultato prima della pubblicazione, avrei certamente espunto quelle frasi sgarbate. Ho sempre dichiarato di provare per Breton una grande riconoscenza, fu il solo, tempo fa, a comprendermi e a rivelarmi a me stesso. Non ripudio nulla di ciò ch'egli ha scritto su di me ma, in altri scrittori - come Apollinaire per esempio - diffido di quella ampollosità letteraria che passa per traduzione fedele dell'immagine. La pittura è un linguaggio a sé e non dovrebbe aver bisogno di letterati per poter essere compreso. C'è troppa tolleranza nei pittori. Lebel. Chiunque sia il responsabile, questo ritratto contribuisce a marcare il significato degli Entretiens: svalutare l'artista e, soprattutto, svalutare l'artista che è in voi. Questa tendenza non è certo nuova, ma nuova in voi è l'insistenza ad escludere ogni implicazione «cerebrale» nei vostri lavori di cui, come per il Grand Verre, riconoscete solo l'aspetto artigianale e tecnico. Di deprezzamento in deprezzamento giungete a dire: stante l'apparente limpidezza degli Entretiens che il vostro comportamento è alquanto enigmatico? Duchamp. L'arte non ha scusebiologiche. Non è che un piccologioco tra gli uomini di ogni tempo: che dipingono, guardano, ammirano, criticano, scambiano e cambiano. È uno sfogo per il loro bisogno costante di decidere tra il bene e il male. Avrei dovuto, secondo logica, distruggere le mie note, ma la logicanon è biologica, ci si perde in un dedalo di conclusioni illogiche per arrivare ad un «serialismo» irrazionale. Lebel. Dichiarate negli Entretiens: «Non ho mai avuto grandi dolori, tristezza, nevrastenia» e spiegate il Jeune homme triste dans un train, dipinto alla fine del 1911,«<Co«ldivertente gioco di parole: triste, treno». «Il giovane è triste perché c'è il treno che viene appresso», precisate. «"Tr" è molto importante.» Ma se ammettete almeno di aver rappresentato voi stesso, solo nello scompartimento, mentre viaggiate da Parigi a Rouen dove vostro padre era notaio in pensione, non spiegate il perché della tela bordata di nero e di un certo tono di condoglianza. Dato che il Jeune homme triste è un abbozzo del Nu descendant un escalier che fu ritirato dal Sa/on des Indépendants nel marzo del 1912, su richiesta dei vostri amici pittori e dei vostri due fratelli (e avete confessato a M. Cabanne che l'incidente vi ha un po' guastato il sangue), non pensate che la vostra Duchamp. Ho autenticato queste prime copie appena ne ho sentito parlare. Era necessario dunque che confermassero le mie attese. Sono sempre stato disturbato dall'unicità espressa dall'opera d'arte e così ho colto in quelle proposte l'occasione di uscire da questo impasse e di restitu•re ai ready-made la libertà di ripetizione che avevano perduto. Lebel. Dopo questa prima volta, avete lanciato anche altri satelliti. Nuove repliche di ready-made, realizzate da Ulf Linde col vostro consenso e subito esposte a Stoccolma nel 1963, hanno finalmente raggiunto, al Moderna Museet, le copie precedenti, tranne la Porte, distrutta nello smontaggio del/'esposizione di Amsterdam. Tutte queste riproduzioni si possono considerare omaggi platonici visto che non ne avete ricavato nulla oltre alla comprensibile soddisfazione di veder sorgere in Europa una «copia» del Museo di Filadelfia, che ospita gran parte dei vostri «originali». A commercializzare queste repliche ci ha pensato, diii-· gentemente, Arturo Schwarz pubblicando, su vostro consenso, nel 1964, quattordici serie di Readymades, ecc. in otto esemplari numerati. Si direbbe che la serie supplementare fuori commercio destinata a voi (e una toccò pure a Schwarz) vi sia proprio piaciuta .. visto che è tutt'ora esposta nel vostro studio di Neuilly. Duchamp. Effettivamente sono molto soddisfatto della cura quasi fanatica con cui Schwarz riprodusse i ready-made. La Roue de bicyclette è una qualsiasi ruota di bicicletta con una forcella storta. Sèhwarz si è dato la pena di far copiare dalla vecchia fotografia la forcella dritta. Se questi ready-made ritornassero ·agalla, dopo esser stati nascosti per quaranta o cinquant'anni, non avrei nulla in contrario che se ne facessero delle edizioni - quasi si trattasse di sculture - come è successo per la Por-· te-bouteilles riprodotta proprio come scultura nel libro di Mme Giedion-Welcker. Lebel. Avrete certamente notato che, mentre le prime copie di Ulf Linde sono più estetizzanti e «raffinate» degli originali, quelle di Schwarz sono artisticamente spoglie ed esprimono la massima freddezza. Queste ultime sembrano rispondere affermativamente alla domanda che vi poneste in una nota della Boite bianche: «Sipuò fare un'opera senza fare "arte"?» Duchamp. La vostra constatazione è esatta. Non ho contribuito alla realizzazione della serie di Stoccolma ma mi sono occupato di quella di Milano al punto di darle il «viasi stampi». L'ho vegliata, credetemi. Lebel. Non ignorate certo le polemiche suscitate dalla relativaproli- ! erazione dei vostri ready-made. Le copie, quelle fatte o approvate da voi, non hanno superato la dozzina in trent'anni. Dovevano restare rare combattendo il concetto di rarità? Il dubbio è lecito, credo, anche per l'ambiguità di certe annotazioni della Boite verte, quella in cui dichiarate di voler «limitare ~ il numero dei ready-made in un an- c:::s .s no» e quella relativa all'«aspetto ~ esemplare del ready-made». Il gu- Cl.. sto della sfumatura linguistica è ~ troppo vivo in voi perché l'ambi- ....... guità di quest'ultima nota sia ca- .9 gg sua/e. La formula · è ambivalente ~ dato che laparola «esemplare»può esser presa come aggettivo e signi- ~ ficare «che serve da esempio», ma i.:: può anche esser considerata so- ~ stantivo col senso di «oggetto di Ì tipo comune». Vi segnalo che voi ~
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