Alfabeta - anno VIII - n. 84 - maggio 1986

Mensile di informazione culturale Maggio 1986 Numero 84 I Anno 8 Lire 5.000 lntentioledoris(Eco) . Amnistia1986 (Santosuosso) Capatti/Corti Hluminati/Fusini Ferraris/Boarini Barilli t Edizioni Cooperativa Intrapresa W//////H/////////////////H/U///////////////UUU/////~ Via Caposile, 2 • 20137 Milano ~ i Spedizione in abbona.mento postale i A M 11 i gruppo 111/70• Printed in I!aly ~- • a~aafl ~ I s1arriva I i d. ~ ~ pergra 1. ~ i i i ~ i i i ~ ~ Yk ~ i-i ~ y.~~ ~ I !:ktd Wk4- i 0 ~ Ju//////////////////U//H/////H///U//H////U/H/H///~ • Giornalei garanzie - (Arbasino) \ ' \ - '. . • -~1 .. ~- ·,,_ Mies vanderRohe (DalCo) Colloquiofral1céS'ietaliano Roma,13-15dicembre1985 <,..•,· ...- deBellefeuilleC, amuSC, olletteC, orti,FauchereauF,inas, ·1ortini,FraboHa,FuscoG, arganiG, iudici,Goux,deLaGenardière, Lebel,LeoneHiM, acé,Nadeau,PagliaraniP, ontiggia,Porta, RissetS, allenaveS, anguinetSi,arrauteT, abucchTi,hibaudeauZ,anzoHo

Einaudi LallaRomano LatreccidaiTatiana Sentimento di un pomeriggio d'estate in un racconto per immagini e parole. Fotografie di Antonio Ria. «Nuovi Coralli», pp. VH31, L. 12000 EduardDoeFilippo Lezionditeatro Come si scrive un testo e lo si mette in scena. Una lezione di poesia e di vita che è anche una autobiografia indiretta. A cura di Paola Quarenghi. «Gli struzzi», pp. xxv-178, L. 14ooo HermanBnroch Isonnambuli Pasenow o il romanticismo Il tramonto del mondo aristocratico prussiano· nel racconto della vita di un giovane ufficiale. «Supercoralli», pp. 160, L. 15ooo CantardeelCid Il grande poema epico in una nuova traduzione che ne esalta la suggestione lirica e narrativa. ~Acura di Cesare Acutis. «I millenni», pp. xx1x-248, L. 35 ooo BertoBltrecht Storideacalendario • · Presentati.da Franco Fortini, gli apologhi, le parabole e gli aforismi cui Brecht ha affidato le sue verità concrete. «Gli struzzi», pp. 177, L. 14000 NorberBtoobbio Profiliodeologico delNovecenitoaliano L'ideologia dell'Italia contemporanea: una grande lezione di storia, una vigorosa difesa della democrazia difficile. «Biblioteca di cultura storica», pp. Xl·l90, L. 18000 MarshaSlal hlins Isoledistoria Societeàmitonelmardi elSud La divinità, l'amore, la guerra nell'incontro tra il capitano Cook e gli abitanti delle Hawaii. «Biblioteca di cultura storica», pp. xx-151, L. 20 ooo PauBl oyer eStepheNnissenbaum Lacittàindemoniata Salem e le origini sociali del piu celebre episodio di caccia alle streghe. Nota introduttiva di Carlo Ginzburg. «Microstorie», pp. xxvn-254, L. 22000 Manfredo Tafuri Storidaell'architettura italiana 1944-1985 Maestri e tendenze in una sintesi che confronta l'architettura e l'urbanistica con la società, la politica, le idee. «Pbe», pp. XXI-268, L. 20000 ,,. Le immagindiiquestonumero S crive Manlio Brusatin nel suo bel libro Arte della meraviglia, che uscirà in giugno da Einaudi e da cui sono tratte le immagini di questo numero: «La gabbia della meraviglia (... ) ha due porte che sono la paura (di perdersi e di perdere) e il desiderio (del possesso e del nuovo) che sono anche il suo superamento e la sua vanificazione». Come dire che la meraviglia contiene in sé stessa i principi della propria dissoluzione: qualcosa ci sorprende perché è nuovo e sconosciuto, ma proprio il sentimento della meraviglia ci porta a conoscerlo, a spiegarlo, dunque a non meravigliarcipiù. È il processo illustrato da Aristotele nella Metafisica quando parla del legame (cioè del/'abbraccio mortale) tra filosofia e meraviglia: «Gli uomini, sia nel nostro tempo sia dapprincipio, hanno preso dalla meraviglia Lospunto per filosofare (... ). Chi nell'incertezza e nella meraviglia crede di essere nell'iNavi immaginarie e immaginate, silografie. In Roberto Valturio, De re militari, Verona 1483. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana Sommario Amedeo Santosuosso L'amnistia del 1986 (Politici e amnistia. Tecniche di rinuncia alla pena per i reati politici dal!'Unità ad _oggi, di A. Santosuosso e F. Colao) pagina 3 Intervista ad Antigone Conversazione di Gianna Sana con Luigi Manconi e Rossana Rossanda pagina 4 Alberto Arbasino Giornali e garanzie pagina 5 Francesco Dal Co Mies van der Rohe: il centenario pagina 6 Alberto Capatti Interferenze Freud la letteraturae l'arte/3 (Freud la letteraturae altro, di M. Lavagetto) pagina 7 Maria Corti Il pendolare Marin Mincu (In agguato, di M. Mincu) pagina 7 Gianni Mus.sini Un posto nella letteratura (Clemente Rèbora) pagina 8 Prova d'artista: Emilio Villa pagina 9 Comunicazione ai collaboratori di «Alfabeta» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) ogni articolo non dovrà superare le 6 cartelle di 2000battute; ogni eccezione dovrà essere concordata con la direzione del giornale; in caso contrario saremo costretti a procedere a tagli; • t,) tutti gli arrticoli devono essere corredati da precisi e dettagliati riferimenti ai libri e/o agli eventi recensiti; nel caso dei libri occorre indicare: autore, titoArte della meraviglia gnoranza (perciò anche chi ha propensione per LeLeggende)è, in un certo qual modo, filosofo, giacché il mito è un insieme di cose meravigliose». Come il mito è possibile -solo nell'orizzonte del Logos, così si può star certi che ogni meraviglia è destinata a tradursi in un fatto scontato di cui non ci si meraviglia per nulla. Brusatin coglie bene, mi pare, questa collusione tra sapere e meraviglia. Più precisamente, ne ricostruisce una fase significativa, il momento in cui il meraviglioso non ha più a che fare con Lecose dette e sentite, con Leleggende trasmesse dalla tradizione, ma con Le cose viste e mostrate. Indubbiamente il meraviglioso (e il miracoloso) in immagini ha una tradizione molto antica - Le statue degli dei, San Giorgio e il drago, Le icone, eccetera. Ma è principalmente nella età moderna che Lameraviglia diviene anzitutto immagine~ Certo per effetto • della Robert Lebel Conversazione 1967con Duchamp pagina 10 Pagine da pagina 11 Cfr. pagine 12-14 Testo: Umberto Eco Lo strano caso della intentio lectoris pagine 15-17 Augusto Illuminati I passaggi di Benjamin (Parigi, capitale del XIX secolo - i «passages»di Parigi, di W. Benjamin, Paris Projet, nn. 15-16) pagina 19 Michele Cometa Il paradosso romantico (Mitologia del segno vivente, di L. Zagari) pagina 20 Giuseppe Mininni Ipotesi che colgono nel segno (Il segno e i suoi maestri, di T.A. Sebeok; La ragione abduttiva, Il Protagora I984, XXIV, 6°) pagina 21 Paolo Vineis Organismo e ambiente (Il punto di svolta, di F. Capra; Alternative Medzcines; Conoscenza e dominio, di M. Galzigna) pagina 22 Nadia Fusini Il cor irrequietum della donna (Il soggetto inaudito: breve dialogo sulla differenza sessuale, di A. Bocchelli e B. Sarasini) pagina 23 lo, editore (con città e data), numero di pagine e prezzo; e) gli arrticoli devono essere inviati in _triplice copia; il domicilio e il codice fiscale sono indispensabili per i pezzi commissionati e per quelli dei collaboratori regolari. La maggiore ampiezza degli arrticoli o il loro carattere non recensivo sono proposti dalla direzione per scelte di lavoro e non per motivi preferenziali o personali. Tutti gli articoli inviati alla redazione vengono esaminati, ma la ridiffusione della stampa, ma non solo; probabilmente anche per La complicità fra cartesianesimo e barocco. Con l'età della evidenza scientifica, La meraviglia non scompare (giacché «gli uomini (. ..) hanno preso dalla meraviglia lo spunto per filosofare»); sempli: cemente si trasforma, non nasce più dalle cose dette, dai racconti del diluvio universale e della torre di Babele, ma dalle Loroimmagini, in sostanza scientifiche, che mostrano i processi costruttivi della torre, La distribuzione degli animali, il Lorostivaggio nell'Arca. E ancora, esseri viventi meravigliosi (cioè anche orridi, ma sorprendenti), macchine meravigliose (Letorri, Le arche, ma anche i mulini a vento di strano tipo, i sommergibili ecc.), macchine predisposte per far vedere cose mirabili (telescopi, cannocchiali... ) . La ricostruzione di Brusatin si ferma in sostanza all'Ottocento, un'epoca in cui il meraviglioso vi- - Maurizio Ferraris Uno sguardo sul cinema (Dentro lo sguardo. Il film e il suo spettatore, di F. Casetti) pagina 24 Adalgisa Lugli Mille padri (Arte, industria, rivoluzioni. Temi di storia sociale dell'arte, di E. Castelnuovo; Patterns of Intention. On the historical Explanation of Pictures, di M. Baxandall) pagine 25-26 Umberto Curi Sexy postindustriale pagina 27 Vittorio Boarini Il festival di Berlino pagine 27-28 Renato Barilli Benni e Pazzi (Comici spaventati guerrieri, di S. Benni; La principessa e il drago, di R. Pazzi) pagina 29 Giornale dei giornali Il «buono-scuola» pagine 30-31 Supplemento Colloquio francese italiano (Roma, 13-15dicembre 1985) «Io parlo di un certo mio libro» Le immagini di questo numero Arte della meraviglia di Maurizio Ferraris In copertina: «Donzella villosa», litografia. In Cesare Ruggeri, Storia ragionata di una donna avente gran parte del corpo coperta di pelle e pelo nero, Venezia 1815 vista s1 compone prevalentemente di collaborazioni su commissione. Occorre in fine tenere conto che il criterio indispensabile del lavoro intellettuale per Alfabeta è l'esposizione degli argomenti-e, negli scritti recensivi, dei temi dei libri - in termini utili e evidenti per il lettore giovane o di livello universitario iniziale, di preparazione culturale media e non specialista. Manoscritti, disegni e fotografie non si restituiscono. Il Comitato direttivo sibile tende a secolarizzarsi, a diventare norma che non desta·più· sentimenti speciali; l'espressione «meraviglie della scienza e della tecnica», che ben presto fu soltanto • ironica, annuncia un indebolirsi dello stupore di fronte al visibile nelle esposizioni universali. (Se la meraviglia gnoseologica da parecchio tempo cessa di stupirci, almeno in maniera plateale, resta però attiva un'altra forma di meraviglia, quella morale, nel senso che non finiranno mai di stupirci Lenostre azioni e quelle dei nostri simili. È un processo pronosticato da Kant: « Due cose riempiono l' animo di ammirazione e venerazione sempre crescente, quanto più spesso e più a lungo La riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e LaLeggemorale in me». E in definitiva per Kant proprio La Leggemorale, meno studiata e meno visibile, sembra destinata a ricoprire il ruoto di ultima meraviglia). Maurizio Ferraris alfabeta mensile di informazione culturale della·cooperativa Alfabeta Direzione e redazione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Art director: Gianni Sassi Editing: Floriana Lipparini Grafico: Roberta Merlo Edizioni Intrapresa . Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione: via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinator~ tecnico: Luigi.·Ferrari Pubblìéhe relazioni: Monica Palla Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile: Leo Paolazzi Composizione: GD B fotocomposizione, via Tagliamento 4, 20139·Milano Telefono (02) 5392546 Stampa: Rotografica, , , viale Monte Grappa 2, Mtlano Distribuzione: Messaggerie·Periodici .Abbonamento annuo Lire 50.000 estero Lire 65.000 (posta ordinaria) Lire 80.000 (posta aerea) • Numeri arretrati Lire 8.000 Inviare l'importo a: Intrapresa . • Cooperativa di promozione culturale via Caposile 2, 20137Milano Telefono (02) 592684 Conto Corrente Postale 15431208 Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati ~ ,::s .s ~ ~ ~ ...... ,9 gg È ~ :: ~ ~ .t:) ~ L------------=-~~_....._ _____________________________________________________________ ,::s

L'amnistiadel1986 11 tabù amnistia politica è infranto per merito del presidente della Repubblica, Francesco Cossiga (democristiano e firmatario di una delle leggi che più hanno caratterizzato la c.d. emergenza, il d.l. n. 625 del 1979). La qµestione è di grande importanza. Su di essa, però, dato anche il silenzio che l'ha circondata negli anni scorsi, è riscontrabile una scarsa informazione, quanto a caratteristiche tecniche ed a condizioni politiche nelle quali è possibile. Pare perciò opportuno tornare sulla questione (dopo il mio «Prima o poi (o mai)», in Alfabeta del marzo 1984). Qualche precisazione L'amnistia è argomento troppo tecnico giuridico per i politici e troppo politico per i giuristi, con le çonseguenze che sono immaginabili. Al suo interno, poi, vi sono una serie di distinzioni che lo rendono ancora più complesso. Per cominciare si può ricordare che l'amnistia è di solito accompagnata da un indulto, che è· uno sconto· o una commutazione della pena (per esempio dall'ergastolo alla pena di trenta anni di reclusione o meno), mentre l'amnistia è una causa di estinzione del reato o di cessazione della condanna. L'indulto ha minori implicazioni di principio, ma è di grande efficacia pratica. Nel '53, per esempio, i partiti, divisi sull'amnistia politica, raggiunsero un accordo su un sostanzioso indulto che portò alla scarcerazione di circa dodicimila detenuti politici nei soli primi quattro mesi di applicazione. Le amnistie e gli indulti possono avere vari oggetti. Possono infatti essere concessi per reati politici o per reati comuni. L'unico tipo che ha applicazione generalizzata nella quasi totalità degli ordinamenti giuridici occidentali è l'amnistia politica o per fatti in vario modo politici. Quella per reati comuni (genere nel quale l'Italia eccelle) è un rimedio considerato arretrato e tipico di sistemi giuridici caratterizzati da una eccessiva rigidità nella determinazione e nella esecuzione della pena. In passato con le amnistie routinarie si evitava infatti di far scontare il residuo di pene carcerarie senza alternative possibili oppure si evitava l'esecuzione di pene che, causa le lungaggini del processo, non erano ancora diventate definitive. Ma la pena ed ii' carcere hanno perso parte della loro rigidità, per effetto della riforma carceraria e delle possibili alternative alla carcerazione cautelare (arresti domiciliari ecc.), mentre il processo per i reati pretorili, che poi sono la maggior parte di quelli amnistiati, è diventato più celebre per effetto della riforma del 1984(tanto che in alcuni casi, se non viene concessa la libertà provvisoria, la stessa possibilità di proporre appello risulta vanificata dal fatto che la pena è già stata scontata). È per questi motivi che i provvedimenti di amnistia per i reati comuni, dei quali l'ultimo è del 1981, hanno effetti sempre più ridotti sul carcere. Ed è per questi motivi che gli interventi per una effettiva riduzione dell'intervento penai~ in questa fascia di reati dovrebbero essere di tipo diverso (depenalizzazioni, riduzioni di pene ecc.). Al contrario, sul fatto che le amnistie politiche siano mezzo appropriato per risolvere situazioni di passata conflittualità politica e sociale sono un po' tutti e da per tutto d'accordo. La discussione si svolge invece sui criteri, di maggiore o minore larghezza, per individuare i presupposti della sua concessione: è necessario che vi sia stata guerra civile? e che cosa è «guerra civile»? o è sufficiente che si sia trattato di forme «non comuni» di conflittualità sociale? Trattandosi di un giudizio di stretta opportunità politica le circostanze e le valutazioni possono essere le più varie. In generale si può comunque dire che sono contrari all'amnistia politica coloro i quali considerano l'ordinamento giuridico come un sistema chiuso. ed autosufficiente oppure, tra gli opposti al potere, quelli che ritengono a portata di mano radicali sovvertimenti degli assetti giuridici e sociali oppure coloro che da un certo sistema politico non accettano benefici (per motivi etico-politiAmedeo Santosuosso ci o perché prevedono che si verificheranno quei sovvertimenti visti sopra). Sono inoltre di solito contrari i magistrati, i quali vedono nelle amnistie (anche politiche) una vanificazione delle inchieste condotte. ... L'amnistia nel 1986 L'esperienza storica mostra comunque che ogni amnistia costituisca il frutto di un peculiare intreccio tra elementi politici e giuridici, di continuità e di rottura ecc., che è necessario valutare caso per caso. Tanto per cominciare l'amnistia dell'86 avrebbe la particolarità di essere stata di fatto promossa e sollecitata dal presidente della Repubblica, fatto mai accaduto nella esperienza precedente. È infatti dell'estate 1985 la prima notizia di un'attenzione e disponibilità presidenziale sull'argomento. La notizia fu subito smentita, ma è da ritenere che avesse qualche fondamento, a giudicare dagli sviluppi che vi sono stati. Il passo successivo è costituito dalla dichiarazione di febbraio: «Come cittadino e come capo dello Stato comprendo bene che, avvicinandosi il 40' anniversario della Repubblica, si pensi da parte delle forze politiche e culturali all'adozione dell'amnistia e dell'indulto come strumenti per registrare, pur senza abbassare la guardia, la sconfitta polica, anche se purtroppo non militare, del terrorismo; si cerchi, insomma, con grande prudenza, di uscire moralmente e politicamente dal concetto di emergenza» (vedi i quotidiani del 21/2/86). Si tratta di un «intervento politico» di grande rilevanza, tanto che lo stesso Cossiga deve successivamente precisare come il potere di concessione dell'amnistia e dell'indulto sia, in prima battuta, di competenza del Parlamento che approva una legge di delega al presidente della Repubblica. Il contenuto della dichiarazione è calibratissimo. In primo luogo Cossiga dichiara (primo politico di alto livello a farlo) finita «moralmente e politicamente» l'emergenza. Come capo dello Stato riafferma così la continuità dell'apparato statale e richiama gli altri organi e poteri dello Stato al rispetto della costituzione (che, sia detto per inciso, non prevede sospensioni dei diritti fondamentali per effetto di situazioni di emergenza). Nell'uso recente i discorsi sull'emergenza sono in bilico tra realtà (la indiscutibile fine di una certa fase della violenza politica in Italia) e simulazione ( rimettere al «suo» posto chi - magistratura, Partito comunista ecc. - invocando l'emergenza aveva sconfinato rispetto all'assetto politico ed istituzionale precedente). Il presidente si avvale di entrambe le sfumature. Così se gli interventi sul Consiglio superiore della magistratura si muovono più nel campo che, per brevità, si può definire simulatorio, le iniziative sull'amnistia hanno un'impronta realistica. In secondo luogo Cossiga, dichiarata finita l'emergenza, afferma l'opportunità di provvedimenti che riguardino i detenuti ed i reati politici (sulla scia di alcune elaborazioni della Corte costituzionale) e indica come mezzi idonei quelli tradizionali, ed unici legittimi costituzionalmente, dell'amnistia e dell'indulto. In questo modo richiama anche la procedura costituzionale per la concessione dell'indulto (art. 73), procedura che non può essere «di fatto» elusa attraverso il ricorso ad una legge ordinaria, che sarebbe perciò incostituzionale (come sembra essere nel testo di legge sulla dissociazione così come approvato dalla commissione giustizia del Senato il 3 aprile: vedi il manifesto del 4/4/86). In terzo luogo esclude ogni riferimento alla necessità di atteggiamenti soggettivi autocritici o di dissociazione dei singoli destinatari del provvedimento. Sulla base delle indicazioni del presidente della Repubblica il discorso sembrerebbe incanalato su binari corretti, ma non è così. Il dibattito successivo infatti, riprendendo orientamenti maturati già dopo l'estate '85 in ambienti politici romani, si sposta immedi_ata-. mente su un'amnistia generale, per comuni e per politici (in tal senso si muoveva tra l'altro anche la proposta di legge n. 3294 presentata il 20/11/85alla Camera da Democrazia proletaria). Tutti sanno quanto sia poco efficace l'amnistia per i reati comuni (per i motivi che abbiamo visto sopra), ma, non di meno, i commenti e le prese di posizione ricalcano i vecchi temi. Parlano spesso di carceri che scoppiano, di carichi di lavoro della magistratura ecc. Tanto che, in qualche caso, ro- •vesciando completamente i termini del discorso, ci si chiede se è il caso di estendere l'amnistia anche ai politici e si arriva a leggere su qualche giornale di quel «monstrum» giuridico e politico che sarebbe «l'amnistia per i soli dissociati» (cosa che • non è arrivata a fare nemmeno la Polonia di Jaruzelski, anche per l'intervento del papa).· È a questo punto che, persi o quasi per la strada i politici-sovversivi, di cui aveva parlato Cossiga, spuntano fuori i politici-politici. Tra espressioni di sdegno («vergogna») e di cauta disponibilità (alcuni reati sì, altri no) si fa strada la considerazione «realistica» sencondo la quale è necessario far qualcosa per quel 60% di amministratori pubblici sotto processo penale o che ha ricevuto almeno una comunicazione giudiziaria. Evidentemente, anche se in diversa misura, tutti i partiti sono coinvolti e sono quindi interessati a che qualsiasi amnistia, di riconciliazione per il quarantennale o meno, abbia comunque tra i destinatari il numero più alto possibile di questi «politici». La questione si pone nell'86 con modalità particolari. Non era stato così nel '68, quando furono amnistiati i soli reati politico-sindacali. Nè era stato così nel '70 , quando nell'amnistia sollecitata dal Psi per i soli incriminati per i fatti del '69 la proposta di introdurre i corrotti fu avanzata e posta come pregiudiziale dalla sola Dc .. L'amnistia dell'86 invece parte dai politici-sovversivi e ritorna rapidamente ai politici-politici. Certo per i primi vi potranno essere delle disposizioni che, oltre a cancellare le pendenze minori e/o per soli fatti associativi, abbiano un significato ed un'efficacia politica di rilievo, come sarebbe, per esemMAI E~T/\'.ITCl mt3Tli\Nl.:ìS1M.t. L\' 1)0\'IC i Xliii Vt:IU Bu.ti l>\'(,NJ'i. l_,\l,\f,INt: l'f.TRO l.rnun COM' t:T [Q:J>tc_TORE ...-... ~ " -...~, .;.lli,·;-..,,~il:.11~-Q_;.._ IIAS J>RIMl'l'I.\.)' S\U J\'OICRJ'i. CU,t:lH'lUI.JMO 1lt:1 l:\'.L\'1TC ~)l\SEQVt:.._TI.\Sll-11; l)IC.\I" ,,_. _.,.,._. ~ ._ .. #o> • IV '-' Pietro Liberi e Domenico Rossetti, Ponte dei pugni «Venetiarum pugillatus», incisione 1676. Venezia, Museo Civico Correr

pio, ove fosse amnistiato il reato di insurrezione armata contro i poteri dello stato (uno dei reati più «inafferrabili» del nostro sistema penale e più spregiudicatamente usato nelle istruttorie). Senza contare che sarebbe possibile un ampliamento anche a reati più gravi, ove commessi in epoca più remota. Nulla vieta infatti che, in un'amnistia, a gravità diverse dei reati corrispondano termini diversi. • La cosa più probabile è invece che l'amnistia abbia relativamente scarsi effetti pratici per i politici-sovversivi (che i benefici maggiori potranno trarre da un congruo indulto, con commutazione degli ergastoli ecc.) e sui detenuti «comuni», mentre abbia come destinatari principali proprio quei politici-politici di cui tutti dicono di vergognarsi, ma che tutti annoverano, in qualche misura, nelle proprie file. Quali politici L'amnistia politica partecipa della nobiltà dell'idea di delitto politico, cioè di quell'idea affermatasi nell'Europa dell'inizio del secolo scorso ed in base alla quale la natura politica di certi delitti era causa di un trattamento di miglior favore per i suoi autori (esclusione della pena di morte, trattamento carcerario differenziato_in meglio, amnistia e divieto di estradizione). Ma, come è noto, quell'idea era nobile quanto ristretta, finendo con il contenere quasi esclusivamente i delitti «tra politici» (all'interno di assetti statali instabli, come erano quelli europei del sec. XIX). D'altra parte le concezioni del delitto politico riflettono naturalmente le dimensioni obiettive di ciò che è «politico» in una certa società. Per esempio nell'Italia postunitaria i votanti erano (al 1865) poco più di 250.000 su 25 milioni di abitanti per un numero di 493 eletti, mentre nel 1882 i votanti erano circa 1.200.000su 28milioni di abitanti per 508 parlamentari. A modo . suo anche questa è un'amnistia politica, nel· $enso di • amnistia .«per· i politici». Sembra •. un gioco di parole. Ma su di esso è necessario fare q:ualche'considera-· zione~ • Si spiega anche così l'esclusione -radicale degli anarchici (considera- . ti '«comuni malfattori») e, fino ad «Il princ1p10 rappresentato da • Creonte è quello della supremazia della legge dello stato sui legami di sangue, della supremazia dell'ossequio all'autorità sul rispetto della legge naturale di umanità. Antigone si rifiuta di violare le leggi del sangue e della solidarietà di tutti gli esseri umani in omaggio al sistema autoritario e gerarchico... Se accettiamo la teoria delle forme matriarcali di società e di religione, : non sembra esservi alcun dubbio che Edipo, Emone e Antigone siano i rappresentanti degli antichi principi matriarcali, di eguaglianza e di democrazia, in contrasto con Creonte, che rappresenta la dominazione patriarcale e l'obbedienza». (Erich Fromm, «Il mito di Edipo» nel Linguaggio dimenticato, pp. 211-18, Bompiant1977) Storia di un'intervista (in tre tempi) La prima volta che c'incontriamo, Rossana Rossanda mi accoglie con un «Detesto le interviste» francamente un po' raggelante - le domando alloraperché abbia accettato questa per Alfabeta sulla rivista Antigone che compie un anno in questi giorni. Risponde: «Per non essere scortese». Dopo varie interruzioni al telefono, nel suo ministudio riscaldatissimo al manifesto (confessa di essere molto freddo lo-• sa) decidiamo di rivederci insieme al direttore della rivista, Luigi Manconi, perché a lei sembra più· corretto così («Non voglio carismi, non voglio essere considerata un "mostricino sacro"»). Al secon-- do appuntamento però ·1eimanca. Con Manconi (sociologo già con~ direttore di Ombre rosse) non ci sono problemi. Parla a ruota libe-· ra con grande precisione di linguaggio, e competenza, su argomenti proposti' da me e si sofferma su altri che gli stanno più a cuore. A un'ultima domanda sugli anni '70: «Questà, mi dice, l'hai pensata per lei e devi farla proprio a lei». Riesco a rintracciare, dopo una settimana, Rossanda di ritorno da Milano (dove ha presentato il libro di Magnaghi, Un'idea di libertà, edito dalla cooperativa del Manifesto) e questa volta l'incontro non è deludente. Scopro una personalità affabile, forse... tenera - come s'intuiva. Trascrivo qui di seguito, separatamente, il testo dei due colloqui. (N.B.: l'intervista è datata: gennaio '86). Gianna Sarra Colloquio con Luigi Manconi Sarra. Di una rivista come Antigone·- un anno di vita, cinque numeri pubblicati, collaboratori prestigiosi e un impegno costante, sempre_più stringente, di mediazione fra istituzione e società - si sentiva il bisogno; tant'è che all'uscita la si è salutata come un serio strumento di partecipazione e di lavoro. Tuttavia, a detta di alcuni «intellettuali negligenti», secondo Cacciari .(«.Fossero solo anni di piombo», nel n. 5) può apparire «terribilmente démodé»: come mai? Manconi. «Démodé» rispetto alle mode correnti - da questo punto di vista la ritengo una virtù, si tratta di evitare che diventi un fatto di snobismo. Esiste in Italia un senso comune fortemente radicato a sinistra: quella che io chiamo la sinistra dalle maniere spicce, del guardare al sodo, dell'andare alla sostanza: quella che privilegia gli obiettivi di riduzione della complessità, drammaticità e faticosità ,delle.cose. Qui il il garantismo non è popolare per molte ragion1; questa sinistra dalle maniere spicce ha ritenuto che il «disincanto» equivalesse al cinismo,_il prammatismo all'arte d'arrangiarsi, e che non ci fosse più spazio per i principi. Il garantismo invece si affida a dei _ . principi e al primato delle regole: in questo, forse, Antigone è da considerare veramente una rivista «démodé». Noi pensiamo che bisogna assumersi tutta la tragicità delle scelte, e questo è proprio il contrario delle maniere spicce - così come Antigone è il contrario di una lettura semplificata della realtà, È vero, siamo.dotati di scarso appeal per il buon senso comune maggioritario a sinistra, che ha introiettato la cultura dell'emergenza. Sarra. Ma ne daresti una definizione rapida? un certo punto, dei socialisti. La storia successivadel delitto politico e, in estrema sintesi, quella del suo progressivo allargamento concettuale (pur con eccezioni), fino a comprendervi anche reati «sociali» e qualsiasi reato purché determinato da motivi politici, ma, nello stesso tempo, è la storia della progressiva perdita delle connotazioni di favore che gli erano proprie, delle quali sono residuate soltanto la prassi delle amnistie e il divieto di estradizione (previsto esplicitamente dalla costituzione del '48). Resta comunque il fatto che la politicità del resto è ancora oggi causa di maggior durezza della repressione nelle fasi alte di conflittualità, ma, a pericolo passato, di un trattamento di miglior favore, consistente appunto nella concessione di amnistie e nel divieto di estradizione. Tanto che quando si vogliono escludere questi aspetti di favore la tecnica è tuttora quella della declassificazione dei reati politici in reati comuni: tecnica seguita nella convenzione europea antiterrorismo del 1977, di recente ratificata dall'Italia sulla base di una legge (n. 719 del 1985) di assai dubbia Manconi. La «cultura dell'emergenza» è quella che sacrifica le regole del diritto e i principi del garantismo in nome della necessità di sconfiggere il nemico: il che equivale all'assolutizzazione della figura del nemico e all'accettazione di una condizione bellica come ordinaria, quotidiana, «normale». Esempio: noi non sottovalutiamo la mafia ma riteniamo che nemmeno la lotta contro un nemico ripugnante possa giustificare il ricorso a procedure che lesionano il diritto. Per questa nostra posizione ci sono stati mossi rimproveri da qualche parte; del resto, siamo nati come rivista che ha per sottotitolo «bimestrale di critica dell'emergenza»: la ragione è che, a nostro avviso, l'emergenza, nata come insieme provvisorio e limitato di misure eccezionali, si è trasformata col tempo in un sistema culturale e ideologico e in una vera e propria cultura di governo. Sarra. Alla base di questa impostazione di lavoro mi pare ci sia un atteggiamento che tu stesso chiarisci bene ne~'editoriale al quinto numero, e cioè la vostra posizione nei confronti della violenza, sentitapiù come messaggio in codice da decifrare che come mostro inquietante e alieno da tenere a bada. Di ogni violenza, inclusa quella del terrorismo: è esatto? Manconi. Certo, anche perché, in caso contrario, non si capirebbero le.. sue future manifestazioni: sempre, nella violenza, c'è questa componente di domanda inascoltata che adotta forme estreme di _çomunicazione. Sarra. A questo punto mi domando: chi sono i vostri lettori? Manconi. È difficile dirlo. A sinistra abbiamo riscontri anche imprevisti: a livello intellettuale, quasi istituzionale, da parte di organismi, gruppi, circoli legati al Pci e al Psi. D'altra parte, escluderei che il nostro sia un pubblico di reduci; antireducistico è per esempio il modo in cui parliamo degli anni '70, in una rivista che, quando è nata, veniva interpretata come «ricostituzionalità, per contrasto con gli artt. 10 e 26 della costituzione. Resta a questo punto da chiedersi a quali politici si riferisca l'amnistia dell'86 (la prima dopo quella del 1970). Vi sarebbe la necessità, prospettata dallo stesso presidente della Repubblica, di fare i conti con le forme estese e spesso informali della violenza politica dei movimenti degli anni '70. Sarebbe necessario uno sforzo definitorio di grande importanza, così come è sempre accaduto nei dibattiti parlamentari: nel '68 e nel '70 le formule in discussione furono «reato politico», «anche con finalità politica», «commesso a causa ed in occasione di agitazioni sindacali o studentesche», «manifestazioni culturali», «per la pace», «sociali», «manifestazioni attinenti a problemi del lavoro, dell'occupazione, della casa e della sicurezza sociale» ecc. Nel 1986come vengono definiti i movimenti degli anni '70? Potrebbe essere ripresa la formula «delit-. to politico» (posto che molti lo so-_ no «oggettivamente»). _Un'altra • via è quella di rovesciare la «finalità di terrorismo» prevista dalle legvista dei carcerati». Oggi, Antigone si presenta come una rivista che parla anche del carcere, ma in quanto luogo di precipitazione chimica di contraddizioni sociali che riguardano l'intera società. Sarra. In Antigone torna ricorrente, fra le righe ma non tanto_,u,n tema che viene trattato sotto vari titoli: «Invece del carcere» (Paola Ferrero.e Claudio Novara nel n.2), «Oltre il carcere» (Sergio ·Givone nel n. 5). e anche in certe analisi da parte dei detenuti (cfr. «Un altro tempo», sempre nel quinto numero, dove è detto testualmente: «Ìl carcere, in quanto tale, non è riformabile, ma può solo marciare verso la sua estinzione»). Inoltre si fa molta attenzione, specie da parte di autori credenti, mi pare, alla cÒnfusione tra valori di <,espiazione» - d'origine religiosa - con quelli di «pena», che sono invece di carattere sociale: facile confusione in una società di fondo "cattolica" che non ha ancora imparato a seguire il precetto evangelico - dico io - di «darea Cesarequel che è di Cesare»:ma nelle conseguenze è l'equivoco nesso che si viene a crearefra «espiazione» e «rieducazione», dimostrato anche in certe gustose analisi comparative di linguaggio fra carcere e chiostro (cfr. «Monaci e detenuti» di Filippo Gentiloni nel n. 2), ma andiamo davvero verso un'eliminazione del carcere? Manconi. Per quanto riguarda la riflessione sulle sanzioni e sulle pene, in Italia vengono scambiate per utopia le più ordinarie soluzioni riformistiche: in tutti gli altri paesi europei la detenzione è solo una delle molte forme di sanzioni, mentre in Italia è minimo il numero di pene alternative al carcere. Sarra. Un altro dei «temi di fondo» portati avanti ne~'arco di questi primi cinque numeri, è il discorso sul pentitismo, nel suo aspetto giuridico, ma anche in un senso più vasto, come di diffuso, generico rinnegamento o rinuncia a certi ideali - non a caso i cabaret come il Bagaglino a Roma possono intitolare « Pentimental» il loro utlimo gi dell'emergenza, facendola diventare una formula di amnistia. Ma sarebbe necessario discutere se ciò sia sufficiente e giusto per «definire» gli incriminati degli anni '70. Di fronte alle difficoltà di uno sviluppo non repressivo della nozione di delitto politico e, soprattutto, di fronte alle difficoltà che l?establishment ha nel «pensare» le reali ampie dimensioni della politica negli anni '70, sembra invee farsi strada l'ipotesi vista sopra, che i destinatari privilegiati del provvedimento di amnistia siano non i politici sovversivi, ma gli amministratori corrotti. Sembra cioè di ritornare (ma questa volta con sapore di farsa) a quella nozione antica del delitto «tra politici». Il risultato paradossale nel 1986 sembra proprio questo: un'amnistia politica «senza politica». Questo scritto.riprende dati e con- . siderazioni del volume ,di A. Santosuosso e F. Cola9, Politiçi e amnistia.Tecniche di rinuncia alla pe- . na Nr i-reati politici dell'Unità ad. oggi, di in:im-inentepubblicazione presso l'editore Bertani d~Verona. sforzo di umorismo; e Cacciari, _ nel dibattito «Anni settanta: un decennio da buttare?», sull'ultimo numero, pure adopera in questo senso l'aggettivo: «La sinistra "non ha idea" degli anni '70 e non può che subirne la prima interpretazione forte. Non ha nessuna idea • "in positivo" .da opporre a quella .ricostr.uzione·."pentitistica" » - fra virgolette::lnsomma, siamo diventati una società·ch'esi pente?. . . _.. • • • I - .Manconi. «Una .sodetà che si pente» è una società che non sa leggere la propria storia, che liquida la dolorosità e complessità del proprio passato, senza alcuna capacità di elaborarlo - elaborare il lutto che le morti (in senso proprio e figurato) comportano. «Pentirsi» è la-soluzionepiù semplice. Non solo si ritiene, così, di saldare il conto, ma si pensa che molte responsabilità, che sbno indubitabilmente collettive, possano essere attribuite a un capro espiatorio, i terroristi. Sarra. Ora ti rivolgo una domanda che mi è stata suggerita da uno dei redattori del manifesto: chiedigli, mi ha detto, che fine ha fatto il movimento dei dissociati. Mancon·i. È finito male. Nessun movimento sopravvive al rifiuto - opposto dal sistema politico - di tradurre le sue richieste in termini giuridico-istituzionali. Sarra. Alcune questioni che voi sollevate, non marginali, che mi sono sembrate interessanti, sono ad esempio la questione del perdono/condanna (vedi l'intervista di Nadia Fusini a Carole 'Tarantelli nel n. 3/4) e le analisi semantiche di vario genere come quella di Massi- ""'" mo Canevacci («Sssst... parla -~ Gianni il Bello» sempre nel n. 3/4) ~ o l'intervista a Carmelo Samonà ~ 'O («Il linguaggio del recluso», nel n. ~ 2) che sfiora anche di passaggio le 1 ~ affinità delle due condizioni del -~ malato di mente e del sequestrato. r Alla fine di un anno di lavoro così ~ intenso, il vostro primo bilancio com'è? i.:: ~ ..C) Manconi. Direi più che soddisfa- ~ cente. I risultatisono ottimi. Anco- ~

ra più se rapportato a una rivista che sa di essere «sgradevole» e «impopolare». E poi, abbiamo fat- .to decine di presentazioni locali con risultati davvero interessanti; in un gran numero di città di provincia abbiamo constatato l'esistenza di una audience potenziale molto ampia. Tutta, evidentemente, ancora da verificare, sollecitare, alimentare. Questa mi sembra, già, una ragione sufficiente per continuare il lavoro. Colloquio con Rossana Rossanda Sarra. Nell'ultimo numero di Antigone, in risposta a Massimo Cacciari, tu dici («I sintomi e la malattia» j: « ... gli anni '70 nel loro complesso sono gli anni di una mutazione fragile e profonda ... bloccata nel suo nascere e quindi ripiegata su di sé o convulsa e repressa», dramma «configurante un destino collettivo» da cui trarrebbe origine «la crisi della sinistra e la facilità del rinascere di forme ... vecchie dì valorl di conservazione». In sostanza si parla di crisi della cultura democratica: ·si tratta di un processo irreversibile?. andiamo verso·quali anni '80/90? 11 garante dell'attuazione .della legge per l'editoria, «organo monocratico e neutrale», è un alto magistrato integerrimo; nominato dai presidenti delle due Camere. Rileva obiettivamente dati. Presenta relazioni semestrali alle commissioni parlamentari competenti. Si ispira a criteri -soltanto giuridici e non politici. Promuove dinanzi al giudice le azioni di nullità degli atti che violano divieti previsti dalla legge: la «posizione dominante» di un'impresa che superi il famoso tetto del venti per cento di tiraturafra i quotidiani di tutt'Italia. Oppure, il cinquanta per cento sulla tiratura complessiva, in un'area interregionale. (Sono quat(ro: nor.d-ovest, nord-est, centro, sud). Come è risaputo, scoccano scintille e saette e folgori non appena taluno - ente, istituzione, unione, compagnia, associazione, congrega, sodalizio - sfiora il Corriere della sera. Tanto più, ogni lettore lo vede, quando l'apparentamento si effettua con La Stampa, e contrappone la Fiat allapresidenza del Consiglio, in ludi finanziari e azionari e legali che sfoggiano con ridondante virtuosismo percentuali, tabelle, articoli del codice civile, argomentazioni e commenti di varia risma, davanti a un vasto pubblico che segue lo spettacolo. Uno spettacolo semi-pubblico e semi-privato, fatto di assetti azionari, patti di sindacato, diritti di veto, conflitti d'interessi, controlli di fatto se non di diritto, collegamenti che realizzano concentrazioni, strutture coordinate e subordinate, fusioni, amministratori delegati di aziende in concorrenza, certezze giuridiche tutt'altro che raggiunte, plafonds· oltre i quali può scat~are... fatti che comprovano ... Traspare, attraverso gli scritti e le comunicazioni del garante, professor Mario Sinopoli, il profilo sperimentale di un organo innovativo, lievemente anomalo. Ispirato da una normativa anti-trust piuttosto nordica; però condizionato da una tradizione interpretativa nostra più formalista della cultura giuridica anglosassone. Emerge, nelle relazioni, negli interventi alle Rossanda. La cultura democratica progressista arriva fino al '68; poi, verso il '68-70 sorgono nuove culture: c'è il problema della persona, della critica alla cultura del capitalismo. In parte V\VOnonei movimenti (per esempio il femminismo). Vanno in crisi perché la sinistra non le assume, restano o discorso o gruppi o piccoli partitini - o terrorismo quando va male, come degenerazione. Avanguardia operaia è un gruppo che impoverisce questa tematica. Viene consumata anche quest'altra cultura. Ora siamo agli anni '80, e già nel secondo quinquennio. C'è un ritorno ai valori civili collettivi, a prima del '60 (nel senso che c'è tutta la tematica di un decentramento dei poteri, di un riequilibrio delle risorse, di un crescere dei diritti del cittadino, di una partecipazione un po' simile all'autoprogrammazione locale, e di una marcia verso un'uguaglianza almeno formale dei diritti, e riequilibrio dei redditi-idee dei riformisti degli anni '60, oggi respinte dalla sfera politica). Siamo andati molto oltre, così siamo tornati ancora più indietro- questo per quanto -riguarda i fenomeni collettivi, ma si può tornare indieaudizioni, nei pro-memoria, il disegno di una indagine empirica - al di là degli intrichi societari - fondata su collegamenti di indizi, concordanze, connessioni. Insomma, il «paradigma indiziario» che ispira la narrativa di Umberto Eco e la saggistica di Carlo Ginzburg, suggerito a diversi autori contemporanei dalla filosofia di Charles S. Peirce e dal metodo di Sherlock Holmes. (Da una famosa bandina della collana «Il campo semiotico»: «Il celebre detective stava esponendo dei criteri di osservazione e scoperta che sono affini a quelli usati dal medico che diagnostica una malattia, dallo scienziato che interroga un fenomeno naturale, dal filologo che deve prendere una decisione su un testo lacunoso, dallo storico che deve ricostruire una situazione del passato sulla base di imprecise testimonianze»). Dunque, giacché «le norme vigenti non possono dare più di quello che offrono», nell'attesa di «una nuova legislazione più incisiva», si aprono interessanti prospettive sul notevole potere discrezionale del magistrato nella valutazione soggettiva delle circostanze indiziarie. Non solo interpretazione della legge, ma possibilità quasi di arbitrato non esclusivamente giuridico, a seconda delle interpretazioni diverse. Procedure congettura/i, probabili in tribunali diversi. Il paradigma indiziario si appunta soprattutto su eventi significativi, non isolati: le nomine di presidenti, direttori, amministratori delegati, fra Torino e Milano. E aggiunge il sottosegretario 1mato: anche gli annunci delle nomine Rizzo/i dati in priorità dalla casamadre Fiat. E sopraggiunge l'on. Bassanini: le comunicazioni· della proprietà ai dipendenti, le dichia- . razioni ufficiali sulla vendita dei pacchetti di maggioranza, le ricostruzioni di passaggi fatte dai giornali economici della' Confindustria. (Fattispecie ben più cariche di spessori, attualmente, che non quando gli habitués del Corriere della sera trovavano pressoché routine che un esimio collega passasse a dirigere il Resto del Carlino, o il Secolo XIX, o il Gazzettitro sul terreno dell'esperienza della persona). È che le scoperte degli anni '70 vengono vissute come una contraddizione molto spesso lacerante - con una usura della memoria: non si riesce a tenere insieme i «lembi della vita» e le generazioni più giovani' - che non hanno questioni di memoria interrotta - si muovono verso una complessità della persona che ereditano in positivo da questa storia. Non tutto è rampantismo. Passano delle cose, il collettivo vissuto... Le nuove generazioni, poi, sono sempre risentite. Sarra. Ho apprezzato, l'altra volta, l'umorismo di quella tuafrase: «Noi di Antigone passiamo per amici dei brigatisti». Penso che ci vuole un gran coraggio a correre anche questo rischio... Rossanda. Perché .si è perso il senso di cosa sia fare storia e fare giustizia. Il senso, della storia perché non si riesce e non si vuole considerare il fenomeno del terrorismo come un prodotto storico... Sarra. Vuoi dire che il terrorismo non è un inaspettato, malauno, e tornassepoi come direttore al Corriere). Gli scenari possono riuscire anche suggestivi, per una azione di nullità davanti al giudice competente. Una memoria preparata dal- /' avvocatura dello stato potrebbe far riemergere eventualmente concentrazioni ov' è questione di Montedison? E una causa popolagurato cancro? Rossanda. Certo, il terrorismo non è un cancro! non è uh mostro: è tuo figlio, tuo fratello. E dico inoltre che si è perso il senso della giustizia perché, ad esempio, si considera «un nemico» chi ha compiuto un reato: il giudizio invece dev'essere imparziale. È un fenomeno politico - non criminale - e va studiato come tale. I brigatisti hanno diritto alla difesa e a un giudizio equo: dire queste cose significa passare per fiancheggiatori. Preferiamo correre questo rischio che tacere. Sarra. La cooperativa del Manifesto ha pubblicato di recente il libro di favole che Giuliano Naria ha scritto in carcere; vorrei chiederti se hai visto l'ultima puntata di Mixer con l'intervista di Giovanni Mino/i a Naria e cosa ne pensi del modo di condurre quello che sembrava, più che un disteso colloquio, un astuto interrogatorio da commissariato di provincia. Rossanda. Ma, sai, è il modo col •quale la Tv crede che si debba fare un'intervista: non implica nessun sa trama si ricava dai testi sempre attentissimi del garante. Nel novembre scorso, definiva ancora la propria attività «una serena e obiettiva valutazione delle cose», benché «qualcuno, anche recentemente, abbia espressamente auspicato un'azione più "politica" da parte del garante». Ai primi di gennaio, appaiono Filippo Balbi, Testa anatomica, litografia 1864. re promossa da giuristi di sinistra potrebbe far rientrare involontariamente nelle combinazioni la finanza d'area cattolica che aveva fatto di tutto pr disimpegnarsene? Fra un'esternazione profusa di riguardi reciproci che avrebbe parecchio da insegnare a chi mette in scena Pirandello, anche una diver- «le inquietudini e i sospetti che questi mutamenti (nell'assetto proprietario del Corriere della sera) fanno sorgere nei più diversi settori, non esclusa la stessapresidenza del Consiglio dei ministri». Alla fine del mese, «un sofferto e minuzioso esame» è contiguo a una frase abbastanza commentata dialogo, né studio reale della persona. Si considera obiettività la superficialità, il non-dialogo. . Sarra. Ad esempio, quando gli viene chiesto come ha reagito alla rivolta di Trani (un reatoper cui è già stato assolto)... Rossanda. La sensazione è che, se invece di dire «ho avuto paura» avesse. detto, che so, «sono stato felice di vedere piGchiatele guardie», la domanda seguente sarebbe stata comunque la stessa. Lui, Minoli, era ben intenzionato, ma sotto sotto c'è sempre la paura di qualcosa che sfugga al copione. Sarra. Come prosegue il lavoro di Antigone? Rossanda. Bene. Nel prossimo numero interverremo sul problema. della criminalità organizzata, sarà dato ampio spazio al processo di Palermo - terreno che conosciamo meno dei grandi processi politi- , ci, •Poi-c'è una seconda questione, , le•autonomie del1amagistratura e 10 scontro fra poteri-dellostato. In- . fine,un'intervista a Nicolò Amato sul carcere. sui giornali, e successivamente riferita dal garante a motivazioni giornalistiche: «le impazienze e le intemperanze di qualche uomo politico, tanto gratuite quanto carenti di buon gusto». E accanto, una citazione di moralità non da La Rochefoucauld o da Cicerone ma da Kafka, che conferisce atmosfera kafkiana alle vicissitudini dell'organo monocratico. Nuove norme sull'editoria sono in discussione alla commissione Interni della Camera; e il disegno di legge governativo prevede la nullità degli atti e trasferimenti che portano uno stesso soggetto a una «posizione dominante» nel mercato editoriale, col termine massimo di un anno entro il quale devono essere eliminate le situazioni similari. E Stefano Rodotà propone modelli di autorità amministrative indipendenti. Anéhe un po' di filologia, volendo. In un passo del sottosegretario Amato, sottolineando una coincidenza di vedute fra governo e garante, si soggiunge: «Mentre si stava valutando la possibilità di allentare in qualche mo- , do i patti di sindacato... ». E allora quel si implicherebbe interferenze del/'Esecutivo nel settore del/'informazione? (ecc.). Organi collegiali, commissioni, dunque? Nell'orbita del Parlamento, più che del/'Esecutivo? Dopo le esperienze della Rai? Malgrado i risultati delle lottizzazioni? E quale magistrato ci sarà nel futuro degli organi monocratici? «Lottizzata potrebbe essere anche una sola persona», dice /'on. Aniasi. E un barlume di collegialità«di fatto» si potrebbe talvolta avvertire nelle sincronie e sinergie fra un arbitro di gioco e il capitano d'una delle squadre, o come ne~'esempio letterario illustre della Volpe e -il Gatto?... E quali indicazioni di procedure anti-trust si potranno ricavare, magari, per il settore televisivo, dove già un pluralismo di voci in ambito regionale si è risolto in oligopolio su scala nazionale? Relazione semestrale per gli onorevoli presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica .

MiesvanderRohe: il centenario L udw~ Mies, figlio di Michael guaggio che fa dell'essenzialità e Amalie Robe, nasce ad Aa- • proprio fine e merito; la poesia chenil 27marzo 1886.Dopo il • miesiana raggiunge così vette el_~- trasferimento a Berlino e il com- vatissime. Conscio del significato e. pletamento dei primi lavori, Lu- dei limiti del proprio mestiere- «ad dwig decide di nobilitare il nome ogni come deve corrispondere un paterno ( fnies, in tedesco, significa cosa», egli ripete - Mies rappresen- «brutto», «scadente») interponen- ta in raggelate scomposizioni, schido la giunzione «van der» prima ve di fronte agli allettamenti dell'adel cognome materno. Come Lu- straziane, quelli che, facendo tesodwigMies van der Robe, il giovane ro degli insegnamenti di Max Schedi Aquisgrana diventerà famoso ler, egli chiama i «dati di fatto» del quale uno fra i più grandi architetti proprio tempo. Per Mies, difatti; del '900. progettare equivale ad una dimenLa carriera di Mies è esemplare. sione del mostrare. La sua architetEgli inizia a lavorare a Berlino per tura rileva la natura esatta delle colo studio di Behrens nel 1908.• se con le quali entra in contatto: i Behrens è all'apice della carriera. materiali costruttivi valorizzati dalLegato all'ambiente dei Rathenau, la massima purezza ornamentale, è l'architetto dell' Aeg e il principa- la tecnica e l'organizzazione prole esponente della cultura proget- duttiva moderne, la realtà dell'amtuale tedesca. Nello studio di Beh- biente ùrbano ove, come schegge rens, Mies ha modo di conoscere di un·ordine superiore, si conficcapersone di talento, stabilisce una no i prismi rigorosi di Mies che non solida amicizia conWalter Gropius · concedono spazio a infingimenti o e compie esperienze importanti. utopiche attese. Tra il '10 e il '12, egli sovraintende II mondo sul quale Mies rivolge alla costruzione dell'Ambasciata uno sguardo tranquillo e penetrantedesca a Pietroburgo e si occupa del progetto per la casa Kroller-Miiller a Wasseenaar, prima di lasciare lo studio nel '12. Le prime opere di Mies vengono però realizzate antecedentemente a questa data. Costruendo alcune ville a Berlino, egli intesse i primi autonomi rapporti culturali e sociali, di ragguardevole importanza per la sua carriera. Ma sono le opere dell'immediato dopoguerra quelle che fanno di Mies un protagonista indiscusso della scena. architettonica. Tra il '19 e il '22 egli concepisce i progetti di straordinaria novità per due grattacieli in vetro e per un edificio terziario in cemento armato. Aperte al confronto con le esperienze compiute dai coevi movimenti d'avanguardia, queste prove si segnalano per la loro concisione e scarnificazione linguistica, annunciando Francesco Dal Co tiaus ('33); Mies emigra negli Stati Ù;lliti nel '38. Il suo destino si intreccia, così, ancora una volta, a quello dell'amico conosciuto nello studio di Behrens. Ma le vicende di Gropius e Mié.ssono ormai inconciliabili sul piano architettonico. II gr_andeprogettista che con la Fagus Werke dell'll realizza un capolavoro anticipatore dell'architettura moderna, l'uomo che aveva saputo riunire nel Bauhaus Klee e Kandinskij, Itten, Schlemmer, Moholy-Nagy, una volta attraversato l'Atlantico, si avvia ad un lungo, glorioso, ineluttabile declino. Mies, scegliendo di operare a Chicago, nella città dei grandi costruttori americani, inizia invece, a 52 anni, una nuova, prolifica fase della propria carriera. Nel corso dei successivi.trentun anni egli concepisce alcuni capolavori. Progetti quali·quello per Resor House, per la casa «50x 50 piedi», la costruzione di casa Farnsworth, del Campus dell'I.i. t. a Chicago, le due stupende torri di Lake zioni rigorose, ove ogni cosa si mostra limpidamente, sono manifestazioni di un profondo sentimento per la tradizione, per i fondamentali valori che Mies annette ali'«arte di costruire». Tradizione non è per Mies, come dimostrano i suoi attestati di ammirazione per Schinkel e Behrens, un «processo», un sistema di valori e procedure collegati. Tradizione, piuttosto, è senso del tempo; è la lontananza che separa dal trascorso e, contemporaneamente, l'immanenza del trascorso rispetto al presente. Tradizione è un paradossale permanere, di cui Baukunst è custode. Tenendo conto di similiparadossi, si possono comprendere i così spesso ripetuti e fraintesi aforismi miesiani. Quanto Mies mutua da Aby Warburg, affermando che il buon Dio dell'architettura inizia colà. dove due mattoni vengono messi insieme con cura - tutto ciò non fa che riproporre il paradosso di cui si alimenta tutta l'opera miesiana: non vi sono altre risposte ali tratti caratteristici della ricerca miesiana. Quest'ultimi vengono ribaditi, nella temperie elementarista, con i progetti immediatamente successivi per due case, l'una in • mattoni e l'altra· in cemento armato, tramite i quali Mies istituisce un originale confonto tra il proprio lavoro e le esperienze neoplastiche. Le realizzazioni dei primi anni '20meritano a Mies riconoscimenti Galleggiamento dell'Arca di Noè, incisione. In Athanasius Kircher, Arca Noe ... in tres libros digesta, Amsterdam 1675 importanti, tanto che, tra il '25 e il '27, égli sovrintende, quale vice-direttore del Werkbund, alla costruzione del quartiere Weìssenhof a Stoccarda, ove i principali· esponenti dell'architettura europea, da Le Corbusier a Gropius, da Oud a Stam, da Behrens a Scharoun, vengono chiamati ad operare. Uomo schivoe solitario,privodi evidenti inclinazioni politiche, Mies co-· struisce nel '26 il famoso· monumento a Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht (der toten Helden der Revolution) a Berlino. È, questo, un passaggio fondamentale nella sua opera, come attestano, fra l'altro, due capolavori immediatamente successivi, il Padiglione tedesco all'esposizione di Barcellona del '2_9e la casa Tugendhat a Brno (1928-'30). L'ascetismo di Mies si rivela nella radicale scomposizione geometrica di questi due organismi. Matematici giochi di smontaggio, in essi cignicomponente costruttiva è autonoma e connotata da un lin- •te è dominato dai processi di una generale «oggettivazione», come sostiene Simmel. A questo caotico,, stato di generale astrazione, Mies contrappone istanze d'ordiQe e fedeltà al' Baukunst, all'«arte di costruire». Baukunst e Architecture sono, per Mies, parole reciprocamente intraducibili. Architettura è sinonimo di banalizzazione del progetto al servizio di necessità e bisogni; è espressione di un dilagante, meccanico naturalismo. • Baukunst, invece, è «arte spirituale», ragionato rapporto con la tradizione, presa di distanza dalle apparenze del tempo storico. In tal senso Mies si esprime esplicitamente negli scarsi interventi di natura teorica - ispirati, tra l'altro, dal teologo R. Guardini e dallo studio della filosofia medievale - che affiancano la sua lenta e distaccata attività progettuale. D opo aver assistito in qualità di ultimo direttore della scuola alla chiusura del BauShore Drive di-fronte al lago Michigan, il Seagram Building a New York, il Federai Center a Chicago, sono alcuni episodi che emergono . da decenni di intenso lavoro. Non è difficile, però, cogliere come realizzazioni quali la •Farnworth (·1946.-'51e) il Seagram (1954.,'58), rappresentative dei caratteri non solo artistici della nostra epoca, . -siano coerenti sviluppi delle premesse chiaritesi· durante il s<periodo tedesco». Con tali opere e, sue- .cessivamente, con la Galleria Nazionale di Berlino (1962-'67), Mies conclude la propria disincantata meditazione sulla natura della civilizzazione contemporanea e sul senso dei linguaggiche questo tempo debbono rappresentare. Le forme di Mies si avvalgono di attributi, dettagli, soluzioni, parole, di tale elegante asciuttezza, perfezione e concretezza che risulta impossibile immaginare di poter aggiungere o sottrarre alcunché a spartiti assurti all'essenzialità della poesia. Eppure, queste composila domanda: «Che cos'è l'architettura?», al di fuori del ripetersi della domanda stessa. Baukunst è però anche mostrare la «verità dei fatti» che determinano il divenire del tempo storico. Contemporaneamente, progettare è per Mies assiduo prendersi cura delle co~e, rifiuto opposto alla fascinazione del nuovo, continuo ri- . badire: «Non desidero essere inte- ·ressante; voglio essere buono». Nell'estate del '69, poche setti~ mane dopo la scomparsa di Gropius, Mies muore a Chicago, lasciando dietro di sé l'opera che con maggior coerenza e ostinazione ha saputo porre l'architettura moderna di fronte al proprio destino e alle proprie responsabilità storiche. A questo protagonista di una generazione che ha dovuto, con Nietzsche, «sacrificare Dio pedi nulla», il Museum of Modem Art di New York dedica, in occasione del centenario della na- . . scita, una vasta mostra antologie~. Si tratta di un atto dov.l!to,ma non meritorio. II glorioso Moma, infatti, possiede l'Archivzo Mies van der Rohe, un fondo prezioso e ricco di circa 20.000 titoli d'inventario, al quale lo stesso architetto ha voluto demandare la custodia delle testimonianze della sua opera. Questo Archivio era nella condizione più privilegiata per dedicare una mostra memorabile ad un simile gigante del nostro tempo. Invece, a dispetto di ogni attesa, la mostra recentemente inaugurata risulta tanto dilatata quanto lacunosa, enfatica quanto sciatta. L'assenza di un'ipotesi critica decente è evidenziata dalla scelta dei materiali esposti e dai tagli storiografici operati con tale leggerezza che, ad esempio, la produzione miesiana antecedente casa Kroller viene ignorata. Ma, d'altro canto, per c~i abbia già avuto occasione di visitare la sezione permanente dedicata all'architettura dal Moma non potrà sorprendersi di fronte agli esiti di questa mostra. • In quella sezione si respira un'aria di raccogliticcio, ed è palese il cattivo gusto che deve aver suggerito l'opportunità di esporre, nell'apposita sala del museo, un modello di un capolavoro di Wright quale la «casa sulla cascata», di tale fattura che al massimo potrebbe figurare in un plastico ferroviario per bambini, o che ha consigliato di esporre uno tra i più straordinari disegni di Le Corbusier su una parete protetta dalla scritta «Exit» - dopo una simile esperienza, che attendersi per il centenario della nascita di Mies? E infatti, puntualmente, nella grande mostra si tro- •verà esposto un modello che reinterpreta il Padiglione di Barcellona in un'insopportabile chiave Kitsch, oppure si potranno osservare i documenti relativi all'ultima attività miesiana semplicemente affastellati sulle pareti, ignorando la ,drammatica, conclusiva scelta compiuta con tali opere dal maestro di Aachen tra «riproducibilità» e <<ripetizione». Che dire poi del modo di esporre piccoli, squisiti disegni a non più di 20 cm. dal suolo? Che pensare, infine, del fatto che in una simile occasione non si è provveduto alla pubblicazione di un catalogo, se non altro per documentare appropriatamente alcuni dei magnifici materiali autografi esposti? Vie1.1 da pensare che i curatori abbiano voluto tentare una dimostrazione per assurdo. L'opera di Mies, infatti, è talmente solida e grande che quanto la testimonia emerge anche dal grigio~edeUamostra del Moma. Nonostante tutto, infatti, i disegni, gli studi, le grandi tavole, i modelli originali parlano da soli, e, data la ricchezza dell'Archivio dal quale provengono, la mostra risulta la più vasta tra quelle sin ora rea- 'O lizzate.Ma si tratta di una magra ~ .s consolazione. ~ Silenzioso, ostinato, distaccato ~ ma non indifferente, Mies ha attra- ~ versato, mostrandolo, il suo tem- '""'" po. Quanto egli ha affidato al Mo- -9 gg ma sembra guardare con tagliente ~ ironia alla mostra che vorrebbe ri- • E costruire quell'irripetibile espe- ~ rienza. ..

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